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Autore: _Abigail_    28/11/2012    4 recensioni
Sam provava una grande pena, ma anche un affetto così grande, un bisogno di proteggerlo che non aveva mai sentito per nessun altro. Si rendeva conto di quanto imponente fosse il fardello che Blaine portava con sé, di quanto Blaine fosse devoto a un sentimento così grande che faceva paura.
Blaine, Sam e la loro serata tra scapoli.
Un Blaine rotto e un Sam che cerca di rimetterne insieme i pezzi.
Blam ambiguo, Klaine e un mucchio di Blangst!
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Sam Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano le 18 quando il campanello di casa Anderson suonò. Dopo qualche istante la porta si aprì, rivelando un Blaine spettinato e troppo stanco perfino per cercare di sorridere. Non stanco fisicamente. Cioè, sì, anche fisicamente. Ma, più che altro, stanco. Stanco e basta.
 
«Hey Sam, entra pure».
 
L’idea era nata lunedì, quando Sam lo aveva incrociato in corridoio e gli aveva chiesto come stava, come faceva ogni giorno. Sapeva che non stava bene, lo vedeva. Non era un tipo troppo perspicace, e forse era colpa dei capelli biondi, o forse dell’anulare più lungo dell’indice, ma comunque fosse sapeva riconoscere una persona relativamente serena da una che non lo era neanche nei suoi sogni più audaci. Era come se Blaine portasse un enorme peso sulla schiena, che lo faceva apparire ancora più minuto e ancora più chiuso su se stesso, e appariva così vulnerabile che Sam temeva di poterlo colpire involontariamente con una parola sbagliata o un gesto inappropriato e distruggerlo definitivamente. Era come una foglia gialla caduta da un albero, che se presa in mano nel modo sbagliato o mossa troppo rapidamente si sarebbe disintegrata tra le sue mani. Sam odiava questa sensazione, ma nessun altro sembrava notarlo e lui non capiva perché. Blaine era sempre così pieno di vita, così Blaine, e proprio ora che era diventato la cosa più simile a un migliore amico che Sam potesse vantare, non era più nulla. Ed era uno schifo, perché Blaine era un ragazzo in gamba, ed era popolare e piaceva a tutti nonostante fosse gay e appartenesse al Glee Club. Sam gli voleva bene, e vederlo così gli faceva male.
Così gli aveva chiesto quali fossero i suoi programmi per il weekend, e Blaine aveva risposto con un gemito soffocato che Sam aveva imparato a tradurre come “passerò il mio sabato sera rannicchiato sul divano ascoltando l’intera discografia di Barbra Streisand e immaginando di poterla commentare insieme a Kurt, per poi rendermi conto di non averlo accanto a me e piangere fino a ritrovarmi i bulbi oculari tra le mani”.
«Bene, allora vieni da me e ci guardiamo un film insieme. Anzi, beh – ecco, io tecnicamente sono ancora ospite a casa di Carole e Burt», aveva visto l’angolo della bocca di Blaine cedere a un tremito incontrollato, «Perciò sarebbe meglio se venissi io da te. Voglio dire, non voglio autoinvitarmi, intendo se – se per te va bene». Blaine aveva sorriso – tentato un sorriso, va bene, ma era comunque molto più sorriso di qualunque sorriso avesse cercato di imitare nell’ultimo periodo – e gli aveva risposto che certo, per lui non c’era problema, ma non voleva obbligarlo a passare un sabato sera deprimente sul divano di casa Anderson quando avrebbe potuto trovare tante alternative migliori. Sam lo aveva liquidato con un «Non ci pensare neanche, amico», e così si erano messi d’accordo. Sabato sarebbe stata la loro serata tra scapoli nerd.
 
Dopo aver appoggiato il giubbotto sullo schienale del divano, Sam seguì Blaine su per una scalinata chiara e poi nel pianerottolo coperto da raffinato parquet.
 
«La mia camera è quella, ma qui la tv è più grande e possiamo mangiare sul divano senza riempire di briciole il mio letto. Può andare?»
 
Entrarono in una stanza non molto grande, ma accogliente. Un divano lungo e apparentemente molto comodo, una lampada con un design vagamente orientale e un televisore perfino troppo grande. E montagne, montagne di DVD e CD. Notò anche l’impianto stereo, e capì che doveva trattarsi di una sorta di “sala relax” o qualcosa del genere.
 
«Certo B, certo che può andare», rispose sorridendo. Blaine si diresse verso il cofanetto del Signore degli Anelli, già pronto sul tavolino, e inserì il primo DVD nel lettore. Ne avevano discusso molto, ma erano giunti alla conclusione che non avendo il tempo necessario per una maratona vera e propria, tanto valeva guardare Il Ritorno del Re. È il più epico e avvincente, ed era proprio di quello di cui avevano bisogno. Tanto quello che era successo prima lo conoscevano bene. Fin troppo bene. Diciamo pure a memoria.
 
«Lo sai che qualcuno mi chiama hobbit? Perché sono basso. E per i capelli, credo», disse Blaine emettendo una specie di risata amara.
 
«Oh, lo so bene. Ma è per l’altezza, più che altro…chi te li vede i capelli, con tutto il gel che ti metti di solito?», disse scompigliandogli scherzosamente i ricci completamente liberi. Era vero che aveva smesso di intrappolarli durante i weekend. E questo era veramente, veramente grave.
 
«Kurt mi chiamava sempre così. Hobbit». I suoi occhi erano fissi sullo schermo, ma non vedevano nulla. Erano evidentemente persi in ricordi che lo stavano sgretolando, proprio sotto gli occhi di Sam, che non sapeva come uscire indenne da questa situazione e tirare fuori con sé il suo amico.
 
«Ehi B, non ci pensare, dai. Non è il momento di pensare a Kurt, ti fai solo del male. E la nostra serata tra scapoli non sarà servita a niente!»
 
Blaine non rispose. «A me lui ha sempre ricordato Legolas, invece. Non so, forse per i capelli. Non è biondo, ma…Kurt, voglio dire. Non è biondo. Ma non è neanche castano. E i suoi capelli sono così luminosi e morbidi, e ha le orecchie un po’ a punta, come quelle di un elfo. Ed è così splendido e perfetto, come un elfo. Ricorda un po’ Legolas, non trovi?»
 
Sam era rimasto in silenzio, senza interromperlo. Aveva capito che forse aveva bisogno di parlare, che forse permettergli di sfogarsi gli avrebbe fatto bene. Gli diede una pacca sulla spalla.
 
«Sì, un po’ sì, forse. Anche se la parte dei capelli non mi convince. Io sono biondo, mi sono sempre identificato con Legolas per questo», ammise ridacchiando.
 
Blaine si voltò verso di lui per la prima volta e lo scrutò per qualche istante. «Già», esclamò poi, quasi entusiasta. «Blam, altrimenti conosciuti come Frodo e Legolas. Per la salvezza del McKinley e di tutta la Terra di Mezzo», aggiunse. Sam si sentì importante, in quel momento, e si diede un cinque mentale. Blaine aveva sorriso e si era fatto prendere dall’entusiasmo, ed era pur sempre qualcosa, anche se era durato poco. Lo sguardo di Blaine tornò vitreo in meno di un istante, nel momento in cui Legolas tornò ad occupare l’inquadratura. I suoi occhi erano di nuovo tristi e spenti, e le sue labbra mimarono un Kurt silenzioso. No, forse elfi e hobbit non facevano per loro. Forse dovevano limitarsi ai loro ruoli di supereroi.
 
E poi ci fu un momento in cui la situazione degenerò. Sam non se ne accorse subito, a dire il vero, ma quando realizzò non ci mise molto ad associare l’effetto alla sua causa.
 
Si voltò verso Blaine per caso, probabilmente per commentare la colonna sonora o la faccia di un orchetto particolarmente brutto, e la vide. La devastazione. La vide negli occhi rossi, lucidi di Blaine. La vide impressa nelle sue guance rigate di lacrime silenziose. E si sentì male per non essersi accorto di quello che stava succedendo. Per non essersi reso conto che quel sussulto che aveva sentito accanto a sé nel momento in cui Arwen aveva visto il suo futuro non era stato casuale. Per non essersi reso conto che Blaine aveva perso ogni capacità anche solo di immaginare un futuro, ora che ogni suo progetto si era frantumato in mille pezzi come il ciondolo della stella del vespro sfuggito alla presa dalle mani di Aragorn.
 
Si sentì uno stupido per essersi illuso di poter curare con un film in compagnia quella che era una ferita troppo profonda e infetta. Perché quello che aveva davanti era un diciottenne che sentiva di aver perso tutto, e lo faceva in un modo così profondo e intenso, come se veramente non ci fosse speranza. E Sam lo sapeva, che c’era speranza. Sam si era già sentito così in vita sua, distrutto, come se tutto fosse finito. E poi si era rialzato.
 
Non da solo, no. Se non fosse stato per i suoi amici, non ce l’avrebbe mai fatta. Ma nemmeno Blaine era solo. Poteva non avere Kurt, poteva non avere Finn. Ma Sam, Sam era lì per lui. Perché era il momento che qualcuno prendesse Blaine per mano e lo portasse verso la luce. Perché aveva diciotto anni, ed era in gamba, e non era giusto che non potesse concedersi nemmeno una serata con un amico senza sentirsi strappare il cuore dal petto.
 
Blaine si accorse dello sguardo preoccupato di Sam e si limitò a roteare gli occhi verso di lui, senza muovere la testa.
 
«Scusa, Sam, non volevo. È solo che – Arwen, e Aragorn, e – scusa. Mi sono…tornate in mente delle cose.»
 
Sam continuò a fissarlo, senza dire niente. Il suo cervello lavorava, lavorava come poche volte in vita sua aveva fatto. Cercava, cercava disperatamente un modo per aiutarlo, ma non lo trovava, non capiva. Odiava essere così stupido, odiava avere il cervello di Brittany ma nemmeno la metà della sua sensibilità. Si sentì inutile e si arrabbiò con se stesso, mentre Blaine lo guardava affranto.
 
«Non volevo rovinarti la serata, Sam, davvero. Sapevo che non sarebbe stata una buona idea», liquidò la faccenda con un gesto della mano, alzandosi dal divano per estrarre il DVD dal lettore.
 
Sam lo fermò. Lo fermò prendendogli la mano.
 
E Blaine chiuse gli occhi.
 
Chiuse gli occhi perché nessuno gli prendeva la mano da quella sera a New York. Chiuse gli occhi perché era il primo vero contatto umano che gli veniva offerto dopo mesi. Chiuse gli occhi perché sentì che, per un istante, qualcuno gli aveva teso la mano, in senso letterale ma soprattutto nel senso più importante del termine. Nel senso necessario. Nel senso vitale.
 
Crollò di nuovo sul divano, incapace di trovare le forze. La sua mano era ancora avvolta in quella di Sam, ed era bello. Era bello perché Sam era suo amico, e gli voleva bene, e si stava preoccupando per lui.
 
Era bello perché per un istante, un solo brevissimo istante, gli ricordò la bellezza del contatto, dell’essere in due. Del non sentirsi soli, mai. Dell’intimità.
 
Chiuse gli occhi perché era tutto ciò che gli era rimasto.
 
«Ehi, ehi, no. Smettila», disse Sam, con tono concitato. Per un istante Blaine lo odiò, per aver interrotto il suo flusso di coscienza. O forse per aver interrotto il contatto tra le loro mani.
 
Si accorse solo in quel momento di star ripetendo a vuoto le stesse quattro parole. Sono una persona orribile. Sono una persona orribile. Sono una persona orribile.
 
Sam era inginocchiato davanti a lui, ora, e lo guardava dal basso. Stava cercando di attirare la sua attenzione, di farlo smettere. Blaine stava impazzendo e in quel momento se ne resero conto entrambi. Blaine era divorato da un rimorso troppo più grande di lui. Blaine se ne stava andando, e nessuno sapeva se sarebbe mai stato in grado di tornare.
 
E fu in quel momento che, per qualche motivo, Sam lo baciò.
 
Si avvicinò a Blaine, che sedeva tremante e frenetico e sull’orlo di una crisi di nervi, e lo baciò.
 
Fu un bacio strano. Dolce, per trasmettergli positività, ma deciso, per tenerlo sul posto. Fu un bacio spontaneo, a dire la verità. Fu il bacio necessario.
 
Blaine rimase immobile per un secondo, per poi rilassare le labbra per un istante e rinsavire un momento dopo, tirandosi bruscamente indietro. I suoi occhi erano spalancati e la sua bocca cercava aria.
 
«Che – Sam?»
 
«Ehi – s-scusa, amico. Non – non volevo».
 
Passò qualche istante di silenzio, ma sembrò tanto, troppo tempo. E poi fu Blaine a parlare per primo.
 
«Io – Kurt mi ha lasciato, e io – io sono un idiota. E me lo merito, me lo merito tutto questo, perché lui si fidava di me e io--»
 
«Blaine, Cristo santo, basta.» La voce di Sam era scura e decisa, e aveva il tono di un vero rimprovero. «Hai fatto un errore e lo stai pagando, ma devi metterti in testa che--»
 
«Lui mi ha lasciato perché io l’ho tradito. E ora l’ho fatto di nuovo», sputò fuori Blaine, sentendo crescere la rabbia e lo sdegno e tutto ciò che di schifoso si sentiva dentro e che sembrava star sgusciando via come veleno da ogni sua sillaba. La sua mandibola si muoveva come ogni volta che Blaine si irrigidiva, quando il suo labbro inferiore iniziava a tremare e le vene del collo diventavano evidenti al di sopra del colletto della camicia. Sam lo osservava e si sentiva sollevato, perché sì, era furioso, ma per lo meno stava reagendo.
 
«Ok, amico, ascoltami», gli disse, ancora inginocchiato, afferrandogli le braccia per tenerlo fermo. «Cerca di calmarti, per favore. Sono stato io, stavolta. Non hai tradito nessuno, non ora».
 
Blaine prese un respiro profondo. «…Perché?», fu l’unica parola che si lasciarono sfuggire le sue labbra nel momento in cui il suo battito cardiaco tornò regolare.
 
«Non lo so, in realtà. Volevo – aiutarti. E non mi veniva in mente niente, e così…così l’ho fatto prima ancora di rendermene conto. Perdonami, amico, è…è successo e basta».
 
Blaine lo guardava con occhi attenti, ora, e cercava di capire più di quanto non riuscisse effettivamente a fare. Sam si sentì in dovere di aggiungere qualcosa alla sua debole giustificazione.
 
«Vedi, il fatto è che io so come ci si sente. Io ci sono passato, io so cosa vuol dire sentirsi come se tutto stesse per crollare e tu non potessi fare altro che aspettare la fine ripetendo le stesse vane preghiere. Il fatto è che qualcuno è venuto a salvarmi prima che potessi venire sotterrato dalle macerie. Finn, Rachel, tutti voi…siete stati la mia salvezza nel momento del bisogno. E, ecco, io non ho mai avuto la possibilità di essere utile per qualcuno – a parte la mia famiglia, voglio dire. Ma ora è diverso. Ora se lo faccio è solo perché voglio farlo, e non perché, nel bene e nel male, sono moralmente tenuto a farlo. Voglio dire, questa non è una cosa che posso risolvere togliendomi i vestiti e improvvisando un colpo di bacino – cioè, voglio dire – aspetta. Non mi riferivo a – non intendevo dire che – oh, fanculo. Volevo aiutarti e questo è l’unico modo che mi è venuto in mente. Non è una cosa sessuale – voglio dire, non penso, no. È solo che – non è tradire, Blaine. Primo, tu non hai fatto nulla. Secondo, odio dirlo ad alta voce, ma tu e Kurt non state insieme, amico. Non puoi tradire qualcuno che non è tuo. E no, non intendevo – oh, ma perché non riesco a spiegarmi?» L’espressione di Sam era estremamente frustrata, e Blaine lo osservava con uno sguardo indecifrabile. «Facciamo che cerco di fartelo capire, ma tu devi stare fermo».
 
Sam si sollevò sulle ginocchia e appoggiò una mano dietro alla nuca di Blaine, avvicinandolo a sé con decisione ma senza essere brusco. Chiuse gli occhi e posò le labbra sulle sue, cercando di trasmettergli tutto il calore e la rassicurazione di cui era disperatamente affamato. Rimasero così a lungo, mentre Blaine cercava di capire e lottava per non fuggire urlando, travolto da troppi pensieri e da troppe sensazioni diverse, mentre Sam persisteva nel suo tentativo di farsi comprendere. Alla fine le labbra di Blaine si ammorbidirono, e un respiro caldo si fece strada tra le sue labbra socchiuse. Sam ne approfittò per baciarlo di nuovo, senza staccare veramente le labbra dalle sue, e le sfiorò con la lingua in un tocco così leggero da sembrare irreale. Questo fu tutto ciò che si concesse, tutto ciò che ritenne necessario, tutto ciò che il suo istinto gli impose. E poi si allontanò, accarezzando la mandibola di Blaine e sorridendogli.
 
Blaine era fermo, con gli occhi chiusi e il respiro irregolare. Sam avvertì la crisi che stava per arrivare, e corse ai ripari. Salì sul divano, prese Blaine tra le braccia e si sdraiò, cullandolo mentre dei singhiozzi mostruosamente profondi iniziavano a scuotergli le spalle. Blaine era sdraiato su Sam e si aggrappava alla sua vita, mormorando Io lo amo e Aiutami e Non ce la faccio più, e tutto ciò che Sam potè fare fu accarezzargli la nuca e aspettare. Le sue braccia erano avvolte con forza intorno al corpo inerme di Blaine, mentre tentava disperatamente di rassicurarlo, di fargli sentire la sua vicinanza. Sam provava una grande pena, ma anche un affetto così grande, un bisogno di proteggerlo che non aveva mai sentito per nessun altro. Si rendeva conto di quanto imponente fosse il fardello che Blaine portava con sé, di quanto Blaine fosse devoto a un sentimento così grande che faceva paura. Si chiese se fosse egoista a ritenersi fortunato per avere accanto una persona come lui, capace di amare con questa forza e di provare sentimenti puri e travolgenti, in un mondo così vuoto e superficiale. Lo strinse più forte e gli baciò i capelli, cercando di tenerlo il più vicino possibile. Non aveva mai visto qualcuno così rotto, rotto in mille pezzi, e aveva la sensazione che se avesse allentato la stretta non si sarebbe trovato tra le braccia altro che un mucchio di cenere.
 
Rimasero così per molto tempo, e Sam ebbe modo di pensare, di riflettere. Di farsi domande e di cercare risposte. E si sorprese ad alzare gli occhi al cielo e prendere un respiro profondo, riempiendosi i polmoni come di una nuova aria pura e carica di emozione. Non sapeva se stesse risultando veramente utile, ma ci stava provando e questo lo fece sentire molto fiero di sé, e riconoscente. Continuò a cullare Blaine, cantandogli dolcemente nell’orecchio fino a sentirlo addormentato e finalmente sereno contro il proprio petto.
 
«Though nothing will keep us together, we could steal time, just for one day»
 
 




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Non posso crederci, l'ho fatto davvero?
L'ho pubblicata. Sono fiera di me ahah
Ciao a tutti! Sono Abigail (la tizia che ha tradotto Everyday, per intenderci) e ho l'ansia da prestazione. E una paura folle del fandom di Glee, quindi siate buoni!
Questa fanfiction nasce dalla mia disperazione. Sto soffrendo per tutta questa incertezza riguardo alla Klaine, e ho scoperto nel Blam una cura incredibilmente efficace. Inizialmente questa doveva essere una storia più romantica, con un Sam non esattamente disinteressato...ma alla fine è venuto fuori questo. E sono molto soddisfatta del loro rapporto, perchè è aperto ad interpretazioni e ognuno può leggervi quello che preferisce, insomma. Io la mia idea headcanon ce l'ho, ma sono più curiosa di conoscere le vostre (:
Il concetto generale è che Blaine è molto solo e molto distrutto, e Sam soffre nel vederlo così. Ho cercato di dare uno spessore al nostro biondo preferito, perché credo se lo meriti. L'ho sostanzialmente ignorato per due serie, e mi sto scoprendo ad amarlo solo ora....sarà che è l'unico che si sta prendendo cura di Blaine, ed è quasi commovente.
Spero che si sia capito che la protagonista indiscussa è la Klaine. Anche il bacio Blam, in qualche modo, è Klaine. È un disperato tentativo di Sam di far capire a Blaine che la sua vita non è finita...ma, in sostanza, è un ennesimo rimando alla Klaine. A ciò che a Blaine manca come l'aria....e non solo a lui ;_;
Ringrazio Lorenza, Francesca e Nicole per averla letta e riletta e avermi convinta a pubblicarla. Love you, girls!

Un abbraccio a tutti e a presto!
  
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