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Autore: Pink Lela    14/06/2007    3 recensioni
I fiori. Mi ricordo quanto ti piacessero, passavi delle ore sul balcone di casa nostra a guardare il giardino, accarezzando amorevolmente il tuo pancione… avevi grandi progetti.
Un giovane torna a far visita alla sua amata... è la mia primissima fan fiction!
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi avvicino lentamente. Non ci sono suoni accanto a me, tutto è silenzio.

Oggi è tutto vuoto, non c’è neanche quella vecchietta così simpatica. Se tu l’avessi vista ti saresti subito affezionata. Sei sempre stata una persona dolce e gentile.

Ho portato delle rose, bianche e candide, come te. Eccomi, sono arrivato.

Osservo la lastra di marmo che mi sembra fredda e lontana. La tua foto lì accanto mi fa venire un tuffo al cuore, sei sempre stata bellissima. Infilo i fiori nel vaso e li bagno con dell’acqua.

I fiori. Mi ricordo quanto ti piacessero, passavi delle ore sul balcone di casa nostra a guardare il giardino, accarezzando amorevolmente il tuo pancione… avevi grandi progetti.

Sono venuto anche ieri, è tutto pulito, ma estraggo lo stesso un fazzoletto e comincio a pulire la tua foto. Ne ho sempre una con me, tu sei la mia forza. Non credo di avertelo già detto, mi hanno preso: ora sono un architetto vero e proprio. Mi viene in mente il tuo sorriso, eri sempre allegra.

Sento una lacrima che vorrebbe uscire, ma io inghiotto il vuoto e la trattengo.

Sono passati quasi due anni… due anni da quella volta… scuoto la testa.

No, basta, non ci devo più pensare. Ma come faccio a dimenticarti? Eri il mio angelo e ti hanno portato via da me. Mi manca tutto di te, il tuo profumo, il tuo sorriso, i tuoi occhi… mi manchi. Gli amici mi hanno detto che devo dimenticarti, infondo ho solo trentatrè anni, sono giovane. Non possono capire, nessuna può sostituirti, eri unica.

Stringo i pugni così tanto da farmi male; come ha potuto? Quel verme, ci ha rovinato la vita. Mi inginocchio lì accanto. Eri davvero stupenda. Le parole sulla tua lapide non hanno senso:

Eri un piccolo angelo, che ci è stato strappato troppo presto. Ci mancherai.

I tuoi cari.

Tutte parole, non hanno significato per me.

Mi ricordo tutta quella gente che era venuta al tuo funerale. C’era anche Tommaso. Non so quanto abbia capito, piccolo. Scommetto che manchi anche a lui. Aveva due anni quando è successo, io lo stringevo a me, avevamo lasciato a casa il passeggino. Mi aveva poggiato la testa sulla spalla e ti stava guardando.

Tu, con i tuoi lunghi e bellissimi capelli neri, che gli piacevano tanto. Che mi piacevano tanto. Avevi gli occhi grigi, due bellissimi occhi grigi. C’è chi dice che gli occhi grigi appartengano a persone fredde e distaccate. Balle.

Tu non eri così, tu eri… unica.

Le lacrime si fanno sentire di nuovo. Mi mordo le labbra. Non posso piangere. Non voglio, so che a te non sarebbe piaciuto. Mi dicevi che ridendo si aiuta il cuore a far circolare il sangue. Il sangue… quello sparso attorno a te.

Possibile che non riesca a cancellare quell’ immagine? Non ti rende per niente giustizia. Giustizia, parola senza senso. Non c’è giustizia a questo mondo, ora lo so.

Sai tesoro, ho rivisto quel povero pazzo sul giornale. Non lo lasciano andare, per fortuna. Lui dice di essersi pentito, dice che non voleva far del male a nessuno. Non gli hanno creduto.

E sai quel passante che ha chiamato la polizia? L’ho incontrato al supermercato. Senza di lui quel pazzo non sarebbe mai stato preso, l’ho ringraziato ancora.

Ma tu mi manchi, mi hanno portato via la cosa migliore della mia vita. Accarezzo la tua fotografia, era il giorno del tuo trentesimo anno… sei morta due mesi dopo quella foto… un freddo giorno di marzo. In riva al mare, della nostra bellissima città. Ridevi, mi stavi raccontando dell’ultima trovata di Jessica, quella tua amica particolare. Ti sei fermata per raccogliere una monetina che ti era caduta… quella dannata monetina!

Io e Tommy siamo andati avanti, dovevamo prenderci un gelato, la gelateria era lì a due passi….

Non posso farlo… le lacrime vogliono ancora uscire… e questa volta ci riescono.

“Perdonami” mormoro. Sento il loro sapore salato in bocca.

Quel pazzo ti ha portata via. Non riesco a perdonarlo. Per lui era un divertimento guidare contromano?! Ha perso il controllo della vettura, ho sentito dire da un poliziotto poco dopo. E’ stato un attimo. Ho visto l’auto sbandare.

Lui si è lanciato giù dall’auto, salvandosi, ma tu… ti sei voltata appena in tempo per vedere l’auto che ti correva addosso.

Per la prima volta ho visto la paura nei tuoi occhi…

Ti si è schiantata contro. Mi sono sentito morire. Ero lì, impotente, a guardare l’auto che finiva in mare. Eri a terra, in una pozza di sangue, quel sangue che continuava ad uscire. Ho urlato il tuo nome, con tutto il fiato che avevo nei polmoni. Sono corso verso di te. Ti ho chiamata ancora e ancora, niente, NIENTE!!

Non mi rispondevi, avevi lo sguardo così vuoto, ancora pieno di paura.

Qualcuno ha chiamato l’ambulanza, io ero lì, ancora una volta immobile, in ginocchio accanto a te, con Tommy in braccio che piangeva.

Ti hanno sollevata e messa su di una barella. Hanno sentito il polso, niente da fare. Hanno coperto il tuo corpo con un telo bianco.

Bianco e candido… come te… come la crema, il tuo gelato preferito… come il tuo nome…

Mi hanno fatto alzare, salire sull’ambulanza. Mi sembrava di essere un robot, non sentivo più nulla. Com’è stato il viaggio? So solo che Tommy non ha pianto più. Quanto ha capito quel bimbo è un mistero.

Eravamo all’ospedale, è venuta anche mia madre, mi ha abbracciato, si è presa Tommy, volevo vederti un’ultima volta. Ti avevano chiuso gli occhi, quegli occhi pieni di paura. Sembrava tu stessi solamente dormendo. Ti ho accarezzato il volto. Era freddo.

Quello mi ha dato l’assoluta certezza che non ti saresti risvegliata mai più.

Non avrei mai più visto il tuo sorriso.

Il suono di un clacson mi risveglia. Ho le guance umide, mi asciugo le lacrime con le mani. Ripenso a te. Mi dicevi che ti sono sempre piaciuti i miei occhi verdi e che quando piango diventano tristi e non ti piacevano più.

“Ti amo” sussurro ancora al vento. Magari mi stai ascoltando proprio ora. Osservo l’orario: è tardi, devo correre a prendere Tommy all’asilo. Bacio la tua foto e l’accarezzo un’ultima volta.

“Torno presto, tesoro. Ci vediamo” ti parlo come se tu fossi ancora qui.

Mi giro e ti lascio, spero che le rose ti piacciano. Come tu piacevi a me.

Un’ultima calda lacrima rotola sulla mia guancia. La lascio fare. Infondo oggi è il tuo compleanno, posso permettermi di piangerti.

Ti amo……

Fan fiction one-shot fatta con personaggi completamente inventati. L’ho scritta mentre una mattina non avevo nulla da fare, ascoltando musica.

Spero vi piaccia! Baci e grazie

Lela

  
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