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Autore: Whity    28/11/2012    1 recensioni
“Dovrai insegnarmi a fare un caffè così buono, prima o poi. Chi lo sa? Chi ben comincia…
Ti aspetto stasera. XXX B.”
- Cos’è? – chiese Rachel, spiando il sorriso timido di Kurt da sotto le sopracciglia scure.
- Un inizio – mormorò l’altro in risposta – un nuovo traballante inizio -
ACHTUNG! La one-shot si colloca a metà della puntata "Glease". Non sono quindi considerati gli eventi successivi.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Niente protagonista, questa volta? -.
Blaine si voltò di scatto.
Quella voce…
Davanti a sé, il moro trovò un Kurt Hummel leggermente dimagrito ma tutto sommato in forma.
Sei sempre bellissimo…
- Che.. che ci fai, qui? – la voce gli uscì decisamente più rauca di quanto non volesse.
L’altro si strinse nelle spalle, in evidente difficoltà.
- Rachel voleva venire – borbottò.
Bugiardo. Piccolo bugiardo tenero e bellissimo.
Blaine avanzò di un passo.
- Dopo… dopo possiamo.. -.
- Parlare? – lo interruppe Kurt – Credo sia il caso... ti aspetto dopo lo spettacolo? – chiese – o devi festeggiare con E… - quel nome non riusciva ad uscirgli di bocca senza sembrare una bestemmia – con Elija -.
L’altro gli si avvicinò ancora di un passo. Lentamente, come per paura Kurt potesse ritrarsi.
- No – soffiò – Cioè, io e lui non… - .
Ad interromperli fu l’arrivo di Mercedes.
-  Dieci minuti e si comincia, Blaine!!! -.
Kurt annuì pensieroso, prima di stringere la spalla a Blaine e mormorare:
- Ci vediamo dopo, allora. Break a leg -.
 
C’era qualcosa di magnetico in Blaine sul palco. Kurt lo aveva sempre pensato, anche prima di innamorarsene perdutamente due anni prima.
E quei pantaloni bianchi gli fanno un culo stupendo…
Si morse un labbro subito dopo averlo pensato. Non stavano più insieme. Blaine aveva sbagliato. Fine. Stop. Game over. Ora toccava a Elija goderselo.
Sorrise al pensiero di Rachel che qualche sera prima – complice anche una birra con Brody – aveva progettato un assalto al ragazzo. Magari ad opera di un Burt facinoroso dotato di fucile.
Lo spettacolo fu un colpo al cuore.
Una coltellata in pieno petto.
Gli fece ricordare quanto fosse bello stare su quel palco insieme, sorridere al pensiero degli occhi di Blaine su di sé, percepire quel leggero brivido lungo la schiena sapendo che dopo si sarebbero rifugiati a Westerville a fare l’amore e mangiare dolcetti a letto.
- Kurt… - lo richiamò Rachel – tutto bene? -.
Il ragazzo annuì, prima di constatare lo spettacolo avesse volto al termine.
- Io vado un secondo in bagno… - mormorò la ragazza.
L’altro sorrise.
- Salutami Brody. Noi ci vediamo poi in aeroporto domattina? – chiese.
Al cenno affermativo della ragazza, si alzò e si diresse verso le quinte.
Fu un attimo, prima che quel flashback lo investisse.
 
“Give-me your hand. Hold-it to your heart…”.
“Like the song?”
Un sorriso.
“Like the song… Kurt, Sebastian didn’t mean anything to me. And you were right. Our fist time shouldn’t be like that. I was drunk and… I’m sorry”.

 
Non sarebbe mairiuscito a non perdonare qualcosa a quei dannatissimi occhi magnetici.
O almeno così pensava.
 
“But I’m sorry too. I wanted to be your gaybar superstar but try as I might I’m just a silly romantic… “
“You’re not silly” e le labbra di Blaine sulle sue, le sue braccia attorno alla vita.
E quegli occhi. Quello sguardo.
 
Anche ad un anno di distanza, quelle quinti gli ricordavano sempre le braccia di Blaine, le sue labbra, la loro prima volta insieme. E le risate, i gemiti, l’imbarazzo celato in un bacio affrettato, la paura di non essere abbastanza e la certezza che lui fosse il suo tutto.
- Sei venuto – ad interrompere quel flusso di pensieri fu proprio l’arrivo di Blaine.
Il che è stato un bene, altrimenti ti saresti ritrovato con un “piccolo” problema. E non è proprio il caso…
Kurt si voltò, trovandosi davanti il moro con una tuta addosso ed i capelli ancora umidi.
- Te l’avevo detto… -.
Stupido.
Idiota
Cretino.
Ma che uscite erano quelle?!
Sospirò prima di passarsi nervosamente le mani tra i capelli.
- Scusa… sono solo un po’ frastornato per il volo… -.
L’altro annuì senza aggiungere nulla.
- Possiamo sederci? – indicò due sgabelli che probabilmente prima erano stati utilizzati per il trucco.
Si sedettero in religioso silenzio.
La tensione era palpabile.
Diglielo Kurt. Digli che merda ha combinato. Raccontagli delle serate chiuso in bagno a piangere sotto la doccia. Delle cene buttate di…
- Kurt – Blaine interruppe quel flusso vorticoso di pensieri prendendogli la mano – io… mi dispiace. – sospirò – Strano come le uniche parole che abbiano un senso suonino così vuote… - mormorò.
L’altro deglutì a vuoto, prima di parlare. Senza mollare quella mano.
- Tu… tu non hai idea del – un respiro più affannato, quel groppo alla gola, la sensazione delle lacrime che premevano per uscire – del male che mi hai fatto… tu se… tu eri tutto – si corresse all’ultimo – e ora io non so più… non so cosa… -.
Non riuscì a continuare, si portò l’altra mano alla bocca.
Blaine non lasciò quella che stringeva nemmeno per un istante.
- Io lo so che non ti fidi di me, che probabilmente  non vorresti vedermi mai più ma davvero… - si interruppe davanti al pianto silenzioso di Kurt.
L’aveva visto in quello stato solo una volta, dopo la mancata ammissione alla Nyada. E in quel caso era stato lui a consolarlo, a non lasciarlo andare, ad offrirgli una spalla su cui piangere.
E ora?
Non ci impiegò molto a prendere una decisione.
Si alzò dallo sgabello e si portò il viso di Kurt praticamente all’altezza del cuore, stringendolo in un abbraccio goffo ma saldo. L’altro provò a opporre resistenza per un istante, prima di lasciarsi andare.
Erano sempre state il suo rifugio preferito, quelle braccia. Dopo ogni giornata storta, ogni litigio con Rachel o con Mercedes, dopo ogni piccola delusione… ogni volta che qualcosa non andava quelle braccia lo avevano sempre protetto, consolato, stretto sino a restituirgli quel calore che credeva perduto.
- Sh – mormorò Blaine – sono qua. So che non è una gran consolazione ma… -.
Kurt si lasciò scappare una risatina. Amara, triste, ma era pur sempre l’ombra labile di un sorriso.
- Sei un cretino – mormorò, tirando su col naso – un cretino e ti… -.
Ti amo, cazzo. Ti amo anche se mi hai praticamente ucciso.
Prese fiato, prima di alzare il viso e ripercorrere con lo sguardo i tratti del volto dell’altro. Era teso, blaine. Teso e stanco.
- Portami via di qua – mormorò il biondo – andiamo da te… -.
Si rese conto di aver dato voce a quei pensieri già a cose fatte, con la mano di Blaine ancora stretta alla sua, mentre percorrevano la statale in direzione Westerville.
 
Casa di Blaine era prevedibilmente vuota: i suoi genitori lavoravano fuori città e tornavano a casa solo nel fine settimana.
Anche quello non era cambiato.
Entrarono in silenzio, prima che Kurt decidesse di parlare.
- Posso avere una tazza di the? -.
Era una scusa patetica per prendere tempo, ma funzionò.
Cinque minuti dopo, Blaine lo spiava preoccupata mentre sorseggiava silenziosamente quel Roobois alla vaniglia che avevano comprato insieme.
- Cosa… - iniziò il moro, non sapendo bene come introdurre l’argomento – Come la mettiamo adesso tra noi due, Kurt? Io capisco che … -.
- Io non ce la faccio a fidarmi completamente di te, Blaine – mormorò l’altro, posando la tazza nel lavello – ma vorrei tanto  - concluse con un bisbiglio prima di riempire la ceramica sino all’orlo e sciacquarla sommariamente.
- Dammi una possibilità. Solo una. -.
Una preghiera.
Un appello disperato.
Una richiesta d’aiuto.
Non mi ricordo più chi sono, non mi ricordo più *cosa* sono. Aiutami Kurt, fammi tornare vivo. Vivo sul serio…
L’altro si voltò per fronteggiarlo nuovamente, mordendosi un labbro.
Dio, quanto vorrei che tutto tornasse come prima. Ma tornerà, poi, tutto come prima?
Sospirò senza dire nulla, Kurt, abbassando lo sguardo come a volersi nascondere da un giudice che non c’era.
In un istante si trovò a ripensare a Logan, il collega carino e chiaramente gay che gli aveva chiesto di uscire. Erano andati a cena nell’East Side, per poi tornare a casa e congedarsi che nemmeno si erano fatte le dieci. Logan non era Blaine, non gli aveva nemmeno chiesto dove preferisse mangiare. Non aveva colpe, però, se non quella di essersi trovato davanti ad un ragazzo ancora troppo innamorato per cedere. Ma era poi quella una colpa?
- Tu hai scelto – gli aveva detto Rachel una volta venuta a conoscenza dell’episodio – Posso non essere d’accordo ma tu hai già scelto – aveva concluso prima di dargli un bacio sulla guancia e correre alla Nyada cantando quella dannatissima canzone di Demi Lovato.
But now that I get you
I know fear is what it really was
Paura… suo padre gli aveva sempre insegnato ad essere un lottatore, a buttare giù muri a spallate, a non arrendersi di fronte alle difficoltà. Non lo aveva fatto ai tempi del bullismo di David, non si sarebbe arreso per un Elija qualunque…
- Posso… - mormorò, non sapendo bene come impostare la questione senza sentirsi un ragazzino cretino – Cioè… vorrei… - sospirò passandosi le mani tra i capelli – Che casino – mugolò prima di decidersi a sputare il rospo – Non ti dico che sarà facile, ma vorrei davvero riconquistarti Blaine – bloccò le parole che sapeva Blaine avrebbe proferito con un gesto della mano – Io… mi sono sentito in difetto quando ho saputo i dettagli del vostro incontro. Perché non ero stato presente per te, perché non ti avevo ricordato quanto ti ami, perché… -.
Questa volta Blaine riuscì a fermare quel fiume di parole.
Posò le labbra su quelle di Kurt, per poi attirarlo a sé mettendogli una mano attorno alla vita.
- Magari potremmo provare a riconquistarci a vicenda – mormorò direttamente sulle labbra dell’altro – Non cancellare cosa è successo, ma vedere di andare avanti. Insieme. -.
- Insieme – annuì quindi il biondo prima di sospirare e stringersi addosso all’altro.
- Mi è mancato tanto tutto questo – mormorò, sospirando di sollievo quando sentì una mano di Blaine accarezzargli la schiena.
- Anche a me -.
 
 
Il giorno dopo, silenziosamente, Kurt uscì da Villa Anderson lasciando un Blaine addormentato a letto ed una tazza vuota sul comodino, accompagnata da un biglietto.
“La caffettiera è pronta sul tavolo. Ti chiamo stasera, ti va? K.”
Arrivò in aeroporto poco prima che chiudessero il gate,sbrigò le solite procedure di corsa e prese posto accanto a Rachel.
- Ma dov’eri finito? – chiese la ragazza, scrutandolo sospettosa.
L’altro sospirò, prima di posare giacca e tracolla nella cappelliera e sedersi.
- A casa, Rach. A casa. È lì che sta il cuore, no? -.
La ragazza finse di crederci, prima di borbottare qualcosa ed immergersi nella lettura di Marie Claire.
Quando arrivarono a casa, ad attenderli sull’uscio trovarono un fascio di tulipani. Rossi.
“Dovrai insegnarmi a fare un caffè così buono, prima o poi. Chi lo sa? Chi ben comincia…
Ti aspetto stasera. XXX B.”
- Cos’è? – chiese Rachel, spiando il sorriso timido di Kurt da sotto le sopracciglia scure.
- Un inizio – mormorò l’altro in risposta – un nuovo traballante inizio -.
 
 
NOTE dell’AUTRICE: erano SECOLI non riprendessi a scrivere. Personalmente, ho trovato la puntata di Glease un po’ patetica… insomma, un po’ esagerata. Ho cercato di riportare quindi un Kurt meno santo e più umano, un Blaine meno emodrammatico e una coppia che nonostante tutto questo “traballare” ha deciso di andare avanti. Spero vi sia piaciuta!
   
 
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