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Autore: SweetHell    17/11/2012    4 recensioni
Tsuna è finalmente diventato il Decimo Boss dei Vongola e lui e i suoi amici organizzano un piccolo dopo-festa a casa di Yamamoto. Gokudera, colpito da una sbornia triste, viene costretto a rimanere dall'amico... Cosa succederà tra loro?
< Il Guardiano della Tempesta non rispose: non si fidava della propria voce. Ignorava che bastavano i suoi occhi grigi, colmi di un grido inespresso, a parlare per lui.>
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: G, Hayato Gokudera, Takeshi Yamamoto
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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ORA NON SEI Più SOLO

 

Era ormai mezzanotte passata quando il dopo festa in onore della nomina di Tsuna a Decimo Vongola finì. Era stata organizzata nel ristorante del padre di Yamamoto, che aveva gentilmente messo a disposizione il locale senza fare domande.
Solo Tsuna, Gokudera e Ryohei erano rimasti per aiutare l’amico a rimettere a posto la stanza, fermandosi poi a bere qualche bicchiere di sakè, mentre ricordavano tutti i momenti passati insieme, in pace i in battaglia.
Peccato che, a quanto pareva, né il neo Decimo né il suo fido braccio destro erano capaci di reggere bene l’alcool. Ryohei si assunse il compito di riportare Tsuna a casa, nonostante Yamamoto avesse invitato entrambi a restare da lui. Il maniaco della boxe aveva rifiutato perchè certo che la sua adorata sorellina lo stesse aspettando in piedi, mentre il Decimo non voleva far preoccupare i suoi, o almeno questo capirono dai suoi biascichii. Gokudera sembrava essere caduto in depressione e, siccome non se la sentiva di lasciarlo uscire in quelle condizioni, Yamamoto lo costrinse ad accettare la sua ospitalità. Il Guardiano della Pioggia accompagnò fuori i suoi amici. Si sentiva la testa meravigliosamente leggera e non riusciva bene a collegare i pensieri. L’unico che non sembrava minimamente provato dalla bevuta notturna era il fratellone, visto che sembrava essere diventato solo più rumoroso, il che era tutto dire, rispetto a quando era sobrio.

Yamamoto tornò in casa e trasportò, quasi di peso, Gokudera in camera sua, ignorando tranquillamente le imprecazioni dell’amico.
<< Non c’era bisogno che mi ospitassi! So cavarmela da solo! >>, gli urlò contro, con la solita grazia. L’altro si limitò a ridere allegramente e continuò imperterrito a preparargli un futon di fianco al suo letto. Alla fine Gokudera rinunciò definitivamente a lamentarsi, visto che sentiva la bocca impastata e la testa pulsare.
Si stesero entrambi, uno sorridendo, l’altro borbottando,  e la luce venne spenta. Ma nessuno dei due riuscì a chiudere occhio.
Gokudera in particolare non riusciva a smettere di rimuginare. Forse era l’effetto dell’alcool, ma si sentiva vuoto, solo. Fin da bambino non era riuscito a stringere legami con nessuno dei suoi coetanei, tantomeno con i suoi familiari. Dopotutto suo padre era sempre assente, troppo preso dalle sue responsabilità come Boss, sua madre era morta e la sua sorellastra l’aveva involontariamente avvelenato così tante volte che non riusciva più a guardarla in faccia. Adesso le cose erano migliorate, aveva degli amici e  sapeva di non essere più solo… ma non riusciva a togliersi di dosso quella sensazione di malessere. Si rigirava senza tregua nel futon, credendo che l’altro stesse già dormendo. Ad un certo punto dovette pure impedirsi di piangere, e ci volle tutta la sua notevole volontà.
Alla fine  rinunciò ad addormentarsi: si sedette abbracciandosi strettamente le ginocchia e fece un lungo sospiro, tra il triste e l’irritato. Per di più, la testa aveva ricominciato a pulsare. Era così concentrato su se stesso che non sentì le molle del letto di Yamamoto cigolare quando questo si alzo per sedersi accanto a lui.
<< Ehi, Yakiuubaka… cosa vuoi? Lasciami in pace. >>, mugugnò, scocciato che l’altro lo vedesse in un momento di debolezza.
<< Gokudera… va tutto bene? >>, gli chiese, gentilmente.
Il Guardiano della Tempesta ringhiò, ma non rispose: non si fidava della propria voce. Ignorava che bastavano i suoi occhi grigi, colmi di un grido inespresso, a parlare per lui.

Fece un altro respiro profondo.
<< Torna a letto, idiota. >>
Nonostante i suoi sforzi, la voce si era incrinata verso la fine, particolare che non era certo sfuggito a Yamamoto. Gokudera distolse lo sguardo, aspettando che l’altro se ne tornasse a letto, scocciato per aver mostrato uno spiraglio di se stesso.
Invece si sentì improvvisamente circondato dal corpo caldo del moro. Arrossì, confuso per quel gesto e per la sensazione di benessere che era stato in grado di trasmettergli, facendolo sentire vivo, non una scatola vuota, come poco prima.

Attese, senza muoversi che l’amico lo lasciasse andare. Perché sicuramente presto o tardi si sarebbe staccato, giusto?
Sbagliato.

<< Ehi…? >>, cercò di richiamare la sua attenzione Gokudera. Forse si era si era addormentato. Yamamoto sollevò il viso, troppo vicino, senza smettere di abbracciarlo. Poi, lentamente, poggiò le labbra su quelle del compagno. Il dinamitardo si irrigidì per la sorpresa, ma non si scostò. Per qualche ragione il suo cuore aveva iniziato a battere più forte. Una vocina dentro di lui, mezza soffocata dall’alcool, gli diceva che avrebbe dovuto ritrarsi, ma non ci riuscì. Non dopo aver sentito quella tremenda sensazione di solitudine.
Quindi lasciò che il moro approfondisse il bacio, rispondendo, trascinato da un bisogno talmente forte da far male.
Si staccarono, ansanti, solo perché entrambi avevano finito le riserve di ossigeno e rimasero a guardarsi timidamente negli occhi.
Gokudera era terrorizzato che la sensazione di solitudine totale provata poco prima potesse tornare e preferiva non pensare alle conseguenze di quello che avevano appena fatto. Yamamoto lo guardava con un’espressione rassicurante e un piccolo sorriso, mentre la sua mano saliva ad accarezzare piano il viso dell’amico, per poi fermarsi nei suoi capelli argentei: aveva sempre desiderato farlo, ma sapeva che avrebbe rischiato di saltare in aria.
Il dinamitardo non si sottrasse alle carezze, anche se aveva un’aria un po’ imbarazzata. Il moro lo attrasse di nuovo a sé per un altro bacio, persino più intenso del primo, poi lo fece stendere sul futon, senza smettere un attimo di esplorare ogni centimetro di pelle con la bocca o con le mani.
Ben presto Gokudera si trovò a dover soffocare qualche gemito di piacere troppo imbarazzante.
<< Ya… Yamamoto… >>, ansimò, mentre una delle mani dell’altro scendeva a liberarlo di pantaloni e mutande, diventati leggermente stretti. Fremette quando il moro gli sfiorò l’erezione.
<< Gokudera… >>, disse piano quello, facendogli sentire il rigonfiamento turgido dei pantaloni, << posso…? >>
L’argenteo annuì, senza parlare.
E mentre venivano insieme, finalmente ogni residuo di solitudine svanì dai pensieri di Gokudera.
 

***

 
La luce del sole inondava ormai la camera, costringendo Gokudera ad aprire gli occhi. Si sentiva malissimo: aveva la nausea, un mal di testa martellante e… un fastidio molto insistente al fondoschiena.
Aggrottò la fronte, perplesso: anche quello era un sintomo post-sbornia?
Non, non credeva.
Si guardò intorno, dapprima perplesso di trovarsi in camera di quel maniaco del baseball. Ricordava bene il dopo festa nel ristorante del padre di Yamamoto e il fatto che avevano bevuto, ma poi? Finalmente si decise a smettere di fissare il soffitto e riuscì a mettersi seduto, seppur con tremende fitte.
Quando vide il moro steso accanto a lui, sul futon, che dormiva pacificamente col viso rivolto verso di lui, sobbalzò e un tremendo sospetto lo attraversò di colpo.
Poi si rese improvvisamente conto di essere nudo e che il Guardiano della Pioggia aveva indosso solo una maglietta leggera.
Un po’ per lo shock, un po’ per i ricordi che avevano iniziato a farsi largo tra la nebbia che aveva in testa, poco ci mancò che il povero italiano non perdesse i sensi.
Frastornato e rosso dall’imbarazzo, si coprì gli occhi con una mano, maledicendo se stesso per averlo permesso e l’alcool per averlo provocato.
Con tutta la grazia che gli era possibile nelle sue attuali condizioni, il Guardiano della Tempesta riuscì a rimettersi almeno le mutande e i jeans.
Mentre esplorava disperatamente la camera con lo sguardo per capire dove accidenti potesse essere finita la sua camicia blu, il moro accanto a lui si mosse, mettendosi seduto, ancora rintontito dal sonno e dai postumi della bevuta della sera prima.
Gokudera lo fissò, senza aver la minima idea di cosa dire o di cosa fare. Aveva sperato di riuscire a filarsela prima del suo risveglio, ma a quando pare la sua speranza era appena andata in fumo…
Poi il suo sguardo si fissò su qualcosa di blu appallottolato vicino alla mano del maniaco del Baseball. Bè, almeno adesso sapeva dov’era la sua camicia.
Quando il moro si accorse di lui, ancora mezzo steso sul futon, la sua espressione assonnata si fece prima perplessa, poi meditabonda e infine si aprì nel suo solito sorriso.
<< Yo, Gokudera! >>, esclamò, apparentemente per niente disturbato dalla situazione. L’italiano si chiese se quell’idiota ottimista ricordasse qualcosa di quanto era successo quella notte.
Inaspettatamente, l’ipotesi che non ricordasse niente lo turbava più del dovuto.
<< Come diavolo fai a essere così allegro di prima mattina? >>, domandò, giusto un pelo più acido del solito. Quello si limitò a ridere allegramente.
Possibile che lo Yakiuubaka non si chiedesse perché era steso sul futon preparato per Gokudera, per di più mezzo nudo?
<< Piantala di ridere e ridammi la c… >>, l’italiano non riuscì a concludere la frase perché il moro gli tappò la bocca con un bacio veloce, sempre sorridendo, ma con un lampo malizioso negli occhi. La prima reazione del dinamitardo fu di sollievo per non essere l’unico a ricordare cosa era successo; la seconda fu di sorpresa per il fatto di provare tanto sollievo a questa constatazione e la terza di irritazione per il lampo che aveva visto nei suoi occhi.
Solo dopo, a scoppio ritardato, si rese conto che il Maniaco del Baseball lo aveva baciato di nuovo.
Lo fulminò con un’occhiataccia, ma aveva esitato troppo perché fosse credibile. Yamamoto si limitò a sorridergli di nuovo.
<< Volevi questa? >>, domandò con tono innocente, porgendogli la camicia tutta stropicciata.
Gokudera si limitò a strappargliela di mano, borbottando. Mentre se la infilava si accorse che durante la notte il tessuto aveva preso l’odore del moro e che alcuni bottoni erano saltati per la troppo foga.
Entrambi risentivano ancora dei postumi della sbronza, ma si sentivano sempre meglio ogni minuto che passava. Per fortuna non avevano bevuto a stomaco vuoto né troppo.
Dopo che anche Yamamoto si fu rivestito, scesero per bere un caffè. Sembrava tutto tornato normale, gli eventi di quella notte dimenticati, tranne che per qualche piccolo particolare che pochi avrebbero potuto notare.
Ad esempio, quando uscirono per andare a vedere come se la cavava Tsuna ( e soprattutto per essere sicura che il fratellone fosse riuscito a riportarlo sano e salvo a casa ), Yamamoto gli tenne poggiato il braccio sulle spalle per tutto il tragitto senza che il dinamitardo desse di matto ( cosa mai vista ). Ma entrambi sapevano che prima o poi avrebbero dovuto mettere in chiaro cosa fosse successo quella notte.
 

***

 
Stava ormai scendendo la sera, ma Yamamoto Takeshi e Hayato Gokudera si ostinavano a rimanere seduti fianco a fianco su una gelida panchina nel parco ormai deserto. Haru, Kyoko, Ryohei e Tsuna erano già tornati a casa, ma loro due, senza che fosse necessario mettersi d’accordo, avevano deciso di rimanere ancora un po’.
Dopo un paio di interminabili minuti di silenzio, Gokudera si decise a parlare.
<< Perché? >>
Non era necessario specificare a cosa si riferisse.
Yamamoto chinò il capo, riflettendo.
<< Volevo aiutarti. Sembravi… perso. >>, rispose, mentre una folata di vento gelido li investiva, facendo frusciare le foglie degli alberi dietro di loro.
L’italiano strinse le mani fino a farsi sbiancare le nocche.
Se lo aspettava. Lo aveva fatto per compassione. Era furioso e ferito. Gli sarebbe andato bene tutto, tranne quello.
Si alzò, cercando di mascherare la sua rabbia. E la sua delusione, anche se continuava a ripetersi che quello che era successo non significava niente.
<< Benissimo >>, disse in tono talmente freddo che Yamamoto alzò lo sguardo, preso alla sprovvista. << Allora, adesso che è tutto chiaro, io me ne vado. >>
Yamamoto sgranò gli occhi e scattò in piedi, ma Gokudera gli voltò le spalle, per nascondere ogni qualsivoglia traccia di delusione. Fece per andarsene, ma l’idiota del baseball lo aveva afferrato per una spalla.
<< Aspetta! Non l’ho fatto solo per quello! >>, disse, stringendo la presa. L’italiano si liberò con uno strattone e si voltò di nuovo a fronteggiarlo.
Il suo sguardo duro fece correre un brivido freddo al moro, che tuttavia non si scompose. Fece un respiro profondo, con quell’espressione seria che di solito aveva solo quando si allenava.
<< L’ho fatto, >> disse senza staccare gli occhi dai suoi, << perché mi piaci, Hayato. >>
Gokudera spalancò gli occhi, prima incazzato ( chi aveva dato il permesso a quell’idiota di chiamarlo per nome?! ) e poi, quando comprese interamente il significato di quelle parole, confuso.
Eh? Forse non aveva capito bene….
<< Aspetta, hai detto proprio quello che ho capito io, Yakiuubaka? >>, domandò, diffidente.
Yamamoto sorrise, recuperando la sua solita espressione dolce e tranquilla, ma invece di rispondere a parole, si sporse verso di lui e lo baciò di nuovo, infondendo in quel bacio tutto ciò che non era riuscito a esprimere a parole.
E, dopo una attimo di esitazione, anche Gokudera rispose a quel bacio, mentre la sua rabbia si scioglieva come neve al sole e lasciava che il calore del corpo dell’altro lo riscaldasse.
Ora non era più solo.

 
Autrice:
*si stropiccia nervosamente le mani sperando di non aver scritto troppe cagate* Ok, voglio ringraziare tutti quelli che hanno letto fino alla fine questa fic, nella speranza che vi sia piaciuta. L’idea inizialmente era molto vaga, per cui in pratica l’ho sviluppata pezzo per pezzo mentre scrivevo. È la prima che scrivo su questa coppia e, non avendone mai lette, spero di non essere stata ripetitiva o di non essere caduta in qualche clichè. Fatemi sapere come è venuta!
Grazie!
  
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