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Autore: ShioriKitsune    21/11/2012    5 recensioni
Crossover tra il mondo dei 30 Seconds To Mars e The Vampire Diaries, le mie più grandi passioni.
E' una pseudo relazione tra Jared e Katherine, spero possa piacervi :)
Genere: Drammatico, Song-fic, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Jared Leto
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Nota dell'autrice:
Ho scritto questa OS ascoltando questa canzone: - http://www.youtube.com/watch?v=Z-rwX1OTb-g - (lo si nota, leggendo xD) quindi per una lettura più emozionante, consiglio a voi di fare lo stesso.
L'ho scritta di getto, mi è piaciuta. Spero che possa piacere anche a voi.
Enjoy!

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Le mie dita sfiorarono i tasti del pianoforte vecchio e impolverato che occupava quasi un quarto della stanza in cui eravamo confinati, spezzando il silenzio che andava avanti da ore.
Alzai lo sguardo, cercando quello della donna che mi era di fronte e che sembrava essersi completamente dimenticata della mia presenza.
Era seduta sulla cassapanca di legno logorato sotto la finestra, con le ginocchia strette al petto e lo sguardo spento, perso nel vuoto, nell’osservare la pioggia che incessantemente picchiettava contro i vetri chiusi.
Eravamo lì da una notte e un giorno e lei non si era mai mossa, nemmeno di un centimetro. Aveva perfino smesso di respirare.
Non riuscivo a capire.
Era ricomparsa dopo mesi di assenza, come faceva sempre. Prendeva tutto ciò che voleva e quando voleva, poi spariva. Quella volta, pensavo fosse andata via per sempre: era passato più tempo del solito, avevo gettato la spugna.
Ma senza preavviso lei era tornata, trascinandomi via dalla mia casa, dalla mia famiglia, dalla mia vita, per un altro dei suoi folli ed inspiegabili capricci.
«Non può andare avanti così, Katherine», mormorai con voce roca. Ero rimasto in silenzio troppo a lungo. «Non sono uno dei tuoi giocattoli».
Non mi degnò neanche di uno sguardo.
Serrai la mascella, abbassando lo sguardo. Le domande che avrei voluto farle erano così tante che non sapevo neanche da dove iniziare. Era una tortura.
«Dove sei stata?».
Silenzio. Come se non ci fosse nessuno, come se parlassi con me stesso.
Ma forse.. forse era così. Forse era tutta un’allucinazione, un prodotto malsano del mio subconscio che si divertiva a prendersi gioco di me. Forse lei non c’era mai stata davvero.
Sorrisi tra me e me in modo tetro. Sarebbe stato troppo facile, in quel modo. La sofferenza era reale, e bruciava come sale sulle ferite.
Non le avrei permesso di distruggermi.
Non di nuovo.
«Sono stufo dei tuoi giochetti». Mi alzai di scatto, mirando alla porta. Ma un movimento ai margini del mio campo visivo mi comunicò che  non sarebbe stato tanto facile. Non era mai facile scappare da lei.
La sua figura mi si parò davanti, afferrandomi per la gola e bloccandomi contro il muro.
La sua presa era ferrea, quasi non riuscivo a respirare. C’era qualcosa di diverso nel suo viso, qualcosa che non avevo mai visto prima. «Non puoi andare via», sibilò, la voce bassa e roca.
Era la prima volta che la sentivo parlare dopo tanto tempo.
I suoi occhi color nocciola si fissarono nei miei per un lungo istante, prima che lei si decidesse ad allentare la presa. «Siamo bloccati qui, Jared. Lo capisci?».
«No», sibilai a mia volta. «Non lo capisco. Non capisco cosa stia succedendo perché tu non mi hai detto una parola da quando siamo arrivati!».
Il suo viso si contrasse in una smorfia. «È meglio che tu non lo sappia, fidati di me».
«Come posso fidarmi di te?», l’accusai, liberandomi dalla sua stretta. «Tu non meriti la fiducia di nessuno».
Katherine sorrise, un sorriso triste che non arrivò agli occhi. «Ti conviene farlo, se non vuoi smettere di ascoltare i tuoi battiti del cuore».
Quella donna aveva dei segreti, li aveva sempre avuti. Segreti che la consumavano e che non voleva condividere con nessuno.
Una volta mi disse che i segreti la rendevano chi era, che senza di essi non sarebbe stata niente. La sua identità stessa era un segreto.
Lei.. non era umana. Lo sapevo, lo avevo capito. Ma dalla sua bocca non era mai uscito nulla in proposito.
Un mistero affascinante e pericoloso che mi aveva legato a sé senza possibilità di fuggire via: ecco chi era realmente Katherine Pierce.  
«Al diavolo i miei battiti del cuore».
Ma non feci in tempo ad afferrare il pomello della porta che lei aveva afferrato me, e le sue labbra premevano sulle mie con un’urgenza che mi confuse.
Il loro sapore era irresistibile, sapeva che non l’avrei respinta. Sapeva che sarei restato.
 
Heart beat, heart beat,
I need a
Heart beat, heart beat.
 
Le mie mani si fecero strada dal collo in giù, sfiorando ogni parte del suo corpo perfetto. La sua bocca bruciava contro la mia. Era inebriante, ed io ero debole. Troppo debole per resisterle. Troppo debole per rendermi conto che era sbagliato.
Perché lei non era chi pensavo che fosse.
Aprii gli occhi di scatto, afferrandola per la mascella. Il suo viso, bello come sempre, non era affatto sereno. Qualcosa la turbava, qualcosa di grosso.
Stava scappando da qualcuno.
La allontanai da me con uno spintone.
«Cos’hai fatto, Katherine?».
Sembrava presa alla sprovvista, ma non troppo. Era pronta a sfoderare una serie infinita di bugie. «Hai ucciso qualcuno, vero? Per questo scappi. Per questo ti stai nascondendo. Hai ucciso qualcuno».
Le sue labbra si serrarono, ed in quel momento capii che non avrebbe mentito.
«Sì, Jared. Ho ucciso qualcuno. Più di una volta, e non senza provare un certo piacere».
 
Tell me would you kill, to save your life?
 
La mia reazione non mi sorprese: non ero affatto stupito o spaventato, né arrabbiato o indignato. La mia espressione si mantenne neutrale.
«Allora perché questa volta stai scappando?».
Lei fece una pausa, guardando il pavimento per un secondo. «Perché questa volta è diverso».

Tell me would you kill to prove you're right?
 
«Cosa c’è di diverso?», domandai, facendo un passo in avanti verso di lei. «Non ti sei divertita abbastanza? O forse hai ucciso la persona sbagliata?».
 
Crash crash,
Burn.
Let it all burn.
 
«Jared, devi ascoltarmi!».
Ma non l’avrei più ascoltata. In pochi secondi, la situazione si era capovolta. Non era più lei a spaventare me. Lei non aveva più nessun controllo.  La afferrai dalle spalle, voltandola e sussurrando al suo orecchio. «Sei un’assassina. È questo il tuo segreto, vero? Sei un mostro». Le mie dita percorrevano il profilo della sua spalla, sfiorandola con delicatezza.
«Devi dirmi perché mi hai coinvolto. Voglio sapere perché mi hai trascinato qui senza spiegazioni», grugnii, mentre la mia presa sulle sue spalle si faceva più dura.
E lei, stranamente, non sembrava voler reagire.
Non era normale.
«Parla!», quasi urlai, a denti stretti.
«L’ho fatto per proteggere te!», sbottò.
Affilai lo sguardo, lasciandola andare. «Stai mentendo!».
Katherine mi si avvicinò, afferrandomi la mano. «No, io..».
Ma non avrei lasciato che mi manipolasse. Rigirai la presa, afferrandola dai polsi. «Basta!».
Lei mi rivolse un’espressione strana, diversa. Non l’avevo mai vista così. «Devi credermi».
Deglutii a vuoto, guardandola senza provare nulla. Non mi sarei mai potuto fidare di lei.
Dovevo andarmene subito.
«Non mi farò trascinare a fondo con te».
 
This hurricane’s chasing us all underground.
 
Non m’importava più.
Non avrei avuto rimpianti.
Ero stato uno stupido ad andarle dietro per tutto questo tempo. Lei era fatta così, non ci si poteva fidare. Non sapeva cosa significasse amare una persona.
Agiva solo e soltanto nei suoi interessi, perché lei veniva prima di chiunque altro.
Adesso però non sarei più stato uno dei tanti burattini nelle sue mani. Non importava quanto l’avessi amata.
Era finita.
«Non farti più vedere».
Ma lei non si sarebbe data per vinta.
Bloccò il mio passaggio ancora una volta, spingendomi e facendomi cadere.
 
Do you really want?
 
Ero sul pavimento, con lei seduta a cavalcioni sopra.
Le nostre labbra si ritrovarono ancora, mentre per un secondo mandavo al diavolo tutti i pensieri che avevo concepito fino a quel momento.
 
Do you really want me?
 
Ma il bacio durò poco. Il suo viso cambiò, trasformandosi in quello del demone che era.
Non l’avevo mai vista così, non aveva mai svelato la sua vera natura.
Adesso era tutto chiaro.
I suoi canini si conficcarono nella mia gola, mentre con una mano mi tappava la bocca per impedirmi di urlare.
Era davvero un mostro.
 
Do you really want me dead?
 
Ma.. no, non mi aveva morso. Si era fermata. Si era fermata un attimo prima.
Ero vivo.
 
..or alive to torture for my sins?
 
«Mi ascolterai?».
Non riuscivo a parlare, ero pietrificato.  Annuii con il capo, sapendo che non sarei riuscito a tirar fuori la voce per almeno qualche altro minuto.
Lei sospirò, poi si chinò su di me e mi accarezzò dolcemente il viso. Fissò lo sguardo nel mio, poi iniziò a parlare.
«Non ricorderai nulla di tutto questo».
Cosa?
«Ricorderai di aver litigato con una donna, tu avevi ragione, lei torto. L’hai mandata al diavolo. Lei per te non contava nulla comunque. È successo tanto tempo fa, quasi non ricordi più il suo viso, né il suo nome. È solo un fantasma del tuo passato».
Non ero più in me. Mi ritrovai ad annuire, annuire e basta.
«Non ricorderai che questa donna ti ha fatto lasciare la città per salvarti, che ha ucciso per salvarti. Non saprai nulla di tutto ciò. Sei qui perché questo posto t’ispira, volevi scrivere delle nuove canzoni. Nient’altro».
Si asciugò una lacrima, sforzandosi di sorridere.
 
No matter how we try, it’s too much history.
Too many bad notes playing in our symphony.
 
«Ti ho amato davvero, Jared Joseph Leto. Ma il mio è un passato complicato, da cui spesso devo scappare. Non volevo metterti in mezzo, ecco perché sparivo. Per non metterti in pericolo. Ma tornavo, perché stare senza di te era impossibile».
 
So let it breathe, let it fly, let it go.
 
Sbattei le palpebre, totalmente rapito dalle sue parole. Quasi non riuscivo a ragionare. Non c’era nient’altro in quel momento, se non i suoi occhi e le sue parole.
«Ovviamente, non ricorderai neanche questo».
Si fermò.
 
Let it fall, let it crash, burn slow.
 
Rimase per un attimo a fissarmi, poi si chinò sulle mie labbra sfiorandole appena.
«Addio».
 
And then you call upon God.
You call upon God.

 
Riaprii gli occhi sobbalzando.
Che diavolo ci facevo lì?
Oh, certo. Le canzoni nuove. Shannon e Tomo sarebbero stati fieri di me.
Sorrisi appena, alzandomi e massaggiandomi la testa. Da quando il pavimento era il miglior luogo per scrivere canzoni? Dovevo essermi addormentato.
La finestra era aperta, pioveva.
Mi ci avvicinai, aggrottando la fronte. Perché l’avevo aperta?
Mi strinsi nelle spalle, richiudendola e tornando al piano forte.
Il mio lavoro lì non era ancora finito.
 
 
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Running away from the light,
Running away to save your life.
   
 
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