V)
Rimango ancora fermo ad
osservare le mie vittime. È la prima volta che uccido una persona e la cosa mi
fa star male. E se al loro posto ora ci fossi io? Il fatto di aver privato della
vita una persona mi fa sentire un verme, e dire che dopo aver letto Eldest ho
iniziato a non uccidere nemmeno gli insetti più fastidiosi come mosche e zanzare
per puro rispetto per la vita! Ora però non posso affogare nei sensi di colpa,
probabilmente loro non si sarebbero fatti molti scrupoli ad eliminarmi, fumarsi
il cervello non serve a niente, anche perché ho nuovo materiale su cui
riflettere. Ora so che è successo ai ragni, so che la vipera non era centenaria
e so che questi strani esseri sono un elemento chiave nel mio tentativo di
comprendere il mistero di questo luogo. Per il momento però l’unica ipotesi
abbastanza razionale è questa: o si trattano tutti di cavie di laboratorio
sfuggite chissà come da un luogo di tortura o si tratta di malformazioni dovute
a qualche farmaco sperimentale, e questo doveva essere il luogo dove li
allevavano. I bambini probabilmente stanno cercando di difendersi da loro, anche
se questo non spiega il loro atteggiamento ostile nei miei confronti. Cerco di
uscire dalla prima porta che vedo, ma probabilmente è quella bloccata, infatti
provo e riprovo ma non riesco ad aprirla. Cerco una seconda uscita e noto con
orrore che la stanza non solo è quasi totalmente tappezzata di sangue troppo
vecchio per essere delle due creature, ma che a terra ci sono vari scheletri e
stracci che di sicuro erano vestiti, ma ciò che mi fa più male è vedere che tre
di quegli scheletri appartengono a dei bambini. Finalmente trovo una porta
dietro un armadio e la apro. Anche questa è bloccata, ma non sembra fare una
gran resistenza alle mie spinte. Una volta nel corridoio mi ritrovo davanti
l’ennesima bambina con un sacchetto in testa ed armata di mannaia, il che mi
secca non poco. Appena la piccola si avvicina afferro prontamente la lama con la
mano sinistra e l spezzo come si trattasse di un pezzo di vetro e lei, vistasi
disarmata, cerca di fuggire, ma non posso permetterglielo, potrebbe avvertire
anche gli altri ed allora sarebbe difficile resistere senza ferire qualcuno,
perciò lancio due dei miei coltelli verso la porta, bloccandola. La bambina è
troppo bassa per toglierli ed io posso tranquillamente avanzare verso la porta,
almeno finché non vedo la piccola rintanarsi in un angolo e piangere. Solo
allora mi rendo conto di quanto sono stato malvagio, diamine, è una bambina!
Bisogna essere dei folli per terrorizzare a tal punto una creatura così piccola
ed innocente. Stacco dalla parete i coltelli e mi abbasso fino a poterla
guardare negli occhi.
Giuseppe: Hey, perché
piangi?
Bambina: Perché ci vuoi fare
del male?
Giuseppe: Perché dovrei
farvi del male?
Bambina: Perché sei adulto.
Tutti gli adulti odiano i bambini e fanno loro tanto male.
Giuseppe: E questo chi te lo
ha detto? Non è vero che gli adulti odiano i bambini, dopotutto anche loro sono
stati bambini.
In questo istante mi viene
in mente la regola numero uno per chi si trova in una situazione simile alla
mia: mai lasciare le spalle scoperte, perciò mi siedo al fianco della piccola e
le metto una mano sulla spalla per incoraggiarla a
parlare.
Bambina: Allora perché sei
qui?
Giuseppe: In questo luogo o
in questa casa.
Bambina: In
casa.
Giuseppe: Diciamo che mi
sono perso.
Bambina: E allora perché
porti con te tutte quelle armi? Chi ha delle armi vuole fare male a
qualcuno.
Giuseppe: Non voglio fare
niente a nessuno, queste armi le ho appena comprate perché mi piacciono e se le
uso è solo per difendermi o per difendere. Perché non ti togli quel sacchetto
dalla testa?
Bambina: Rose dice che
nessuno deve vederci oltre ai nostri compagni dell’orfanotrofio, soprattutto se
ci sono i grandi.
Giuseppe: Non sono poi così
grande, anzi, probabilmente con questa testa tutta matta che ho potrei anche
essere più piccolo di te.
La bambina sembra prendere
coraggio e si leva il sacchetto, provocandomi un tale turbine di sentimenti che
non riesco a descrivere: su tutto
il viso ci sono dei graffi abbastanza freschi. I suoi occhietti neri scrutano i
miei, che sono in cerca di una qualche risposta, mentre gioca con le treccine
castane, finché non mi dice.
Bambina: Sei l’unico che è
uscito vivo dalla Sala di Non Ritorno. Chi sei?
Giuseppe: Mi chiamo
Giuseppe, qual è il tuo?
Bambina:
Jennifer.
Giuseppe: Ok Jennifer, come
ti sei fatta quei graffi?
Jennifer: è stata Rose a
farmeli. Un paio di giorni fa si è arrabbiata perché non sono stata alle regole
e mi ha dato degli schiaffi, ma delle volte non mi ha colpita e mi ha sfiorata
con le unghie.
Giuseppe: Cosa fate qui voi
bambini?
Jennifer: Facciamo parte
della Rosa.
Giuseppe:
Jennifer: è il nostro mondo.
Gli Aristocratici della Matita Rossa comandano
Una nuova rivelazione
scioccante. Non riesco ancora a credere che una ragazzina di dodici anni circa
abbia creato una piccola società dominata da bambini che cercano di difendersi
dagli adulti, senza però che qualcuno insegni loro la differenza tra bene e male
o i principi morali, ma ciò che trovo ancora più sconvolgente è che questa
società ha anche le proprie regole. Questo è il loro mondo, queste le loro
regole. Questa è
Giuseppe: Ti faccio una
promessa: prima che questa ferita si sia rimarginata del tutto ti porterò fuori
di qui.
Detto ciò inizio a creare
una strana spirale sul palmo della mano usando l’arma, finché non prende la
forma del Gedwey Ignasia. Ora il simbolo di potere dei Cavalieri dei Draghi per
me sarà il marchio di una promessa. Mi fascio la mano pensando a ciò che fa
Rose, come può una ragazzina essere così sadica da ferire così le persone che
gli stanno attorno e bere il loro sangue? Non so cosa le sia successo, per il
momento mi viene in mente solo l’ipotesi di violenza psicologica, ma lo
scoprirò, mi ci gioco Bahamut Tear. Prendo in mano il sacchetto di Jennifer e
gli faccio due buchi per poi porgerlo alla bambina.
Giuseppe: Quando lo rimetti
fai passare le trecce nei buchi, così ti riconoscerò.
Jennifer: Perché lo
fai?
Bella domanda, perché lo
faccio? Non conosco questa bambina che da un paio di minuti e francamente prima
di incontrarla non me ne sarebbe fregato niente, ma quando ho visto quelle
ferite ho sentito un dolore profondo, perciò mi limito a
rispondere.
Giuseppe: Perché nessuno
deve fare del male ai bambini. Se i bambini si fanno male vanno curati e chi fa
loro del male va punito.
Infatti, chi fa del male ai
bambini va punito. Prima o poi riceverò anch’io la mia punizione, ne sono certo,
ho fatto anch’io male ai bambini di guardia, ma per ora devo solo pesare a
svolgere quello che è diventato il mio compito. Mi alzo e mi dirigo alla porta,
ma Jennifer mi ferma.
Jennifer: Aspetta, ti devo
dare una cosa.
La piccola và in una stanza
che non avevo notato e ne esce poco dopo portando, anzi, trascinando la mia
cintura con gli shuriken.
Jennifer: Dovevo tenerla al
sicuro, ma sono sicura che faresti meglio a tenerli tu.
Giuseppe: Grazie, avrei
un’ultima domanda: chi sono gli Aristocratici?
Jennifer: Sono in ordine di
importanza Rose,
Giuseppe: Grazie, tornerò a
prenderti.
Incredibile, questo mondo è
paragonabile alla mia mente quanto è contorto. Entro nel corridoio successivo
focalizzando le nuove missioni: trovare Kaze, Kage e Bahamut Tear, risolvere i
restanti misteri ed infine abrogare
NDA: Quinto capitolo finito!
Forza, avete ancora fino al capitolo XIII per indovinare la realtà
sull’orfanotrofio. Ho visto che molti di voi hanno avuto di che lamentarsi
riguardo il carattere usato, ma lasciate che vi spieghi, volevo trovare un
carattere che rispecchiasse a pieno la realtà distorta vista da quei bambini,
una realtà mista ad una fantasia che può fare più male di una pugnalata al
cuore. Comunque vorrei rassicurare Serenity, non sono un tipo Squarta&Distruggi, e poi i kunai esistono solo nella storia, come anche le altre armi, se si escludono i souvenir della gita e Kaze e Kage, realmente esistenti ç_ç, Beh, non ho altro da aggiungere, spetta ora a voi dire la
vostra^^.