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Autore: Melora    05/06/2007    0 recensioni
Ispirato a Jurassic Park, questa è una storia originale che ha luogo 10 anni dopo JP. E' pieno di azione, avventura, romanticismo, sorprese e ovviamente, dinosauri. In più ci sono anche tante facce familiari! Quindi, divertitevi!
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

Capitolo 2

L’incubo di Ellie



Scottsdale, Arizona



Ellie Degler era seduta nella veranda sul retro della sua casa di periferia, in Arizona. Era rimasta seduta così da circa dieci minuti, cercando di trovare la forza e il coraggio necessari per tornare dentro casa. Lei e suo marito avevano litigato un’altra volta.

Mark urlava sempre per qualsiasi cosa. Questa volta sembrava fosse per via della bolletta del telefono. Era arrabbiato per il fatto che il numero di Alan Grant fosse comparso nei tabulati così tante volte quel mese. Lei stava cucinando quando lui era entrato in cucina, con la bolletta in mano. Aveva bevuto e le stava sventolando il foglio in faccia, chiedendole se ci fosse qualcosa di cui dovesse essere informato. Lei aveva risposto che non c’era niente da dire. Non era stata abbastanza convincente, comunque. Mark aveva accartocciato la bolletta tra le mani e gliel’aveva buttata addosso, continuando a gridare.

Ellie non voleva che la discussione degenerasse, così era scappata fuori. Se restava fuori sulla veranda, sapeva che Mark non l’avrebbe seguita per farle una scenata. Non faceva mai scenate in pubblico, neppure quando era ubriaco. Era l’unica cosa su cui Ellie potesse contare. Ora era pronta per rientrare e chiudere la discussione.

Silenziosamente, Ellie aprì la porta sul retro ed entrò in cucina. Mark non c’era. Tirò un sospiro di sollievo. Entrò nel salotto. Mentre andava verso la porta principale per vedere se il furgone di Mark c’era ancora, sentì un rumore in salotto. Si girò. Era Mark. Era ancora lì. Seduto su una sedia, che la fissava.

“Pensavo te ne fossi andato.” Disse Ellie.

“No.”

Ellie non voleva più discutere.

“Mark, possiamo lasciar stare questa cosa di Alan? Per favore. Ti ho detto centinaia di volte che non c’è niente tra me e lui. E’ solo un buon amico. Mi piace parlare con lui, tutto qui.

Mark continuò a fissarla.

“Possiamo smetterla di litigare solo per una sera Mark?”

“Litigare? Noi non stiamo litigando. Siamo semplicemente in disaccordo. Litigare implicherebbe il contatto fisico, non pensi?”

Mark si alzò. Ellie iniziò a spaventarsi.

“E dove sono i miei bambini?” Chiese Mark.

“Sono con mia madre. E’ venerdì. Abbiamo deciso che potevano stare con mia madre, ricordi?”

“Ricordo che ne abbiamo parlato. Non ho mai approvato la cosa, comunque. Perché lasci che i miei bambini vadano in posti che io non approvo?”

“Mark, è mia madre. Non qualche persona squilibrata.”

A Mark non piacque il suo atteggiamento. Scattò in piedi dalla sedia, afferrò Ellie e la scosse violentemente. Lei si liberò dalla sua presa e afferrò le chiavi della macchina. Fuggì verso la porta principale. Non voleva più stare in quella casa con lui, nemmeno un’altra notte.

Mark aveva altri piani. L’afferrò per un braccio, strappandole le chiavi e la sbattè contro il muro. Come Ellie colpì la parete, Mark la schiaffeggiò, facendola cadere a terra.

“Non voglio che tu usi più il telefono.” Ordinò.

Ellie iniziò a piangere. Lui sembrava così indifferente a lei. Era una persona totalmente diversa quando beveva. E beveva sempre più frequentemente, a quanto pareva. Le stava dando ordini ingiusti come questo ormai da un po’. Prima non poteva più andare a casa dei vicini, poi non le era più permesso usare il libretto degli assegni e ora il telefono. Stava piangendo in parte perché era spaventata ma più di tutto perché era stata debole e aveva lasciato che questo andasse avanti troppo a lungo. Si mise a sedere.

“Mark, io ti lascio. Non posso più sopportare tutto questo.

Tutto cosa?”

“I litigi. E gli ordini. Non starò più qui a sopportarli.

Mark tirò su Ellie dal pavimento. La scosse per un minuto e poi la sbattè di nuovo contro la parete. Torreggiò sopra di lei, aspettando che sollevasse gli occhi su di lui. Quando lo fece, Mark strinse il pugno e la colpì in faccia. Ellie ricadde a terra. Guardò Mark che tornava verso di lei. Questa volta riuscì ad alzarsi e a scappare da lui.

Corse dietro Mark, si voltò e lo spinse più forte che poteva. Riuscì a buttarlo a terra. Afferrò le chiavi del furgone di Mark che erano appese a un gancio vicino alla porta. Riuscì a raggiungere il vialetto d’entrata prima che Mark le afferrasse la caviglia, facendola cadere. Si voltò per guardarlo. Alzò la gamba destra e gli diede un calcio in testa. Alzandosi più veloce che poteva raggiunse il furgone di Mark ed entrò. Mentre cercava di trovare la chiave giusta, poteva vedere Mark. Si era già alzato e stava venendo verso di lei. Armeggiò con le chiavi ancora qualche secondo e trovò quella giusta. Accese il furgone e fece marcia indietro, proprio mentre Mark afferrava lo specchietto dalla parte del guidatore. Lo lasciò andare e iniziò a urlarle dietro.

“Ti ucciderò Ellie. Mi hai sentito? Nessuno può lasciarmi! Nessuno! Io ti ucciderò!”

Ellie si allontanò da casa sua. Stava piangendo. Era spaventata e non aveva nessuna idea su dove andare. Mentre guidava, iniziò a pensare a cosa era andato storto tra lei e Mark.

Da quando Alan era andato a visitarla, circa 2 anni prima, Mark si era messo in testa che ci fosse qualcosa tra lei ed Alan. Ne parlava molto spesso. Aveva davvero iniziato a diventare matto o qualcosa del genere. Charlie aveva 5 anni adesso. Questi litigi a proposito di Alan erano andati avanti più o meno per 2 anni. Circa un anno prima, erano iniziate anche le violenze. Ellie era sempre impegnata a coprire occhi neri e lividi.

Ellie chiamava Alan in lacrime almeno una volta al mese. Prima che lui rispondesse però riusciva sempre a smettere di piangere. Poi lui diceva ciao e lei si sentiva subito meglio. Voleva dirgli che c’era qualcosa che non andava, ma non era mai riuscita a pronunciare le parole ad alta voce. Semplicemente parlavano di niente, o magari degli scavi o di come stavano i bambini. Quando riattaccava, si sentiva sempre molto meglio.

Sapeva che i bambini sarebbero stati al sicuro con sua madre per il momento. Avrebbe chiamato più tardi e spiegato tutto. Le serviva un po’ di tempo da sola, per riflettere. Decise di andare all’aeroporto e lasciare l’Arizona per un po’.

  
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