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Autore: realkseyoung_95    25/11/2012    10 recensioni
[Kurtbastian Week]
Day 1-Jealousy
Day 2-Scommettiamo?
Day 3-Lima Bean
Day 4-Infidelity
Day 5-Stalking
Day 6-The Last Time
Day 7-Columbus
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kurt Hummel, Sebastian Smythe
Note: OOC, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Hola people!
Questa volta partecipo alla -tanto combattuta- Kurtbastian Week indetta dalle kurtbastianer italiane e, vabbè, dato che dobbiamo spread this shit like Nutella (questa frase non ha senso, ma pace u.u), non ci ho pensato due volte a scrivere qualcosa.
Un paio di cose da dire: per ogni one shot ho torturato la mia compagna di banco (me l’ha detto lei di scriverlo) ho associato una canzone del nuovo album di Taylor Swift, Red.
Non è detto che queste siano ispirate per forza al testo della canzone, anzi, a volte non hanno nulla a che fare, ma molte delle frasi mi ricordavano la coppia e anche le cose che scrivevo, da qui la mia decisione.
Vi consiglio anche di andarle a cercare e ascoltarle, soprattutto se vi piace il genere ;)
Perciò, sì, vi lascio alla lettura che è meglio.
-Dixie-


P.S. Mems I love u. Sei la mia beta preferita <3

Kurtbastian week
Day 1
Jealousy


“Missing him was dark grey all alone.”
(Taylor Swift – Red)

 

Al suono della campanella che decretava la fine dell’ora e l’inizio dell’intervallo, Kurt si chinò ad aprire la sua cartella, le mani tremanti dalla felicità e il sorriso raggiante e sollevato di chi non aspettava altro che quel momento.
Assicurandosi che fosse rimasto solo in classe e che gli altri bambini fossero andati in cortile a giocare a pallone –una cosa stupida, a suo parere- poggiò sul banco la rivista di moda che aveva preso di nascosto quella mattina dalla pila di giornali che la sua mamma teneva al gabinetto.
La aprì con gli occhi che luccicavano come diamanti; si mordeva le labbra con i piccoli dentini intanto che sfogliava le pagine, soffermandosi ogni volta ad osservare la bellezza dei tessuti che comparivano nei vestiti delle modelle.
Kurt non era davvero capace di capire come nessun altro oltre a lui riuscisse concepire quanto spettacolare potesse essere la moda, quanto era divertente guardare le sfilate in tv al posto dei cartoni animati o delle partite di football, di giocare alla sarta anziché ai videogiochi.
Nella sua piccola testolina di bambino di 7 anni tutto quello sembrava nella norma.
Allora perché i suoi compagni di classe lo prendevano sempre in giro quando iniziava a parlare di vestiti?

Stava facendo scorrere le dita sulla foto di un bellissimo abito color indaco, quando il colpo secco di un pallone sul suo banco lo fece sobbalzare ed alzare lo sguardo sul ragazzino che vi si era appena seduto sopra.
“La maestra dice che non bisogna sedersi sui banchi…”  commentò, ignorandolo e continuando a sfogliare la propria rivista con indifferenza.
“Chissene, la maestra non è qui adesso!” rispose Sebastian, cominciando a lanciare in alto il pallone da football per poi riprenderlo tra le proprie mani ogni volta.
“Piuttosto, non lo trovi un po’ deprimente rimanere qui dentro? Esci un po’, vieni a giocare a football con me!”
“Seb, lo sai benissimo che a me quel coso non piace!”
Sbuffò, scuotendo la testa “il football non è un coso, è uno sport e non capisco come faccia a non piacerti! A tuo papà piace…”
Giusto, Sebastian, oltre ad essere il suo migliore amico, era anche il suo vicino di casa. Si conoscevano praticamente da sempre, le loro mamme avevano passato la gravidanza sostenendosi a vicenda e avevano partorito quasi nello stesso periodo. Da allora, non c’era un giorno che non avessero passato insieme, l’uno a casa dell’altro.
Sebastian e la sua famiglia erano anche riusciti ad allargare casa loro e il giardino; al confronto con la piccola villetta degli Hummel, la loro sembrava una reggia. Kurt amava andare a giocare da Sebastian, perché il suo grande giardino era perfetto per giocare al servizio da tè.
Inoltre, Seb sembrava essere  anche l’unico bambino che tentava di capirlo e di non prenderlo in giro, anzi, difendeva sempre Kurt quando ce ne era bisogno pure se, sfortunatamente, non era nella sua stessa classe ma in un’altra sezione.
Non avevano gli stessi gusti, tutt’altro, ma in passato e ancora ora si erano sempre sforzati di provare quello che piaceva all’altro.
“Che cosa stai guardando?” chiese Sebastian, voltando la rivista verso di lui senza il consenso del proprietario.
“Questo mi piace!” disse poi indicando un completo maschile sulla pagina aperta “Me ne fai uno così?”
Kurt sorrise; si sentiva sempre rincuorato quando Sebastian si sforzava di interessarsi alle cose che gli piacevano.
“Non sono ancora capace, però ti prometto che quando ci riuscirò te lo cucirò!”
“Però non mi piace questo grigio topo …”
Il ragazzino sbuffò, ruotando gli occhi “questo non è grigio topo, si chiama grigio fumo di Londra!”
“E’ comunque un grigio topo …”
“Fumo di Londra!”
“Topo!”
“Fumo di Londra!”
Battibeccarono per un po’, finché Kurt, stufo di sentire la voce di Sebastian che lo scimmiottava, prese il giornale  e lo pestò sulla spalla dell’amico che subito corse via ridacchiando.
Scosse la testa e si risedette, aprendo di nuovo la rivista e finendo di sfogliarla con un sorrisetto stampato in volto.




Il resto della giornata passò in fretta, con spensieratezza e, al suono dell’ultima campanella, Kurt si sentì sollevato di poter tornare finalmente a casa e di andare a giocare nel giardino di Sebastian, come faceva tutti i pomeriggi. Sapeva che lo avrebbe aiutato a distrarsi dalla brutta esperienza che aveva avuto a fine intervallo, quando i suoi compagni, tornati dal cortile, lo avevano trovato solo nella classe e lo avevano chiamato sfigato.
Non era di certo una novità per lui; la prima volta che aveva sentito quella parola non aveva idea di cosa significasse e così lo chiese a Sebastian, che di certo ne sapeva di più di lui riguardo quelle cose. Gli disse che era una brutta parola, un insulto e che ogni volta che la sentiva doveva chiamarlo che avrebbe preso a pugni chiunque si fosse rivolto a lui in quel modo.
Rimase esterrefatto.
Successivamente quando la sentì, provò vergogna e una stretta al cuore, ma decise di non riferire nulla al suo migliore amico; odiava quando si immischiava nella risse e finiva nei guai.
Con il passare del tempo aveva imparato ad ignorarla, ma faceva ancora male, troppo male per un bambino di 7 anni.

Mettendo via le sue cose nella cartella, non si accorse di come la sua rivista di moda scivolò da sotto il banco cadendo a terra, e si precipitò immediatamente a raccoglierla prima che qualcuno potesse vederla e prenderlo in giro.
Chinandosi, scoprì che qualcun altro ci aveva preso mano e ne stava osservando la copertina. Kurt sentì una fitta al cuore e si morse le labbra nervosamente.
Invece, quando alzò lo sguardo, incontrò gli occhi ambrati di Blaine –un bambino trasferitosi da poco- che lo stavano scrutando incuriositi, mentre questo sorrideva.
“Tieni.” Disse, porgendogli il giornale con gentilezza.
Kurt sorrise, sollevato, prendendola e nascondendola velocemente nella borsa.
“Grazie” sussurrò.
Si alzarono in sincronia, mettendosi la cartella sulle spalle e cominciando ad uscire dalla porta.
Blaine affiancò Kurt “ti piacciono i vestiti? Piacciono anche a me, la mia mamma ha una collezione di riviste enorme e mi piace sempre guardarle quando non ho nulla da fare!”
Kurt si voltò verso di lui, gli occhi celesti illuminati “Davvero? Sei il primo a dirlo … n-non molti qua dentro pensano le stesse cose …”
“Ho notato …” rispose Blaine con una  nota di tristezza nella voce.
“Ma lasciamo perdere! Adoro il tuo papillon, posso vederlo più da vicino?” chiese Kurt, aspettando il consenso del ragazzino per avvicinarsi più  a lui e osservare quel pezzo di stoffa con interesse, facendolo passare tra le dita.  Non si erano neppure accorti di essere soli nel corridoio vuoto, se non fosse arrivato Sebastian di corsa chiamando Kurt a gran voce.
“Dai, perdiamo il pullmino! Non ho voglia di camminare … “ li raggiunse correndo, facendo passare sotto i suoi occhi e con sguardo indagatore la figura di Blaine. Kurt conosceva la smorfia che si era formata sul volto di Sebastian; era la smorfia di indignazione, scocciata, il che significava che doveva “muovere il culo” (così diceva sempre il suo migliore amico).
“Già, è meglio se ci diamo una mossa. Kurt, ti va di sederti vicino a me sul pullmino?”
“No, Kurt si siede sempre vicino a me.” Ribatté immediatamente Sebastian, rispondendo a Blaine al posto dell’amico.
“Seb, non succede nulla se per una volta mi siedo accanto a Blaine, no?”
“Ma-“
“E’ solo per questa volta, dai …” gli sorrise, alzando le spalle. Sebastian incrociò le braccia, ancora con l’espressione un po’ delusa e, senza dire nulla, si avviò verso l’uscita da solo lasciando i due bambini.
Kurt sospirò; a volte Sebastian sapeva essere drammaticamente teatrale, ma non gli era mai capito che succedesse una cosa del genere per un altro bambino.
Sentì la mano di Blaine sulla spalla, la sua voce che gli sussurrava un “tutto bene?”
Kurt annuì, cercando di far sparire dalla sua testa il volto del migliore amico.
“Sì, raccontami un po’ dei colori che ti piacciono!”



I successivi due mesi furono per Kurt una incredibile e nuova esperienza.
Si era legato a Blaine sempre di più, avevano scoperto di avere tantissimi interessi in comune; oltre alla moda amavano entrambi la musica e ogni intervallo lo passavano insieme, scambiandosi riviste e parlando per lunghi minuti. Avevano iniziato anche ad andare l’uno a casa dell’altro: Kurt aveva mostrato a Blaine il suo servizio da tè, il suo guardaroba e avevano giocato con i vestiti delle proprie mamme.
Kurt era felicissimo di avere un nuovo amico con cui condividere quelle cose, persino andare a scuola era diventato molto più piacevole ora che aveva un nuovo compagno di giochi.
Blaine lo considerava il suo migliore amico, ma Kurt non poteva dire lo stesso.
Per lui il suo migliore amico era e sarebbe stato sempre Sebastian.
In quei giorni si erano un po’ allontanati; prima Sebastian aveva passato quasi una settimana a Parigi, a trovare la nonna, poi da quando erano tornato i loro pomeriggi di giochi erano diventati sempre di meno, a causa degli impegni che Kurt aveva con Blaine.
Negli ultimi giorni la faccenda si era fatta sempre più strana.
Erano arrivati addirittura a non vedersi e parlarsi più. Kurt salutava sempre Sebastian la mattina, prima di salire sul pullmino, ma questo lo ignorava e lo lasciava solo sul sedile fino ad aspettare che Blaine occupasse il posto vuoto.
A scuola non veniva più a trovarlo durante l’intervallo e non gli parlava quando si incrociavano. Anzi, ogni volta che si incontravano abbassava la testa, cambiava strada oppure, se c’era Blaine, fulminava quest’ultimo con lo sguardo.
Kurt non riusciva a capire quel suo comportamento. Pensava che la sua amicizia con Blaine gli andasse bene, dopotutto anche Sebastian aveva tanti amici oltre a lui che non gli avevano mai dato fastidio.
Allora perché sembrava così irritato dalla presenza di Blaine?
Anche i genitori Hummel e Smythe erano parecchio preoccupati della loro amicizia; Kurt aveva fatto presente ai suoi che non era in grado di comprendere il comportamento del suo migliore amico, Sebastian invece gli ignorava ogni volta che tentavano di parlarne con lui.


Un giorno, Kurt si decise finalmente di fare chiarezza.
Approfittò dell’assenza di Blaine per andare a cercare Sebastian nel cortile. Pensò di trovarlo tra gli altri ragazzini, a giocare a pallone, invece lo avvistò seduto con la schiena contro il tronco di un albero, il pallone da football tra le mani.
Lo raggiunse “ehi …”
Sebastian lo ignorò, come se non avesse sentito niente e continuò a rigirarsi la palla tra le mani.
Kurt sospirò e si andò ad accomodare accanto a lui, sul prato, ignorando come il suo migliore amico –o ex migliore amico- si fosse spostato di qualche centimetro non appena si era seduto.
“Ascolta, non cap- aspetta!” Sebastian aveva cercato di alzarsi e di andarsene, ma Kurt era riuscito ad afferrargli il braccio, fermandolo.
“Che cosa sta succedendo, me lo spieghi? Come mai sei così arrabbiato con me?”
“Che c’è, ti manca il tuo amichetto Blaine? Per questo sei venuto a cercarmi?” sbottò, alzando un poco la voce.
L’altro aggrottò la fronte, scuotendo la testa “no, no, sono venuto a parlarti, Seb. Ti prego …”
“Trova qualcun altro con cui parlare … stronzo.”
A quella parola Kurt spalancò occhi e bocca, senza neanche accorgersi che Sebastian intanto si era tolto dalle sue grinfie ed era corso via. Sentì le lacrime salirgli agli occhi, le labbra tremare.
Aveva già udito quella parola uscire dalle labbra del bambino e sapeva che era una brutta parola.
Era peggio di sfigato.
In realtà non sapeva cosa volesse dire esattamente, ma si sentì ferito, come se il cuore fosse stato trafitto da mille schegge. Non riusciva a credere che Sebastian, il suo migliore amico, avesse appena usato una parola del genere contro di lui.
Piano, piano, si racchiuse in sé stesso, le gambe al petto e la testa tra le braccia, lasciandosi andare in un doloroso pianto.




Altri giorni passarono e il cuore di Kurt non era ancora riuscito a guarire dal dolore da quella piccola litigata con Sebastian.
Ne aveva parlato con Blaine la volta che lo aveva rivisto e questo lo aveva distratto con il nuovo numero di Vogue che gli aveva fatto passare momentaneamente tutti i mali del mondo.
Al di fuori però dell’amicizia con Blaine, Kurt non riusciva proprio a sentirsi felice senza la presenza di Sebastian nei suoi pomeriggi.
A volte riusciva ad incrociare i suoi occhi nei corridoi, fuori da scuola, ma non era ancora cambiato nulla; il suo sguardo era sempre indignato.
Non sapeva più cosa fare, era disperato. 
Aveva letto su una rivista che solitamente l’adolescenza –l’età successiva a quella infantile- portava a quel genere di cose, a litigi, incomprensioni, delusioni, depressione. A Kurt stava venendo il dubbio che le stesse venendo prima, come una brutta malattia, ma non appena lo chiese a mamma la donna aveva riso, assicurandogli che sarebbe rimasto bambino ancora per un po’.
Si era sentito sollevato da quel conforto.

Nulla però poteva togliere quel velo di tristezza che traspariva dai suoi occhi azzurri, e quando la maestra quella mattina gli chiese cortesemente di andare in segreteria a fare delle fotocopie per lei, si lasciò trascinare con stanchezza verso l’ufficio, i piedi che strisciavano sul pavimento.
La segretaria era una donna gentile, sempre sorridente, e neanche quella volta mancò di offrirgli delle caramelle quando si presentò per le fotocopie.
Ne stava proprio per scartare una quando Kurt sentì un tonfo provenire dall’ufficio del preside e in seguito l’uomo che teneva per il braccio due bambini.
Si sentì male vedendo che uno di questi era Sebastian.
“Mi chiami i genitori di questi due teppisti, così la prossima volta imparano ad azzuffarsi tra di loro.”
E li lasciò lì, con poco garbo.
Kurt spalancò gli occhi quando vide il viso di Sebastian pieno di lividi, il labbro gonfio che sanguinava un poco. Si avvicinò preoccupato ma con cautela a lui, scrutandolo attentamente per poi portarsi una mano davanti alla bocca, trattenendo le lacrime.
“Seb, che cosa ti è successo?” chiese istericamente, forse con voce troppo acuta.
Sebastian scosse la testa “lascia stare, sto bene... “ sussurrò.
Kurt si rese conto che gli era mancata tantissimo la sua voce.
“I-io …”
“Caro, ecco le fotocopie. E’ meglio se torni in classe così la maestra non si preoccupa...” la segretaria gli porse i fogli e a Kurt gli ci volle un po’ prima di afferrarli, dato che non riusciva a staccare gli occhi da Sebastian.
Non voleva muoversi di lì, non voleva lasciarlo solo e tornare in classe, non voleva che i loro sguardi tornassero ad evitarsi quando invece in quel momento si stavano sostenendo a vicenda.
Ma le mani della donna sulle sue spalle lo costrinsero ad allontanarsi e a guardare per l’ultima volta Sebastian, tornando a malincuore in classe.



Si era ripromesso che quel pomeriggio sarebbe andato da Sebastian, per controllare come stava. Non gli importava cosa era successo in passato o se i suoi genitori lo avevano messo in punizione e non gli permettevano di vederlo, lui doveva farlo, ne aveva bisogno.
Così, tornato a casa da scuola, lasciò la cartella in camera sua e senza fare nient’altro corse nella casa vicina. Oltrepassò il cancello, sempre aperto per lui, e si mise a bighellonare per l’immenso giardino nel caso lo avesse trovato lì.
Infatti, Sebastian era sdraiato nel prato non molto distante da lui, gli occhi chiusi e la faccia coperta di cerotti.
Kurt sorrise malinconicamente a quella vista e, non preoccupandosi di far rumore, si avvicinò a lui fino a sdraiarsi al suo fianco. Sebastian si accorse della sua presenza ma fece finta di nulla, così rimasero in silenzio per qualche minuto, ascoltando come il vento d’autunno facesse muovere le foglie secche.
Era la prima volta che erano in quel giardino in silenzio. Solitamente era sempre riempito di urla, risate e dei tanti rumori dei loro giochi.
La quiete fu interrotta da Sebastian per primo “ho fatto a botte perché un cretino aveva detto che eri uno sfigato.” Confessò, senza neppure voltarsi.
“Stupido, ti dico sempre di lasciarli perdere. Vedi che sei finito nei guai?”
Sebastian alzò le spalle “per te questo e altro …”
“Nonostante io sia tu-sai-cosa?”
“Voldemort?”
Kurt si lasciò scappare una risata, la prima dopo un bel po’.
“No! Uno str… uno str… insomma, hai capito!”
“Non intendevo davvero dirtelo Kurt, lo sai bene. Lo stronzo sono stato io in realtà, con questo mio stupido vizio di arrabbiarmi per ogni cosa …”
Kurt annuì, lo conosceva bene “eri arrabbiato con me perché ho fatto amicizia con Blaine e ti ho lasciato da solo?”
Sentì Sebastian lasciarsi andare un sospiro e non dire più nulla. Kurt rotolò su un fianco, mettendosi ad osservare l’amico e a stuzzicarlo premendo un dito sulla spalla.
“Allora?” chiese ancora, toccandolo più forte.
“Sebastian, mi rispondi?”
“Oh, e va bene!”
Anche l’altro si voltò su un fianco, trovandosi faccia a faccia con l’amico.
Kurt per qualche strano motivo si ritrovò ad arrossire.
“Non ero arrabbiato perché hai fatto amicizia con Blaine ero geloso della tua amicizia con Blaine.”
“Geloso?”
“Sì, geloso. Lui sembra che ti faccia stare così bene, avete gli stessi interessi, parlate a vanvera delle stesse cose e sembrate non annoiarvi mai. Con me è tutto il contrario …”
Kurt strisciò più vicino a lui, trascurando la sua camicia celeste che sicuramente si stava sporcando tutta di erba e terra.
“Ma questo non è vero! Io non mi annoio mai con te, sei il mio migliore amico. Certo, non ci piacciono le stesse cose ma è proprio questo il bello, non credi? Mi sei … mancato così tanto in quest’ultimo periodo che non hai idea.”
Sebastian alzò le sopracciglia, prima di sorridere. Guardò negli occhi Kurt, scrutando poi il viso dell’altro così vicino, raggiungendo le labbra.
Si morse le proprie, lo guardò ancora negli occhi.
E poi, senza dire nulla, si avvicinò sempre di più e sfiorò con la bocca il labbro superiore del suo migliore amico, lasciandogli un piccolissimo bacio. Aveva visto mille volte mamma e papà fare lo stesso, anche più a lungo, ma non sapeva se poteva fare lo stesso con Kurt.
Non sapeva se considerarlo nello stesso modo in cui lo facevano i suoi genitori.
Allontanandosi notò come le guance di Kurt fossero diventate rosse, gli occhi un poco lucidi. Quella visione sembrava anche più bella di una banalissima partita di football.
“E questo?” gli chiese con un filo di voce.
“Non lo so … lo fanno gli adulti per dimostrare che si ehm … vogliono bene.”
Kurt sbatté le palpebre e aprì un poco le labbra, era la sua tipica espressione incuriosita. Anche lui aveva visto la sua mamma e il suo papà farlo e l’aveva sempre ritenuto un gesto bellissimo.
“Mi piace. Lo facciamo di nuovo?”
Sebastian sorrise “Magari più tardi, adesso abbracciamoci.”
Gli fece appoggiare la testa sul suo petto e gli circondò il corpo tra le braccia, le gambe intrecciate tra di loro. Chiusero entrambi gli occhi, sentendosi al sicuro e lasciandosi cullare dal calore emanato dai loro corpicini.
Sebastian lasciò un bacio tra i capelli profumati di Kurt “Mi sei mancato tanto anche tu …”
E così, tenendolo tra le braccia, non desiderava altro che stringerlo più forte a sé e baciarlo come mamma e papà facevano. Ma era presto, troppo presto per dei bambini come loro, era presto pensare di baciare sulle labbra il proprio migliore amico e di sentirsi felici quando lo si faceva, era troppo presto provare sentimenti.
Eppure Sebastian ne provava.

E quando alzò il viso di Kurt per dargli un bacio sulla fronte era ancora troppo innocente per capire di essersi realmente innamorato del proprio migliore amico.




 

Come sempre, fatemi sapere che cosa ne pensate con una recensione o su Twitter :3
A domani, con il prossimo episodio xD

dixiewellwood 

   
 
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