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Autore: Jane Ale    29/11/2012    1 recensioni
[Prima storia della serie "Il ciclo di Caterina", ma può essere letta indipendentemente dalle altre storie.]
Caterina e Alessandro sono migliori amici, eppure non riescono ad andare d'accordo per più di qualche minuto. Ma poi Caterina capisce di essere innamorata di Alessandro e tutto si complica. Perché lui è stronzo, ma non ne è consapevole; lei, invece, è isterica, ma non sa come smettere.
Il solito vecchio cliché? Probabilmente (no).
Dalla storia:
-L'avevo capito. Di piacerti, intendo.-
Annuii. -Era piuttosto evidente.-
Si passò le mani sul viso, poi mi fissò di nuovo. -Cate, io mi sento molto attratto da te, non posso negarlo..-
A quelle parole avvampai, ma cercai di restare distaccata. -Ma?- gli chiesi.
-Ma al tempo stesso non riesco a provare quei sentimenti che vorrei. Ti voglio un mondo di bene, ma..-
Ma non sei innamorato di me, conlusi per lui nella mia mente.
Raccolsi tutto il coraggio che avevo e sorrisi. -Non preoccuparti, Ale, non importa. Non è successo niente.-
-Cate, ascoltami.-
-No, va bene così, nessuno si è fatto male.- Sorrisi ancora.
-Tu sì.- disse con semplicità. Ed era vero, io mi ero fatta molto male, più di quello che credevo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il ciclo di Caterina'
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Capitolo 9
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Finalmente sabato!
Nonostante tutti i problemi, la settimana era passata e il giorno tanto atteso era arrivato. Adoravo il sabato, potevo fare ciò che volevo: dormire, uscire, leggere, ascoltare la musica, tornare tardi la sera, tutte cose che durante la settimana mi erano precluse. La cosa più bella del sabato, però, era l'atmosfera che aleggiava nell'aria, un misto tra meritato riposo dopo una settimana di studio, ed attesa per la serata. Non che avessimo grandi programmi, anzi, di rado facevamo qualcosa di vagamente divertente, ma stare con i miei amici mi piaceva, mi rendeva meno paranoica ed antipatica del solito.
Quel sabato sera eravamo stati tutti invitati al diciottesimo compleanno di Marica. Erano mesi che ci ricordava l'arrivo del "grande giorno", come lo definiva lei: conoscendola non si sarebbe trattata di una semplice cena con musica, troppo semplice per i suoi gusti.
Alessandro mi passò a prendere alle otto e trenta, ritardando di quasi venti minuti. Avevamo deciso di andare insieme senza una ragione precisa, lui me lo aveva proposto ed io, da perfetta stupida, avevo accettato pur di stare sola con lui una manciata di minuti. Negli istanti prima del suo arrivo mi ero guardata allo specchio almeno un centinaio di volte: avevo indossato un vestito nero corto con un paio di tacchi dello stesso colore, arricciando i capelli in modo che cadessero sciolti sulla schiena. Quando mi fece uno squillo sul cellulare, scesi velocemente le scale ed uscii dalla porta rischiando di scivolare sullo zerbino.
Cretina!, pensai. Poi rallentai il passo per raggiungere la sua macchina.
-Ciao!- lo salutai.
-Ciao!- mi rispose senza guardarmi.
-Come va?- gli chiesi pur avvertendo la sua rigidità.
-Bene.- rispose freddamente.
Decisi di rinunciare. Era inutile cercare di abbattere le sue barriere con la gentilezza, se lui le rinforzava con il silenzio e la freddezza. Avrei potuto impormi, cercare di farlo parlare, ne avevo la capacità e l'opportunità, ma per farlo avrei dovuto subire la sua ira. Quella sera non ne avrei avuta la forza. Eppure non riuscivo a sopportare quel silenzio..
-Ale, mi vuoi dire cos'hai?-
Ebbene no: non ero né coerente, né razionale. Mi autoconvincevo di non dover fare una cosa per poi cambiare idea subito dopo.
-Niente.-
-No, non è vero. Se fosse tutto normale, non ti comporteresti così.- gli dissi con calma.
-Così come? Sono normale, non mi pare di aver detto niente di che.- mi rispose, sempre senza guardarmi.
-E ti sembra normale il fatto che non mi parli, che tieni le distanze senza motivo, che non mi guardi neppure in faccia?-
-Invece ti parlo, ma non posso guardarti, sto guidando.- rispose con lo stesso tono arrogante che usava sempre quando si sentiva accusato.
-Cazzate! Alessandro, voglio sapere cos'hai!- gli dissi fermamente.
Lui sospirò, poi si voltò verso di me e mi fissò per un attimo. Io continuai a guardarlo anche quando tornò a fissare la strada, aspettando che dicesse qualcosa.
-Niente, è solo che mi sento così..non lo so.- fu tutto quello che uscì dalla sua bocca.
Fu il mio turno per sospirare. Avevo sempre avvertito quando c'era qualcosa che non andava, quando era arrabbiato, quando stava male. Ogni volta lui negava, ma riuscivo a farlo cedere, in un modo o nell'altro. Quella sera, però, non sembrava intenzionato a parlare ancora. Lo osservavo immobile nella sua posizione, con le mani sul volante e lo sguardo fisso. Era bello e triste e io non riuscivo a vederlo così. Prima che me ne rendessi conto, la mia mano si era mossa nella sua direzione e aveva preso ad accarezzargli delicatamente la testa. Lo sentii irrigidirsi sotto il mio tocco e, per un attimo, trattenni il respiro.
-Non toccarmi!- mi disse sprezzante, allontanando la mia mano poco gentilmente.
-Ma Ale..- cercai di spiegarmi.
-No, voglio solo che tu mi lasci in pace e la smetta di fare domande. Non ti ho chiesto niente!-
Per il resto del viaggio nessuno dei due parlò. Non avevo neppure il coraggio di alzare il viso, ormai le mie scarpe erano diventate un oggetto interessante da analizzare. Avevo sbagliato, mi ero spinta troppo oltre, ma la sua reazione era insensata.
Lo odiavo quando mi trattava così: doveva farmi sentire piccola ed inutile per sentirsi leggermente meglio, ma non si rendeva conto del dolore che mi procurava quel suo atteggiamento.
Quando arrivammo a destinazione, scesi dall'auto sbattendo la portiera. Avevo già percorso parte del vialetto che portava alla villa di Marica, quando lui mi chiamò.
-Caterina?-
-Cosa c'è?- gli chiesi senza neppure cercare di essere gentile.
-Quando voglio andare a casa ti chiamo e ce ne andiamo.-
Senza rispondere, mi voltai e tornai sui miei passi.
Quando varcai il cancello che introduceva al giardino della villa, rimasi impressionata: Marica lo aveva allestito in modo da farlo sembrare un salone da ballo. Al centro c'erano dei grandi tavoli finemente apparecchiati, come quelli di un matrimonio; su ogni tavolo erano posati grandi mazzi di rose rosse (probabilmente regali da parte di Edoardo); in fondo al giardino si trovava una console con ben due dj e un fotografo e, accanto a questa, un open-bar che preparava ogni tipo di drink.
Mi guardai intorno, cercando di scorgere Marica: era appoggiata vicino ad un tavolo su cui erano stati disposti gli innumerevoli regali. Indossava un vestito rosso, molto corto, che le metteva in risalto le lunghe gambe; lo scollo era fin troppo eccessivo, ma non ne ero sorpresa. Aveva arricciato i capelli biondi, che adesso le arrivavano poco sopra le spalle.
Nel complesso non stava male, ma conservava pur sempre quel tratto di volgarità che la caratterizzava: non avrei mai definito Marica una brutta ragazza, ma non avrei neppure osato definire bella una persona che preferiva mettere in mostra le gambe, anziché usare il cervello. Non avevo dubbi sul fatto che il mio fosse un pregiudizio dettato dall'antipatia che provavo nei suoi confronti, ma non potevo farci niente, non riuscivo a trovare la vera bellezza in una come lei.
Mi avvicinai per salutarla e lei mi avvolse in un abbraccio che di affettuoso non aveva niente.
-Ciao tesoro!- mi disse con la sua foce stridula.
-Ciao Marica! Tanti auguri!-
-Grazie mille. Fatti vedere un po'..- mi disse, facendomi allontanare per osservarmi meglio.
Vidi il suo sguardo idagatore passare dal mio abitino nero poco sopra il ginocchio, ai miei tacchi neri, fino alla pochette che avevo in mano. Poi passò ad osservare i miei capelli che, per qualche strano caso, quella sera, somigliavano fin troppo ai suoi: non sapendo cosa fare, li avevo arricciati anch'io, ma, fortunatamente, i miei erano un po' più lunghi, così le persone avrebbero potuto distinguerci.
-Mmm..beh, potevi stare peggio, senza offesa. Il vestito è nero, molto triste e ti fa sembrare anoressica, i capelli non ti donano molto, ma nel complesso non stai male.- concluse sorridendomi, come se con quell'ultima affermazione avesse risolto il problema.
Era per questo che avevo tagliato ogni ponte con lei: era cattiva, egocentrica e velenosa; chiunque si avvicinasse a lei, non riusciva a resistere più di qualche mese. Io avevo battuto ogni record, sopportandola per un anno, ma il prezzo da pagare era stato molto alto. Quella sera ero già nervosa per colpa di Alessandro, ma il suo monologo sul mio aspetto mi aveva fatta infuriare. La squadrai come lei aveva fatto con me, poi, arricciando il naso, le dissi:
-Mmm, allora: il vestito sembra una camicia da notte, ma non preoccuparti, la maggior parte delle persone qui dentro lo scambierà per il vestito di scena di un'attrice porno. I capelli, invece, sono crespi, ma con un trattamento indicato il problema è facilmente risolvibile.-
Vidi la sua bocca spalancarsi, ma non ebbe il tempo di replicare, perché un braccio mi afferrò da dietro, trascinandomi poco più in là.
-Perché la stai provocando in questo modo? Non fare la vittima se poi ti risponde male.- mi disse un Alessandro incredulo ed arrabbiato.
-Spero tu stia scherzando! Hai sentito cosa mi ha detto?- gli chiesi quasi urlando.
-Sì, ho sentito, ma tu hai visto bene di abbassarti al suo livello.-
-Non difenderla!-
-Non la sto difendendo, ma non venire a piangere da me dopo.- mi disse tagliente.
Lo guardai, ma senza vederlo veramente. Chi era quel ragazzo che avevo davanti in quel momento? Cosa ne aveva fatto del mio Alessandro? La malinconia e la delusione presero il posto della rabbia.
-Non preoccuparti, non ho più bisogno di te, Alessandro.- gli dissi sprezzante.
-Hai ragione, tu hai Emanuele, Roberta e adesso anche Giovanni, no?-
Era gelosia quella che sentivo nella sua voce? Forse, ma non avevo tempo di occuparmene in quel momento.
-Sì, e sono contenta di averli accanto.- gli risposi con convinzione. Poi mi allontanai.
Mi stavo dirigendo verso il bar, quando vidi Roberta arrivare insieme a Silvia ed Emanuele. Le sorrisi da lontano, ma capì subito che qualcosa non andava. Mi guardò con aria interrogativa, ma io scossi la testa e mi diressi verso il bar.
-Un vodka lemon.- ordinai al barista.
Fu il drink più veloce della mia vita: dopo dieci minuti il contenuto del bicchiere si trovava già all'interno del mio corpo e io mi sentivo più rilassata. Non avevo mangiato ancora niente, ma era questione di minuti prima che ci mettessimo a sedere. Poco dopo, infatti, mi ritrovai seduta ad un tavolo insieme a Silvia, Roberta, Marica, Isa, Vittoria e Azzurra. La festeggiata aveva organizzato una cena completa, antipasto, due primi, un secondo e il dolce, quindi saremmo dovute rimanere a sedere per un bel po'. La cena passò più o meno tranquillamente tra una chiacchiera e l'altra: Marica mi lanciava sguardi furenti, ma io non la consideravo, limitandomi a parlare con le altre. Dopo il secondo ci fu una pausa, quindi ci alzammo: non appena mi misi in piedi, la testa prese a girare freneticamente. Mi ero dimenticata del precedente drink, così avevo bevuto qualche bicchiere di vino, ma il mio corpo, non abituato a tali livelli di alcol, mi stava avvertendo. Respirai profondamente, ma non mi sentii meglio. Roberta mi venne vicina.
-Tutto bene?- mi chiese.
Annui. -Mi gira un po' la testa.-
-Che sarà mai, il divertimento inizia adesso: smettila di pensare e bevici su!- mi disse sorridendo.
Ci avviammo verso il bar e ordinammo un Sex on the beach. In cinque minuti lo avevamo finito e stavamo ridendo come delle pazze senza un motivo. Non riuscivo a vedere chiaramente, le figure mi apparivano sfocate e in movimento, ma non me ne curavo, l'unica cosa a cui riuscivo a pensare erano le risate che uscivano incontrollate. Ricordo poco anche il momento dei regali e quello del dolce, ma l'immagine di un bicchiere di spumante nella mia mano destra è ancora vivida.
I ricordi seguenti, però, sono solo immagini frammentate senza un contesto: Roberta che mi conduce a ballare, le luci colorate che illuminano i volti dei presenti senza che io li riconosca, Alessandro che abbraccia Marica, Emanuele che prova a baciare Roberta, ma lei si sposta, Alessandro che mi chiede se ho bevuto, Isa che mi porta in bagno per farmi prendere aria, poi il niente.

Il primo ricordo vivido che ho è di qualche ora dopo: ero seduta accanto ad Alessandro nella sua auto sotto casa mia. Lui ascoltava la musica, mentre io dormicchiavo appoggiata allo sportello. Se mi chiedessero di ripercorrere mentalmente il viaggio di ritorno, non saprei cosa dire, ma sapevo che ci trovavamo a casa mia da poco tempo.
-Ale?- lo chiamai mormorando. La testa mi stava scoppiando e persino la mia voce mi disturbava.
-Dimmi.-
-Sto male.- dissi mugolando.
-Lo so, mettiti buona che poi ti passa.- Il suo tono non era né arrabbiato, né scocciato, e la cosa mi sorprese.
-Non sei arrabbiato?- gli chiesi.
-Perché hai bevuto una bottiglia di vino da sola?- mi chiese con fare retorico.
-Sì, anche.-
-No.- mi rispose dopo aver sospirato. Poi continuò: -Solo che non riesco a capire perché l'hai fatto.-
A pensarci bene, non lo sapevo nemmeno io: mi piaceva la sensazione di rilassamento che l'alcol riusciva a creare in pochi secondi, ma non avevo mai pensato di perdere il controllo. Ero stata un'irresponsabile, una sciocca.
-So solo che sto male.- dissi sottovoce. -Mi abbracci?- gli chiesi prima di scoppiare in lacrime.
Sentii le sua braccia avvolgermi e scivolare lente sulla mia schiena, poi nascosi la mia faccia nell'incavo del suo collo. Le lacrime scendevano frenetiche dai miei occhi per poi cadere sulla sua camicia.
-Non posso vederti ridotta così perché lei ti ha offesa.- mi sussurrò dolcemente all'orecchio.
Si riferiva a Marica, lo avevo capito, ma non ebbi il coraggio di dirgli che la colpa principale era sua, non di Marica. Era lui che mi aveva portato a quello stato di instabilità fisica e mentale, che occupava la mia testa, che mi spezzava il cuore ogni giorno, che mi ossessionava a tal punto da farmi sentire un'estranea all'interno del mio corpo. Agivo per lui, parlavo per lui, vivevo in funzione di lui. Tutto questo, però, non glielo dissi, ma, da perfetta stupida, mi limitai ad annuire.
Dopo un'ora decisi di salire in casa: la testa mi faceva male, ma avevo recuperato la lucidità necessaria a camminare. Prima di scendere dall'auto, lo guardai negli occhi e, d'impulso, lo abbracciai. Non era un abbraccio disperato come il precedente, né amichevole come quelli che ci scambiavamo dopo i litigi, ma era qualcosa di più. Con il naso percorsi la linea della sua mascella, lasciando un piccolo bacio vicino al collo, per poi arrivare all'orecchio.
-Ti voglio bene.- gli sussurrai.
Sentii le sue braccia stringermi un po' di più, prima di rispondermi: - Anch'io.-
Mi staccai con riluttanza e, senza dire altro, scesi dall'auto. Arrivata in casa, mi diressi verso la mia stanza e appoggiai la borsa sulla scrivania, dopo aver tirato fuori il cellulare. Vidi che c'era un messaggio da parte di Alessandro. Guardai l'orario in cui lo aveva mandato: risaliva a qualche ora prima, quando eravamo seduti a mangiare, ma io non lo avevo sentito.
"Perché esageriamo sempre? ..Scusami per prima.."
Sorrisi amaramente.
Forse il mio Alessandro non era scomparso, ma era ancora presente, pronto a scusarsi quando si accorgeva di aver superato il limite. Perché in fondo noi eravamo questo, litigio, pazzia, irrazionalità, eccesso. Eravamo come l'acqua e l'elettricità, non avremmo mai dovuto entrare in contatto, perché sapevamo i danni che ne sarebbero derivati.
Ma, a volte, la ragione non riesce a dominare gli istinti.
Eppure non riuscivo a togliermi la sua domanda dalla testa.
Perché esageriamo sempre?
Non si trattava più solo di discussioni, danni, litigi. Eravamo entrati in un ciclo dal quale non riuscivamo più ad uscire: avevamo sviluppato una malsana dipendenza l'uno dall'altra per la quale ci cercavamo sapendo che ci saremmo fatti del male. Pur sapendo che ci saremmo fatti del male.
Avevamo iniziato a cercarci proprio per ferirci a vicenda.




Note dell'autrice:

Buonasera! :)

Intanto mi scuso per il ritardo nella pubblicazione, ma lo studio interferisce un po' nei miei programmi (fin troppo, direi!).

Poi vorrei ringraziare coloro che hanno inserito la storia tra le seguite/ricordate/preferite, ovvero:
Afeffa
Beadeisentieri

Imsy
Rosshalde
Eli_17 
_Flowers_
_Miss_
AlexDavis
Areis
Claudya10 
Gre_Leddy 
leonedifuoco 
myllyje 
paty87 
payneslove 
viviii93 

Non sapete come mi rende felice vedere che ci siete e che leggete, dandomi supporto. Grazie davvero! :)

Come sempre, se volete, potete lasciare una recensione. Mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate.

Cercherò di pubblicare il nuovo capitolo il prima possibile.
Un bacio,
Jane Ale

  
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