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Autore: _Andy    30/11/2012    2 recensioni
Halloween.
Per Thad Harwood, Halloween era sempre stata una festa futile e inutile, non gli piaceva Halloween, come non gli piacevano tutti quei mostri appesi ovunque durante quel periodo.
Si sentiva strano, in effetti, perché tutti i bambini erano così entusiasti quando arrivava il 31 Ottobre che finiva per chiedersi molte volte se era lui che era sbagliato oppure no.
[Future!Thadastian]
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeff Sterling, Nick Duval, Nuovo personaggio, Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Nick/Jeff, Sebastian/Thad
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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So che l’hai scritta tu, quindi il lavoro grosso l’hai fatto tu, ma…… la pubblicherò io, quindi voglio dedicarti questa magnifica OS. In effetti è un po’ un controsenso dedicarti una cosa che hai scritto tu stessa, ma mi va di farlo. Yeah, I know, I’m crazy, but what can I do?

Questa bellissima FF l’ha scritta _Andy ovviamente, ma dato che le hanno scollegato la linea ADSL, ha incaricato me, sua beta, di pubblicarla. Soooo enjoy ^_^



Halloween.
Per Thad Harwood, Halloween era sempre stata una festa futile e inutile, non gli piaceva Halloween, come non gli piacevano tutti quei mostri appesi ovunque durante quel periodo.
Si sentiva strano, in effetti, perché tutti i bambini erano così entusiasti quando arrivava il 31 Ottobre che finiva per chiedersi molte volte se era lui che era sbagliato oppure no.
Ogni volta che i bambini, quella sera, bussavano alla sua porta e lo vedevano in pigiama lo guardavano ridendo, beccandosi una porta in faccia, quindi, ormai, Thad non l’apriva neanche più, lasciava fare tutto ai suoi genitori che, non sapeva come, riuscivano sempre ad aprire la porta a tutti quei bambini idioti che cercavano dolcetti con il sorriso sulle labbra.
Aveva frequentato un liceo maschile Thad, quando aveva raggiunto l’età giusta, un’accademia privata di nome Dalton che permetteva agli studenti di uscire dal liceo con un’ottima nomina, con tanto di dormitori.
Di certo non si era mai lamentato di tutto quello, aveva un’ottima media, i suoi migliori amici erano sempre con lui, faceva parte del consiglio di un ottimo glee club, i Warbler.
Ecco, i Warbler, quel gruppo di ragazzi tanto idioti quanto fantastici di cui faceva parte, organizzavano sempre feste, e, per carità, lui non si era mai lamentato, non era un pignolo, gli piaceva divertirsi con i suoi amici e infrangere qualche regola, eccetto per Halloween. Diamine, aveva una fissazione per quella festa e, per i primi due anni, era riuscito a trovare qualche scusa per rimanere in stanza invece di andare a festeggiare ai piani inferiori con tutti gli altri, solo che le scuse terminavano e, durante il suo terzo anno, fu costretto a mettere piede in quella sala accuratamente decorata per l’occasione.
Era stato costretto dai suoi migliori amici, compagni d’avventura da ormai anni e anni, che, passata metà serata, erano andati a imboscarsi da qualche parte della scuola.
Gente seria, loro.
Aveva imparato, però, ad amare quella festività solo quella sera, quando, per puro caso, aveva conosciuto un ragazzo che, anche se aveva sempre frequentato quella scuola, si era iscritto da poco al club di canto corale.
Non aveva fatto il provino, per questo Thad non lo aveva mai visto, si diceva in giro qualcosa che centrasse Wes Montgomery, altro capo consiglio, e una doccia, nient’altro.
Lo aveva ascoltato cantare quella stessa sera e si era subito andato a complimentare per l’indiscutibile talento e per dargli il benvenuto in quella famiglia.
Sebastian Smythe, aveva detto di chiamarsi.
E poi accadde, non sapeva bene come, non sapeva quando di preciso, ma si era innamorato di quelle iridi verdi e di quel ghigno malefico che era sempre stampato in quel viso tanto perfetto quanto insopportabile.

 

Era passato un anno da quella sera, quindi, era di nuovo Halloween.
Era l’ultimo Halloween che avrebbe passato alla Dalton e nessuno lo aveva minacciato per andare a festeggiare con i Warbler, perché aveva lui, aveva Sebastian al suo fianco, aveva un ragazzo splendido che, da quattro mesi a quella data, era diventato anche il suo ragazzo.

 

Per loro la vita non poteva andare meglio di così.
Thad aveva sempre amato ballare quindi non si fece problemi a fare le valigie e a trasferirsi a Chicago quando, qualche settimana prima del diploma, era stato accettato in uno dei college di danza più prestigiosi di tutta l’America, e Sebastian lo aveva seguito, gli era stato accanto, si era iscritto anche lui al college statale di Chicago per seguire gli studi di legge ed erano andati a vivere in un appartamento vicino al centro della città.

 

15 anni fa.
Era il 27 Luglio e faceva un caldo stremante, lì in città. Avevano entrambi 22 anni e stavano passeggiando tranquillamente nel parco principale beandosi delle vacanze estive che li dividevano dal loro terzo anno di college.
Avevano sentito qualcosa, o meglio, qualcuno piangere: una bambina.
27 luglio 2016.
Un’altra data che entrambi non avrebbero mai scordato, perché, quella creatura era entrata a far parte delle loro vite così in fretta che loro neanche se ne accorsero.
Era stata abbandonata, sicuramente dai genitori naturali, in un cassonetto vicino la fontana del parco.
Tre notti e quattro giorni ci vollero ma Thad, aiutato da sua madre giunta lì in suo soccorso, riuscì a convincere Sebastian ad adottare quella bambina finita in un orfanotrofio.
E la vita si complicò parecchio da quel giorno, erano entrambi dei ragazzi con due anni di università davanti, ma non c’era giorno in cui si pentirono di quella scelta e, grazie alla signora Harwood e alla sorella maggiore di Sebastian, trasferitasi anche lei lì dopo il suo matrimonio, riuscirono a completare il college, a diplomarsi e ad essere una famiglia.

 

Fino a quel giorno.
Erano passati 15 anni e 3 mesi da quel 27 Luglio.
19 da quel 31 Ottobre.
E due settimane da quando Sebastian non era più tornato a casa.
Pioveva, fuori, per la grazia di Thad che non si doveva sopportare tutti quei bambini che gli venivano a bussare alla porta per fare dolcetto o scherzetto.

 

Thad Harwood non aveva mai odiato tanto Halloween in tutta la sua vita perché, con sé, portava troppi ricordi e i ricordi lo distruggevano perché era costretto riviverli ogni giorno, in quella maledetta casa, da ormai due settimane.

 

Quel 31 Ottobre 2031 l’unico rumore che si riusciva a sentire in casa Harwood-Smythe era quello della pioggia che batteva sul tetto e del phon acceso al piano di sopra.
Rumori distinti che riuscivano a mischiarsi tra i pensieri di Thad, seduto nel divano del salotto, con il viso sprofondato nelle mani e il corpo rivolto verso la porta d’ingresso.
Lo aspettava ancora, in effetti, sperava che sarebbe rientrato come faceva tutte le sere di due settimane prima, sbattendo la porta per la rabbia accumulata al lavoro e sorridendo vittorioso verso il suo ragazzo che lo abbracciava insieme a sua figlia.
Non aveva idea di cosa fosse successo, non aveva sue notizie da 14 giorni. Erano 336 ore: un’eternità per lui.
Semplicemente, se ne era andato, una sera di ottobre quando, normalmente, doveva ritirarsi da lavoro… non era tornato.
E Thad si dava dell’idiota perché, ogni santo giorno finiva per ripensarci quando già doveva aver dimenticato tutto, doveva andare avanti per la sua sanità mentale e per quella di sua figlia Stephanie. 
Si era accorto che, da qualche giorno, Sebastian non era più lo stesso, tardava dal lavoro, non mangiava la sera, era assente nelle loro conversazioni. Pensava ad altro.
Praticamente era già andato via con la mente, prima che il suo corpo si decidesse a non tornare più a casa.
Nessuna chiamata.
Nessun bigliettino.
Né un misero messaggio con scritto ‘Non me ne fotte un emerito cavolo di voi’.
Nulla: questo era quello che faceva preoccupare e incavolare allo stesso modo Thad, glielo doveva, almeno, per quei 19 anni insieme.

 

Così, ormai, passava le serate Thad, in silenzio ad ascoltare i suoi pensieri che ogni tanto rivivevano anche i momenti felici della sua vita.
Solo che, quella sera, era diverso.
Quella sera era Halloween, e quella maledetta festività che, adesso, come anni prima, Thad odiava a morte.
Aveva imparato ad amarla come aveva imparato a odiarla di nuovo.
Tutto, ormai, lo riportava a quel giorno e lui non ne poteva più.

 

Notò solo in quel momento che il phon aveva cessato di funzionare qualche minuto fa.
Ormai perdeva anche la cognizione del tempo.
Da quanto tempo era seduto su quel divano?
Sbirciò dalla finestra, il sole era già calato e non si vedeva per colpa delle nuvole grigie che coprivano il cielo pieno di stelle e la luna.
Si alzò inconsciamente, andando a raggiungere la finestra.
Pioveva, ma non c’era un briciolo di vento quella sera, sembrava tutto tranquillo se non era per quella pioggia che continuava a scendere abbondantemente verso di loro.

 

-Strano tempo, vero?-
Sobbalzò evidentemente sorpreso da quella voce, non ricordandosi di aver sentito alcun rumore nelle scale.
-Ehi, tesoro, non ti avevo sentito scendere.-
Disse, sorridendole.
Forse lei era l’unico vero motivo per cui ancora valeva vivere, quegli occhi chiari che, anche se azzurri, gli ricordavano quelli del suo ragazzo, ma non se ne stupiva, ormai qualsiasi cosa gli ricordava il suo ragazzo.
-Lo so…- disse lei, ghignando leggermente prima di raggiungerlo davanti alla finestra.
Sapeva la verità, Stephanie, non avevano intenzione di nascondergliela, era matura abbastanza da capire; solo che, ogni volta che la vedeva ridere, che la vedeva scherzare, Thad si creava un mondo tutto suo, dove, in realtà, quella stupenda ragazza era davvero figlia sua e di Seb.
Magari per la somiglianza che vedeva con il suo -ex- compagno di vita, la pelle chiara, capelli lisci castani che arrivavano a metà schiena e quegli occhi, non verdi, ma blu.
Erano una squadra, lui e lei, perché combattevano tutti i giorni da quelle due settimane, cercando di andare avanti a testa alta, aspettando che il sole cessasse di splendere così come la loro barriera che si frantumava in mezzo a un cuscino e a delle lacrime versate a ore improponibili della notte.
-Per Halloween abbiamo sempre festeggiato…- disse lei, avvicinandosi leggermente al genitore, affiancandolo davanti alla finestra appannata.
-… io, te… papà- concluse, sospirando.
Quelle parole, erano come un colpo al cuore per Thad, era vero, avevano sempre festeggiato l’anniversario del loro primo incontro e non c’era modo di non farsi invadere totalmente dalla tristezza, ovunque girava gli occhi vedeva foto scattate proprio in quei giorni, dove a volte ritraevano tutti e tre, a volte comparivano Jeff e Nick, i suoi amici del liceo, altre invece semplicemente loro due.
-Non c’è più nulla da festeggiare…-
Disse solamente, ferendosi da solo.
Amava Sebastian, con tutto il cuore, ed era bloccato, si sentiva bloccato in quel piccolo ricordo, dove quello che aveva, quello che desiderava davvero era lì, accanto a lui.
Sentiva le lacrime premere contro i suoi occhi ma non doveva piangere, avrebbe pianto, magari più tardi, ma non in quel momento, non davanti a sua figlia.
Non doveva mostrarsi debole.
-Papà…- vide sua figlia cercare il suo sguardo, sporgendosi dolcemente davanti a lui alla ricerca di quegli occhi scuri che ogni volta la rassicuravano e riuscivano a farla stare bene, perché lei non stava bene, le mancava il suo papà.
Ma non trovò lo sguardo di Thad, perché lui si voltò di scatto guardando verso il divano per non far capire a sua figlia che non poteva, sapeva di dover essere una roccia su cui lei doveva aggrapparsi, semplicemente non ci riusciva.
Sussultò appena, Harwood, quando sentì la mano calda e insicura di sua figlia prendere la sua e appoggiare la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi, ispirando il profumo provenire dalla pelle candida di Stephanie.
-Andrà tutto bene.- gli disse dolcemente lei, accarezzando la mano che teneva stretta tra la sua con il pollice.
Suo padre sarebbe tornato e lo avrebbero perdonato.
Lei lo sapeva.
-Sì… sì, lo so.-
Aprì gli occhi, cercando di far comparire un sorriso sincero quanto falso nel suo volto per poi voltarsi verso sua figlia.
-Ce la caveremo… noi due!-
-No…-
Era come un’urgenza, il semplice fatto di bloccare suo padre, non bloccare le sue parole, bensì il ragionamento che stava facendo, perché lui stava mollando, e non doveva farlo.
-Nonnoi due’… non siamo mai stati ‘noi due’, papà.-
Thad lasciò che la sua testa si abbassasse, ormai stanco di combattere, stanco di tutto.
Conosceva Sebastian, forse se lo sarebbe dovuto aspettare. In fondo 19 anni era troppi per uno Smythe, e non aveva mai obbiettato, aveva accettato le sue manie da super diva, il suo egoismo, la sua mancanza di pudore in una discussione che riguardava il sesso: questo, infatti, aveva contribuito ad una istruzione troppo precoce data a sua figlia, ma non si era mai lamentato, neanche quando sbuffava o gli rideva in faccia quando si parlava di ‘matrimonio’.

 

Stava per obbiettare quando una voce metallica fermò il monologo che lo avrebbe portato a litigare anche con sua figlia.

 

‘Segreteria di casa Harwood-Smythe al momento non siamo disponibili, per qualsiasi cosa lasciate un messaggio dopo- Papàààà! Papà S. mi fa male- il bip! –Seb la vuoi sm… BIIIP!’

“Thad, sono Nick. Devo assolutamente parlarti, sono per strada insieme a Jeff stiamo per venire a casa tua. Non pensare male per favore, ci vediamo dopo!

 

Restò allibito per qualche secondo, cercando con lo sguardo quello di Stephanie che, invece, ghignava soddisfatta.
Ma non ci fu tempo, né di cercare spiegazioni, né di richiamare Nick, né di scappare di casa, perché il campanello della casa suonò ripetutamente.
Segno che Jeff Sterling era davanti alla sua porta.

 

Lasciò un ultimo sguardo a sua figlia che, con un sorriso sincero, andò ad aprire la porta ai suoi zii.
-Zio Nick, zio Jeff!-
-Ehi principessa!-

Thad stava valutando effettivamente di cogliere l’occasione, scappare dalla finestra e darsi all’ippica perché di tutto aveva bisogno, eccetto che di parlare apertamente e avere, quindi, una sessione psicologica alla Sterling-Duvall.
-Ehi Thad!-
Troppo tardi.
-Jeff… Nick, ciao!-
Si chiedeva seriamente che diavolo avevano da sorridere tutti e tre, sua figlia che fino a poco prima rischiava di piangere ora aveva un sorriso sornione che andava da un orecchio all’altro e non andava bene.
Non doveva passare la serata così, avrebbe preferito il silenzio della sua stanza sonorizzata solo dai suoi singhiozzi mentre stringeva il cuscino di Sebastian tra le mani.
Si che faceva molto ‘cliché da telefilm ma al diavolo, ne aveva tutto il diritto.

 

-Che amico idiota! Siamo venuti fin qui sotto la pioggia e non ci dice neanche di accomodarci!-
Ti prenderei a pugni Jeff, tu e il tuo sorriso del cavolo.
-Venite con me, andiamo dall’altra parte, c’è il camino acceso.-
E non esitò a ringraziare mentalmente sua figlia per quella piccola ma significante concessione che gli permise di restare solo, un’altra volta.
Avevano in mente qualcosa, ma lui non sarebbe stato al loro gioco, non in quel giorno, non in quel periodo, non in quel momento.
Si diede mentalmente dell’idiota però, qualsiasi cosa i suoi amici volevano fare, la facevano per lui.
Ci fu quasi un flash, però, che lo riportò a qualche minuto prima, al messaggio che Nick gli aveva lasciato in segreteria.
-Nick! Di cosa dovevi parlarmi?!-

 

-Di me…-

 

Quella voce, impossibile da dimenticare.
Quelle emozioni che sentiva ogni volta che la ascoltava.

 

Si voltò in direzione della porta, lasciata aperta, e lo vide, bagnato dalla testa fino ai piedi ma maledettamente bello, come era sempre stato.
Sebastian.
Era lì, era tornato.

 

-Ciao Thad.-
Era come se il mondo avesse ripreso a girare proprio quando quelle iridi scure incontrarono quelle chiare dell’altro.
Sentì il suo cuore perdere qualche battito.
Poteva essere semplice, poteva benissimo corrergli incontro e baciarlo tanto da fargli mancare il respiro e continuare quella che, per lui, era sempre stata una vita perfetta.
O poteva fare tutt’altro.

 

-Ciao? CIAO?! Te ne vai per due settimane, non ti fai sentire, torni il 31 ottobre dicendomi ciao?-

E il mondo si era fermato di nuovo, e gli era crollato addosso, perché quello era troppo da sopportare.
Il dolore, la frustrazione, i pianti.
Era andato tutto a rotoli in soli quattordici giorni e di certo non bastava un semplice ‘ciao’ a rimediare tutto.

 

-Sono passate due settimane Sebastian! Dove cazzo sei stato per due settimane?-

 

-Thad, lasciami spiegar…-

-No! Lasciami spiegare un cazzo Sebastian, te ne sei andato, non un messaggio, non uno stupido biglietto né una chiamata e ora vuoi che io mi stia zitto lasciandoti parlare?-

 

Andava indietro, mentre Sebastian avanzava.
Indietreggiava per non guardarlo veramente in faccia, per non cedere alle emozioni che quelle iridi verdi potevano causargli.
Cercava di tornare indietro, in effetti, prima che le sue gambe non toccassero la parete fredda e si rese conto che no, non poteva tornare indietro, non più.

 

-Thad…-

 

-No Sebastian! No! Dov’eri? Dov’eri tu quando la mia vita aveva smesso di funzionare? Dov’eri tu quando tutto andava a rotoli?-

 

Non c’era, Sebastian.
Sebastian non c’era quando, in effetti, doveva esserci.
E di questo si pentiva amaramente, arrivando a odiarsi per quello che aveva fatto passare a Thad.
-Thad…- sussurrò, fermandosi alcuni metri davanti al moro
-… per favore… fammi parlare…-
Cercò di avvicinarsi, provò ad avere quell’intimità che li caratterizzava, quei piccoli segni che erano abituati a scambiarsi invece dei soliti ‘ti amo’, ma Thad si allontanava, e quello faceva male, più di qualsiasi altra cosa.
-Spiegati.- ricevette come risposta.
Era arrivato il momento, era più di un mese che ci lavorava.
Aveva avuto paura, ed era scappato.
Così lui faceva, lo aveva sempre fatto, scappare per non affrontare le conseguenze, solo che adesso aveva un’opportunità, e se solo l’avesse sprecata avrebbe dovuto dire addio a quella persona che era riuscito a mettergli la testa a posto e aveva imparato ad amarlo come nessun’altro aveva mai fatto.
-Ho avuto paura, Thad…- chiuse gli occhi per non guardare più lo sguardo arrabbiato e deluso del suo ragazzo, cominciando a parlare con sincerità.
-Paura di cosa?-
Era così maledettamente difficile da dire, così come era stupido da ammettere.
-Di te… delle tue parole…-
Sospirò, aprendo gli occhi.
-… diciamo la verità, sono sempre stato un ragazzo sicuro di sé che non sapeva affrontare la vita per quella che è, nascondendosi dietro i soldi di papà, tranne che per una cosa… te.-
Si avvicinò piano, sentendo di poter riprendersi la fiducia di Thad, sentendo che ce l’avrebbe fatta se solo lui gli fosse stato accanto.
E così fu, gli prese lentamente la mano, stando attendo a qualsiasi movimento facesse l’altro.
-Sei stata la mia ancora di salvezza, Thad, tu con la tua fiducia e la tua sicurezza, mi avete portato avanti… solo che, non ci sono riuscito, ho avuto paura di quello che tu mi avresti potuto dire, e sono scappato… solo che, mi ero dimenticato di una cosa…-
Si avvicinò piano, stringendo forte la mano tra la sua, fino ad arrivare a qualche centimetro dal volto dell’altro.
-Cosa?- chiese, Thad, quasi come un sussurro, cercando di abbattere quel muro che gli diceva di andarsene, di mandare Sebastian al diavolo e farsi una vita per conto suo.
-Il mio posto è dove sei tu.-
Chiuse gli occhi, sentiva le emozioni crescere su di lui, non era abituato a quelle parole dolci, non da Sebastian Smythe.
-Perché hai avuto paura delle mie parole, Sebastian?-
Trovò la forza di chiedere.
Era arrivato il momento.
A un certo punto, Thad sentì la mano di Seb levarsi dalla sua presa e allontanarsi, e avvertì un senso di paura che gli fece aprire gli occhi e accertarsi che Sebastian era ancora lì, che non se ne fosse andato.
Che quello non era un sogno.
-Riuscirò ad avere la consapevolezza che la mia vita sarà perfetta solo se tu mi starai accanto, e anche se ci ho messo due settimane per trovare il coraggio di fare quello che sto facendo, sono sicuro che, se riuscirò a convincerti, ne sarà valsa la pena…-

Lo vide trafficare con qualcosa nella sua tasca, prima di vedere quel ghigno che avrebbe riconosciuto tra miliardi uguali comparire sul suo volto e tirar fuori qualcosa dalla tasca.
Lo vide inginocchiarsi davanti a lui, aprendo una scatolina di velluto blu tra le sue mani.
Lo vide sorridere pronunciando quelle parole che, Thad, era già convinto di non poter mai sentire dalle labbra del suo ragazzo.

 

-Sposami, Thad.-

 

E ancora prima di rispondere, sentì già i piatti rompersi e gli urletti isterici dei suoi amici e di sua figlia che provenivano dalla stanza accanto.




Ok spero vivamente che vi sia piaciuta, visto che io l’ho adorata *-*
I miei Thadastian feelings :’)
_Andy è tipo a casa che si starà autoinfliggendo dolore fisico dato che non ha potuto aggiornare lei stessa. Le dispiace davvero tanto e non vede l’ora di riavere la linea riallacciata. Cioè, non ha nemmeno visto la 4x08 di Glee! Ce ne rendiamo conto?!

However, direi di aver parlato (scritto?) troppo u.u
meglio che vi lasci, così potete insultarmi per bene ^_^

Alla prossima!
Baci,

Chiara (kitty93)

   
 
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