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Autore: Echelon90    28/11/2012    4 recensioni
One Shot su Kurt e i Baby Warblers.
Kurt dopo la morte della mamma viene giudicato asociale perchè timido, silenzioso e non gioca con gli altri bambini.
Burt Hummel decide allora di fargli cambiare scuola.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kurt Hummel, Warblers/Usignoli
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Di Re, Regine e Cavalieri

 
A Kurt Hummel piaceva andare a scuola. Non era uno di quei bambini che la mattina facevano i capricci. Aveva sette anni ma era perfettamente in grado di vestirsi da solo, calzini e scarpe comprese, e ne andava piuttosto orgoglioso. Perché Kurt Hummel era anche un bambino che sapeva ascoltare e sentiva le altre mamme parlare tra loro e commentare la terribile mattinata nella quale avevano dovuto trascinare di peso i loro figli fuori dal letto e vestiti a forza. Ecco perché Kurt Hummel all’entrata della scuola non raggiungeva mai gli altri bambini per giocare insieme prima di entrare a scuola. Kurt se ne stava accanto al papà, tenendogli stretta la mano, e guardava le mamme degli altri bambini parlare, pensando a quanto sarebbe stata orgogliosa, la sua, di dire che Kurt sapeva vestirsi da solo e non faceva mai i capricci per andare a scuola. Ma il papà non parlava con le altre mamme e sua mamma se n'era andata in cielo insieme agli angeli.
Kurt Hummel non aveva amici. Le maestre lo definivano asociale, cosa che reputavano perfettamente comprensibile data la recente perdita della mamma. Insistevano che venisse coinvolto in attività pomeridiane, come sport, o di inserirlo tra i boy scout. Suo padre non faceva che ripetere che era solo molto timido e che Kurt non volva fare sport o stare tra i boy scout.
Glielo aveva chiesto, Burt Hummel, a suo figlio. Non voleva essere quel tipo di genitore che costringe il proprio figlio a fare mille attività pomeridiane contro voglia. Se Kurt avesse voluto, lui non si sarebbe mai tirato indietro, nonostante non avesse molto tempo. Per Kurt il tempo lo avrebbe trovato.
Ma Kurt non era un bambino come gli altri. Kurt era silenzioso e tranquillo. Kurt non correva in giro per la casa con pistole giocattolo o spade laser. A Kurt piaceva giocare con le pentoline o a fare il tè. A Kurt piaceva disegnare. A Kurt piaceva il suono degli strumenti musicali anche se non sapeva ancora suonare. A Kurt, quando suo padre non lo vedeva, piaceva stare ore seduto dentro l’armadio della mamma, tra i suoi vestiti e i suoi accessori.
Ma nessuno capiva veramente Kurt, eccetto Burt. Quando lo andava a prendere all’uscita da scuola, lui spiccava come una singola margherita in un immenso prato verde. Tutti i bambini si affacciavano con i vestiti in disordine, sporchi di fango o colori a tempera, dopo i giochi fatti in mattinata. E correvano, schiamazzavano, urlavano. Kurt se ne usciva tutto composto e perfetto sorridendo al papà prima di raggiungerlo, stringergli la mano e seguirlo fino alla macchina.
Era per questo che Burt Hummel aveva deciso di far cambiare scuola a Kurt.
 
Tra tutti quei bambini in divisa Kurt sembrava nel suo ambiente naturale. Aveva saltellato euforico quando aveva portato a casa la divisa fatta di pantaloni grigi, camicia bianca, blazer e cravatta blu e rossa, e le scarpe nere. Era stato felicissimo di salire in auto e aveva parlato a macchinetta per tutto il tragitto fino alla nuova scuola.
Ma ora che si ritrovava di fronte a quella marea blu e rossa si era incollato alle gambe di Burt, leggermente intimorito.
“Avanti, Kurt,” lo spronò Burt. “Ti ricordi il numero della tua classe?”
Kurt annuì piano pigolando un 11 e si lasciò guidare fino alla linea disegnata sul piazzale di cemento alla cui estremità campeggiava un grosso e bianco 11, dove già sostavano diversi bambini intenti a parlottare ad alta voce. Burt si chinò per essere alla stessa altezza del figlio e poterlo guardare in quegli incredibili occhi azzurri.
“Ora devo andare, Kurt!” disse a bassa voce. “Fai il bravo e questo pomeriggio andremo insieme al centro commerciale!”
Gli occhi del bambino si illuminarono: “Possiamo andare nel negozio di giocattoli? Quello con le marionette e con il castello grande, grande?”
Burt posò una mano sulla testa del figlio in una leggera carezza e si alzò guardandolo solenne: “Promesso! E ora fila a conoscere i tuoi nuovi amichetti!”
Kurt lanciò uno sguardo ai bambini che stavano sulla sua stessa linea e poi sorrise al papà. Lui era un bambino bravo e i bambini bravi fanno quello che gli dicono i papà. Quindi annuì con la stessa solennità del suo papà e si alzò sulle punte dei piedi per poter raggiungere il viso di Burt, che si chinò di nuovo per ricevere un bacio sulla guancia prima di andare via.
Kurt non si avvicinò ai bambini. Rimase dov’era, distanziato dagli altri, guardandosi intorno, incerto. A lui piaceva andare a scuola. Ma non gli piaceva chi andava a scuola con lui. A tutti i bambini piaceva giocare ai mostri e alle lotte. A lui non piacevano quei giochi.
“Hey, ma sei nuovo tu?”
Quasi non si accorse di lui. Gli era arrivato vicino in un balzo, facendo danzare e scompigliando i suoi ricci neri, con un gran sorriso in volto e le mani dietro alla schiena.
“Non ti ho mai visto qui. Sei nuovo?” ripeté un altro bambino avvicinandosi curioso al primo.
“Gliel'ho chiesto prima io!” fece il ricciolino.
“Non mi importa!” replicò il secondo con tono di sfida.
Anche gli altri bambini della classe numero 11 si avvicinarono ai tre, curiosi per la novità.
Il ricciolino fece la linguaccia e poi si rivolse di nuovo a Kurt: “Io sono Blaine. Tu come ti chiami?”
“Kurt!” pigolò lui sentendosi troppo al centro dell’attenzione.
“IO SONO NICK E LUI E’ IL MIO AMICO JEEEEFF” urlò tutto euforico un bambino dai capelli scuri, strattonando per il braccio un biondino.
“Da dove vieni?” chiese quest’ultimo con un sorriso dolce verso il nuovo.
“Lima…” rispose, sempre piano.
“Ma che hai, paura?” fece un bambino un po’ più altro degli altri con un ciuffo di capelli castani con un ghigno furbo in viso.
“Sta zitto, Bas!” sbottò il secondo ragazzo che gli si era avvicinato.
“Io faccio quello che voglio!” replicò Bas guardandolo male.
“Sei un Idiota!”
Nick prese a ridere e saltellare puntandogli contro il dito: “Thaddy ha detto la parola con la ‘I’… Thaddy ha detto la parola con la ‘I’…”
Jeff si mise, invece, entrambe le mani sulle orecchie: “Non devi dire quella parolaaaaaa…”
“Idiota, idiota, idiota…” prese a cantilenare Thad, divertito, prendendo a seguire Jeff che corse via urlando, mentre Nick, che continuava a ridere, li seguiva a sua volta.
Blaine rivolse un altro largo sorriso a Kurt e gli porse una mano. “Ti siedi vicino a me, in classe?”
Kurt guardò quella mano tesa, titubante, per poi posarsi sugli occhi dorati di quel bambino riccioluto, e sentì un fastidio alla pancia. Era come quando aveva paura di qualcosa, ma in quel momento non aveva paura. Quindi sorrise a Blaine e gli prese la mano proprio mentre la maestra usciva invitandoli ad entrare in classe.
 
Kurt non si staccò per tutta la mattinata da Blaine. Il bambino, dal canto suo, sembrava aver preso Kurt per il suo nuovo orsacchiotto, dato che continuava ad abbracciarlo e portarlo da tutti i suoi amici dichiarando tutto allegro: “Questo è il mio amico Kurt. E’ nuovo!”
Ma anche gli altri bambini erano tutti molto contenti di avere un nuovo amichetto con cui giocare. Kurt li trovava tutti molto buffi e stranamente diversi dai bambini dell’altro asilo.
Erano seduti tutti a terra nella stanza dei giochi, durante l’intervallo, dividendosi la merenda improvvisando un picnic.
“Facciamo un gioco!” decretò Hunter, di punto in bianco, pronunciando quella frase come un ordine verso gli altri compagni di classe.
Kurt lo guardò stranito. Non sembrava molto gentile come lo era stato Blaine, quindi d’istinto indietreggiò verso il suo nuovo amico riccioluto che guardò Hunter con un finto broncio: “Non facciamo mica tutto quello che vuoi te!”
“GIOCHIAMO AGLI ZOMBIE!” urlò Nick con il suo solito tono giocoso alzando le mani al cielo.
Jeff fece labbrino: “Non mi piace quel gioco! Poi Thad e Sebastian mi fanno male!”
Flint, seduto vicino al biondino, annuì concorde lanciando uno sguardo arrabbiato verso Sebastian, che invece gli fece la linguaccia.
“Possiamo giocare al castello e i cavalieri!” fece Ethan timidamente, con lo sguardo basso.
“SIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII….” Urlarono gli altri tutti insieme, facendo sorridere il timido Ethan.
“Allora io sono il re!” decretò Sebastian incrociando le braccia e guardandoli tutti torvo come a cercare qualcuno che avesse qualcosa in contrario.
“Fai sempre tu il re!” fece James, un bambino alto e biondo, rivolgendo a Sebastian uno sguardo altezzoso, decisamente insolito per un bambino della sua età. “Lo voglio fare io il re!”
“No, sono io il re!” disse Sebastian assottigliando gli occhi verso James. “Ma puoi sempre fare la regina.”
James Kirk spalancò gli occhi e gonfiò le guance in un’espressione oltraggiata: “NO, LA REGINA E’ UNA FEMMINA!”
“Ma nel mio regno deve esserci una regina! Sennò che regno è?” asserì, ovvio, il morettino, ignorando lo sguardo arrabbiato di James.
“NON E’ IL TUO REGNO!” sbottò James sempre più furente .
“Basta, basta!” fece Wes, un ragazzo orientale, battendo per terra un martelletto giocattolo. “Visto che sono il più grande decido io! Il re è David!” disse, indicando il bambino di colore seduto accanto a lui.
Sebastian lo guardò arrabbiato: “Non è giusto. Hai scelto David solo perché è il tuo preferito!”
“Io non voglio fare il re!” intervenne David. “Poi tutti ve la prendete con me!”
Sebastian sorrise trionfante e fece per parlare quando Wes lo precedette: “Allora lo fa Hunter!”
Hunter, che aveva preso a coccolare un gattino di peluche insieme a Jeff, si voltò verso il gruppetto con lo stesso cipiglio di comando di prima: “Io sono il Cavaliere Nero!”
“Perché nero? Io preferisco rosa!” fece Blaine tutto sorridente.
“Io sono il Cavaliere cattivo del regno, quindi sono il Cavaliere Nero!” spiegò Hunter prendendo il pupazzo del micio bianco in braccio.
Wes sbuffò, cominciando a battere il martelletto a terra come un forsennato: “Ora basta. Il re lo fa Blaine!”
Sebastian lo guardò imbronciato incrociando le braccia al petto: “Io sono il re!”
Blaine alzò la manina per chiedere il permesso a Wes di parlare. Gli faceva paura quando iniziava a martellare a terra. Wes annuì in attesa, e Blaine tutto sorridende affermò convinto: “Io voglio fare il mago buono!”
“Allora il re lo faccio io!” sentenziò Thad alzandosi in piedi.
Questa volta nessuno disse nulla e Wes approvò battendo di nuovo a terra il martelletto.
“E Wes e David sono i miei consiglieri di corte!” aggiunse allora Thad.
Jeff e Nick presero a battere le mani tutti contenti.
“Io e Jeffy siamo i mattacchioni di corte!” fece Nick.
Tutti li guardarono confusi per poi scoppiare a ridere.
“Non si chiamano Giullari?” disse James, puntiglioso.
“Mi piace di più Mattacchioni di corte!” fece convintissimo Nick.
“Sebastian può fare la strega cattiva!” incalzò James che non aveva ancora digerito la storia della regina.
Sebastian non si scompose minimamente, sorridendo al bambinone: “Solo se tu fai il mio assitente deforme!”
Blaine storse il naso: “Le streghe cattive non hanno assistenti deformi. Hanno i gatti neri e i cappelli a punta!”
“E la scopa volante!” aggiunse Flint.
“Allora Cameron è il gatto della strega!” fece Blaine.
“Siiiiiiii…” si entusiasmò Cameron.
Hunter lo fissò con un luccichio negli occhi: “Vieni qui micino?”
Cameron rise e si rotolò per terra: “Miaaaaaao… Frrrr... Frrr…”
Tutti risero divertiti mentre Hunter si avvicinava a Cameron e cominciò a fargi i grattini in testa come se fosse un vero gatto, senza mollare quello di peluche.
“E la regina la fa Kurt che è nuovo!” disse Sebastian puntando il dito contro Kurt.
Kurt sussultò sentendosi chiamato in causa. Se n’era stato lì buono buono per tutto il tempo accanto a Blaine, assistendo a quella buffa discussione su re e regine. Non aveva nemmeno pensato di essere invitato a quel gioco. Non si sentì per niente offeso, al contrario di James, da quella richiesta di fare la regina. Quindi sorrise a Sebastian e gli disse:
“Per me è lo stesso!”
“Allora fai tu il re e la regina la faccio io!” annunciò allora Thad, sorridendo a quel bambino dagli occhi azzurri.
Blaine battè le mani tutto contento e abbracciò di nuovo Kurt: “Che bello! Kurt è il re! Kurt è il re!”
“Ok, ok, ora possiamo cominciare a giocare?” fece Hunter, autoritario, alzandosi in piedi e tenendo il gattino di peluche penzoloni per una zampina.
Blaine gli puntò un dito contro: “Non sei tu a decidere, ora il re e Kurt!”
Hunter non lo degno di uno sguardo, abbracciando il suo peluche e  guardando Kurt: “Allora???”
Blaine emise un gridolino di gioia, saltando in piedi e spaventando tutti per poi correre verso una cassapanca e ribaltandola per poter trovare qualcosa. Quindi ritornò dagli altri con una mano dietro alla schiena e l’altra la porse verso Kurt, che la prese e si lasciò trascinare in piedi. Quindi Blaine con un sorrisone tirò fuori da dietro alla schiena una corona di cartone e carta stagnola, un po’ malandata, ma che fece brillare gli occhi di Kurt mentre Blaine gliela posava in testa. Poi si inchinò di fronte al re, imitato da tutti gli altri.
Kurt trattenne a stento lacrime di gioia. Non si era mai sentito tanto felice come quel giorno. E sentiva di aver trovato dei veri amici.
 
Quel giorno, quando andò a prenderlo, Burt si stupì di vederlo uscire mano nella mano con un bambinetto basso e pieno di ricci. Fu ancora più sorpreso quando Kurt gli corse incontro abbracciandolo forte e sorridendo tutto felice. Ma non disse niente, limitandosi a chiedergli come fosse stato il primo giorno di scuola.
Subito Kurt partì con un dettagliato racconto del gioco che aveva fatto con i suoi nuovi amici mostrandogli poi un disegno che aveva fatto lui dove c’erano tutti i suoi amici nelle loro parti. E spiegandogli chi erano… come lui il re, e Thad la ragina, Blaine il mago, Nick e Jeff i ‘mattacchioni’ di corte e tutti gli altri.
Quasi si era dimenticato della promessa fatta quella mattina dal suo papà, quindi fu ancora più felice quando vide la macchina fermarsi davanti al negozio di giocattoli che gli piaceva tanto.
Entrò tenendo per mano il papà, tutto trepidante, e mandò gridolini di gioia alla vista dell’enorme castello di legno per le marionette.
“Allora, lo vuoi?” chiese Burt, contendo di poter fare quel regalo al figlio.
Kurt stava per rispondere di sì. Che lo desiderava da tempo. Percorse con lo sguardo le torrette e le mura merlate, e il ponte levatoio che si alzava e abbassava veramente, e poi le marionette con tutti i vestiti dai colori vivaci. Ma poi gli ritornò alla mente il gioco di quella mattina e quella corona di cartone e carta stagnola così bella, e allora sorrise al papà e  fece di no con la testa.
“Posso invitare i miei amici a casa a giocare, un pomeriggio?” chiese invece.
Burt sorrise a suo figlio dandogli un buffetto sulla guancia: “Tutti i pomeriggi che vuoi?”


Disclaimer

I personaggi citati in questo racconto non sono miei,  ma appartengono agli aventi diritto. Servendo di loro non ottengo nessuna forma di lucro


N.d.A.
Allora... prima di tutto questa è la mia prima One Shot oltre che prima One Shot sui Warblers. In questo caso Baby Warblers. Quindi sentitevi liberi di tirarmi dietro i pomodori... XD

Questa ff è ispirata ai miei tre Mostri Irlandesi a cui faccio da Baby Sitter, qui nella terra verde, e i loro amichetti (tra cui il sosia di Jeff), che mi fanno morire dalle risate.  Ma anche un pò a 'Blaine Anderson presents: the Pips!' di Chemical Lady. Perchè quando penso ai Warblers penso ai suoi Pips!!!! <3 <3 <3  

Quindi che dire...

God Save The Pips e Buona Lettura




  
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