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Autore: Aerie    06/07/2003    7 recensioni
Durante una visita ad Asgard, Hyoga cade in un crepaccio tra i ghiacci. Cosa succederà al giovane Cavaliere del Cigno? La storia è una rielaborazione del testo "Un crepaccio nella neve gelata" di Bernardo Atxaga
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La speranza del cavaliere

Autore: Aerie

Disclaimers: come tutti saprete bene, i personaggi di Saint Seiya non appartengono a me (per fortuna loro…) ma all'immenso Masami Kurumada.
La trama è quella della storia "Un crepaccio nella neve gelata" di Bernardo Atxaga, adattata ai personaggi di Saint Seiya, e i diritti sono suoi.

L'ombra della morte attraversò l'accampamento dove i cavalieri di Asgard e i Bronze Saints discutevano quando Shun, che si era allontanato ad esplorare con Hyoga, giunse con la notizia che il cavaliere del Cigno era caduto in un crepaccio. Il chiasso e la risate abituali del momento della cena cessarono di colpo, e le tazze di the, ancora fumanti, rimasero sulla fredda neve di Asgard. Nessun cavaliere osava chiedere particolari, nessuno riusciva a parlare. Temendo che non lo avessero sentito, Shun ripeté la notizia. Il ghiaccio aveva ingoiato Hyoga, il crepaccio sembrava profondo.
"Non potevi tirarlo fuori tu, Shun?" domandò un ragazzo che era rimasto impassibile. Era Artax, cavaliere di Asgard, padrone del caldo soffio del meriggio.
Il cavaliere di Andromeda scosse il capo.
"Freddo, Artax. Quasi notte…"disse.
Era un valido motivo. Con il calare della notte il freddo raggiungeva nei dintorni di Asgard i quaranta gradi sotto zero; una temperatura che già di per sé poteva essere mortale, ma che, inoltre, rendeva instabili le grandi masse di ghiaccio della montagna dove si erano accampati.
Di notte si aprivano nuovi crepacci, e molti dei vecchi si chiudevano per sempre. Andare in soccorso di Hyoga era quasi impossibile.
Artax, contro il parere di tutti, decise di uscire immediatamente a cercarlo e disse di voler andare da solo.
Gli altri sentirono una profonda ammirazione per quell'uomo che rischiava la propria vita per quella di un amico.

A Hyoga la profonda ferita nel fianco e la gamba rotta facevano molto male. Ciononostante stava addormentandosi; il sonno, dovuto al freddo del crepaccio, era più forte del dolore, più forte di lui. Non poteva tenere gli occhi aperti. Ormai provava quel senso di calore che precede sempre la dolce morte dei cavalieri.
Era disteso sul ghiaccio, assorto in una lotta personale, incerto fra l'oscurità del crepaccio o l'oscurità del sonno, e non si accorse delle corde che, gettate dall'alto, caddero sui suoi stivali.
E non vide nemmeno il ragazzo che, dopo essere sceso lungo esse, gli si era inginocchiato accanto ed aveva puntato su di lui la lanterna.
"Sposta quella lanterna Shun!" disse sorridendo. Era salvo.
"Sono Artax." sentì. La voce aveva un tono di minaccia.
Hyoga piegò la testa di lato per evitare la luce della lanterna. Ma anche la lanterna cambiò posizione. Continuava ad abbagliarlo.
"Perché sei venuto?" domandò.
"Ti parlerò da amico, Hyoga, da uomo a uomo. E forse ti sembrerà ridicolo quello che sto per dirti. Ma non ridere, cavaliere. Pensa che chi ti sta davanti è una persona che soffre molto."
Hyoga stava in guardia. Dietro quella rivelazione percepiva l'inganno.
Artax rise con sarcasmo:
"Per poco non sono impazzito nel vedere le foto che mi avevano mostrato, Hyoga. Tu e Flare che vi tenevate per mano."
Hyoga aveva la bocca secca. I muscoli del volto indurito dal freddo ebbero una contrazione.
"Dai importanza a cose che non ne hanno, Artax!"esclamò.
Ma era come se nessuno lo ascoltasse. L'occhio implacabile della lanterna lo fissava senza pietà.
"Ho avuto molti dubbi, Hyoga. Non sono un assassino. Stavo male ogni volta che pensavo di ucciderti. Al posto mio, Hyoga, ti ha giudicato la montagna, e ora ti trovi qui perché ti ha condannato. Non so se ti toglierà la vita, non lo so. Magari arriverai vivo sino all'alba e forse gli altri ti salveranno. Ma lo dubito, Hyoga, ho l'impressione che resterai in questo crepaccio per sempre. Perciò sono venuto, proprio perché non te ne andassi da questo mondo senza sapere quanto ti odio."
"Tirami fuori di qui, Artax!" A Hyoga tremava il labbro inferiore.
"Non io, Hyoga. Come ti ho detto sarà la montagna a deciderlo".
Il cavaliere del Cigno respirò profondamente, doveva accettare la sua sorte.
La sua voce era sprezzante:
"Ti credi il migliore di tutti, Artax. Un cavaliere esemplare, un ragazzo esemplare. Ma sei solo un lurido pagliaccio! Chi ti conosce bene non ti può sopportare!"
Troppo tardi. Artax stava già salendo lungo le corde.
"Flare piangerà per me. Non lo farebbe mai per te!" gridò Hyoga con quanta forza aveva.

L'eccitazione provocata da quella visita risvegliò il corpo di Hyoga.
Ora il suo cuore batteva con forza e il sangue che prima sembrava rappreso dal freddo, irrorava in ogni suo muscolo.
La speranza si era impossessata di lui.
Si sollevò meglio e cominciò a tastare il ghiaccio nel buio. Fu un attimo, ma così intenso che lo fece ridere di gioia. Lì c'erano le tre corde che Artax aveva abbandonato dimenticandosene.

Le ferite gli facevano molto male, ma sapeva che una sofferenza maggiore lo avrebbe atteso in fondo al crepaccio. Stringendo i denti, Hyoga si appese alle corde e cominciò a salire, adagio, cercando di non urtare contro le pareti ghiacciate. Approfittava dei punti stretti per formare un arco con le spalle e la gamba sana e così riposare. Un'ora dopo aveva già percorso i primi dieci metri.
Quando la sua ascensione stava per raggiungere i diciotto metri, una valanga di neve gli fece perdere l'equilibrio, spingendolo contro un sporgenza della parete. Hyoga accusò una botta sul fianco ferito e il dolore gli riempì gli occhi di lacrime. Per un attimo pensò alla dolce morte che lo attendeva in fondo al baratro. Ma la speranza che non aveva ancora abbandonato il suo cuore gli sussurrò un <> che non poteva non ascoltare. In fondo aveva fortuna. Il destino gli aveva concesso un'altra opportunità. Non doveva avere incertezze. Inoltre la neve caduta significava che l'uscita era molto vicina.
Mezz'ora dopo le pareti del crepaccio divennero dapprima grigie e poi bianche. Hyoga pensò che, nello scagliarlo contro la sporgenza, il destino avesse voluto imporgli un'ulteriore prova e che ora finalmente lo premiasse.
"Il cielo." esclamò. Ed era effettivamente il cielo rosa dell'aurora. Un nuovo giorno illuminava Asgard.
Il sole riluceva sulla neve. Di fronte a lui, verso nord, si stagliava la gigantesca montagna. Alla sua destra, nella valle ghiacciata, zigzagava il sentiero che portava all'accampamento.
Hyoga sentì i suoi polmoni vivificati dall'aria limpida del mattino. Aprì le braccia dinanzi a quell'immensità e, levando gli occhi verso il cielo azzurro, mormorò qualche parola di ringraziamento ad Athena e alla montagna.

Si trovava in quello stato di grazia quando ebbe una sensazione sgradevole. Gli sembrò che le braccia che teneva aperte si contraessero di nuovo e che, senza volerlo, lo abbracciassero. Ma chi lo stava abbracciando?
Abbassò lo sguardo per vedere cosa stesse accadendo, e una smorfia di terrore gli contrasse il volto. Artax gli stava di fronte.
"E' una brutta cosa tramare inganni, Hyoga." udì poco prima di sentire la spinta. Per un attimo, mentre precipitava verso il fondo del crepaccio, Hyoga credette di capire il senso di quelle ultime ore della sua vita.
"Tutto, la visita, l'avere dimenticato le corde, era stato solamente una tortura premeditata: Artax non aveva voluto risparmiarmi la sofferenza della speranza".

Per commenti, critiche o consigli, scrivetemi all'indirizzo nausicaa@hotmail.com oppure Niky_5@excite.it. Ciao e alla prossima!

  
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