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Autore: _Marika_    24/11/2012    2 recensioni
Verena e Steve. A New York.
La loro vita si srotola tranquilla fino ad un imprevisto: il nuovo lavoro di Verena. E, soprattutto, il nuovo intrigante capo di Verena, che ad un tratto comincia a dimostrare delle particolari attenzioni nei suoi confronti..
Questa è la storia di un amore. Un amore brillante, ironico, sofferto, vissuto, vero. Un amore banale e, nella sua banalità, così stupefacentemente inconsueto.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Prologo

 

 

 

 

 

Sei licenziata”.

 

Quelle due parole continuavano a rimbombarmi nella scatola cranica, con lo stesso eco di un rombo di tuono che lascia dietro di sé la distruzione del nubifragio.

Licenziata.

Di nuovo.

Non riuscivo a pensare ad altro, mentre camminavo verso casa strascicando i piedi. I miei stivali viola e marroni non erano intonati a nessun altro capo che avevo addosso, ma in quel momento non riuscii a preoccuparmene. Anzi, provai una sorta di perversa soddisfazione nel vedermi così malridotta, come se l'aspetto esteriore rispecchiasse in qualche modo la mortificazione che avevo dentro.

Licenziata.

Le gocce cominciarono a cadere dal cielo plumbeo, coronando il mio fallimento di un aurea di poetica malinconia. Ma non ero la protagonista di un romanzo tormentato, in quel momento; non avevo i capelli scossi romanticamente dalle folate di vento, né gli occhi spavaldi lucidi di lacrime.

No, affatto.

Ero, semplicemente, un fallimento.

Ero sfigata, con il trucco sbavato, gli occhi gonfi di pianto e adesso pure i capelli appiccicati al cranio a causa di quella cazzo di pioggia.

Un fallimento su tutta la linea, una sfigata vestita da stracciona!

Mi tirai su la sciarpa fin sopra il naso, nascondendo un singulto. Grazie a Dio lì a New York nessuno badava ad una ragazza triste con una sciarpa di lana fino su gli occhi. Lì a New York nessuno badava a nessuno, in realtà.

Licenziata.

Dio, che vergogna.

E cos'avrei detto questa volta a Steve?

Oh, sai amore, mi hanno licenziato. Sì, lo so che mi hanno presa solo due settimane fa... lo so che dovevo limitarmi a prendere le ordinazioni... ma che ne sapevo io “hai davvero un bel cappello verde” in Cina è il peggiore degli insulti? Quel tipo ce l'aveva davvero un bel cappello...

Convincente, davvero.

Mi sarei dovuta vergognare a stare con lui.

Lui, brillante, affascinante, con un carriera in politica pronta a spiccare il volo; lui sì che era un uomo di successo, un uomo che avrebbe potuto avere tutte le donne ai suoi piedi...

...e stava con me.

Verena, la cameriera di un ristorante cinese.

Oh, aspetta, l'ex-cameriera!

Ora, sapevo bene che nessun uomo dotato di raziocinio avrebbe voluto stare con una donna frignona e incapace di scegliere un abbinamento decente come me, e spesso mi chiedevo perché lui mi avesse scelto. Dopo essermi posta tale domande in genere piangevo, mi tormentavo, mi perdevo in paranoie asfissianti finché lui non accorreva in mio soccorso facendo evaporare i miei dubbi.

E anche adesso, pur nella vergogna di dover ammettere le mie sconfitte, altro non volevo che buttarmi fra le sue braccia per dimenticare tutto quello che era successo.

Arrivai al nostro appartamento con le scarpe ormai zuppe, e salii i gradini degli otto piani con la grazia di uno struzzo gravido.

Bussai alla porta perché, ovviamente, avevo dimenticato le chiavi.

Steve mi aprì, bello come il sole. Non aveva ancora avuto il tempo di farsi la doccia, quindi aveva ancora addosso la giacca elegante di quella mattina; ma la camicia bianca aveva qualche bottone aperto, rilassata, e lasciava intravedere la pelle del collo.

Hei, cosa...”.

Non finì, perché riuscì a intravedere gli occhi gonfi tra quelle liane scure e umide che erano diventate i miei capelli.

Entra” si scostò, facendomi passare. Sentii la sua mano accompagnarmi lieve la schiena.

Sei tutta bagnata. Cos'è successo?”.

Non risposi subito, e lui capì di non dover insistere. Non subito, almeno. “Ti faccio un tè” affermò, avviandosi deciso verso la cucina.

No, grazie, non mi va” lo fermai, cercando di fargli un sorriso.

Quattro anni che stavamo insieme e ancora non aveva capito che il tè, per me, non era il rimedio sacro con cui guarire ogni male.

Testa dura da britannico.

Sicura?” mi chiese, avvicinandosi. Le sue mani afferrarono dolcemente i miei gomiti.

Annuii, tentando un altro sorriso. Mi scostai per levarmi il cappotto bagnato, che appesi sull'appendiabiti accanto all'ingresso.

Poi mi voltai e presi un breve respiro.

Mi hanno licenziato”.

Via il dente, via il dolore.

Lui mi guardò sorpreso, per poi commentare con un sobrio: “Ah”.

Lo so” mormorai, abbassando lo sguardo.

Mi accompagnò piano verso il letto, dove ci sedemmo entrambi.

Senti, non è così grave” mi confortò. “Da quanto avevi quel lavoro, un mese...?”

Due settimane”.

Ecco, due settimane. Vedrai che ne troverai subito un altro”.

Lo guardai con espressione sconsolata.

Lui mi sorrise, scostandomi una ciocca bagnata dalla fronte. “E magari non in un ristorante cinese, così non dovrò più portarmi in giro una ragazza che puzza di fritto”.

Malgrado la situazione, mi strappò un sorriso. “Sei odioso! Era l'unico posto che avevo trovato. E poi non puzzavo così tanto!”.

Scherzi?! Ah, dovevi esserne assuefatta. Ogni volta dovevo toglierti i vestiti di dosso non appena rientravi a casa, altrimenti non avrei resistito un secondo di più!”

Ecco perché eri così affamati di sesso in questi ultimi tempi...” scherzai, maliziosa.

Esatto. E' questione di metodo, sai. Anche se poi mi sembrava di farlo con un sushi gigante”.

Che schifo che fai. E poi il sushi è giapponese. E non puzza”.

Come sarebbe che non puzza?”.

Non puzza. E' solo molliccio e viscido”.

E' disgustoso”.

Tu sei disgustoso!”. Gli tirai un cuscino in faccia, ridendo. Lui mi guardò molto seriamente.

E' una sfida questa?”.

No” mentii, con candidissimo sorriso. Le lacrime ormai erano dimenticate.

Troppo tardi”.

Mi aggredì, prendendomi per i fianchi. Mi fece il solletico finché non lo implorai di fermarsi, mentre ormai avevamo disfatto tutto il letto. Alla fine ricademmo sui cuscini, stremati e sorridenti.

Mi voltai a guardarlo, incantata dal suo profilo.

Era così dannatamente... sexy.

Mi girai, sollevandomi su un gomito. Allungai un dito malizioso verso il colletto aperto della sua camicia, stuzzicandolo. “Quindi d'ora in poi il sesso dovrò guadagnarmelo?”.

Mm, ci puoi provare, sì”.

Faceva l'indifferente, ma io vedevo i muscoli del suo collo tendersi, scattanti, come in attesa. Gli accarezzai di sfuggita la mandibola contratta, intimamente soddisfatta della reazione che le mie attenzioni suscitavano in lui.

La mia mano scivolò piano verso il suo petto, dove incontrò un piccolo ostacolo rotondo: un bottone. Senza perdere il movimento, lo feci saltare.

Mi assicuri che il sushi non puzza, sì?” mi fece, chiudendo gli occhi e sorridendo.

Potrei annoiarmi se non la smetti” lo punzecchiai, mentre le mie carezze si facevano più ardite. Feci saltare altri due bottoni, e ormai la mia mano vagava libera sul suo petto muscoloso. Come poteva essere ogni volta così... esaltante? Ogni volta che lo spogliavo mi meravigliavo di quanto lo desiderassi, di quanto fossi grata che quel corpo fosse mio.

Aprii completamente la camicia, sfilandogliela dai pantaloni. Sentirlo sospirare mi provocò un brivido alla base della schiena.

Lo guardai: aveva gli occhi chiusi, e respirava piano con la bocca. Mmm, quella bocca...

La baciai ancora prima di poter pensare di farlo. Mi faceva impazzire, così asciutta, calda e morbida. Lui ricambiò con vigore, sollevandosi dal letto e artigliandomi la nuca con la mano libera. “Ti voglio” mi soffiò sulle labbra. “Adesso”.

Lo stomaco mi si ribaltò. Lo contemplai adorante per un secondo, prima di avventarmi su di lui, afferrandogli il viso tra le mani e baciarlo con ardore.

Anch'io, amore, anch'io...” gli sussurrai tra un bacio e l'altro.

Mi prese per i fianchi e mi sistemò prepotentemente su di lui. Un primo gemito mi uscì dalle labbra, acuto, passionale, lussurioso; poi il mio cervello si scollegò definitivamente quando sentii Steve impossessarsi dei bottoni dei miei jeans.

Anche quella giornata, alla fine, si era conclusa nel migliore dei modi.

 

•••

 

Mmm...”

Mi rigirai nel letto, assolutamente felice ed appagata.

Buongiorno” mi disse la voce roca di Steve, mentre le sue braccia mi stringevano da dietro. Adoravo quando mi abbracciava così; mi faceva sentire protetta, al sicuro, e allo stesso tempo coccolata e desiderata. Era il modo migliore per svegliarsi una domenica mattina.

Domenica?

Ah, no, cavolo, non era domenica. Era mercoledì. E da che mondo è mondo il mercoledì si va a lavorare... se non si è stati licenziati il giorno prima per aver accusato un cliente di essere stato tradito dalla moglie.

Yu-uh.

Però fui felice che per me fosse vacanza anticipata, dopotutto. Avrei potuto godermi un paio di giorni di pace per poi cercarmi un altro lavoro. Magari uno vero: ero stufa di bar, take-away, ristoranti indiani e night club illegali. Volevo un lavoro che mi facesse sentire realizzata.

Buongiorno” risposi a Steve, godendomi la sua pelle nuda sulla mia.

Dormito bene?” mi chiese, baciandomi dietro l'orecchio.

Come un angioletto” risposi, girandomi verso di lui. Aveva i capelli arruffati e il viso provato dalla notte di fuoco. Immaginai di dover avere un'espressione simile.

Sei bellissima appena sveglia” mi adulò.

Sei di parte, Steve” lo ammonii, dandogli un buffetto sulla guancia.

Non posso lusingare la mia donna?” mi provocò, avvicinandosi per darmi un veloce bacio sulle labbra.

Mi lasciai convincere. “Mm, va bene, puoi lusingarmi ancora un po'” dissi ridendo, incastrando la mia testa nell'incavo del suo collo.

Sei la donna più bella, più intelligente, più intrigante, più, sensuale, più carismatica, più brillante...”

Ok, mi rimangio tutto. Dopo “intrigante” il sarcasmo è diventato troppo evidente”.

Quindi sei bella e intelligente?”

Intelligente, bè... diciamo superficialmente intelligente. Un'intelligenza di facciata per accalappiare gli uomini scemi come te”.

Steve ridacchiò. “E bella?”.

Ci pensai seriamente su. “Non mi sento bella”.

Lui si scostò da me per guardarmi in faccia. Mi osservò con perizia clinica, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

No?”.

Ricambiai il suo sguardo. Era così... sereno. Appagato. Innamorato.

Mi sento bella solo quando mi guardi così” confessai in un sussurro, un po' in imbarazzo.

Mi capitava spesso di sentirmi inadeguata e fuori posto, ma con lui mai. Per questo mi sentivo di poter essere completamente sincera con lui.

Lui sorrise e mi attirò a sé, concedendomi un bacio lungo ed appagante.

 

Decisamente, il miglior risveglio di sempre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ciaaao.

Questo è un esperimento, un puro esercizio di stile che ha solo un abbozzo di trama e pochi personaggi (spero). Non so se lo continuerò. Nemmeno la stesura del prologo è definitiva. Diciamo che deciderò in base alle recensioni, se saranno entusiastiche (ne dubito) o se sarò gentilmente invitata a darmi al cucito (più probabile).

Grazie a tutti, a presto!

 

 

 

 

   
 
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