CAPITOLO 1- UN INCONTRO PARTICOLARE
La navicella GULLIVER VI entrò nella zona di lavoro. Un unico diciottenne vi era presente, nell'equipaggio di, altrimenti, soli adulti. All'improvviso le luci si spensero.
- A chi tocca oggi?- chiese uno dell'equipaggio.
- Vado io, Jorge è malato.- rispose il ragazzo.
- Sì, malato d'amore.- rise un altro e, osservando la faccia perplessa del ragazzo.- Capirai anche tu, quando sarai più grande.-
Tutto l'equipaggio lì presente rise, ma si trattava di un guasto molto grave e il giovane se ne accorse subito.
- Sono riuscito a sistemare il sistema ausiliario, ma per rimettere in sesto tutto dobbiamo rientrare nell'atmosfera.- avvisò.- Mi preparo a rientrare.-
Il ragazzo rientrò, togliendosi la tuta spaziale.
- Allarme rosso! Allarme rosso! Modificazione delle zone spaziali intorno a noi! Allacciarsi le cinture e pregare che non veniamo risucchiati!- avvisò una donna dalla sala comando.
Ma tutte le preghiere fatte furono vane.
Il ragazzo si svegliò, aprendo gli occhi, e vide una ragazza che lo guardava incuriosita.
- Chi sei?- le chiese, accorgendosi che era disteso supino sul suolo.
- Tri?- chiese lei.
Si accorsero entrambi fin troppo presto che i due linguaggi erano totalmente differenti. Il giovane si mise seduto, mentre la ragazza era già seduta a gambe incrociate, con le mani appoggiate sulla caviglia destra, che stava davanti.
- Musashi.- disse il ragazzo, mettendosi una mano sul petto.
- Kaguya.- rispose la ragazza, senza indicarsi.
- Kaguya? È il tuo nome o è come dire "piacere"?-
La ragazza si indicò e ripeté il nome, pensando che fosse una ragazza davvero strana e che faceva un po' la cretina, ma, intanto, stava ripetendo mentalmente le lezioni di lingue antiche, cercando quella che parlava ciò che aveva davanti, una volta che fosse riuscita a ricordarsi bene alcune regole sarebbe stata in grado di parlare bene la sua lingua, anche se con uno strano accento.
- Don… donna?- chiese, sforzandosi si parlare in quella lingua e indicando il giovane.
- Tu sei una donna, io sono un uomo.- rispose il ragazzo.- Donna.- indicò Kaguya.- Uomo.- indicò sé stesso.
La ragazza scosse la testa, non riuscendo a capire bene il ragazzo.
- Non… ci sono… uomini… più.- disse la ragazza, cercando di mettere ordine nella sua frase.
- Dove siamo?-
- Nakuja… bosco di Nakuja.- rispose la ragazza.- In antica… mmm… Europa?-
- In Europa? Come non ci sono uomini in Europa?-
- Per favore… parla… lentamente… non capisco… veloce… così.-
- Che fine hanno fatto gli uomini?- le chiese lentamente.
- Non ci sono più… molte generazioni… da prima di nonna di mia nonna.-
Musashi tentò di alzarsi.
- CRIN!- urlò la ragazza, cercando di trattenerlo.- Hai gamba… rotto.-
Musashi osservò la ragazza: aveva lunghi capelli castani chiari, occhi azzurri, carnagione chiara e una corporatura esile ma agile, indossava una salopette in jeans e una maglietta verde. Kaguya osservò quello che si definiva un uomo: aveva una tuta bianca da astronauta, corti capelli castani tagliati a spazzola, occhi marroni, carnagione un po' più scura della sua e un corpo muscoloso, ma non in modo esagerato. Decisamente diverso da quelle che aveva incontrato fino a quel momento, erano con i muscoli o sempre in mostra o sempre nascosti.
- Dov'è l'equipaggio?- le chiese.
- Catturato… penso.- rispose.- Madri sempre in cerca di… schiave.-
- Ci sono anche uomini. Più grandi di me.-
Kaguya scosse la testa.
- Ti prego, portami da loro.- le disse.
- Ferito.- Kaguya scosse la testa.
Musashi prese da una tasca una cosa ovale e la passò sulla gamba, a qualche centimetro di distanza, dopo lo rimise via.
- Ora non sono più ferito. Andiamo.-
Kaguya si alzò e lo aiutò, guidandolo dopo lungo un sentiero per arrivare alla città. Kaguya voltò andando nella zona dei prigionieri e s'intrufolò tra le gabbie, molte delle quali erano vuote.
- Vengo spesso qui.- spiegò, riuscendo a parlare bene la lingua del ragazzo.- Ecco l'equipaggio.-
- Musashi!- esclamarono tutti.
- Sono qui, cos'è successo?-
- La navicella è precipitata e ci siamo risvegliati qui, siamo riusciti a paracadutare solo te. È un pianeta di sole donne, fuggi e non tornare, potrebbero usarti per gli esperimenti.- disse un suo collega.- Chi è questa ragazza?-
- Si chiama Kaguya e mi ha trovato quando ero privo di sensi. Sembra che siamo andati avanti nel tempo.-
- Siamo nell'anno 300 dalla rivoluzione.- disse Kaguya.- Sta arrivando la ronda, è meglio se ci allontaniamo, prima che ci scoprano: da prigioniero non potrai fare molto.-
I due si nascosero fra le gabbie vuote e videro la ronda passare.
- Che ne pensi, di Kaguya?- chiese una guardia, nel suo linguaggio.
- È una bella ragazza, sarà molto utile alle Madri per dare delle figlie sane.-
- Ricordati che è impura, la sua vista è guasta.-
- È un problema che si può risolvere, so che spesso viene da queste parti per vedere le schiave e ora, con questi…-
- Non possono essere umani: ci sono degli elementi maschili. Non sono altro che animali e la bella Kaguya passa più tempo con queste bestie che con quelle della sua specie.-
Kaguya, dal suo nascondiglio sotto a una gabbia, in cui si riusciva a stare anche uno sopra l'altro, strinse un pugno, volendo fracassare il viso di quelle due guardie. Era cresciuta libera nei boschi fino a quando era stata recuperata da quella che da lei si faceva chiamare madre. Cresciuta nella natura era stato quasi impossibile rimettersi nella civiltà dove esistevano solo donne e non riusciva bene a capire come funzionassero le cose lì. Musashi se ne accorse, si mise sopra di lei, coprendola e stringendole i polsi, tenendoli fermi al suolo, e la baciò, togliendole il fiato, rimanendo così fino a quando la ronda fu passata. Musashi si spostò, lasciandola libera, anche di ucciderlo per ciò che aveva fatto. Kaguya sentiva il viso in fiamme e non sapeva cosa fare. Quell'essere che si faceva chiamare uomo e che l'aveva baciata, la ronda che discuteva di lei, la discussione sugli animali e molte altre cose cui aveva assistito erano troppo per lei, non sapeva cosa fare, come decidersi.
- Andiamo, qui sei in pericolo. I tuoi amici saranno al sicuro per nove lune, le Madri sono molto severe sulle tradizioni, non permettono a nessuno di infrangerle.- disse Kaguya.
I due si allontanarono e Kaguya lo riportò nel bosco, fino a una casa su un albero, celata a tutti. Quella casetta sull'albero era davvero molto semplice: conteneva solo un semplice letto, un tavolino e qualche sedia. C'erano finestre più o meno su ogni lato, tranne dove c'era la porta.
- Qui sono sempre vissuta e non mi hanno mai trovato, sarai al sicuro.- disse Kaguya, facendo per uscire.
- Aspetta! Non sarai… arrabbiata per quello che ho fatto?-
Kaguya si voltò verso Musashi e lo osservò nel profondo degli occhi con un'intensità che lui ne ebbe quasi paura.
- No, nessuna mi aveva mai… fatto questo.- rispose Kaguya.- In fondo nemmeno mia madre si preoccupa molto per me perché non vedo bene da molto lontano, vedo solo fino a un centinaio di chilometri in pianura, non come le altre.-
- Un centinaio di chilometri? È quanto una buona vista più che accettabile nella NASA.-
- NASA? L'ho letta, una volta, sui libri di storia di corsa allo spazio, ho fatto anche una tesi di laurea su di essa.-
- Sicura di non essere arrabbiata? In fondo ci conosciamo da molto poco.-
- Sì, non sono arrabbiata, mi sembra di conoscerti da molto tempo. Da noi non esistono cose del genere. Come si chiama quel… quell'azione?-
- Bacio.-
- Bacio? Non si usa da noi.-
- Da noi sì.- disse Musashi, avvicinandosi a lei e baciandola di nuovo.- Di solito si bacia qualcuno che interessa.-
- Interessa? Quindi si dovrebbe baciare anche una tigre, se interessa?- chiese Kaguya, non riuscendo a capire.
Musashi rise, ma dopo si calmò.
- No, Kaguya, anche se da noi c'è qualcuno che lo farebbe. Tu mi piaci e per questo ti bacio.- tentò di spiegarle.
Kaguya annuì, riuscendo a capire, dopo avvicinò il suo viso a quello del ragazzo e lo baciò. A quel gesto, Musashi rimase senza parole e non poté far altro che stringerla a sé, guidandola verso un letto là vicino. Musashi strinse a sé Kaguya, tirandola sotto di sé e cominciò a baciarla dappertutto, togliendole i vestiti, mentre lei provava una serie di sensazioni che non aveva mai potuto provare prima. Musashi le succhiò i capezzoli, svestendosi anche lui, dopo tornò a baciarla, aprendole con le mani le cosce e mettendosi in quello spazio. Scese, baciandola, fino alle grandi labbra, dove solleticò il clitoride prima con le dita e dopo con la lingua, facendole così inarcare la schiena, dopo mise dentro il suo membro e entrambi urlarono di piacere, dopo cominciarono un ritmo frenetico, entrando e uscendo, mentre lui la baciava e lei gli stringeva al collo le braccia finché, esausti, si distesero uno accanto all'altro, con lui ancora dentro di lei.