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Autore: Eryca    21/11/2012    4 recensioni
Era colpevole di aver donato tutta la sua anima alla musica.
Non c’era persona più colpevole di lei.
Era colpevole anche in quel momento, mentre tutti sapevano ciò che stava per accadere, ma nessuno aveva il coraggio di dire nulla o muovere anche solo un muscolo.
C’era musica nell’aria, lei la sentiva.
Loro la sentivano.
Vita.

****
C'è Anne, con i suoi demoni del passato e la sua maschera perenne. Ha un sogno.
C'è Davide, con la sua purezza d'animo. Ha un sogno.
C'è Matteo, con la sua spavalderia e il suo disinteresse. Ha un sogno.
C'è Riccardo, con le sue dipendenze, le sue paure e le sue bugie. Ha un sogno.
Un sogno.
Hanno tutti lo stesso sogno.
La musica.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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15.

Mentre il caffè si raffreddava

 

 

 

 

«Le decisioni devono essere prese con coraggio, distacco e, talvolta con una certa dose di follia – non la follia che distrugge, bensì quella che conduce l’essere umano a compiere il passo al di là dei propri limiti.»

 

Paulo Coelho

 

 

 

 

Fu un sussurro lieve, come quello del vento tiepido primaverile, a svegliarla con una dolcezza estenuante.

Furono delle labbra – morbide, morbidissime – sulla sua spalla nuda, in un tocco paziente, a farle aprire gli occhi, in un movimento estremamente lento.

La prima cosa che Anne vide, furono due enormi occhi chiari che la fissavano con un interesse che uno scienziato è solito rivolgere ad una specie animale protetta.

Poi, un sorriso.

Non uno di quei sorrisi dolci ed amorevoli, quelli che ti strappano il cuore e ti fanno venire voglia di vendere l’anima al diavolo, no. Uno di quei sorrisi che, piuttosto, potrebbe sfoderare un bambino pestifero quando ha appena avuto l’idea geniale di fare un dispetto alla sorellina.

Un sorriso colpevole.

Infine, come previsto, acqua.

Acqua gelida sul suo viso ancora assopito e, seduto sul letto di fronte a lei, un Davide rosso in faccia a causa delle troppe risate con in mano un bicchiere vuoto.

Divertente. Veramente divertente, Lombardo.

Anne si mise in ginocchio sul letto per catapultarsi con rabbia selvaggia su Davi, facendolo rotolare tra le lenzuola ed iniziando così una vera e propria lotta.

«Ho pensato che sarebbe stato carino svegliarti in un modo romantico» iniziò Davide, non appena ebbero terminato quel gioco scherzoso.

La cantante riuscì finalmente a spiegarsi, allora, i baci amorevoli e le carezze che aveva sentito sulla sua pelle quando era ancora nella fase del dormiveglia. Una sensazione magnifica.

«Poi mi sono detto che tutte quelle smancerie non facevano per me, così ho optato per l’acqua.»

Ora è tutto più chiaro.

Davide rimaneva un vero e proprio mistero per lei. Certo, pian piano riusciva a scoprire particolari strambi della sua persona, come ad esempio il fatto che odiasse i piedi e non sopportasse di essere toccato con essi; però sembrava essere sempre circondato da quell’alone di enigma che ti faceva venire voglia di capirne di più riguardo a lui.

Forse era proprio per quel motivo che Anne lo amava tanto.

Lo amava.

Lo amava.

Lo. Amava.

Due semplici parole che erano un’idea concreta nella sua mente, un vero e proprio pilastro impossibile da distruggere; eppure non sentiva il bisogno di confessarlo al suo compagno, perché il loro amore era espresso nelle piccole cose: un sorriso di sottecchi, una carezza di sfuggita, un bacio.

«Ovviamente! Adesso per farti perdonare mi vai a fare il caffè. Su, su.»

Prese a spintonarlo giù dal letto, finché non lo vide rovesciarsi a terra, proprio come un sacco di patate. Rise, perché le veniva spontaneo quando si trovava in compagnia di Davide, che riusciva a rallegrare sempre quella che iniziava come una giornata tempestosa.

Ormai erano mesi che i Mad stavano in testa alle classifiche, i giornali parlavano di loro, i fans creavano dei club per idolatrarli e le loro mamme... continuavano a fare la torta in casa. Ciò che Anne non riusciva a capire era che le persone estranee li vedevano come delle vere e proprie rock star, ma se solo avessero saputo chi erano davvero avrebbero cambiato idea.

Rimase sdraiata sul materasso, le mani dietro la testa, ad osservare con sguardo affamato Davide, soffermandosi con interesse su ogni piccola parte del suo corpo.

Benessere.

Era proprio quello il termine che riassumeva alla perfezione la sua sensazione quando aveva il chitarrista accanto: i pensieri tristi che invadevano le sue memorie svanivano, le sue paure diventavano cenere e le montagne insormontabili sembravano divenire scalabili.

Benessere erano i capelli neri del ragazzo.

Benessere erano quegli occhi chiari che sembravano contenere i segreti dell’universo.

Benessere era il suo sorriso scaltro che ti faceva venire voglia di giocare.

Benessere era Davide.

Anne si chiese da quando era diventata così sdolcinata; se ci fosse stato Matteo accanto a lei, con tutte le probabilità del caso, le avrebbe tirato un quaderno in testa, accompagnato da qualche parola intimidatoria. Ma, in fondo, erano cambiate così tante cose nel giro di pochi mesi che Anne faticava ad assimilarle tutte e a starci dietro senza impazzire.

Allungò la mano verso il comodino e afferrò il pacchetto di sigarette di Davide, estraendone una senza farsi vedere.

«Ti ho vista, volpe.»

O almeno così pensava.

Si accese la cicca sorridendo, prima di smontare dal letto una volta per tutte e raggiungere il ragazzo, intento a versare il caffè in due tazze raffiguranti i personaggi de “I Simpson”.

Lo abbracciò da dietro, appoggiando la testa sulla sua schiena, inebriandosi del suo profumo – profumo di Davide – e pensando che ultimamente le cose andavano davvero per il verso giusto.

«Che ne dici di berlo più tardi, questo caffè?» chiese Davi voltandosi verso di lei, le mani già posate possessivamente sui suoi fianchi, la bocca così vicina da poterne vedere la perfezione.

E Anne non pensò che probabilmente la bevanda si sarebbe raffreddata e sarebbe divenuta imbevibile, perché Davide – lui, lui, lui – la stava baciando ormai, il sapore di lui sulla sua bocca.

Dio, quanto lo amava.

Lo amava.

Lo amava.

Lo amava.

«Ehm, ehm.»

Il suono di una voce che si schiariva la gola li indusse a staccarsi in modo colpevole, consci di essere appena stati colti in flagrante.

Ricca e Matte se ne stavano in piedi davanti alla porta d’ingresso ancora aperta, segno che dovevano essere appena arrivati a casa.

«Tempismo perfetto, ragazzi.» borbottò Davi, ormai concentratosi nuovamente sulle sue tazzine, prima di prenderne altre due dalla credenza. «Caffè?»

Riccardo, però, sembrava essere visibilmente nervoso: continuava a mandare occhiatine a Matteo che, a sua volta, si massaggiava le mani in un gesto che non era da lui.

Qualcosa bolle in pentola.

«Ragazzi, sediamoci un momento... dobbiamo dirvi una cosa importante.»

Centro.

Davide smise di trafficare e Anne, ormai curiosa di sentire cos’avevano da dire, si alzò per andarsi a sedere al piccolo tavolo di legno. Il suo migliore amico puntò subito gli occhi su di lei, quasi volesse farle capire ciò che stava per succedere.

«Allora?» domandò Davide che, come al solito, dimostrava la pazienza di un primate.

E poi ci fu uno di quei momenti che solo loro quattro uniti in una sola stanza riuscivano a creare.

Uno di quelli in cui il tempo sembrava non esistere più, così come lo spazio, il mondo, le galassie, i loro nomi, le loro vite, i loro ricordi.

Solo la musica persisteva.

La musica vera, quella che avevano creato insieme, volando nei cieli inesplorati, tracciando le vie di nuove strade sconosciute.

La musica del prima.

E allora Anne lo seppe.

Lo seppe con certezza.

«Io e Riccardo abbiamo deciso di lasciare i Mad.»

Anne lo seppe mentre il caffè si raffreddava.

 

 

 

****

 

 

 

Davide dovette assicurarsi di essersi lavato le orecchie quella mattina, prima di rendersi conto che ciò che aveva sentito non era finzione, ma la dura e triste realtà.

Io e Riccardo abbiamo deciso di lasciare i Mad.

Il silenzio regnava nella stanza, quasi a voler sottolineare che non potevano davvero esistere parole per esprimere ciò che il chitarrista sentiva dentro di lui: un minestrone di emozioni confuse; gli sembrava quasi che tutto il sangue che aveva in corpo gli fosse improvvisamente salito al cervello, facendogli schizzare i nervi al massimo e il cuore in gola.

«Non prendiamoci in giro, ragazzi.» Fu tutto ciò che Davide riuscì a dire, la voce spezzata, il groppo in gola che gli impediva di deglutire.

C’erano stati momenti nella sua vita, in cui aveva pensato di non potercela fare, come quando Riccardo era stato ricoverato in clinica per disintossicarsi, ma poi si era ripreso e, con la forza di un toro, aveva affrontato ciò che la vita gli aveva posto come ostacolo e ci era riuscito. Il fatto era che ci aveva creduto con tutta la sua anima, il suo cuore, il suo spirito.

Proprio com’era successo fin da quando era un bambino, per via di quello sciocco sogno.

Il sogno.

Il sogno irrealizzabile che, invece, era riuscito a realizzare con lo stupore di ogni persona che lo circondava, mettendoci passione, impegno, sudore e dolore.

Il sogno che ora sembrava crollare piano, così piano che ogni mattoncino che si sfracellava sembrava scavare una ferita nella sua pelle, facendo uscire fiumi di sangue, togliendogli il fiato.

Io e Riccardo abbiamo deciso di lasciare i Mad.

«Davide, amico mio» lo chiamò Ricca, gli occhi dolci puntati su di lui come una richiesta di ascolto in onore di quell’amicizia tanto sofferta e tanto forte. «Non è uno scherzo.»

Sentì il rumore di un bicchiere che si infrangeva e, con occhi allucinati, notò che Anne aveva appena lanciato la sua tazza a terra e ora guardava il pavimento, i pugni stretti lungo i fianchi e l’espressione di viso contratta in una maschera di rabbia.

Per un istante, Davide pensò di abbracciarla, stringerla forte a sé, farle sentire che, dopotutto, erano ancora insieme, che potevano ancora consolarsi con un bacio, ma fu solo un attimo e rimase seduto su quella maledetta sedia, fissando il vuoto quasi stesse cercando nell’aria una risposta.

Sconvolto. Doveva proprio sembrare sconvolto, sì.

«Dopo tutto quello che abbiamo sacrificato! Cosa cazzo vi salta in mente?» urlò Anne, gli occhi iniettati di sangue, la sua ira quasi palpabile.

Matteo doveva essere al corrente degli scatti di rabbia dell’amica, eppure non si era preoccupato della sua reazione, era rimasto seduto a guardarla con occhi impotenti, mentre mormorava delle inutili scuse a bassa voce.

Dio, possibile che quei due fossero diventati così egoisti? Avevano dimenticato tutto ciò che avevano passato per arrivare alla vetta? Non poteva essere già finita, no. Davide non aveva neanche ancora assaporato il gusto dell’essere arrivato al suo obiettivo: voleva sentire le urla degli spettatori mentre si esibiva in un assolo di chitarra degno di Jimmy Page, voleva dischi su dischi, voleva premi, concerti di beneficenza.

Voleva vivere il sogno.

«Polloni ha espressamente chiesto di negare la nostra omosessualità, Anne.» La voce di Matteo gli arrivò pacata alle orecchie, ma attirò lo stesso la sua attenzione, inducendolo ad ascoltare. «Sono disposto a dei compromessi, Annie, davvero. Ma come posso nascondere chi sono dopo tutti questi anni di lotta per vivere alla luce del sole?»

Furono parole amare, parole che colpirono Davide allo stomaco, perché, nonostante tutto, non avrebbe mai saputo cosa si provava a non essere accettati, a dover fingere di essere qualcuno che non si era, in realtà; non poteva dire il suo parere, perché non aveva lottato per la propria libertà, non aveva dovuto combattere contro sé stesso pur di arrivare ad accettarsi.

Voltò lo sguardo verso il suo migliore amico, Riccardo, che lo stava osservando con occhi colpevoli, l’espressione del viso demoralizzata di chi sa di aver deluso una persona a cui si vuole bene. E Davide non seppe più ciò che era giusto perché non poteva rimanere distaccato vedendo quanto il suo amico stesse soffrendo, non poteva negare che ciò che Mauro aveva imposto ai due ragazzi era ingiusto e razzista. Anne si sedette sul pavimento a gambe incrociate e si prese la testa tra le mani, in una posa disperata.

Non c’era più traccia di rabbia nella stanza, no; essa aveva lasciato posto alla tristezza, alla delusione, alla rassegnazione, all’idea che il loro sogno tanto agognato era corrotto.

E Davide dovette trattenersi dall’urlare, perché non poteva credere che tutto ciò per cui aveva vissuto fino a quel momento era finto. Doveva esserci pur qualcosa di reale.

La musica.

La musica doveva essere vera, lei era pura in ogni minimo accordo, in ogni singola nota, in ogni loro canzone. E se i Mad erano davvero destinati a morire, allora la verità sarebbe sopravvissuta nei loro testi, nei video delle loro esibizioni dal vivo, nella loro musica che urlava parole incontaminate dalla commercialità e dal denaro.

E Davi si accorse che erano tutti distrutti da quel mondo che gli stava chiedendo troppo, pretendeva gli abiti giusti, le compagnie giuste, i luoghi giusti, le chitarre giuste, i cocktail giusti. Anne, che il giorno in cui l’aveva conosciuta era energica, schietta e sfrontata, sembrava essere divenuta un fantasma di sé stessa: era dimagrita visibilmente, i suoi sorrisi erano meno arzilli di quelli usuali e aveva preso a fumare come una ciminiera. Anche Matteo, solito curare il suo aspetto fisico in una maniera esagerata, aveva accantonato le camicie di marca per indossare magliette a maniche corte sciupate e nemmeno stirate. Riccardo, poi, sembrava subirne più di chiunque altro le conseguenze: non era ancora del tutto disintossicato, quindi era obbligato a continuare le terapie di gruppo e di certo quell’ambiente in cui la droga era all’ordine del giorno non gli era d’aiuto.

E tu, Davide? Come ti sei ridotto?

Davi si rese conto di aver perso quell’entusiasmo infantile tipico di sé stesso: conservava la voglia di salire sul palco e dimostrare al mondo chi era, ma avrebbe voluto farlo a modo suo e non seguendo le istruzioni di stupidi manager.

Non c’era più tensione.

Non c’era più rabbia.

C’era solo rassegnazione.

E Davide seppe, mentre il caffè si raffreddava, che i Mad erano niente più che un ricordo sfumato.

 

 

****

 

 

Come prima cosa mi scuso immensamente per l’imperdonabile ritardo con cui pubblico questo capitolo, ma la scuola mi sta veramente rubando la vita, ultimamente D:

I Mad si sono sciolti, avete capito bene, non è una finzione e non ci sarà un colpo di scena. La storia si avvicina al termine, i nostri protagonisti stanno prendendo decisioni drastiche.

Dopotutto il mondo della musica è realmente così: difficile, corrotto, per persone forti.

Come sempre vi chiedo di lasciare un commentino se leggete! :D

Grazie mille a tutti per aver letto!

Un abbraccio,
Eryca.

 

 

 

 

   
 
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