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Autore: Antys    21/11/2012    3 recensioni
Scioccamente aveva creduto che fosse davvero magia la sua.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alexander Vlahos, Bradley James, Colin Morgan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo:  I wanna break this spell that you’ve created

Personaggi: Alexander Vlahos; Colin Morgan; Bradley James

Pairing: ColinxAlex (Vlorgan); ColinxBradley (Brolin)

Rating: Giallo

Genere: Slice of  life; introspettivo

Avviso: Slash; What if?; One-shot

Note: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone né offenderle in alcun modo.

 

 

I wanna break this spell that you’ve created

 

 

Era entrato da poco a far parte di quell’enorme famiglia eppure era stato accolto a braccia aperte, come se fosse stato un membro essenziale per quel nucleo familiare fin dall’inizio della sua nascita.

Poteva considerare tutti dei gran giocherelloni, sempre pronti allo scherzo, a farne, a giocare tra loro, a stuzzicarsi e ad appoggiarsi l’un l’altro; i momenti di serietà non mancavano di certo.

Quando arrivò il giorno della sua presentazione a tutto il cast, il vuoto allo stomaco si impossessò di lui ed aveva una strana agitazione nel cuore, eppure doveva essere abituato a tutto quello, non era certamente un novellino; ma come ci si poteva integrare in un nucleo già enormemente avviato? Come avrebbe fatto l’ultimo arrivato a gestire una situazione così grande senza sentirsi fuori posto e di troppo?

Tutti i suoi pensieri e quelle farfalle che non smettevano di svolazzare si annullarono nel momento in cui il suo nome fu pronunciato e sorrisi entusiasti presero vita in ognuno di loro.

In poco tempo era diventato parte integrante di quel gruppo affiatato ed improvvisamente sembrava che gli interpreti dei cavalieri di Camelot l’avessero adottato. Perfino il fantomatico re, quello burlone con quell’aria spavalda che tanto lo caratterizzava e la sua altezzosità, ma c’era altro in lui.

Per quanto vivesse bene, quasi magnificamente, i suoi momenti sul set e fuori da esso, la sua attenzione si concentrava sempre su qualcos’altro, come se non riuscisse in nessun modo possibile a distogliere i suoi pensieri da quella persona.

L’aveva visto; i suoi sorrisi, la sua gentilezza, la cordialità e quel manto misterioso che lo ricopriva, così tanto lontano da quella realtà fattibile da chiedersi se fosse davvero reale.

Probabilmente era la persona migliore lì dentro, ma anche la più riservata ed imprevedibile.

Aveva sentito diverse voci sul suo conto prima di approdare in quell’avventura ed era famoso il suo essere schivo senza nemmeno far rendere conto all’altro di ciò che accadeva. Scioccamente aveva creduto che fosse davvero magia la sua.

Ma era anche vero che tutti conoscevano il rapporto che lo legava a Bradley, eppure da quando era arrivato, da quando aveva messo piede in quel nuovo contesto, non gli era mai davvero capitato di vedere il biondo in compagnia del protagonista della serie.

Erano rare quelle occasioni e non erano mai da soli, come se qualcosa si fosse rotto fra loro e non cercassero neppure di rimediare.

Colin sorrideva, Colin travolgeva, ma sembrava che non fosse presente.

Alexander l’aveva osservato – forse anche un po’ troppo –, i suoi movimenti, le sue abitudini, le sue reazioni in compagnia del prossimo, ciò che vedeva era completa solitudine. Perché ogni volta che l’irlandese si ritrovava in compagnia degli altri membri della troupe, soprattutto con re e cavalieri, appariva sempre messo da parte, come se non vi appartenesse.

Mentre loro si divertivano ed Alex stesso veniva travolto dalla loro complicità, Colin era rintanato in un angolo del set – ne possedeva sempre uno in ognuno di essi e nessuno si azzardava mai a scomodarlo –, con indosso il suo costume, il copione tra le mani e passava momenti infiniti perso tra quelle pagine.

Non sapeva cosa l’avesse spinto quel giorno, senza un particolare motivo, a lasciare il gruppo che tanto stravedeva per lui per dirigersi verso la figura del moro. Ed era esattamente come lo vedeva ogni volta: perso tra le pagine del copione, immerso in un mondo tutto suo.

Sinceramente aveva dimenticato le parole che l’avevano condotto a lui, forse parole di semplice cortesia, ma quando gli si era presentato dinnanzi, quasi pentendosi di imporsi nel suo campo privato, Colin apparve sorpreso di trovarlo proprio lì, quando attimi prima era da tutt’altra parte. Gli aveva sorriso dopo alcuni momenti di stupore ed il gallese si chiese quale significato potesse realmente avere.

Da allora era diventata la sua strana routine.

Nei loro momenti di pausa, quando si ritrovavano tutti per aggiornarsi, come se non si vedessero da mesi, Alex trovava sempre il tempo per separarsi da tutti gli altri e dedicarsi interamente all’irlandese.

In realtà non parlavano mai molto, alle volte erano conversazioni senza alcun senso, eppure lui ne aveva bisogno e Colin non sembrava mai infastidito dalla sua presenza; Alex doveva ammettere che c’era decisamente più gusto ad osservarlo da vicino che ad essere distante per metri e metri.

Ma c’era una sola cosa che lo disturbava.

I giorni trascorrevano e di set ne avevano cambiati parecchi, per poi tornare sempre al punto di partenza.

Quel giorno le riprese durarono più del previsto. Quando buona parte del lavoro fu svolto e mancavano le ultime inquadrature, buona parte del cast fece ritorno ai propri alloggi, mentre il restante attendeva il termine del lavoro.

Le sue scene erano state terminate da un pezzo, eppure il gallese rimaneva lì ad osservare gli altri o semplicemente rimanendo in loro compagnia. Ma il sole era quasi scomparso e lo stomaco brontolava parecchio; non seppe perché, ma i suoi occhi cercarono la figura del moro, intravedendola a stento, ritrovandola esattamente lì dov’era consueto vederla.

In poche falcate giunse al punto designato, ritrovandosi l’irlandese fermo costantemente sui fogli del copione.

«Sei ancora qui, Alex?» Domandò il moro privo di alcuna sfumatura nella voce, senza distogliere gli occhi dalla lettura.

Il più piccolo si irrigidì per un momento, sorpreso dalla capacità dell’altro di accorgersi di tutto quello che lo circondava. «Anche tu.»

Colin curvò leggermente le labbra in risposta, annuendo impercettibilmente con il capo. «Qualcosa ti trattiene qui?» Chiese con apparente disinvoltura.

Alex trattenne appena il brivido che minacciava di percorrergli la schiena, assordato dalla domanda posta e dal tono usato; riusciva a sentire l’allusione, ferma ed immobile, come non mai ed ebbe la sensazione di essere stato brutalmente scoperto. Tutto quello che gli si presentava era l’indifferenza e la tranquillità dell’altro con quel sorriso appena accennato in cui lui scorgeva molteplici significati. «Nulla di particolare.» Riuscì con maestria a proferire.

L’irlandese sbatté le palpebre una volta, voltando una pagina della sceneggiatura, distendendo maggiormente quel sorriso.

Il tempo passava inesorabile con una lentezza quasi straziante, mentre loro rimanevano esattamente fermi in quel modo.

«Non sei costretto a farmi compagnia.» Annunciò improvvisamente il più grande, girando una nuova pagina.

«Credi sia qui per questo?» Domandò il gallese con stupore, automaticamente.

«In realtà non lo so.» Rispose il moro, alzando il capo dai fogli per dirigere il suo sguardo sugli occhi dell’altro. «Non so cosa tu voglia.»

Più volte si era ritrovato stupefatto dalla differenza che esisteva tra Colin ed il suo stesso personaggio, così incredibilmente diversi eppure allo stesso tempo complementari, ma in quel momento avrebbe preferito mille volte ritrovarsi faccia a faccia con Merlin. «Se credi che mi senta obbligato sbagli.»

Le labbra dell’irlandese si curvarono in un nuovo sorriso ed Alexander odiava profondamente quella piega che prendevano così abitualmente, eppure non poteva distogliere lo sguardo da quella bocca piena così vicina. «Cosa stai cercando, Alex?»

Gli occhi marini erano fermi sui suoi e sembravano scrutargli l’anima, esaminando brandello per brandello ed improvvisamente si ritrovò senza fiato. Ebbe quasi la certezza che Colin sapesse perfettamente il perché le gambe lo portassero sempre al suo cospetto senza mai tentennare.

Il suo unico pensiero era solo uno in quel momento e guidato da chissà quale forza estranea mise fine a quella distanza che esisteva tra loro, rubandogli un bacio.

L’irlandese lo allontanò da sé dopo pochi attimi, intontito da quel gesto che certamente non si aspettava. Le perle sgranate e sbalordite incrociarono le sue, mettendo in risalto quel color tempesta che predominava in lui, e quella era un’espressione che aveva avuto l’onore di osservare solo sul volto di Merlin.

«Ho la netta sensazione che ti sia fatto un’idea sbagliata.» Esordì il più grande con il tono di voce più controllato che possedesse.

Fu il turno delle labbra del gallese di curvarsi in un sorriso, in uno quasi liberatorio e nervoso; Colin riusciva sempre ad essere diplomatico in qualsiasi situazione. «Volevo solo vedere qualcosa di nuovo in te.»

«So cosa volevi.» Proferì glaciale l’irlandese, paralizzandolo sul posto. «Ed in questa famiglia si preoccupano abbastanza per me.»

Alexander sbatté le palpebre più volte disorientato, senza riuscire a distogliere lo sguardo dal suo ed in quel momento ebbe il terribile sospetto di aver errato i suoi calcoli.

In quel preciso momento un Morgan echeggiò per i corridoi del fantomatico castello, scuotendo le due figure.

«Morgan, dove sei finito?» Domandò una voce possente, enfatizzando sul nome dell’altro, senza lasciare alcun dubbio di chi potesse essere.

«Sono qui, James.» Rispose il moro senza distogliere gli occhi dal più piccolo.

Bradley arrivò dopo pochi secondi con il suo passo pesante e marcato.  «Hai un vero talento nel trovarti posti introvabili, Morgan.» Dichiarò nel momento in cui se lo ritrovò davanti, ma i suoi occhi furono catturati da tutt’altra figura. «Alexander.» Pronunciò con uno strano tono, tra il sorpreso e la consapevolezza.

O-oh. Nome completo, gran brutto affare.

Tutta quella situazione non si presentava nel migliore dei modi.

Aveva la strana sensazione che Bradley lo stesse scrutando a fondo, come se stesse cercando di capire qualcosa ed era davvero strano essere guardati in quel modo da lui, quando in realtà gli riservava un trattamento speciale.

Ma poi i suoi occhi si spostarono, come se qualcos’altro lo avesse chiamato in allarme, come se quel qualcos’altro esigesse la sua attenzione in modo radicale. I suoi occhi cambiarono ancora.

Le perle acquatiche del biondo erano ferme sul viso dell’irlandese, catturato dalla strana piega che aveva preso, turbato da quelle iridi marine che sembravano comunicare ogni cosa ed incantato da quelle labbra stranamente rosse e gonfie. «Ѐ successo qualcosa?» Domandò senza perdere ulteriore tempo ed il tono usato poteva risuonare un po’ apprensivo alle orecchie del più piccolo.

Le palpebre di Colin si chiusero per un nano secondo e le sue iridi si specchiarono in quelle del biondo. Il gallese quasi tremò quando si rese conto di ciò che aveva visto Bradley in essi. «No, Alex mi onorava della sua compagnia.» Rispose semplicemente il corvino, sorridendogli debolmente.

«Perché ne avevi bisogno?» Chiese straniato l’inglese.

«Non ha importanza, Bradley.» Dichiarò l’irlandese interrompendo quella spiegazione immotivata.

Per Alex quella situazione era quanto di più surreale avesse mai vissuto ed era convinto, pienamente, che quelle parole nascondessero significati chiari solo per loro.

«Allora è doveroso che vi ringrazi Sir Vlahos per la protezione, così devota, che presta alla nostra donzella in pericolo.» Pronunciò con leggera ironia il biondo, sorridendogli caldamente.

Colin si lasciò andare ad una risata cristallina, colpendo in malo modo una spalla della sua co-star.

Il gallese sgranò gli occhi interdetto, conscio dell’essersi perso qualche passaggio e frastornato dalla rapidità con cui il biondo ritornava al suo vecchio carattere estremamente lunatico. «Dovere.» Riuscì solo a pronunciare con tutta la serietà e il celato sarcasmo che possedeva.

Bradley sorrise ancora, mentre gli occhi del corvino rimanevano costantemente sull’esile figura del più piccolo, con le labbra leggermente inclinate.

«Andiamo, Cols?» Domandò subito dopo Bradley, concentrando la sua attenzione sull’irlandese. «Credo che tu mi abbia aspettato abbastanza per oggi.»

Colin sorrise di rimando, avvicinandosi al proprio zaino. «L’ho fatto per anni, smettere adesso sarebbe illogico.»

Agli occhi di Alexander tutto apparve incredibilmente chiaro, come lo non era mai stato.

I due avevano un bisogno quasi morboso di toccarsi, ma erano restii dal farlo; comunicavano con parole e significati velati, si guardavano l’un l’altro trasmettendosi continui pensieri e sorridevano spensierati, quando era evidente che volevano qualcosa di più; che fosse la sua presenza a bloccarli?

Lo zaino era già su una spalla del corvino, mentre continuava a tenere il copione tra le mani.

«Alex.» Lo saluto semplicemente Bradley voltandosi verso di lui mentre quest’ultimo annuiva con il capo.

Gli occhi di Colin si legarono a quelli del gallese e le sue labbra si curvarono in un sorriso enigmatico. «Mordred

Alex trasalì, sbattendo più volte le palpebre, mentre i due gli voltavano le spalle ed il sorriso dell’irlandese rimaneva indelebile nella sua mente.

Camminavano uno vicino all’altro, sfiorandosi appena e lui poteva vedere quelle mani toccarsi delicatamente, vogliose di voler approfondire quel contatto.

Si era illuso davvero in quel modo?

Davvero era stato così cieco da non vedere la realtà?

Aveva davvero cancellato ciò che gli si presentava davanti creandosi quel mondo fittizio?

Perché proprio in quel momento ciò che era gli si presentava nella mente, facendo riemergere immagini vivide dimenticate, emozioni provate e quella certezza che sapeva esistere?

Infinite volte li aveva osservati con casualità – poco importava se poi era diventato un bisogno –, aveva studiato i loro comportamenti e gesti; li aveva visti separarsi e poi, come per magia, sparire per poi riemergere momenti successivi. Innumerevoli volte li aveva trovati uno di fronte all’altro, in qualche angolo dimenticato, toccarsi con intimità mentre si sorridevano complici, come solo due amanti potevano fare. E quante volte i suoi occhi, mentre camminava da una direzione all’altra, accompagnato dagli altri membri del cast, avevano incontrato le loro labbra sfiorarsi per poi approfondire quel contatto con ingordigia in un angolo dimenticato.

Alex lo sapeva, ne era consapevole, ma qualcosa si era insinuato in lui, cancellando tutto quello che gli urlava di non tentare quella strada impercorribile. Tutto perché aveva un solo pensiero nella mente da così tanto tempo da non averne più memoria.

Il pensiero fisso per quello che casualmente aveva intravisto in una pubblicità lontana di anni prima; una pubblicità di pochi attimi che promuoveva una nuova puntata di quel telefilm di cui non aveva alcun interesse. E poteva dannarlo quel giorno, quando quella figura mingherlina e nivea lo inchiodò allo schermo.

La sua curiosità aveva prevalso e tutto si era dissolto come bolle di sapone nel momento in cui apprese la notizia di poter entrare a far parte del cast.

Tutto quello che aveva desiderato da quel giorno era poter conoscere l’animo dell’altro, andare oltre il suo sguardo profondo, la sua figura avvolta dal mistero, il suo sorriso sempre presente e quel disagio che si provava stando dinnanzi alla sua persona.

Alex voleva solo quello, eppure tutto si era trasformato in qualcos’altro a cui si ostinava a non voler dare alcun nome.

Il sorriso enigmatico e pieno di malcelate parole dell’irlandese rimase impresso nei suoi occhi, senza riuscire in alcun modo a cancellarlo e quello non premetteva nulla di buono.

 

 

 

 

 

 

 

 

Non so nemmeno cosa ci faccio qui.

Mi sono ripromessa per anni di non scrivere più qualcosa che trattasse il RPS, c’ero quasi riuscita, ma poi ecco che arriva la mazzata e quell’idea malsana che non vuol lasciarti andare.

Non so nemmeno cosa sia uscito, so solo che non riuscivo a tollerarla più nella mia cartella.

E poi andiamo, fremevo dalla voglia di unire i nomi dei nostri moretti. Io e la mia ossessione per le lettere.

Osiamo e vediamo.

La mia storia targata Alexander Vlahos è davvero complicata ed avremo sempre alti e bassi – forse più alti –, chiedo venia.

Questo piccolo sipario è quel che è ed adesso la mia mente potrà mettersi il cuore in pace.

Ringrazio chiunque le dedicherà quegli attimi fuggenti.

A presto.

Antys

   
 
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