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Autore: Twinflame    30/11/2012    2 recensioni
Normalmente era un ragazzino ligio alle regole, ma c’erano un paio di cose per cui sarebbe stato ben disposto a infrangere gli ordini dei suoi superiori, anche quelli più ragionevoli di Axel. E il gelato era una di quelle cose.
Forse una parte di lui voleva farlo per una sorta di dispetto nei suoi confronti.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Axel, Roxas, Xion
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: KH 358/2 Days
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Illustrazione! ♥
E c'è anche l'originale in bianco e nero!

Sedersi con un agile balzo sul cornicione, scartare il gelato e poi gustarselo fino in fondo mentre lo sguardo spaziava verso l’orizzonte tinto di blu e arancione; e quando il gelato era finito, succhiare il bastoncino per ripulirlo da ogni residuo rimasto e leccarsi la punta delle dita nonostante il saporaccio dei guanti, per raccogliere anche i rivoli appiccicosi che si erano sciolti troppo in fretta.
Quella sequenza di gesti ormai era diventata una routine consolidata per Roxas; ma se c’era una cosa di cui era convinto tanto quanto dell’amicizia di Axel e Xion era che non si sarebbe mai stancato di portarla avanti nel tempo, come non si sarebbe neppure mai stancato di scriverne puntualmente su ogni singola pagina del suo diario.
Quel pomeriggio lui e Xion erano arrivati prima del loro amico.
“Mmh,” mugolò Roxas mentre le sue papille gustative intonavano un coro angelico e lui si mordeva l’interno delle guance per un riflesso dovuto alla sensazione di freddo ai denti. Xion ridacchiò felice, sedendosi con cautela al suo fianco; da un po’ di tempo Roxas sospettava che la sua amica temesse di cadere dalla torre.
“Credi che Axel ci metterà tanto a raggiungerci?” gli chiese Xion, mentre sfilava il gelato dalla confezione trasparente e l’appallottolava nel palmo della mano, prima d’infilarsela nella tasca del cappotto. Roxas le allungò anche la sua.
“Non penso. Di solito è sempre il primo ad arrivare, quando non ci mandano in missione insieme,” le disse Roxas.
“Secondo te che tipo di lavoro svolgono gli altri membri dell’Organizzazione? A parte Axel”.
“Non lo so,” le disse Roxas, sbattendo le palpebre, dopo averci riflettuto un po’. “Ricognizioni?”
“Tutti quanti?”. Xion suonava un po’ scettica.
Continuarono a chiacchierare del lavoro dei loro compagni ipotizzando gli incarichi più assurdi, intanto che osservavano il sole che sprofondava lentamente dietro le cime delle case ammucchiate ai loro piedi. I minuti passavano veloci. Roxas aveva già finito di mangiare il suo meritato premio per un lavoro ben svolto, e il solito trio di ragazzini si era già radunato nella piazza della stazione tra l’andirivieni dell’altra gente, depositando gli zaini contro il muretto che delimitava la zona; ma di Axel ancora non s’intravedeva nessuna traccia.
Xion continuò a scrutare il paesaggio, persa in chissà quali pensieri, poi a un tratto si voltò a guardarlo. Roxas stava controllando entrambi i versi del bastoncino del gelato che aveva appena finito di tirare a lucido. “Forse oggi Axel non viene,” gli suggerì dubbiosa. “Magari è tornato direttamente al castello?”
Dispiacendosi di non aver trovato la fantomatica scritta «Hai vinto!», affiancata da una coroncina stilizzata, Roxas s’incupì, aggrottando le sopracciglia. “No. Verrà”. Il solo fatto che Xion potesse pensare che Axel sarebbe stato capace di dargli buca in quel modo, senza neppure avvisare, lo contrariava a dir poco.
Gli venne in mente un’idea.
Prima che la sua amica potesse chiedergli dove stesse andando, Roxas le spiegò ritrovando il sorriso: “Vado a comprarmi un altro gelato, così ho qualcosa da mangiare intanto che aspettiamo!”
“Ma Axel non vuole che ne mangiamo più di uno,” gli disse Xion, stupita; e quando Roxas la liquidò con un gesto noncurante della mano da sopra la spalla, Xion gli scoccò un’occhiata offesa.
Normalmente Roxas era un ragazzino ligio alle regole, ma c’erano un paio di cose per cui sarebbe stato ben disposto a infrangere gli ordini dei suoi superiori, anche quelli più ragionevoli di Axel; e il gelato era una di quelle cose. Forse una parte di lui voleva farlo per una sorta di ripicca nei suoi confronti.
“Non mi verrà il mal di pancia per un solo gelato in più! Torno subito!”
Roxas attraversò di corsa la discesa gremita di gente che lo separava dal chiosco dove una simpatica nonnina dagli occhi buoni vendeva il loro dolce preferito, e ripensandoci una seconda volta decise di acquistarne due: uno anche per quello spilungone di Axel, così aveva una scusa per darsi una mossa e raggiungerli in fretta. Pagò con i pochi spiccioli che gli erano rimasti in tasca, poi diede una piccola carezza al gatto grigio della signora, che si stava stiracchiando sonnacchioso contro la sua caviglia, e partì di nuovo spedito verso la torre dell’orologio. Al suo arrivo lo attendeva la più gradevole delle sorprese.
“Axel!” esclamò felice non appena ebbe svoltato l’angolo, un po’ affannato per la ripida corsa sulle scale. Il loro amico era seduto al suo solito posto, un po’ più in là di Xion.
“Ehilà, granchietto!” ricambiò il suo saluto Axel, rivolgendogli un ampio sorriso tutto denti. Gli fece cenno di raggiungerlo battendo la mano nello spazio libero tra lui e la ragazzina, e Roxas non se lo fece ripetere due volte, offrendogli una delle due confezioni che stringeva in mano. “Grazie”.
“Perché ci hai messo tanto?” si lamentò Roxas.
Axel lo guardo di sottecchi. “Un imprevisto, niente di che,” fischiettò noncurante, minimizzando come al suo solito. Mordicchiò la cima del gelato. “Ho appiccato fuoco ai giardini della regina di cuori”.
“Eh?!”
“Axel!” esclamò Xion, e sia lei che Roxas lo guardarono con gli occhi di fuori.
“Ehi, ehi! È stato solo un banale incidente! Uno di quegli Heartless ciccioni m’infastidiva e senza stare a pensarci l’ho dato in pasto alle fiamme. È stato un caso che poi abbiano attecchito alle siepi!”
“Non ci credo,” commentò con voce strozzata Roxas. Com’è che la regina non aveva reclamato la sua testa per giocarci a croquet? “L’hai già detto a Saïx?”
“Non ancora,” gli rispose Axel, e che qualcuno spiegasse a Roxas come potesse parlarne così tranquillamente. “Piuttosto…” cambiò discorso, lanciandogli un’occhiata incuriosita; indicò il gelato in mano a Roxas, ancora sigillato nella sua carta trasparente. “Xion non lo vuole?”
“Ehm…” esitò Roxas.
“Io l’ho già mangiato,” parlò Xion per lui, nascondendo le labbra sorridenti dietro a un guanto. Roxas si girò a guardarla sbigottito e l’espressione sulla sua faccia le suscitò una risata soffocata.
“Sarà mica che questo è il tuo secondo gelato della giornata, eh, Roxas?” gli domandò retorico Axel, piegandosi su di lui con un ghigno divertito.
“Stavi facendo tardi!” ribatté immediatamente Roxas, tentando inutilmente di giustificarsi.
Axel ignorò la sua risposta. “Facciamo che questo se lo mangia qualcun altro, uhm?” gli disse, sfilandoglielo dalle dita; quindi si raddrizzò sulla schiena. “Ehi, voi! Laggiù!” chiamò ad alta voce, e sventolò in aria il braccio per richiamare l’attenzione dei ragazzini in piazza. “Ho un regalo da darvi!”. Xion scoppiò a ridere sonoramente.
“Axel, no! Non farlo!” gli disse Roxas, e si lanciò addosso ad Axel tentando di riacciuffare quello che si era guadagnato di diritto.
Lui gli circondò la vita con l’altro braccio per trattenerlo, e allontano il più possibile la stecca dalla sua portata. “Ah-ah. A cuccia, Fido!”
“Non sono un cane!” gridò Roxas, dimenandosi nella sua presa. Fece scattare il braccio verso l’agognata merenda e nell’impeto del gesto riuscì a colpire inavvertitamente il naso di Axel.
“Ouch!” si lamentò il suo amico; ma non smise di sogghignare e riportò Roxas con uno strattone sulle sue ginocchia.
“Daaammeeelooo!” insisté Roxas. Ormai Xion stava ridendo così forte che le sue risate sovrastavano stranamente entrambe le loro voci.
Axel lo colpì impietosamente in testa con il gelato che si stavano contendendo. “Scordatelo. Non voglio sentire i tuoi lamenti per tutta la notte!”
“La tua camera è dall’altra parte del corridoio!” gli disse Roxas. Finalmente riuscì ad alzarsi sulle ginocchia, ma Axel ne approfittò per afferrargli il naso tra l’indice e il medio e tirarglielo forte.
“Ma il bagno è lo stesso per tutti,” ribatté Axel, sorridendogli mellifluo, e gli scoccò un bacetto sulla guancia. Roxas si contorse.
“Che schifo, Axel!” disse Xion, piangendo dalle risate.
“Bleah!”
Axel rise di gusto della reazione d’entrambi, quindi concluse: “Lo mettiamo in freezer e lo mangi domani, anziché spendere munny per comprarne un altro”. S’infilò in bocca il proprio gelato che intanto si stava sciogliendo, e si lasciò scivolare dal cornicione per alzarsi in piedi.
Roxas gli scoccò un’occhiata avvilita, dritta negli occhi. “Che ti costa farmelo mangiare adesso?”
Axel s’immobilizzò lì dove si trovava, incapace di allontanarsi; poi si sfilò di bocca la stecca a rallentatore, come se il tempo avesse improvvisamente cambiato marcia. “Non guardarmi con quella faccia,” gli disse, e Roxas avrebbe giurato che si sentisse a disagio: una ragione in più per rafforzare l’espressione. “Lo sai che lo faccio per il tuo bene”.
“Come se gliene importasse veramente a qualcuno del mio bene!” gli disse Roxas e si girò dall’altra parte, incrociando le braccia per sottolineare il suo stato d’animo.
“Ohi,” lo chiamò Axel, risentito. “Questa è una bugia e lo sai anche tu”.
Xion tornò ad affacciarsi alla città. “Però è vero che l’Organizzazione ci sta solo sfruttando,” la sentì dire Roxas, amareggiata dal loro ultimo scambio di battute. Roxas la guardò colpevole dal suo posto; Xion si stava fissando la punta degli stivali, stringendo il bordo del cornicione.
Anche senza vederlo, Roxas poteva affermare con certezza che Axel si fosse grattato la nuca nervosamente. “Sarà. Ma non ha niente a che vedere con me,” le disse Axel, e la sua voce suonava sincera. “Siamo amici, no?”
“Già…” gli disse. Xion sospirò piano, come se si fosse tolta un gran peso dallo stomaco. Alzò la testa osservando il cielo, poi si rivolse a Roxas con un piccolo sorriso. “Vero, Roxas?”
“Sì,” annuì lui, con le braccia ancora incrociate.
“Ahhh! D’accordo!” si arrese infine Axel, con un gemito esasperato. “Toh il tuo gelato. Non ci tengo che mi tieni il muso per una sciocchezza del genere!” disse a Roxas. Forse era proprio perché erano amici che quando si trattava di lui diventava sempre così accondiscendente, al di fuori delle questioni di lavoro.
Roxas si girò verso di lui, accantonando l’irritazione, e acchiappò al volo il gelato che Axel gli stava lanciando, sorridendogli felice. Lo scartò e gli diede subito un morso; poi chiuse gli occhi, mugolando soddisfatto. “Dovrei farlo più spesso,” gli disse con una risata.
“Accidenti, Roxas! Non t’approfittare del mio cuore tenero,” lo rimproverò Axel. Tornò a sedersi con il gomito appoggiato al ginocchio e diede un altro morso al gelato, storcendo il naso come se si stesse trattenendo a forza dal sputarlo in testa a qualche passante.
Roxas si prese gioco di lui: “Quale cuore, mister ‘siamo immuni ai sentimenti’?”. Xion si accodò alle risate di Roxas, appoggiandosi alla sua spalla.
“Guarda!”. Indicò Axel; “Sta ridendo, sta ridendo!”
“Che scemo!” gli disse Roxas.
“Pulce!” ribatté Axel.
“Ananas!”
“Vi insultate come due marmocchi,” scherzò Xion.
“Da quando conosci quella parola?” le disse Axel, sorpreso.
“Lavale la bocca con la saponetta!” gli suggerì Roxas.
Axel gli allungò uno schiaffo sulla nuca che lo piegò in due. “Non è mica una parolaccia, stupido!”. Il coro delle loro risate risuonò fino in piazza, attirando gli sguardi curiosi dei passanti.
Per tutto il resto del tempo fino al primo rintocco delle campane, quando decisero di andarsene, Axel controllò di sottecchi Roxas mentre si gustava meticolosamente il gelato.

Quella sera, Roxas capì a proprie spese che mangiare di seguito due gelati al sale marino non era per niente una buona idea. Axel sospirò rassegnato esibendo un’espressione comica, e si piegò ad accarezzargli i capelli mentre Roxas si dondolava sul letto, avviluppato al cuscino, frignando a bassa voce.
“Te l’avevo detto,” gli disse Axel.
“Scusa,” pigolò Roxas, in una maniera tale che sarebbe stato impossibile portargli rancore. Cercò lo sguardo di Axel con un paio d’occhi azzurri immensi, liquidi e tremolanti, e non riuscì a capire se quello dipinto sulla sua faccia fosse perdono, o piuttosto pietà, ma si aggrappò comunque al suo ginocchio, implorandolo, senza che ci fosse bisogno delle parole, di non abbandonarlo ai suoi crampi allo stomaco.
Axel grugnì divertito. “Fatti in là, ti faccio compagnia finché non ti addormenti,” gli disse. Roxas provò un affetto e una gratitudine sconfinata nei suoi confronti.

  
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