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Autore: wordsaredeadlythings    01/12/2012    4 recensioni
Perché senza Brian, semplicemente, non aveva senso. Non aveva mai avuto senso. Forse gli apparteneva. Forse si amavano. Anzi, forse lui lo amava. L’unica cosa che sapeva era che senza Brian non ce la faceva a combattere. Brian era una sicurezza, come il fatto che quell’anno non ci sarebbe stata neve sulle strade di Huntington Beach. Con Brian era tutto così naturale, facile e vero, così vero da far male. Con Brian era sempre troppo impegnato a scovare nuovi insulti piuttosto che pensare a quanto tutto sembrava disintegrarsi quando lui si avvicinava troppo.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Synyster Gates, Zacky Vengeance
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa – stupida – fanfiction è per Giulia.
Perché è il mio pretesto per restare e l’unica che mi conosce davvero.
Perché adoro sclerare con lei e quattro giorni senza parlarle mi sembrano mesi.
Mi manchi da morire. Anche se sono solo quattro giorni, mi manchi lo stesso.
Love U.
 
 
 
 
 
 
 
02.
Il loro modo di amarsi.

 
 
 
 
Zacky voleva semplicemente sapere quale genere di grave problema aveva.
Doveva esserci un problema. Una rotella storta, un ingranaggio mancante, una maledizione azteca, un qualcosa che gli permetteva di mandare sempre a puttane ogni cosa. Riusciva a distruggere tutto quanto senza neanche farci caso, così, a volte anche senza motivo, come se non potesse farne a meno. E la fregatura era che poi stava anche male per questo. Prima o poi avrebbe mandato a puttane anche la sua vita, come diceva suo padre. Un po’ di dava ragione: era senza speranza, un progetto incompiuto e lasciato a metà, qualcosa di incompleto, inadatto e inutile. Una bomba a carica destinata ad implodere e a distruggere tutto.
Sospirò, tuffando le mani nelle tasche per cercare le sue sigarette. Aveva un pacchetto di Marlboro Rosse stropicciatissimo e un accendino nero mezzo scarico in mano. Prese una sigaretta, incastrò il filtro tra le labbra e, dopo un paio di tentativi, riuscì ad accenderla. Il fumo scivolò e si attorcigliò nella gelida aria invernale: Natale era ormai alle porte, ma quell’anno non avrebbero visto lo straccio di un fiocco ghiacciato, così come l’anno precedente. Vivevano ad Huntington Beach, la neve era qualcosa di impossibile lì.
Avevano litigato. Di nuovo. E questa volta Brian era riuscito a tirargli un bel pugno: il labbro inferiore bruciava e pulsava per il dolore, ma andava già meglio rispetto a cinque minuti prima e la ferita all’interno della bocca non sanguinava più così tanto.
Zacky avrebbe preferito rimuovere quel litigio – e gli innumerevoli altri – dai suoi ricordi, ma semplicemente non poteva: in fin dei conti aveva rapporti con Brian solo quando si urlavano addosso di tutto e di più. Per il resto del tempo, spesso, non si parlavano nemmeno.
A volte si diceva di odiarlo a morte, altre capiva che ci teneva. Perché se non ci tenesse, di sicuro non continuerebbe a mandare avanti quel rapporto così strano e controverso, fatto di urla, pugni e abbracci da ubriachi. Se non ci tenesse, avrebbe troncato i rapporti così come aveva fatto con tutti gli altri. Ma non poteva chiudere con Brian. Lui… a lui ci teneva. Forse troppo.
Zacky sospirò, prendendo un altro tiro dalla sigaretta. Guardò il cielo scuro, sopra di sé, e pensò che presto avrebbe cominciato a piovere. Gli conveniva tornare a casa subito, ma per un attimo voleva rimanere fuori ed avere l’impressione di appartenere a qualcosa. Magari a quell’aria fredda, a quella sigaretta. Forse al mare ghiacciato, al cielo nero, al fumo che saliva in alto.
Forse a Brian.
Zacky lanciò la cicca a terra e la spense con la punta del piede, per poi affondare le mani nelle tasche e dirigersi verso casa sua.
A volte avrebbe voluto capirsi per davvero.
 
*
 
« Tu e Zacky siete strani forte » esclamò Jimmy, passando un pacco di ghiaccio istantaneo a Brian.
Il ragazzo fece una smorfia e, dopo aver preso un bel respiro, appoggiò il ghiaccio sul naso. Subito rabbrividì ed ebbe la tentazione di togliersi quella cosa dalla faccia, ma lo sguardo ammonitorio dell’altro lo spinse a lasciare il sacchetto lì dove si trovava.
Non rispose all’affermazione di Jimmy che, nel frattempo, era sprofondato nella vecchia poltrona sfondata della sala prove (ovvero il garage di Matt), una birra in mano e uno sguardo che sembrava dire “che c’è che non va?”. Jimmy parlava poco di cose serie, erano i suoi occhi a dirle per lui.
« Mi fa incazzare. Dice cose stupide »
« Ad esempio? »
« Che Michelle è una troia »
Jimmy alzò un sopracciglio. « Lo dicono tutti »
« E’ la mia ragazza »
« Questo la rende meno troia? »
« ...No »
« E allora c’era bisogno di pestare Zacky? »
« Non deve permettersi di chiamare la mia ragazza troia »
« Ma lo fanno tutti »
« Jimmy, cristo santo, non insistere. Non deve permettersi e basta »
L’altro alzò le spalle, sorseggiando la sua birra in santa pace. Brian sospirò, togliendo la busta del ghiaccio istantaneo dal suo povero naso. Si era beccato un bel pugno in faccia e gli facevano male le costole, e tutto perché Zacky era un idiota. Un grosso, grasso, stupido idiota. Un idiota con il quale litigava praticamente sempre. Un idiota del quale non poteva comunque fare a meno.
« E’ un idiota »
« Non ci sono dubbi, ma non c’è bisogno di pestarlo per questo »
« Sì invece! »
Jimmy scosse la testa, sbuffando. « Quando diavolo la smetterete di fare i cretini così? »
« Quando Zacky troverà il suo cervello »
« Allora mai »
Brian ridacchiò, afferrando la sigaretta che Jimmy gli stava porgendo.
« Dovreste smettere di picchiarvi, per lo meno »
Brian rimase in silenzio, osservando Jimmy. Lui era quel genere di persona con la risposta sempre in tasca, con una soluzione sempre a portata di mano o un piano geniale per compiere la bravata del secolo. Jimmy sapeva sempre qual era il modo giusto per correggere tutti i suoi errori.
« Ha nominato Michelle » affermò all’improvviso Brian, senza pensarci.
Vide Jimmy corrugare le sopracciglia e sospirò, scuotendo la testa.
« Io… Niente. Non importa »
E invece importava, e lo sapeva. Perché lui non voleva ricordarsi dell’esistenza di Michelle – la sua ragazza, la sua cazzo di ragazza – quando era con Zacky. Voleva fingere che non esistesse affatto, che non fosse mai esistita, perché pensare a Michelle quando era con Zacky gli toglieva il respiro, lo opprimeva.
Zacky era un altro mondo, faceva parte di un’altra galassia, e Michelle non doveva invadere anche quel suo spazio. Si stava già prendendo tutto quanto, ma Zacky… non doveva prendersi Zacky. Era suo, in qualche modo. Zacky apparteneva a lui. E ci teneva, più di quanto fosse disposto ad ammettere.
« Tu non sei una persona felice, vero, Syn? » domandò Jimmy, dopo qualche secondo.
Brian non rispose.
 
*
 
Era la vigilia di Natale, e stavano litigando. Come al solito.
Zacky, steso sul letto della sua camera, chiuse gli occhi con forza e chiese semplicemente una cosa: scappare via, andarsene e non tornare più in quella casa. Partire con i suoi amici e tornare solo quando sarebbe stato pronto per affrontare tutto quanto senza sentirsi così. Ma sarebbe mai stato pronto ad affrontare tutto? Avrebbe mai avuto il coraggio di affrontare quella parte della sua vita? Di coraggio non ne aveva mai avuto.
Zacky non ascoltava neanche cosa si stavano dicendo: tanto erano le solite menate, i soliti insulti e le solite parole orribili che si urlavano contro. Lo facevano da quando era in fasce, non avrebbero di certo smesso ora. Non erano capaci di lasciarsi, ma neanche di coesistere, e quindi esplodevano e si urlavano contro di tutto. E poi, il giorno dopo, era tutto normale e perfetto.
“E se io e Brian finissimo come i miei?” pensò, sapendo già in anticipo che quel paragone non era adatto, perché lui e Brian non erano come i suoi, non erano sposati e soprattutto non potevano essere innamorati. O forse sì, forse si amavano in un modo strano, complesso e difficile da capire, ma si amavano.
Zacky sospirò, alzandosi in piedi. Sapeva solo che non ce la faceva più a reggere quella situazione, ed aveva già la soluzione a portata di mano: scappare. Sapeva che scappando non avrebbe risolto assolutamente niente, ma sul momento non gliene poteva fregare di meno. Quel posto lo soffocava, tra suo padre che lo considerava un buono a nulla e sua madre che a malapena si rendeva conto della sua esistenza.
Afferrò la sua giacca e le chiavi di casa, per poi uscire dalla sua stanza e scendere le scale. Raggiunse l’ingresso e, purtroppo, non riuscì a passare inosservato.
« E tu dove stai andando? » esclamò suo padre, riacquistando un tono di voce normale ma stizzito.
Avevano gli stessi occhi: Zacky avrebbe voluto strapparseli dalle orbite, in quel momento.
« In giro »
« Torna subito in camera tua, Zachary! La vigilia di Natale si passa in famiglia! » esclamò la madre, osservandolo con rabbia.
Zacky li guardò entrambi e scosse la testa.
« E secondo voi noi siamo una famiglia? » domandò, per poi aprire la porta di casa e chiudersela alle spalle, sbattendola.
Camminò velocemente lungo il vialetto, si incamminò verso chissà dove, il freddo pungente che si infiltrava oltre le trame del suo cappotto, fin dentro le ossa, e sospirò. Non si rese neanche conto di aver cominciato a piangere: lo comprese solo quando il primo singhiozzo sgusciò fuori dalle sue labbra socchiuse. Si sfregò le guance umide con le mani e, dopo aver preso un grosso respiro rantolante, continuò a camminare. Sempre dritto, senza fretta. Poteva scappare via, se continuava ad andare avanti, se non si fermava. Poteva semplicemente scegliere di non fermarsi più. Era una scelta plausibile: correre via, per sempre… ma da solo. Senza Brian.
Si fermò dopo un paio di isolati, per poi voltarsi verso destra. Osservò con attenzione il profilo di quella casa, la casa di Brian, e pensò che era sempre andato lì quando sentiva di non riuscire più a reggere niente. Con Brian era facile: due parole messe lì quasi per caso e si ritrovavano a picchiarsi, rotolando sul pavimento della sua stanza, oppure si urlavano addosso di tutto e di più. Zacky aveva bisogno di tutto questo, di sfogarsi e fare pace con se stesso, di accusare qualcun altro se nella sua vita tutto sembrava andare male. Senza di lui, senza Synyster Gates, non poteva farcela.
Le lacrime aumentarono, e Zacky le asciugò di nuovo con il lembo della sua giacca, singhiozzando.
Perché senza Brian, semplicemente, non aveva senso. Non aveva mai avuto senso. Forse gli apparteneva. Forse si amavano. Anzi, forse lui lo amava. L’unica cosa che sapeva era che senza Brian non ce la faceva a combattere. Brian era una sicurezza, come il fatto che quell’anno non ci sarebbe stata neve sulle strade di Huntington Beach. Con Brian era tutto così naturale, facile e vero, così vero da far male. Con Brian era sempre troppo impegnato a scovare nuovi insulti piuttosto che pensare a quanto tutto sembrava disintegrarsi quando lui si avvicinava troppo.
Ma Zacky si era avvicinato Brian, ed era intatto. Erano ancora intatti. Loro due. Insieme.
Oltrepassò il vialetto. Bussò alla porta. Attese.
Quando Brian venne ad aprire, guardò Zacky con confusione e stupore. Aveva le guance rosse e umide, gli occhi enormi e brillanti, le labbra gonfie per il pianto.
« Zacky, che diavolo… »
« Ti amo » affermò lui, senza fermarsi e senza pensare, la voce un po’ rotta dal pianto. « Non mi sono mai sentito veramente bene qui, c’era sempre qualcosa di sbagliato, di errato. Forse sono io quello sbagliato, ma quando ci sei tu… non mi importa. Perché ci sei. Perché senza di te… senza di te non ha senso. Odio litigare con te, da morire, ma se è l’unico modo che ho per averti accanto, litighiamo per sempre, allora. Litighiamo tutta la vita. »
Brian lo osservò, in silenzio.
Rimasero così, insieme, a guardarsi come se non si fossero mai visti in vita loro, come se non si fossero mai conosciuti. E forse non si erano mai conosciuti per davvero. Forse non si conosce mai nessuno per davvero, ma a loro non importava, perché si appartenevano lo stesso.
Brian si avvicinò a Zacky ed appoggiò le sue labbra su quelle dell’altro.
Si baciarono in silenzio, conoscendosi, forse, per la prima volta.
 
*
 
Zacky si sentiva un errore, credeva di avere qualcosa di errato dentro, di dover sempre e solo distruggere tutto ciò che aveva. Pensava che avrebbe distrutto anche la sua vita, che suo padre aveva ragione. Ma a Brian non importavano tutte quelle stronzate, perché lo amava. In un modo particolare, strano, difficile da comprendere, al di sopra del tipico amore tutto baci e cioccolatini, ma lo amava.
« Buon Natale Zacky »
Si guardarono. Gli occhi di Zacky erano ancora arrossati per il pianto, grandi, verdi e zeppi di emozioni. Aveva una coperta arancione con delle mele danzanti sulle spalle, ma Brian non riuscì a trovare un insulto efficace, questa volta.
Zacky abbozzò un sorriso di carta velina che, per quanto sottile e impercettibile, era vero.
Un colpo al cuore.
« Buon Natale Brian »
Anche Brian sorrise.
Loro litigavano, si urlavano contro di tutto, a volte si picchiavano, non si parlavano per giorni. Poi però si rivedevano ed era tutto perfetto, ma non per finta, no: era tutto perfetto davvero.
Era il loro modo di amarsi, e andava bene così.

 
 
 




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Questa fanfiction è tristissima lalalaaa (?)
No, okay, spieghiamoci: l’ho scritta tipo a fine ottobre, e ci ho lavorato per tanto tempo sopra, cercando sempre di migliorarla, e penso che meglio di così non posso fare. Il che è grave perché questa fanfiction è pericolosamente mediocre.
Forse penserete che ci sia una certa rassomiglianza con un’altra mia Synacky, ma vi spiego: io Brian e Zacky da adolescenti me li immagino così: super complessati, Zacky con una situazione familiare complicata che gli uccide il cuore etc etc, e Brian che non sa esprimere le emozioni.
E’ un quadro complesso, anche perché si sa come sono fatti gli adolescenti, no? Suppongo che la maggior parte delle persone che leggono le mie fanfiction (se non tutte) siano adolescenti, quindi possono capire. Poi si cambia, si cresce, si acquistano sicurezze, ma l’adolescenza è diversa.
La dedico a Giulia perché è a Dublino e mi manca tanto e mi odierà perché l’ho riempita di messaggi praticamente OVUNQUE per ingannare la mancanza (con scarsi risultati, già). Quindi prendetevela con lei. E con Dublino. E con il fuso orario.
La lovvo tanto, sìsì ♥
Ora me ne vado, in attesa dei futuri pomodori in arrivo. O coltelli. O magari evitate persino di leggere tutte le puttanate che scrivo e vi dedicate a qualcosa di costruttivo come il contrabbando di barbabietole da zucchero.
…Sparisco e basta vah.
Ciau
 
_Cris
   
 
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