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Autore: Lux_daisy    28/11/2012    6 recensioni
"Accadde tutto come in un sogno" ma non dicono che i sogni sono i desideri dell'anima?
Yamamoto ha avuto un incidente ed è entrato in coma. Sono tutti preoccupati, ma una persona in particolare sembra non darsi pace. Una sera, mentre Gokudera si ritrova nella stanza d'ospedale, succede qualcosa di imprevisto che avrà delle conseguenze sorprendenti.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hayato Gokudera, Takeshi Yamamoto
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi tornata con una nuova fanfiction -la seconda! ^.^ Dopo una Xanxus-Squalo, ho voluto scrivere una YamaGoku perchè li trovo davvero perfetti insieme *-* questa volta non è una one-shot, ma sarà divisa in capitoli- non penso comunque più di 3. Spero che vi piaccia e recensite, mi raccomando :D


<< Uri, no! >> gridò Gokudera, mentre la sua Box Heiki si lanciava furiosa su di lui e gli graffiava il volto. Il ragazzo se la staccò di dosso con forza – con il rischio di farsi portar via un occhio – e la lanciò via. Il gatto atterrò agilmente a terra, ringhiò irritato per un momento, rizzando il pelo, poi ignorò il suo padrone e prese a leccarsi le zampe.
<< Stupido gatto! >> soffiò il Guardiano, guardandolo male. Era sempre la stessa storia. Avevano vinto la battaglia contro Byakuran ed erano tutti tornati nel loro tempo sani e salvi, ma se non c’era da combattere, Uri continuava a comportarsi come un isterico e a non dare retta al suo padrone, cosa che irritava non poco il povero Gokudera. Aveva fatto uscire Uri dall’anello con l’intenzione di allenarsi e magari di sviluppare una nuova tecnica – il fatto che fossero in un momento di pace non significava che sarebbero stati al sicuro per sempre: un nuovo nemico avrebbe potuto fare la sua apparizione in qualsiasi momento e il Guardiano dell’anello della Tempesta voleva essere pronto. Ma il suo compagno di battaglie non sembrava essere della stessa opinione.
Gokudera stava per tentare un altro approccio, quando squillò il telefono; andò a rispondere e la voce preoccupata di Tsuna lo fece mettere sull’attenti.
<< Gokudera-kun! C’è stato un incidente, Yamamoto è stato investito. Stiamo andando all’ospedale. Ci raggiungi là? >>.
L’italiano impiegò alcuni lunghi istanti prima di interiorizzare quello che aveva sentito. Yamamoto? Incidente? Ospedale? Che storia era quella?
<< Gokudera-kun, ci sei? >> continuò Tsuna, dato che non sentiva risposta.
<< S-sì, Decimo. Ho sentito. Vi raggiungo subito >> rispose l’altro con voce piatta e riagganciò. Rimase alcuni secondi immobile davanti al telefono. Come diavolo era potuta succedere una cosa simile? Dopo tutte le battaglie che avevano combattuto, tutti i pericoli che avevano corso, tutte le prove che avevano superato per diventare più forti, quell’idiota del baseball si faceva investire da una stupida macchina?
Gokudera richiamò Uri nell’anello e uscì di corsa da casa, il cuore e la mente in tempesta. Una volta raggiunto l’ospedale e ritrovati gli altri, il ragazzo s’informò delle condizioni di Yamamoto. Tra i presenti fu Tsuna a mettere al corrente Gokudera: a quanto pareva, Yamamoto era stato investito da un pirata della strada che era scappato senza prestare soccorso. Fortunatamente Ryohei, nel suo allenamento quotidiano, si era ritrovato a passare da quella strada poco dopo, aveva chiamato l’ambulanza ed aveva accompagnato l’amico in ospedale. Nel frattempo aveva avvertito Tsuna, che a sua volta aveva chiamato il padre di Yamamoto e Gokudera. Per strada Tsuna aveva incontrato Kyoko e Haru e le due si erano unite a lui. In quel momento i medici stavano operando il Guardiano della Pioggia – sembrava che avesse perso molto sangue e che avesse riportato una commozione cerebrale -  ma non c’era ancora niente di certo e tutto quello che la Famiglia poteva fare era aspettare.
I minuti passavano lenti come ore o almeno questa fu l’impressione di Gokudera mentre camminava avanti e indietro per il corridoio. Tsuna, Kyoko, Haru e Testa a prato se ne stavano in silenzio, le facce segnate da angoscia e preoccupazione, così come il padre di Yamamoto che però era in piedi, lo sguardo fisso sulla luce ancora rossa della sala operatoria. Gokudera, invece, sentiva la rabbia crescere ad ogni minuto: quell’idiota stava facendo preoccupare il Decimo! Come aveva potuto uno spadaccino con i suoi riflessi e la sua agilità a farsi mettere sotto da una macchina? Avrebbe dovuto evitarla! Cosa diavolo aveva in testa? “Probabilmente niente” pensò con cattiveria. Cosa gli stava succedendo? Perché stava provando simili emozioni: rabbia, frustrazione, impotenza? Merda, aveva voglia di far saltare in aria qualcosa, giusto per sfogarsi un po’; non ce la faceva a restare là ad aspettare senza fare niente. Così uscì fuori e si accese una sigaretta. Aveva bisogno di calmarsi e in quel momento la nicotina sembrava l’alleato migliore. Finito di fumare, rientrò dentro. La mezz’ora successiva trascorse lenta come se fossero state due ore. Kyoko e Haru ogni tanto cercavano di fare conversazione, di alleggerire l’atmosfera, ma con scarsi risultati. Persino Reborn, che per tutto il tempo era rimasto sulla spalla di Ryohei, se ne stava in silenzio, lo sguardo serio.
Dopo quella mezz’ora apparentemente infinita, finalmente la luce rossa si spense e un medico uscì dalla sala operatoria. Parlò con il padre di Yamamoto, poi salutò e si allontanò. Era arrivato il momento del responso e Gokudera ebbe l’impressione che il cuore stesse per uscirgli fuori dal petto per quanto gli batteva veloce. Erano tutti in piedi, ansiosi.
<< L’operazione è andata bene >>, un sorriso sui loro volti che si spense subito dopo, << ma Takeshi è in coma. Il dottore ha detto che ha perso molto sangue e che aveva una brutta commozione cerebrale … e una gamba rotta. Dice che hanno fatto tutto il possibile e che adesso dipende solo da lui >>.
<< Sono sicuro che si sveglierà! >> annunciò Tsuna dopo alcuni secondi di silenzio, << Yamamoto è forte! >>.
Le ragazze annuirono e sorrisero, poi Ryohei aggiunse: << Già! Lui sopravvivrà all’estremo! >>.
Il padre del Guardiano sorrise rincuorato. << Avete ragione, ragazzi. Dobbiamo avere fiducia. Il mio Takeshi è il ragazzo più forte e allegro che io conosca e non si farà sconfiggere così facilmente >>.
Tutti annuirono rilassati. Tutti tranne Gokudera. Perché non riusciva a condividere quella ritrovata positività? Perché stava pensando al peggio? E se Yamamoto no si fosse più svegliato? E se fosse morto per un’improvvisa complicazione? Quell’idiota del baseball non poteva fare questo al Decimo: ne sarebbe uscito distrutto. “Non può farmi questo!” si disse spaventato. Paura. Ecco cos’era quella brutta sensazione a cui non era riuscito a dare un nome. Aveva paura. Paura che Yamamoto non ce la facesse e lo abbandonasse. D’un tratto gli vennero in mente i suoi sorrisi, le volte che gli metteva un braccio attorno al collo con disinvoltura – facendolo irritare-, le mattine che si incontravano per strada mentre andavano a scuola. In quel momento gli sembrava tutto lontano, come appartenente a un altro mondo, un altro tempo.
<< Possiamo vederlo? >> chiese Tsuna con un sorriso speranzoso.
<< Sì, ma il dottore ha detto di entrare uno alla volta >> spiegò Yamamoto senior.
L’uomo fu il primo ad entrare, poi fu la volta di Tsuna, di Ryohei, di Kyoko, di Haru e infine di Gokudera. Quando l’italiano entrò nella stanza dove avevano sistemato Yamamoto, si sentì male. Il moro aveva una gamba ingessata, la faccia gonfia e rossa a causa delle ferite ed era collegato a delle macchine che emettevano dei bip e mostravano il battito cardiaco. Gokudera si avvicinò al letto e per molti secondi rimase immobile a fissare il volto dell’amico. Non sapeva cosa fare. Voleva solo che lui si svegliasse. Voleva rivedere il suo sorriso.
 
Per due settimane Yamamoto ricevette visite ogni giorno. Oltre il padre, Tsuna, Gokudera, Ryohei e le ragazze, anche gli altri passarono dall’ospedale: Bianchi, Futa, Lambo e I-Pin, Chrome e persino Hibari- che però venne una volta sola. Tutti volevano stargli vicino, ma il Guardiano della Pioggia non si svegliava.
Ogni volta che Gokudera entrava nella stanza passava la maggior parte del tempo in silenzio a fissare il volto del moro. Il gonfiore era sparito e le ferite si erano rimarginate; sembrava che stesse dormendo pacificamente. Ogni tanto il Guardiano della Tempesta diceva frasi del tipo “idiota del baseball, stati facendo preoccupare il Decimo. Svegliati!” oppure “come diavolo hai fatto a farti mettere sotto da una macchina? L’ho sempre detto che sei uno stupido” ma le condizioni del moro non cambiavano.
Come sempre Gokudera era l’ultimo a fare visita a Yamamoto e una sera, mentre fissava il volto del ragazzo, sentì improvvisamente gli occhi farsi lucidi. Si portò le mani al volto, confuso. “Perché diavolo sto piangendo?” Più guardava l’altro in quelle condizioni più sentiva le lacrime farsi forza per uscire. “Merda! Non devo piangere! Solo le femmine piangono…”. Ma non riusciva a rendersi conto di quanto dolore si fosse accumulato nel suo cuore nelle ultime due settimane.
<< Perché cazzo non ti svegli, brutto idiota del baseball?! >> sputò d’un tratto, la voce incrinata per le lacrime, << sono tutti preoccupati per te! Il Decimo, testa a prato, tuo padre… stanno tutti soffrendo a causa tua. Per quanto tempo ancora hai intenzione di restare a poltrire in questo letto?! >>. Voleva gridare, voleva farlo svegliare a suon di pugni, voleva fare qualcosa, qualsiasi cosa pur di non  stare lì a piangere come una mammoletta. “Cavolo, quanto sono patetico…”. D’un tratto, senza sapere perché, prese la mano di Yamamoto e la strinse nella sua. Poi accadde tutto come in un sogno: si chinò sul moro, avvicinò il volto al suo e poggiò le labbra sulle sue in un bacio rapido e delicato. << Ti prego, svegliati >> sussurrò, le bocche vicine. Nell’istante in cui si rese conto di cosa aveva fatto, lasciò la mano di Yamamoto e si allontanò inorridito e confuso. “Che diavolo mi è preso?”. Uscì a grandi passi dalla stanza.
Pochi minuti dopo la mano di Yamamoto si mosse.
 
 
-Il giorno dopo-
<< Gokudera-kun! >>. La voce del Decimo lo riscosse dallo stato catatonico in cui era finito. Il Guardiano alzò la testa dal banco e fissò il suo Boss. Il volto era raggiante, illuminato da un sorriso a trentadue denti.
<< Che succede? >>.
<< Yamamoto si è svegliato! >>.
Gokudera scattò in piedi, facendo cadere la sedia; sul volto un’espressione incredula.
  
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