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Autore: GiuliaVengeance    18/11/2012    1 recensioni
Brittany è una ragazza come tante. Va a scuola,vive con la madre nella periferia di New York, ha i suoi amici e la sua normale vita da adolescente. Solo che, da quando è bambina, nutre un desiderio profondo, un sogno che cresce dentro di lei, insieme a lei e che più passa il tempo, più diviene importante. La seguente storia narra della realizzazione di questo e della totale mutazione che l'esistenza di Brittany subirà, di conseguenza.
Boh,trama schifosa D: Non sono capace a scrivere le introduzioni,I'm sorry u.u E' moolto generale perché altrimenti anticiperei gran parte della storia in per sé :) Va beh,amatemi ^.^
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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But don’t be surprised  
when things aren’t what they seem.
 
                                             


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 Prologo.



 
 

  Saturday, September 13th, 2009 – Huntington Beach
  
{Brittany






«Amore, tesoro, svegliati! Siamo arrivate!» sussurra mia madre per svegliarmi. Apro gli occhi pesanti e mi accorgo che ho un torcicollo assurdo. Andiamo bene. Scendo dall’auto e mi guardo intorno. Wow. È tutto così ampio, qui. Mamma ha parcheggiato dinanzi un cancelletto ma dietro di esso si colloca una casa bellissima, come quelle dei film. Ha un piccolo giardino intorno, una veranda ed è solo a un piano. Moltissime abitazioni, qui, hanno un solo piano. Sospiro, pensando che è praticamente impossibile che questa meraviglia appartenga a noi.
Per sicurezza, però, lo chiedo a Christine. «Mica abiteremo qua, noi, vero?» la guardo mentre comincia a tirar fuori le borse dal portabagagli.
«Qua, dove?» quanto è rincoglionita. Però la adoro. Le indico la casa e lei mi rivolge un sorriso lucentissimo. Caspita, qualcosa mi dice sia proprio la nostra futura dimora. «Non è fantastica?» ha gli occhi lucidi. Mi rendo conto solo osservandola che li ho anch’io. Mi avvicino al cancello, poi mi faccio dare le chiavi da mamma e lo apro. Non cigola neanche. C’è un sentiero che porta a tre gradini, per raggiungere la veranda completamente vuota e finalmente, la porta d’ingresso principale. Mi tremano le mani.
Provo tutte le chiavi del mazzo finché non trovo quella giusta. Giro a destra ma sento tipo qualcosa che blocca la chiave. Spingo di più e rigiro. Niente. Nel frattempo mia madre ha chiuso l’auto e sta portando le valigie nel giardino. Mi sembra così strano possedere un giardino! Vedo che mi guarda con la sua faccia da dammi una mano, idiota! così la raggiungo.
«Non riesco ad aprire la porta» le dico quando mi chino per raccogliere i bagagli da terra.
Fa un’espressione allarmata: «Come?!».
E mi pare ovvio che quando ci prova lei, la porta si apre, tranquilla, tranquilla. Fanculo. Entriamo e ci accoglie un soggiorno e un angolo cottura, già arredati, in gran parte. Poggio le borse all’entrata e mi dirigo verso le camere da letto. Quella di mamma ha un letto matrimoniale seguito da una scrivania e, attaccato alla parete, l’armadio gigante. Ma la cosa sensazionale è l’enorme finestra di fronte. Mi ricorda i film delle principesse, solo che questo è un po’ meno regale e lussuoso. C’è il bagno, piccolo ed essenziale e la mia camera. Mi piace. Il letto singolo si trova sulla destra, a sinistra c’è la scrivania e lo specchio, di fronte l’armadio. E, udite, udite, anche un balcone! Non è che veda granché oltre la siepe però mi basta quel poco per ammirare il cielo, quando ne ho bisogno. Mi rilassa infinitamente.
Sono ancora immersa nel mio mondo, quando mia madre entra nella stanza e cammina verso di me.
«Ti piace?» mi abbraccia da dietro e mi lascia un tenero bacio sulla spalla.
«Tantissimo». 
«Andiamo a fare un giro? Sono solo le cinque e trentacinque e ho una voglia matta di conoscere questo posto!» Caspita, sembra più entusiasta di me.
«Certo, mamma!». Se adesso qualcuno mi chiedesse come mi sento non saprei rispondere. Sono un concentrato di emozioni indistinguibili, l’unica che percepisco è l’eccitazione. Cacchio, se sono eccitata. Il cuore mi batte a mille come se mi dicesse Vai, fai tutto quello che vuoi, ora! non so, mi sembra così. In questi momenti ho così tanta voglia di fare tutto insieme che alla fine soddisfo nemmeno metà delle cose che avevo programmato. Sono curiosa, voglio innamorarmi di questo luogo come gli abitanti che ci sono nati, voglio esplorarlo tutto, assaporare con fervore ogni momento, che sia unico o meno; godermi i tramonti sul mare, l’aria che odora di sale e le palme ai lati delle strade, la gente che girovaga in costume con le tavole da surf in braccio.
Ci metterò un po’ per abituarmi a tutto ciò ma non vedo l’ora.
«Cambiamoci però, qui fa caldo» consiglio. Stiamo entrambe con i pantaloni lunghi e la t-shirt. Indossiamo vestiti più comodi e usciamo. Mi sono pure legata i capelli in una coda, non sarei sopravvissuta con quei ricci che mi ritrovo. Mi abituerò anche a questo. Forse.
Comincio ad osservare i cittadini nella loro consuetudine, chi è appena uscito da un negozio tutto contento, chi se la passeggia con lo skate,chi cazzeggia con gli amici, qui ogni faccia racconta qualcosa, non ci si annoia mai. Coesistono talmente tante piccole scene che rimango estasiata a fissarle. Niente è scontato, tutto è naturale. Per una come me che viene dalla periferia di  New York è completamente un altro mondo.
«Amore, guarda! Il pontile!» mi urla dentro un orecchio.
Faccio una smorfia dal fastidio e mi volto nella direzione indicata dal braccio di Christine. 
Rimango paralizzata. È esattamente lo stesso paesaggio che avevo visto sulle foto.
Il Sole sta calando, ci sono ancora delle persone che trascorrono il tardo pomeriggio sulla spiaggia, qui si può fare. Non ho mai visto niente del genere. Sento tutto ovattato, come in un sogno, vedo le immagini sfocate e mi perdo nei miei pensieri. Osservo la vita intorno a me e quella sensazione elettrizzante ancora non se ne è andata. Credo che il mio cervello stia andando in tilt per le troppe informazioni che riceve. Devo rilassarmi.
«Andiamo?» continua la donna al mio fianco.
«Dove?»
Ride di gusto. «Dove vuoi andare?» mi guarda nella sua penombra. È bellissima. I capelli rossicci -castani risplendono con questa luce, gli occhi scuri brillano dall’emozione, i denti perfetti e bianchi spiccano sul suo viso.
La mia espressione si illumina. Voglio calpestare quella sabbia. Ora. Mi metto a correre per la strada momentaneamente libera, attraverso e mi ritrovo sul marciapiede, prima di entrare in una vietta da dove comincia la spiaggia. Penso che mia madre mi stia dietro.
«Ma dove diavolo vai?» strilla; percepisco il suo fiatone. Io già mi sono tolta le scarpe e passeggio sul litorale con un sorriso demente sul volto. Mi riempio gli occhi di quello spettacolo. Devo ammettere che l’oceano mi spaventa ma ciò non influenza in alcun modo la grandiosità delle immagini registrate dalla mia mente. Mi sento viva, come non lo sono mai stata, appartengo a questo posto,senza dubbio. Mi sento invincibile, pronta ad affrontare qualsiasi cosa, tutto insieme vedo la mia vita come vorrei che fosse scorrermi davanti, il cuore mi rimbomba nel petto e mi tremano le gambe. Mi accovaccio per terra e chiudo gli occhi. Delle lacrime di gioia sgorgano da essi e inizio a ridere a crepapelle, esplodo in una risata rumorosissima che fa voltare tutti i presenti. Mi tengo la pancia con le mani e butto la testa all’indietro, continuando a ridere e piangere allo stesso tempo. Mi raggiunge mamma, si siede accanto a me e mi abbraccia forte. Mi accorgo che piange di felicità anche lei. Dio solo sa quanto abbiamo sofferto per raggiungere il nostro sogno, quanti sacrifici può aver fatto questa povera donna per accontentare la propria figlia e vederla finalmente fiera di vivere. Siamo noi, adesso. Le nostre anime sono attaccate del tutto ai nostri corpi. Possiamo fare sul serio quello che ci va. Si ricomincia, baby, gira pagina e impugna la penna, ci sarà tanto da scrivere.
 














  
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