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Autore: Columbrina    26/11/2012    1 recensioni
“Daisuke, avanti, racconta all’amica Miyako cos’è che affligge il tuo cuoricino da ameba”
“Miyako, sono un essere umano, non un batterio atarassico”
“Va bene, farò finta di vederti come un umano per una volta… Raccontami cosa è successo, anche se credo di sapere cosa riguarda”
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Daisuke Motomiya/Davis, Miyako Inoue/Yolei
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Caffè e chiacchiere al parco'
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Persone come maschere
 

 
Tra una passeggiata e una chiacchierata al telefono, Miyako si era ritrovata in un meandro del parco cittadino esplorato solo dal ceto che poteva permettersi un po’ di tempo per i loro marmocchi e di certo non giravano quegli uomini di classe in abito gessato che le piaceva ammirare.
Il viottolo era una claustrofobica processione di pettegolezzi e latte in polvere, in cui troneggiavano le poche panchine vuote; in ognuna di queste una mamma single o una signora di mezza età si dilettavano a leggere libri sull’alienazione e sull’olocausto, sperando che qualche aitante paparino le trovasse interessanti, mentre a Miyako facevano solo sorridere, con il trasporto giovanile di chi ricorre a metodi ancora più anticonformisti.
Scrutando con gli occhi le panchine piene, ne intravide una che catturò subito il suo interesse: offriva una bella panoramica degli interrogativi che avrebbe voluto colmare, con un sorriso furbesco e ben adatto alla circostanza.
“Che piacere vedere una faccia nuova…” esordì lei, rimarcando velenosamente un disagio ancor più incalzante
“Sparisci Miyako, non sono dell’umore”
L’offensiva di Daisuke Motomiya, noto alla comunità intera per essere un parassita dalle atarassiche virtù, non si fece attendere e Miyako elargì un sorriso ancora più largo, che copriva tutto il volto fino all’attaccatura delle orecchie.
“Daisuke, avanti, racconta all’amica Miyako cos’è che affligge il tuo cuoricino da ameba”
“Miyako, sono un essere umano, non un batterio atarassico”
“Va bene, farò finta di vederti come un umano per una volta… Raccontami cosa è successo, anche se credo di sapere cosa riguarda”
Daisuke si lasciò sfuggire un forzato “Che stronza” che tralasciava quell’infima parte di lui, in fondo alla gola, giusto un po’ più giù del cuore che necessitava davvero di ascolto, quello che gli altri non gli concedevano mai: quante volte Ken e Takeru si erano rivolti a lui per sopperire le rispettive turbe esistenziali e lui non aveva mai trovato ricambio? Tante.
Miyako lo incalzò con un “Allora?” d’incoraggiamento, ma che non fece altro che rimarcare l’ombra che si adagiava come un velo sul sorriso amaro di Daisuke, che sfoggiava in ogni occasione, forse anche quando era solo.
“Va bene, vado a prendere due caffè bollenti al bar qua vicino così poi parliamo…”
“Chi ti ha detto che riguarda la cosa che pensi tu?”
“Anche se non fosse, mi piacerebbe ascoltarti” sentenziò lei, più avida di curiosità che sinceramente preoccupata pensava Daisuke, eppure era così bisognoso di conforto uditivo che la premura di Miyako era come oro colato.
Tornò pochi minuti dopo, giusto il tempo di ordinare e tornare al punto di ritrovo, con due bicchieri di cartone che scaldarono le fredde mani di Daisuke, depositando il loro calore con una coltre che tinse d’amaro nero anche la bocca; Miyako, invece, l’aveva preso zuccherato per mantenersi sempre iperattiva.
Bevvero un paio di sorsi, poi Miyako esordì con la solita verve.
“Piaciuto il caffè, Daistronzo?”
“Sì, specie il retrogusto preconfezionato di cartone”
C’era poco da fare: quelle zuffe vaganti erano troppo allettanti per entrambi e, spesso, minavano a una confidenza intima e civile a detta di Ken, che le aveva appena inviato un messaggio al quale Miyako non avrebbe risposto mai.
“Ti vibra il cellulare” le fece presente Daisuke, mandando giù un altro sorso di caffè.
Il sorriso di Miyako tornò a una dilatazione normale, incrinando il volto sgargiante che era solita mostrare, anche con il peggior nemico.
“Chi ti dice che sia il cellulare?”
“Perché non penso che una ragazza come te giri con un vibratore nella tasca”
Miyako si mostrò indignata con una teatralità che, chi non la conosceva bene, avrebbe preso come parte integrante della sua schizofrenica indole; Daisuke, da dietro il cartone caldo, riusciva a intravedere anche in lei un certo bisogno di essere ascoltata.
“Andiamo Miyako… Siamo sulla stessa barca, tanto vale confessarci a vicenda dato che siamo già qua”
“Comincia tu, però”
“Affare fatto” fece lui, mandando giù l’ultimo sorso.
Anche lei era impigliata in una giostra che la costringeva a indossare una maschera, che non avrebbe mai potuto togliere. Insomma, nessuno si sarebbe immaginato Daisuke e Miyako, i perni comici della combriccola, in vena di confessioni esistenziali in quella panchina divenuto un centro di riabilitazione a cui aderivano volentieri solo loro due.
Miyako mise giù il cartone, ormai vuoto e affondò ancor di più nella panchina legnosa e piena di indizi disseminati da altre maschere del sorriso.
Daisuke prese fiato, espirando una piccola nuvola di fiato brinato che si perse in una fiumana di pensieri lasciati all’aria.
“Jun mi ha sbattuto fuori di casa” disse, tutto d’un fiato, proprio come il caffè che aveva appena bevuto.
Miyako strinse il cartone vuoto tra le mani, che si ridusse come fosse un vaso di creta ingiallita, pieno delle increspature che plasmavano i polpastrelli saturi di rancore.
“Beh, te lo sarai meritato” disse, senza pensarci, anche se poi se ne pentì.
Daisuke alzò le spalle, senza farci troppo caso: era come un istinto naturale, quindi Miyako era giustificata.
“Dice che sono uno scansafatiche” continuò, con un sorriso amaro “E non ha tutti i torti. Mi sono fatto licenziare dal terzo ristorante in due mesi e i conti sono in rosso a casa mia”
“Lei è tua sorella e ha un lavoro ben pagato, perché non vuole aiutarti?”
“Dice che ormai sono grande e posso benissimo cavarmela da solo, invece che fare la vita del parassita sul suo divano; poi sono anche un’implicazione cancerogena alla sua vita sociale”
Rise mestamente, nel pensare alla sorella single e stacanovista che manteneva un fratello precario, con la rabbia che incavava i primi solchi sulla pelle, proprio sotto gli occhi che truccava così bene.
“Non ha tutti i torti, povera anima. Venticinque anni senza una scopata decente”
“Forse ti sta offrendo una grande lezione di vita. Probabilmente tra un paio di anni ti guarderai indietro, pensando che quando tua sorella ti ha cacciato di casa è stato frustrante, ma è stata anche la cosa migliore che potesse capitarti”
“Sei troppo idealista, Miyako”
“E’ buffo che me lo dici, perché lo sei anche tu”
Daisuke incassò il colpo con un altro sorriso amaro, che rincarò la dose della perfetta intesa che avevano raggiunto seppur con mezzi poco consoni a loro, ovvero delle chiacchierate civili. Il caffè era finito ed era servito per dosare le parole.
“E poi c’è anche la storia del fidanzamento di Takeru e Hikari…”
“Sono tanti anni che ti dico che il mare è pieno di pesci…”
“Ehm… Altra metafora, sai per non fraintendere…”
“Il prato è pieno di farfalle?”
Senza mentirsi e senza scomporsi, Daisuke e Miyako continuarono a sorridersi amaramente, senza dar conto a ciò che dicevano di loro.
Daisuke, comunque, si fece sfuggire una sincera risata alle parole di lei.
“Il fatto è che mi brucia un po’ che uno dei miei migliori amici si sia messo con la ragazza che mi piace da tanto”
Miyako sospirò, come se la sapesse lunga su di lui e sui suoi piccoli grattacapi esistenziali.
“Qui sei un po’ ipocrita, Daistronzo… Insomma, per tutta l’adolescenza non hai fatto altro che definirlo come tuo rivale! Mi sembra il minimo che ti abbia sgraffignato la ragazza da sotto il naso senza ripercussioni morali… E poi, diciamocela tutta, quando mai una persona che fosse dotata di cromosoma X ti ha mai guardato?”
“Questo umorismo al limone puoi risparmiartelo, perché tu non sei proprio il genere di ragazza dietro la quale vanno tutti”
“Ma intanto io ho un fidanzato…”
La maschera cominciò a sgretolarsi sul viso, lasciando intatta solo la teatralità che aveva un retrogusto amaro quando si parlava di Ken e della situazione che stavano vivendo. Daisuke l’aveva capito quando l’aveva incontrata casualmente a passeggiare nel parco dato che, da quando si era fidanzata, la casa era divenuta la sua piccola città moderna e la accudiva neanche fosse un cucciolo abbandonato.
“Sicura?”
Anche lui avrebbe voluto mordersi la lingua, ma i patti tra loro non implicavano alcun coinvolgimento morale; si stupì di quanto fosse frustrante non vederla con il sorriso sgargiante che aveva sempre.
“Ehi, ora ne parli con me però… Dobbiamo essere nella stessa situazione per capirci fino in fondo”
Il fatto era che si capivano abbastanza anche senza saperlo, ma Miyako inspirò profondamente i respiri brinati che si perdevano nello scalpiccio dei marmocchi del parco e delle mamme che li ammonivano.
Avevano ancora il cartone del caffè stretto tra le mani.
“Non è questo, Daisuke…”
“Pardon? Ho sentito bene? Daisuke? Che fine ha fatto Daistronzo? Cielo, la prognosi è infausta…”
“Daisuke” lo ammonì lei, con sguardo forzatamente arcigno dato che aveva solo voglia di togliersi la claustrofobica maschera e di sbugiardare quel sorriso che non si toglieva mai di torno.
“Scusami… Avanti, che è successo?”
“Niente… Ho solo deciso di prendermi una pausa di riflessione e non sapevo fosse così dura staccarsi dal cordone ombelicale dal quale ti sei nutrita per… Sei anni”
Le mani di Miyako ridussero il cartone in tanti strati costellati di gocce e che avevano in comune il solo fatto di essere piatti e insapori.
Daisuke chiuse gli occhi e si appoggiò allo schienale basso della panchina, con la testa piegata all’indietro, sorretta dai respiri brinati del pomeriggio.
“E’ normale cercare un po’ di autonomia; solo non capisco perché tu l’abbia fatto…”
“Non lo so neanch’io. Entrambi non ci sentivamo mai realizzati, Ken non era mai in casa e io sempre; tornava tardi dal lavoro, proprio quando io ero già a letto. Insomma, non riuscivo ad andare avanti mentre lui sì…”
Il cellulare vibrò nuovamente e Miyako, in preda alla frustrazione, gettò il cartone lungo il viottolo lastricato, che andò a depositarsi proprio accanto a un’altra panchina.
La maschera di Miyako passò inosservata, tranne a Daisuke che poteva leggerne il patimento anche da dietro un volto frustrato.
“Rispondi”
“Non voglio farlo” protestò lei, vivamente
“Allora non lo fare”
La risposta di Daisuke parve coglierla in contropiede, dato che i suoi istinti basilari lottavano per non contraddirsi e non condannarsi; i loro patti prevedevano sempre un’efferata franchezza, anche se significava far digerire la bile senza averla masticata.
Miyako chinò lo sguardo e mise le braccia conserte per fare in modo che le dita non sfiorassero il cellulare, che smise di vibrare.
“Domani ci parlerai…” fece poi, Daisuke sorridendole.
Miyako, disorientata, girò lo sguardo altrove, vagando su altri stimoli e sulla voglia impellente di un altro caffè.
“Vorrei andare in overdose di caffeina…”
“Sarà la seconda cosa che farai”
“E la prima quale sarà?”
“Ricomincerai a chiamarmi Daistronzo… Non mi piace come suona Daisuke in bocca a te”
Rise, senza dar conto alle briciole della maschera che si erano depositate tra gli incavi delle sue mani, solleticandoli un po’.
“Affare fatto. E non preoccuparti per stasera se non hai un posto, verrai a stare da me. Ken è andato a stare da sua madre e non oserà tornare fin quando non lo richiamo”
Daisuke increspò le labbra in una smorfia ovale, che faceva pendant con le orbite ben esposte; gli cadde quasi il cartone da mano nel sentire quella tacita offerta di pace da parte della sua peggior nemica nonché miglior fonte di sfogo.
“Il mondo sta girando al contrario?”
Si alzarono, indossando le rispettive maschere sorridenti e lasciandosi andare a confidenze mai esplorate.
“Forse… Se pensi al fatto che sto andando a prendermi un altro caffè con te”
Miyako cinse il braccio di Daisuke, stringendolo come per scaldarsi dai respiri brinati che li avrebbero attaccati su ogni fronte, nel tentativo di far crollare le maschere.
Ma loro erano troppo bravi a mentire con il sorriso.
Il fatto era che nessuno sarebbe riuscito mai a comprenderli fino in fondo, tranne loro… Reciprocamente.
“Paghi tu, però” gli disse Miyako, scherzando. Non aveva bisogno di sapere che Daisuke era rimasto al verde.
 
   
 
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