Di
Re, Regine e Cavalieri
A
Kurt Hummel piaceva andare a scuola. Non era uno di quei bambini che la
mattina facevano i capricci. Aveva sette anni ma era perfettamente in
grado di vestirsi da solo, calzini e scarpe comprese, e ne andava
piuttosto orgoglioso. Perché Kurt Hummel era anche un
bambino che sapeva ascoltare e sentiva le altre mamme parlare tra loro
e commentare la terribile mattinata nella quale avevano dovuto
trascinare di peso i loro figli fuori dal letto e vestiti a
forza. Ecco perché Kurt Hummel
all’entrata della scuola non raggiungeva mai gli altri
bambini per giocare insieme prima di entrare a scuola. Kurt se ne stava
accanto al papà, tenendogli stretta la mano, e guardava le
mamme degli altri bambini parlare, pensando a quanto sarebbe stata
orgogliosa, la sua, di dire che Kurt sapeva vestirsi da solo e
non faceva mai i capricci per andare a scuola. Ma il papà
non parlava con le altre mamme e sua mamma se n'era andata in cielo
insieme agli angeli.
Kurt
Hummel non aveva amici. Le maestre lo definivano
asociale, cosa che reputavano perfettamente
comprensibile data la recente perdita della mamma. Insistevano che
venisse coinvolto in attività pomeridiane, come sport, o di
inserirlo tra i boy scout. Suo padre non faceva che ripetere che era
solo molto timido e che Kurt non volva fare sport o stare tra i boy
scout.
Glielo
aveva chiesto, Burt Hummel, a suo figlio. Non voleva essere quel tipo
di genitore che costringe il proprio figlio a fare mille
attività pomeridiane contro voglia. Se Kurt avesse voluto,
lui non si sarebbe mai tirato indietro, nonostante non avesse
molto tempo. Per Kurt il tempo lo avrebbe trovato.
Ma
Kurt non era un bambino come gli altri. Kurt era silenzioso e
tranquillo. Kurt non correva in giro per la casa con pistole giocattolo
o spade laser. A Kurt piaceva giocare con le pentoline o a fare il
tè. A Kurt piaceva disegnare. A Kurt piaceva il suono degli
strumenti musicali anche se non sapeva ancora suonare. A Kurt, quando
suo padre non lo vedeva, piaceva stare ore seduto dentro
l’armadio della mamma, tra i suoi vestiti e i suoi accessori.
Ma
nessuno capiva veramente Kurt, eccetto Burt. Quando lo andava a
prendere all’uscita da scuola, lui spiccava come una singola
margherita in un immenso prato verde. Tutti i bambini si affacciavano
con i vestiti in disordine, sporchi di fango o colori a tempera, dopo i
giochi fatti in mattinata. E correvano, schiamazzavano, urlavano. Kurt
se ne usciva tutto composto e perfetto sorridendo al papà
prima di raggiungerlo, stringergli la mano e seguirlo fino alla
macchina.
Era
per questo che Burt Hummel aveva deciso di far cambiare scuola a Kurt.
Tra
tutti quei bambini in divisa Kurt sembrava nel suo ambiente naturale.
Aveva saltellato euforico quando aveva portato a casa la divisa fatta
di pantaloni grigi, camicia bianca, blazer e cravatta blu e rossa, e le
scarpe nere. Era stato felicissimo di salire in auto e aveva parlato a
macchinetta per tutto il tragitto fino alla nuova scuola.
Ma
ora che si ritrovava di fronte a quella marea blu e rossa si era
incollato alle gambe di Burt, leggermente intimorito.
“Avanti,
Kurt,” lo spronò Burt. “Ti ricordi il
numero della tua classe?”
Kurt
annuì piano pigolando un 11 e si lasciò guidare
fino alla linea disegnata sul piazzale di cemento alla cui
estremità campeggiava un grosso e bianco 11, dove
già sostavano diversi bambini intenti a parlottare ad alta
voce. Burt si chinò per essere alla stessa altezza del
figlio e poterlo guardare in quegli incredibili occhi azzurri.
“Ora
devo andare, Kurt!” disse a bassa voce.
“Fai il bravo e questo pomeriggio andremo insieme al centro
commerciale!”
Gli
occhi del bambino si illuminarono: “Possiamo andare nel
negozio di giocattoli? Quello con le marionette e con il
castello grande, grande?”
Burt
posò una mano sulla testa del figlio in una leggera carezza
e si alzò guardandolo solenne: “Promesso! E ora
fila a conoscere i tuoi nuovi amichetti!”
Kurt
lanciò uno sguardo ai bambini che stavano sulla sua stessa
linea e poi sorrise al papà. Lui era un bambino bravo e i
bambini bravi fanno quello che gli dicono i papà. Quindi
annuì con la stessa solennità del suo
papà e si alzò sulle punte dei piedi per poter
raggiungere il viso di Burt, che si chinò di nuovo per
ricevere un bacio sulla guancia prima di andare via.
Kurt
non si avvicinò ai bambini. Rimase dov’era,
distanziato dagli altri, guardandosi intorno, incerto. A lui piaceva
andare a scuola. Ma non gli piaceva chi andava a scuola con lui. A
tutti i bambini piaceva giocare ai mostri e alle lotte. A lui non
piacevano quei giochi.
“Hey,
ma sei nuovo tu?”
Quasi
non si accorse di lui. Gli era arrivato vicino in un balzo, facendo
danzare e scompigliando i suoi ricci neri, con un gran sorriso
in volto e le mani dietro alla schiena.
“Non
ti ho mai visto qui. Sei nuovo?” ripeté un altro
bambino avvicinandosi curioso al primo.
“Gliel'ho
chiesto prima io!” fece il ricciolino.
“Non
mi importa!” replicò il secondo con tono
di sfida.
Anche
gli altri bambini della classe numero 11 si avvicinarono ai tre,
curiosi per la novità.
Il
ricciolino fece la linguaccia e poi si rivolse di nuovo a Kurt:
“Io sono Blaine. Tu come ti chiami?”
“Kurt!”
pigolò lui sentendosi troppo al centro
dell’attenzione.
“IO
SONO NICK E LUI E’ IL MIO AMICO JEEEEFF”
urlò tutto euforico un bambino dai capelli scuri,
strattonando per il braccio un biondino.
“Da
dove vieni?” chiese quest’ultimo con un sorriso
dolce verso il nuovo.
“Lima…” rispose,
sempre piano.
“Ma
che hai, paura?” fece un bambino un po’
più altro degli altri con un ciuffo di capelli castani con
un ghigno furbo in viso.
“Sta
zitto, Bas!” sbottò il secondo ragazzo che gli si
era avvicinato.
“Io
faccio quello che voglio!” replicò Bas
guardandolo male.
“Sei
un Idiota!”
Nick
prese a ridere e saltellare puntandogli contro il dito:
“Thaddy ha detto la parola con la
‘I’… Thaddy ha detto la parola con la
‘I’…”
Jeff
si mise, invece, entrambe le mani sulle orecchie: “Non devi
dire quella parolaaaaaa…”
“Idiota,
idiota, idiota…” prese a cantilenare Thad,
divertito, prendendo a seguire Jeff che corse via urlando,
mentre Nick, che continuava a ridere, li seguiva a
sua volta.
Blaine
rivolse un altro largo sorriso a Kurt e gli porse una mano.
“Ti siedi vicino a me, in classe?”
Kurt
guardò quella mano tesa, titubante, per poi posarsi sugli
occhi dorati di quel bambino riccioluto, e sentì un fastidio
alla pancia. Era come quando aveva paura di qualcosa, ma in quel
momento non aveva paura. Quindi sorrise a Blaine e gli prese la mano
proprio mentre la maestra usciva invitandoli ad entrare in
classe.
Kurt
non si staccò per tutta la mattinata da Blaine. Il bambino,
dal canto suo, sembrava aver preso Kurt per il suo nuovo
orsacchiotto, dato che continuava ad abbracciarlo e portarlo da tutti i
suoi amici dichiarando tutto allegro: “Questo è il
mio amico Kurt. E’ nuovo!”
Ma
anche gli altri bambini erano tutti molto contenti di avere un nuovo
amichetto con cui giocare. Kurt li trovava tutti molto buffi e
stranamente diversi dai bambini dell’altro asilo.
Erano
seduti tutti a terra nella stanza dei giochi, durante
l’intervallo, dividendosi la merenda improvvisando un picnic.
“Facciamo
un gioco!” decretò Hunter, di punto in bianco,
pronunciando quella frase come un ordine verso gli altri compagni di
classe.
Kurt
lo guardò stranito. Non sembrava molto gentile come lo era
stato Blaine, quindi d’istinto indietreggiò verso
il suo nuovo amico riccioluto che guardò Hunter con un finto
broncio: “Non facciamo mica tutto quello che vuoi
te!”
“GIOCHIAMO
AGLI ZOMBIE!” urlò Nick con il suo solito tono
giocoso alzando le mani al cielo.
Jeff
fece labbrino: “Non mi piace quel gioco! Poi Thad e Sebastian
mi fanno male!”
Flint,
seduto vicino al biondino, annuì concorde lanciando uno
sguardo arrabbiato verso Sebastian, che invece gli fece la linguaccia.
“Possiamo
giocare al castello e i cavalieri!” fece Ethan timidamente,
con lo sguardo basso.
“SIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII….”
Urlarono gli altri tutti insieme, facendo sorridere il timido
Ethan.
“Allora
io sono il re!” decretò Sebastian incrociando le
braccia e guardandoli tutti torvo come a cercare qualcuno che avesse
qualcosa in contrario.
“Fai
sempre tu il re!” fece James, un bambino alto e
biondo, rivolgendo a Sebastian uno sguardo altezzoso,
decisamente insolito per un bambino della sua età.
“Lo voglio fare io il re!”
“No,
sono io il re!” disse Sebastian assottigliando gli
occhi verso James. “Ma puoi sempre fare la regina.”
James
Kirk spalancò gli occhi e gonfiò le guance in
un’espressione oltraggiata: “NO, LA REGINA
E’ UNA FEMMINA!”
“Ma
nel mio regno deve esserci una regina! Sennò che regno
è?” asserì, ovvio, il
morettino, ignorando lo sguardo arrabbiato di James.
“NON
E’ IL TUO REGNO!” sbottò James sempre
più furente .
“Basta,
basta!” fece Wes, un ragazzo orientale, battendo per terra un
martelletto giocattolo. “Visto che sono il più
grande decido io! Il re è David!” disse, indicando
il bambino di colore seduto accanto a lui.
Sebastian
lo guardò arrabbiato: “Non è giusto.
Hai scelto David solo perché è il tuo
preferito!”
“Io
non voglio fare il re!” intervenne David. “Poi
tutti ve la prendete con me!”
Sebastian
sorrise trionfante e fece per parlare quando Wes lo precedette:
“Allora lo fa Hunter!”
Hunter,
che aveva preso a coccolare un gattino di peluche insieme a Jeff, si
voltò verso il gruppetto con lo stesso cipiglio di comando
di prima: “Io sono il Cavaliere Nero!”
“Perché
nero? Io preferisco rosa!” fece Blaine tutto sorridente.
“Io
sono il Cavaliere cattivo del regno, quindi sono il Cavaliere
Nero!” spiegò Hunter prendendo il pupazzo del
micio bianco in braccio.
Wes
sbuffò, cominciando a battere il martelletto a terra come un
forsennato: “Ora basta. Il re lo fa Blaine!”
Sebastian
lo guardò imbronciato incrociando le braccia al petto:
“Io sono il re!”
Blaine
alzò la manina per chiedere il permesso a Wes di parlare.
Gli faceva paura quando iniziava a martellare a terra. Wes
annuì in attesa, e Blaine tutto sorridende
affermò convinto: “Io voglio fare il mago
buono!”
“Allora
il re lo faccio io!” sentenziò Thad alzandosi in
piedi.
Questa
volta nessuno disse nulla e Wes approvò battendo di nuovo a
terra il martelletto.
“E
Wes e David sono i miei consiglieri di corte!” aggiunse
allora Thad.
Jeff
e Nick presero a battere le mani tutti contenti.
“Io
e Jeffy siamo i mattacchioni di corte!” fece Nick.
Tutti
li guardarono confusi per poi scoppiare a ridere.
“Non
si chiamano Giullari?” disse James, puntiglioso.
“Mi
piace di più Mattacchioni di corte!” fece
convintissimo Nick.
“Sebastian
può fare la strega
cattiva!” incalzò James che non aveva
ancora digerito la storia della regina.
Sebastian
non si scompose minimamente, sorridendo al bambinone: “Solo
se tu fai il mio assitente deforme!”
Blaine
storse il naso: “Le streghe cattive non hanno assistenti
deformi. Hanno i gatti neri e i cappelli a punta!”
“E
la scopa volante!” aggiunse Flint.
“Allora
Cameron è il gatto della strega!” fece Blaine.
“Siiiiiiii…”
si entusiasmò Cameron.
Hunter
lo fissò con un luccichio negli occhi: “Vieni qui
micino?”
Cameron
rise e si rotolò per terra: “Miaaaaaao…
Frrrr... Frrr…”
Tutti
risero divertiti mentre Hunter si avvicinava a Cameron
e cominciò a fargi i grattini in testa come se
fosse un vero gatto, senza mollare quello di peluche.
“E
la regina la fa Kurt che è nuovo!” disse Sebastian
puntando il dito contro Kurt.
Kurt
sussultò sentendosi chiamato in causa. Se n’era
stato lì buono buono per tutto il tempo accanto a Blaine,
assistendo a quella buffa discussione su re e regine. Non aveva nemmeno
pensato di essere invitato a quel gioco. Non si
sentì per niente offeso, al contrario
di James, da quella richiesta di fare la regina. Quindi
sorrise a Sebastian e gli disse:
“Per
me è lo stesso!”
“Allora
fai tu il re e la regina la faccio io!” annunciò
allora Thad, sorridendo a quel bambino dagli occhi azzurri.
Blaine
battè le mani tutto contento e abbracciò di nuovo
Kurt: “Che bello! Kurt è il re! Kurt è
il re!”
“Ok,
ok, ora possiamo cominciare a giocare?” fece Hunter,
autoritario, alzandosi in piedi e tenendo il gattino di
peluche penzoloni per una zampina.
Blaine
gli puntò un dito contro: “Non sei tu a decidere,
ora il re e Kurt!”
Hunter
non lo degno di uno sguardo, abbracciando il suo peluche e guardando Kurt:
“Allora???”
Blaine
emise un gridolino di gioia, saltando in piedi e spaventando tutti per
poi correre verso una cassapanca e ribaltandola per poter trovare
qualcosa. Quindi ritornò dagli altri con una mano dietro
alla schiena e l’altra la porse verso Kurt, che la prese e si
lasciò trascinare in piedi. Quindi Blaine con un sorrisone
tirò fuori da dietro alla schiena una corona di cartone e
carta stagnola, un po’ malandata, ma che fece brillare gli
occhi di Kurt mentre Blaine gliela posava in testa. Poi
si inchinò di fronte al re, imitato da tutti gli
altri.
Kurt
trattenne a stento lacrime di gioia. Non si era mai sentito tanto
felice come quel giorno. E sentiva di aver trovato dei veri amici.
Quel
giorno, quando andò a prenderlo, Burt si
stupì di vederlo uscire mano nella mano con un
bambinetto basso e pieno di ricci. Fu ancora più sorpreso
quando Kurt gli corse incontro abbracciandolo forte
e sorridendo tutto felice. Ma non disse niente, limitandosi a
chiedergli come fosse stato il primo giorno di scuola.
Subito
Kurt partì con un dettagliato racconto del gioco che aveva
fatto con i suoi nuovi amici mostrandogli poi un disegno che aveva
fatto lui dove c’erano tutti i suoi amici nelle loro parti. E
spiegandogli chi erano… come lui il re, e Thad la ragina,
Blaine il mago, Nick e Jeff i ‘mattacchioni’ di
corte e tutti gli altri.
Quasi
si era dimenticato della promessa fatta quella mattina dal suo
papà, quindi fu ancora più felice quando vide la
macchina fermarsi davanti al negozio di giocattoli che gli piaceva
tanto.
Entrò
tenendo per mano il papà, tutto trepidante, e
mandò gridolini di gioia alla vista dell’enorme
castello di legno per le marionette.
“Allora,
lo vuoi?” chiese Burt, contendo di poter fare quel regalo al
figlio.
Kurt stava
per rispondere di sì. Che lo desiderava da tempo. Percorse
con lo sguardo le torrette e le mura merlate, e il ponte levatoio che
si alzava e abbassava veramente, e poi le marionette con tutti i
vestiti dai colori vivaci. Ma poi gli
ritornò alla mente il gioco di quella mattina e quella
corona di cartone e carta stagnola così bella, e allora
sorrise al papà e fece
di no con la testa.
“Posso
invitare i miei amici a casa a giocare, un pomeriggio?”
chiese invece.
Burt
sorrise a suo figlio dandogli un buffetto sulla guancia:
“Tutti i pomeriggi che vuoi?”
N.d.A.
Allora... prima di tutto questa è la mia prima One Shot oltre che prima One Shot sui Warblers. In questo caso Baby Warblers. Quindi sentitevi liberi di tirarmi dietro i pomodori... XD
Questa ff è ispirata ai miei tre Mostri Irlandesi a cui faccio da Baby Sitter, qui nella terra verde, e i loro amichetti (tra cui il sosia di Jeff), che mi fanno morire dalle risate. Ma anche un pò a 'Blaine Anderson presents: the Pips!' di Chemical Lady. Perchè quando penso ai Warblers penso ai suoi Pips!!!! <3 <3 <3
Quindi che dire...
God Save The Pips e Buona Lettura
Disclaimer
I personaggi
citati in questo racconto non sono miei,
ma appartengono agli aventi diritto. Servendo di
loro non ottengo nessuna forma di lucro
N.d.A.
Allora... prima di tutto questa è la mia prima One Shot oltre che prima One Shot sui Warblers. In questo caso Baby Warblers. Quindi sentitevi liberi di tirarmi dietro i pomodori... XD
Questa ff è ispirata ai miei tre Mostri Irlandesi a cui faccio da Baby Sitter, qui nella terra verde, e i loro amichetti (tra cui il sosia di Jeff), che mi fanno morire dalle risate. Ma anche un pò a 'Blaine Anderson presents: the Pips!' di Chemical Lady. Perchè quando penso ai Warblers penso ai suoi Pips!!!! <3 <3 <3
Quindi che dire...
God Save The Pips e Buona Lettura