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Uno dei cacciatori di stanza nella zona del quartiere degli artisti,
verso
l’alba, trovò il cadavere di una donna
sulla trentina.
All’inizio
si era pensato all’operato di un vampiro, ma poi
l’ovvia mancanza di
morsi sul corpo della vittima e il fatto che non fosse stata
dissanguata
avevano fatto scartare quella possibilità.
Inoltre,
avrebbe infranto quel delicato equilibrio di coesistenza che si era
creato tra cacciatori e vampiri per la sopravvivenza di entrambi, dopo
la
guerra avvenuta secoli fa.
Avendo
necessità di nutrirsi solo una volta al mese, il numero di
vittime era
relativamente basso e in alcuni casi i soggetti, anche se avendo poi
bisogno di
un ricovero in ospedale, sopravvivevano
all’esperienza.
Il
patto prevedeva in ogni caso che i cacciatori avessero un ruolo di
sorveglianza e intervenissero quando ritenevano opportuno, anche se
alcuni di
loro a volte erano fin troppo zelanti. In passato si erano verificati
alcuni
episodi dove si era proceduto senza aver avuto una certezza effettiva
della
colpevolezza.
Per
questo motivo i vampiri erano stati scartati dalla lista degli imputati
dei
recenti omicidi; nessuno di loro sarebbe stato così stupido
da andare in giro a
seminare cadaveri, quando sapevano che ciò avrebbe scatenato
contro di loro
tutti i cacciatori della città.
Ulteriore
motivazione poi era stata data dal fatto che tutti gli omicidi erano
stati compiuti di giorno e questo praticamente escludeva che si potesse
trattare di un loro operato.
Nonostante
tutto, l’organizzazione dei cacciatori si stava ancora
occupando del
caso perché entrambe le vittime, e con tutta
probabilità anche l’ultima,
avevano in comune il fatto di avere legami con persone che ne facevano
parte.
Una
volta riferiti gli ultimi sviluppi al quartier generale, i livelli di
guardia subirono un brusco aumento e vennero raddoppiati i turni di
pattugliamento della città, soprattutto in vista
dell’evento mondano a cui
avrebbero partecipato anche molti personaggi di spicco della
città e che si
sarebbe tenuto di lì a due giorni.
*
La
serata alla villa si stava
svolgendo tranquillamente, fino a quando Antonio non notò
per terra, vicino al
tavolo, un volantino, che doveva probabilmente essere sfuggito a Lovino
quando
era rientrato dal giro di commissioni che lui e Arthur si alternavano.
Il
volantino in questione, con una grafia elegante su sfondo rosso,
invitava a
partecipare a una festa in maschera che si sarebbe tenuta tra due
giorni per
celebrare l’anno nuovo.
A
quel punto, Antonio battendo le mani per richiamare
l’attenzione degli
altri disse con il suo tipico piglio vivace:
“Signori
miei, tirate fuori i vostri smoking perché abbiamo un
ricevimento a cui partecipare!” concludendo con uno svolazzo
della mano che
reggeva il volantino, che passò poi di mano in mano ai
presenti.
Quando
Lovino lesse che nella serata era previsto anche uno spettacolo
circense
un sorriso nostalgico gli comparve in volto, ricordando le volte a cui
aveva
assistito a simili spettacoli assieme a suo fratello e al nonno in
quella che
sembrava una vita fa.
Ma
il suo indugiare sui ricordi d’infanzia venne interrotto
presto dalla voce
di Francis che esprimeva la sua approvazione alla proposta,
rivolgendosi poi a
Gilbert: l’amico sembrava l’unico a non essere
interessato e se ne stava
appollaiato sulla sua poltrona con il portatile in grembo.
“Tu
più di tutti hai bisogno di
svagarti un po’, è tutta la settimana che sei di
umore strano. E poi… magari è
la volta buona che trovi qualcuno con cui passare la
notte.”
concluse ammiccando e dovendo poi schivare la ciabatta diretta contro
la sua
faccia, che costituiva l’unica risposta che avrebbe ricevuto
da Gilbert.
Ridendo,
il biondo poi afferrò Arthur per la vita, lanciandosi in un
giro di
valzer improvvisato e dicendogli che era meglio ripassare i passi
perché i suoi
piedi potrebbero non più riprendersi se sottoposti a un
massacro come quello
dell’ultima volta.
Arthur
contrattaccò rispondendo che se gli avesse mai pestato i
piedi, la colpa
non era certo da attribuire a una sua carenza nella danza ma
all’incapacità del
suo compagno di tenere le mani a posto in pubblico.
Francis
scoppiò nuovamente a ridere e i due continuarono a
volteggiare per il
salotto, accompagnati dallo scoppiettare del fuoco nel camino e ben
presto
seguiti da Lovino e Antonio.
Gilbert,
messo da parte il portatile, si alzò e si diresse alla
finestra
pensando a come le occasioni mondane di quel tipo si rivelassero molto
spesso
di una noia mortale.
Poggiando
i gomiti sul davanzale osservava con sguardo assente la
città avvolta
da una lieve nebbia, fino a quando un pensiero non lo riscosse dal suo
stato di
apatia; vista la portata dell’evento era molto probabile che
fosse presente
anche il cacciatore.
Se
così fosse stato, la serata si sarebbe rivelata
tutt’altro che noiosa.
Nonostante gli altri disapprovassero il suo comportamento
considerandolo
pericoloso ed irresponsabile, non riusciva a farne a meno.
L’adrenalina che
conseguiva dallo sfidare la sorte in quel modo era l’unico
modo per colmare,
seppur per breve tempo, quel senso di vuoto che lo attanagliava.