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Autore: Jo Lupo    24/11/2012    4 recensioni
"Coraggio, gambe in spalla, come diceva mia nonna e vediamo di arrivare vive almeno a fine giornata". Tre giorni nell'arena durante i cinquantaduesimi Hunger Games
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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te giorni

Giorno 1 – L’alleanza

Il conto alla rovescia era appena terminato. Un attimo di esitazione prima di rendersi conto che Angelica aveva già iniziato a correre. La cornucopia era invitante, ma loro avevano un piano e non poteva rischiare di mandarlo a monte dopo neanche un minuto.

Rachel si mise a correre. Aveva una paura fottuta che qualcuno le lanciasse un coltello alle spalle. Era maledettamente lenta in mezzo a tutto quel fango. L’Arena, in quei cinquantaduesimi Hunger Games, era una foresta fitta di alberi altissimi dal tronco liscio, con strane piante rampicanti e terreno fangoso. In alcuni punti sembrava esserci erba, ma il terreno non era mai abbastanza solido. Una cazzo di palude, bella idea! Si rese conto che stava dimenticando qualcosa: avrebbe dovuto contare! OK, allora, partiamo da 10. Una volta arrivata a cento si sarebbe dovuta fermare. Alla cornucopia Angelica aveva alzato la mano sinistra, quindi lei sarebbe dovuta andare a destra, Era quello il piano. Corri contando fino a cento, poi ti giri verso destra e cammini. Io cammino verso sinistra e ci dovremmo incontrare. Bel piano, Angelica, sempre che non ci ammazzino mentre cerchiamo di trovarci. Ok… 98… 99… 100.
Si fermò ansimando. Era sempre stata in forma, ma correre non era evidentemente il suo forte, soprattutto non in mezzo al fango. Sarebbe stato un delirio trovare dell’acqua potabile in quella palude. Prima dell’acqua, devo trovare Angelica. Camminando in mezzo al fogliame, sapeva di dover essere il più silenziosa possibile. Non aveva armi e non poteva certo combattere a mani nude, nonostante le formidabili unghie finte che il suo stilista le aveva fatto incollare per la sfilata. Al massimo, chiunque vorrà strangolarmi  si troverà cieco, che soddisfazione!
Era stata una settimana che definire stressante era ridicolo. La mietitura, l’espressione sui volti dei suoi genitori. No, non doveva pensare a questo, doveva solo cercare di sopravvivere il più possibile, meglio se fino alla fine, ma sapeva di non averne le capacità. Se si fosse trattato di nuotare, non avrebbe avuto rivali, nemmeno il tributo maschio del suo distretto. Mentre proseguiva lentamente, per cercare di limitare al minimo ogni rumore, si mise a pensare ad Angelica.
Mags, la sua mentore, le aveva dato due consigli: imparare cose che non sapeva, invece di cercare di migliorarsi in tre giorni su ciò in cui già era brava; cercare di farsi degli amici, per superare i primi giorni nell’Arena. Poi, le amicizie smuovevano sempre i sentimenti degli sponsor. Milioni se ne andavano in scommesse su chi sarebbe rimasto fino alla fine e su quale amico avrebbe tradito per primo. Così aveva deciso di provare a parlare con la ragazza dell’11. Sembrava non andare molto d’accordo con il tributo proveniente dallo stesso distretto, quindi Rachel le si era affiancata durante il primo giorno di addestramento, alla postazione delle trappole.
Avevano avuto la stessa idea. Se non puoi combatterli, falli penzolare come salami. Quanto aveva riso Angelica quando aveva sentito quella battuta! Il ghiaccio era stato rotto. In soli tre giorni avevano escogitato quel piano e avevano anche posto le basi per un’alleanza con Margie e  Wolfram del Distretto 6.
Rachel non si fidava completamente di quei due, ma Margie sarebbe stata utile,con le sue nozioni di farmacia e un uomo in squadra non faceva schifo a nessuno, nonostante Wolfram fosse alquanto tonto. Almeno era forte e sembrava avere una buona tecnica di combattimento. A quanto pare, nel 6 organizzavano incontri clandestini di lotta, il che non era paragonabile all’addestramento dei favoriti, ma era sempre più di quello che facevano negli altri distretti in preparazione agli Hunger Games.
Margie era quella tra i due che la faceva stare più in allerta, per via di quell’espressione “da furbetta”, come avrebbe detto sua mamma. Portava occhiali da vista dalla forma ovale e aveva l’irritante abitudine di scrutare il suo interlocutore piegando la testa in basso e guardando da sopra le lenti, come se fosse tutto un trucco per sembrare più debole. Poi quel modo fastidioso con cui faceva notare l’ovvio su tutto, come se fosse l’unica persona normale in mezzo ad un branco di ritardati. Probabilmente la sua tecnica era proprio quella di far cadere le difese altrui insieme alla pazienza. Oppure far scoppiare il fegato per il nervoso che causava.
 Un sibilo interruppe i suoi pensieri e le fece gelare il sangue. Si immobilizzò, ricordandosi cosa le aveva insegnato l’addestratore riguardo ai serpenti e cercò di girarsi al rallentatore, sperando di non trovarselo troppo vicino e già pronto ad attaccarla. Non si poteva mai sapere di che razza di animali si trattasse nell’Arena, Sarebbe benissimo potuto essere un ibrido. Un rumore tra il fogliame e poi la chioma bionda di Angelica.
«Scusa, non volevo spaventarti, ma non ero sicura che fossi tu, quindi ho pensato di prendere tempo con quel suono. Speravo di risultare credibile come serpente, così chiunque fosse stato si sarebbe immobilizzato, dandomi modo di capire se  mostrarmi o scappare»
«Ehi! Attaccare non era un’opzione?»
«Figurati! Ho fatto come avevamo stabilito: al termine del conto alla rovescia ho corso fino quasi a sputare un polmone! Con cosa avrei potuto attaccare? Non ho nemmeno delle potentissime unghie-arma come le tue!»
Rachel si mise a ridacchiare silenziosamente. Un attimo di leggerezza non guastava in mezzo a quel massacro organizzato. Angelica era una ragazza dolcissima. Continuava a scacciare il pensiero della fine che avrebbero fatto.
Angelica si scosse, quasi rendendosi conto di non essere ad un pick-nick e tornò seria: «Proviamo a cercare gli altri? Sai se sono ancora vivi? Margie avrebbe dovuto provare a prendere qualcosa dalla cornucopia, sperando che Wolfram le abbia guardato le spalle. Io non sono nemmeno riuscita a girarmi indietro, pensavo solo a scappare»
«Nemmeno io, avevo troppa paura di rimanere paralizzata come un’ebete a guardare gli altri scannarsi! Coraggio, gambe in spalla, come diceva mia nonna e vediamo di arrivare vive almeno a fine giornata»
Si incamminarono insieme, spalla contro spalla, sparendo nella vegetazione.
Quella prima sera, tredici volti apparvero nel cielo.

Giorno 2 – Tradimento

Era successo tutto così in fretta. Dopo la proiezione dei volti dei tributi caduti, avevano deciso di fermarsi per la notte. Un albero dalle enormi radici esposte aveva fornito loro un po’ di riparo. Rachel aveva fatto il primo turno di guardia. L’indomani mattina avrebbero dovuto cercare cibo e acqua, o sperare in uno sponsor clemente. Il tempo era passato relativamente in fretta, anche se Rachel non vedeva l’ora che venisse il momento di svegliare Angelica e mettersi a dormire per qualche ora. Quando finalmente la sua testa aveva toccato l’umido giaciglio improvvisato, si era addormentata all’istante.
Non sapeva quanto tempo dopo si era svegliata. Un rumore, poi un gemito. Si era alzata e non aveva avuto il tempo di pensare al rischio che correva non stando nascosta. Un ragazzo sopra Angelica, stavano lottando, lui dava le spalle a Rachel. Senza esitare si era lanciata su di lui, ficcandogli le unghie finte negli occhi. Lui aveva urlato per la sorpresa, e poi per il dolore, quando Angelica gli aveva piantato il coltello nello stomaco. La seconda volta era stato solo un gemito, mentre alla terza pugnalata più niente. Rachel ed Angelica avevano preso il suo zaino e si erano allontanate mentre l’hovercraft veniva a recuperare il cadavere. Solo in quel momento Angelica era svenuta.
Rachel era riuscita a non farle sbattere la testa contro una radice  e l’aveva adagiata sulla sua giacca. Il bastardo l’aveva colpita alla coscia e il sangue stava iniziando a sgorgare.  Strappò un lembo dalla giacca e lo legò intorno alla coscia di Angelica, poi si mise  a premere con la mano libera, cercando di fermare il sangue. Nell’altra teneva il coltello, pronta a difendere gli ultimi istanti di Angelica. Un misto di sconforto e disperazione stava facendo si strada in lei, una sensazione che partiva sotto forma di fitta allo stomaco e si ripercuoteva nel petto, facendola respirare a stento. Se solo fossero riuscite a incontrare Margie il giorno prima, ora lei avrebbe saputo cosa fare! Si guardò intorno, pensando che probabilmente proprio vicino a lei c’era qualche erba in grado di curare in qualche modo la ferita di Angelica. Scoppiò a piangere, seduta di fianco ad Angelica, impotente e disperata come una bambina. Dopo qualche decina di minuti, dei passi dietro di lei la fecero girare di scatto, il coltello puntato in avanti «Ferma! Rachel siamo noi! Ferma!» Wolfram e Margie. Proprio di fronte a lei, incolumi e disarmati.
«Oddio Angelica! Da quanto tempo è svenuta? Vi hanno attaccate?» Margie si avvicinò alla ragazza, ispezionò la ferita, le tastò la fronte, poi si sedette, tenendosi la testa fra le mani.
«Non ti preoccupare, sta solo pensando, ora le verrà in mente qualcosa per aiutarla. Com’è successo?» Wolfram le aveva messo una mano sulla spalla. Rachel tremava e stava ancora stringendo il coltello, tanto da avere le nocche bianche.
«Il ragazzo del 7, hai presente? Quello timido, che non parlava con nessuno in addestramento? Ti ricordi che ad Angelica sembrato così dolce? Ha provato a parlare con lui una volta, ma le rispondeva a malapena. L’ha attaccata mentre dormivo. Sono arrivata troppo tardi» Wolfram annuì e l’abbracciò, strofinandole la spalla con forza. «Coraggio, vedrai che Margie troverà una soluzione. Abbiamo tempo, stavamo perlustrando la zona per trovarvi e non c’è nessun’altro nelle vicinanze. Per un po’ ci possiamo fermare. Rilassati, ci siamo qui noi» Wolfram la teneva stretta, mentre Rachel cercava un po’ di consolazione. Margie si alzò in piedi, sorridendo: «Argilla! Se scaviamo sotto al fango troveremo argilla verde. Basterà fare un impacco sulla gamba: questo fermerà il sangue e disinfetterà la ferita. Troveremo un posto riparato in cui farla riposare, ed entro domani mattina sarà ancora in piedi, fidati di me. L’argilla verde delle paludi è miracolosa e, in genere, rarissima. Questa foresta del cavolo è l’ideale al momento»
«Sei sicura che funzionerà, invece di peggiorare la situazione? Da noi di argilla ce n’è abbastanza mi pare, ma nessuno la usa sulle ferite»
«Ẻ ovvio, perché io sto parlando dell’argilla verde che si trova nel substrato di paludi come questa. Da voi al 4 non ce n’è di questo tipo»
Rachel sospirò di sollievo e si mise a scavare, aiutandosi con il coltello. Fammela salvare, pensava, e poi i miei Hunger Games possono finire qui. Era stupido legare così con una nemica, perché di quello si trattava, ma a loro era successo, erano diventate amiche. E ora non poteva pensare di perderla al secondo giorno. Non era ancora pronta. Quando ebbe raccolto abbastanza argilla, su indicazione di Margie, la mise sulla ferita di Angelica, che ormai aveva iniziato a tremare, matida di sudore.
Cinque minuti dopo la pelle intorno all’impacco iniziò a diventare verde, l’area colorata sembrava espandersi a vista d’occhio. «Che cazzo sta succedendo??» Rachel riprese il coltello e strappò il bendaggio dalla gamba di Angelica, mentre Margie rideva. Una risata soddisfatta, sadica «No, no, no, no, NO! Cosa mi ha fatto fare??» Angelica stava iniziando ad ansimare, emettendo un orrendo sibilo quando cercava di inspirare. Incredula, si girò di scatto, giusto in tempo per vedere che Wolfram le era praticamente addosso, mentre Margie, che si stava allontanando con lo zaino preso al ragazzo del 7 già a tracolla, urlava: «Muoviti! Prendile il coltello! Pazienza se non riesci a farla fuori, ci penserà qualcuno dei favoriti!»
Rachel capì per la prima volta l’espressione “essere accecati dal dolore”. Non vedeva niente, a parte la mano di Wolfram che si avvicinava. Roteò il coltello, del sangue schizzò mentre Wolfram sbottava stupito. Chissà perché sono tutti tanto stupiti quando vengono accoltellati, qui agli Hunger Games. Mosse ancora il braccio, mancando il bersaglio, quindi provò a dargli un calcio. Wolfram non fece una piega, le afferrò il piede e, roteandolo, la fece cadere a terra. Tieni il coltello, non farlo cadere! Strinse il coltello più che poteva mentre la schiena colpiva di schianto il suolo. Una fitta di dolore le fece mancare il respiro per un attimo. Wolfram era su di lei, le diede un calcio all’altezza dell’ombelico. Rachel si girò su un fianco, lacrime di dolore le stavano rigando le guance. Wolfram l’idiota si fermò per un istante a guardarla compiaciuto. Questo le diede il tempo per prendere un respiro profondo e raggomitolarsi in modo che le sarebbe stato più facile alzarsi.
Angelica fece un gemito molto più forte dei sibili di prima e un istante dopo, il colpo di cannone risuonò. Wolfram si mise a ridere. Stupido idiota, perché non mi finisci adesso?
Con la coda dell’occhio, vide Margie che li osservava, mentre si allontanava lentamente. La sola vista di quella stronza sadica la fece urlare come un’indemoniata, si lanciò su Wolfram, lo colpì sul naso con una testata, mentre il coltello affondava nel suo addome. Fece scorrere la lama verso il basso prima di estrarla, per allargare un po’ la ferita. Era incredibile quale istinto omicida si fosse scatenato in lei. Si lanciò in direzione di Margie, ma la troia era già lontana, probabilmente aveva iniziato a scappare appena aveva capito che il suo cavalier servente non sarebbe riuscito a sopraffarla tanto facilmente.
Si fermò, lo stomaco le lanciava fitte dal punto in cui era stata colpita. Wolfram. Non era ancora morto, non c’erano ancora stati altri colpi di cannone. Corse indietro. Quando lo raggiunse, si stava contorcendo, premendo le mani sulla ferita. Stette qualche minuto a guardare la scena. L’hovercraft non era ancora passato per prendere il cadavere di Angelica. Lei era ancora lì, stesa immobile di fianco a lui, morta. Fra poco sarai morto anche tu, ma non tanto presto come speri. Andò sopra di lui, voleva che la vedesse bene mentre lo prendeva a calci sullo stomaco. Le dava un gusto mai provato colpirlo direttamente nelle viscere e guardarlo soffrire.
Il cannone risuonò anche per lui.
Rachel si prese un minuto per salutare Angelica, sistemarle i capelli e darle un bacio sulla guancia «Ti vendicherò. Ci rivedremo presto»
Quando l’hovercraft si fermò sopra Angelica e Wolfram, lei era già lontana, aveva preso la stessa direzione di Margie.
Era metà mattina e già tre tributi se ne erano andati. Altri due colpi si sarebbero aggiunti al totale giornaliero.

Giorno 3 - Vendetta

Margie era stata brava a nascondere le sue tracce, ma Rachel non impiegò molto per rintracciarla. Decise che non l’avrebbe affrontata subito, nonostante l’odio che le stava montando dentro. Aveva già in mente cosa fare e avrebbe impiegato tutte le sue risorse per portare a termine il suo piano. Poco sarebbe importato se avesse corso il rischio di incappare in qualche altro tributo. Sapeva fin dall’inizio di non avere possibilità di vincere, quindi la sua vittoria sarebbe stata la vendetta.
Aspettò pazientemente che Margie si trovasse un luogo tranquillo per riposare. Aveva passato tutto il giorno e la notte precedente senza quasi fermarsi, quindi doveva essere stanca. Rachel, al contrario, aveva l’adrenalina a tenerla sveglia. Il cuore le batteva talmente che a volte aveva paura di farsi scoprire.
Margie si sistemò sotto al cespuglio che stava alla base di un albero. In tutto quel verde sarebbe stato molto difficile notarla. Brava stronza, ti mimetizzi bene.
Rachel stava accovacciata poco distante, aspettando che l’altra si mettesse a dormire.
Nell’attesa, si era messa a scavare, quasi distrattamente. Sollevava un po’ di fango con il coltello e se lo passava sulla mano libera. Sotto a tutto quel fango, c’era parecchia argilla verde. Dopo che Margie si fu addormentata, contò fino a cento, molto lentamente, per essere sicura che dormisse profondamente. Questo le ricordava il piano di Angelica e strinse il pugno nell’argilla. Uno, sospiro, due, sospiro, tre, sospiro… cento.
Si avvicinò al punto in cui Margie si era nascosta e sentì un rumore strano. Russa, questa idiota rischia di farsi scoprire perché russa!
La trovò stesa sulla schiena, la bocca mezza aperta.
Istintivamente alzò la mano libera dal coltello, si rese conto che stringeva ancora un pugno di argilla.
Il piano cambiò: strinse il coltello fra i denti, prese un’altra manciata di argilla e la ficcò con forza nella bocca di Margie. Spinse con entrambe le mani, Margie aprì gli occhi di scatto, cercò di respirare, ma stava solo peggiorando la situazione. Le mani annaspavano nel tentativo fermarla, strangolarla, forse.
Rachel si era seduta sopra Margie, per vederla morire così, la bocca piena di terra e gli occhi rigati dalle lacrime. Spinse più che poteva, voleva mandarle quello schifo dritto in gola.
Eccoti un po’ della tua argilla, vedrai come ti farà sentire meglio.
Dopo che il cannone le confermò che era morta, non riuscì e resistere alla tentazione di ficcarle il coltello in un occhio.
Non guarderai mai più nessuno con quello sguardo saccente, puttana.




Note
Ecco la mia prima (ed ultima?) storia in questo fandom.
E’  nata a scopo terapeutico, visto che non riuscivo a farmi passare il nervoso per come ero stata trattata da una persona, ho deciso di regalarle un po’ di Hunger Games, così impara.
Scherzi a parte, volevo specificare un paio di cose:
Angelica è bionda, mentre nel film sembra che quelli dell’11 siano tutti neri (di sicuro Rue e l’altro lo sono), probabilmente perché il distretto dovrebbe corrispondere grosso modo alla Louisiana, però secondo me non ha molto senso l’idea del distretto-ghetto e, soprattutto, nei libri c’è nessun riferimento a distretti composti da una sola etnia. Quindi, visto che in ogni distretto pare esservi gente un po’ più benestante di altra (la famiglia del sindaco, ad esempio, o i commercianti) ho pensato che nell’11 probabilmente la maggior parte degli abitanti è di colore esserci gente bianca.
La storia è ambientata nei cinquantaduesimi Hunger Games e, visto che Mags durante i settantacinquesimi ha circa ottant’anni, sicuramente è già stata nell’arena all’epoca in cui si svolgono i fatti, quindi mi è sembrato carino che fosse la mentore di Rachel.
Questa fin’ora è la storia più lunga che pubblico, quindi spero di non aver annoiato nessuno.
Se vi è piaciuta, un immenso ringraziamento va a Dragana, in caso contrario tutte le colpe sono mie!
Grazie a chiunque sia arrivato fino a qui!
   
 
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