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New York,
26th November.
Ci avevo pensato molto, nell'ultimo periodo.
La proposta di Artemide era una tortura, ormai.
Ero continuamente in bilico tra l'accettare e il rifiutare.
Una parte di me gridava di non perdermi in mondi inesistenti.
Di tornare a vivere.
No, no, no., gridava l'altra, invece.
Indecisa, come sempre.
Insicura, come sempre.
L'ennesima lacrima mi riga il viso.
Come può una ragazza come me divenire Cacciatrice?
Come posso esserlo se crollo alla prima difficoltà?
Il frammento di lama di bronzo celeste mi giaceva in una tasca.
L'ho tirato fuori, poco fa.
È ancora sporco di sangue.
Un sangue stranamente scurissimo, come se fosse sporco.
Una lacrima è caduta sulla lametta, e l'ho gettata via.
Forse è un primo passo verso la mia resurrezione interiore ed esteriore.
Tutti hanno dei lividi, forse rendono davvero più forti.
No, no, no.
Mi trovo accasciata a terra, su un marciapiede.
Una comune fallita con un diario consunto.
La gente non mi nota nemmeno.
Forse è meglio così.
Sono invisibile.
Anzi, rifletto gli altri. Non sono nessuno.
Non ho personalità.
Sono solo uno specchio.
Lo stesso specchio che mi perseguita.
Lo stesso specchio che mi continua a ricordare chi sono.
Un essere abbandonato e incompreso da tutti.
Forse non riuscirò mai a riprendermi.
È strano come la speranza svanisca, in pochi secondi.
Come voli via, come sabbia tra le mani.