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Autore: Walpurgisnacht    02/12/2012    3 recensioni
Prendete l'undicesimo capitolo di Secret Heart.
Gettategli sopra una tonnellata di tabasco.
Divertitevi con i risultati.
E fate attenzione a Ping. Quella porta uccide.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mousse, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki, Shan-pu
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Secretception!'
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Piccolo missing moment nato dal capitolo 11 di Secret Heart (e quindi rientra nel “nostro” canon, ecco), incentrato sulla piccante conversazione tra Mousse, Ranma e Ryoga.
Consideratelo una sorta di “quello che è successo ma che gli autori non vi hanno voluto mostrare”, se così si può dire! :D
Ovviamente non aspettatevi nulla di volgare (non troppo, suvvia)… solo tante scemenze!
Speriamo vi diverta come ci siamo divertiti noi a scriverla – non avete idea delle risate, su Skype! :D
Vi auguriamo buona lettura. E vogliate bene a Ping!

Mana e Kaos

PS: Le prove sull'essere porco di Mousse, perché ci teniamo al canon: QUI e QUI XD





“M-ma quindi” continuò Ranma, sottovoce “tu m-mi stai suggerendo d-di…”.
“Ma per favore, guarda come stai arrossendo” lo schernì Mousse “non riusciresti nemmeno a baciare Akane, in queste condizioni!”.
Ranma si sentì bruciare il volto: come si permetteva, questo gallinaccio spennacchiato, di mettere in dubbio la sua virilità? Diede un pestone fortissimo per terra, crepando il pavimento e spaventando Mousse e Ryoga che, istintivamente, fecero un paio di passi per allontanarsi da lui.
"Non dovete mai sottovalutare Ranma Saotome e la sua volontà!" urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.
Ryoga, ancora scosso dal repentino cambio d'umore, lo guardò come si può guardare un alieno vestito con solo un tanga leopardato e due cornini sulla testa. Non è che Mousse avesse detto chissà quale bestialità, anzi. Tutti e tre, lì, sapevano che Ranma Saotome non si sarebbe mai spinto neanche a mettere i piedi in acqua, figurarsi a fare tutta la vasca in apnea. Va bene l'orgoglio ferito, va bene qualche rimasuglio di rivalità fra i due, ma onestamente questa reazione era davvero esagerata.
E Mousse stava pensando a cose molto simili.
"Ranma, vorresti farmi credere... che saresti capace di bruciare le basi con la tua dolce metà? Da zero a cento in due secondi e dieci? Non farmi ridere. Non ne sei in grado, fino a un istante fa eri più rosso del pomodoro più maturo del mondo. E stavi ascoltando quel che ti veniva raccontato. A farlo tu ti verrebbe un attacco d'ansia mortale" lo provocò il cinese.
"Temo che Mousse abbia ragione..." si trovò costretto a confermare Ryoga, pur senza particolare gioia nel farlo.
"Voi due..." sibilò il ragazzo col codino "Voi due... non sapete con chi avete a che fare se dite così".
"No, lo sappiamo" rispose Mousse, senza scomporsi "è questo il problema."
Ryoga osservò Mousse, sorpreso dalla sua capacità di tener testa a Ranma. Da quello che ricordava il cinese si era sempre limitato a provocarlo, mentre ora se lo rigirava come voleva con un paio di frasi.
Beh, non è che ci volesse tanto… aveva ascoltato anche lui, e stava faticando come un porco – è il caso di dirlo – per non pensarci troppo, o avrebbe finito per arrossire di nuovo. E dire che Mousse aveva persino evitato dettagli scabrosi.
Ranma in quel momento era paonazzo, difficile dire se più per l’imbarazzo o la rabbia. Probabilmente entrambi.
“Se solo volessi potrei…”
“Potresti cosa, Saotome?”
“P-potrei… ecco…” balbettò Ranma, sempre più confuso “p-potrei s-s-saltare ad-d-dosso ad Akan-e-e-e- e e e…”
“…no, non potresti” scosse la testa Mousse, sconsolato. Poi cinse Ranma per le spalle e lo riportò verso il tavolo che poco prima occupava con Ryoga.
“Vedi Ranma, tu e Akane siete ancora ben lontani da questa fase del vostro rapporto” disse, accomodandosi al tavolo con i due “ci avete messo più di un anno solo per accettare i vostri sentimenti, figurati quanto ci vorrà per arrivare al passo successivo!”
Ranma aveva una voglia matta di sotterrarsi. Non voleva ammetterlo, ma Mousse aveva maledettamente ragione.
“E comunque” continuò quest’ultimo “prima ancora di pensare a certe cose dovresti prima trovare il modo di chiederle scusa per il vostro attuale litigio.”
“Beh ma magari… d-dopo…” balbettò Ranma, speranzoso.
“No. Credimi. Quanto ci è voluto per il vostro primo bacio?”
“I-i-il p-p-p-rimo…?”
“…dimmi che almeno quello c’è già stato, ti prego.”
“S-si, certo che c’è stato!” urlò il codinato, ormai in crisi per il troppo imbarazzo.
Mousse si limitò ad annuire, indeciso se credergli o meno.
“S-senti ma… lasciando perdere Ranma e i suoi problemi…” si intromise timidamente Ryoga, che finora si era limitato ad ascoltare “s-se per caso qualcun altro v-volesse q-qualche c-c-consiglio…”
Mousse si voltò a guardarlo, sorridendo sornione.
“Hibiki, hai finalmente finalmente trovato una donna anche tu?”
“B-beh ecco, n-n-non p-proprio…”
“Scherzi? Lui e Ukyo escono insieme!” prese parola Ranma gettando Ryoga ancora di più nello sconforto e nella vergogna.
“Fatti gli affari tuoi e torna ad auto commiserarti, idiota!”
“Ryoga, questa si che è una notiziona! Non l’avrei mai detto! Con Ukyo, poi…” commentò Mousse, con l’aria di uno che la sa lunga. Ranma e Ryoga lo fissarono, un po’ inquieti.
“Senti un po’ tu, ma da quanto emani malizia da ogni sillaba? Dov’è finita la tua timidezza?”
“Mai avuta. L’unico motivo che mi impediva di combinare qualcosa, oltre il caratteraccio di Shan-Pu, era perché non vedevo nulla a causa della miopia.”
"Senti anatraccolo sbruffone. Piace gonfiare verità, eh?" fu la voce che arrivò dall'ingresso.
I tre si voltarono e videro Shan-Pu che sorrideva come la più provocante delle accompagnatrici a pagamento, un cestello per le consegne nella sinistra. Avanzò con tranquillità, senza distogliere per un solo attimo lo sguardo dal suo presunto... ehm... questa è una storia a rating verde, vero? Non mi azzardo a usare parole troppo spinte. Ci siamo capiti.
"Shan-Pu, non mi vorrai far fare brutta figura di fronte a questi due gentiluomini vero?" rispose con voce sicura. Non una sola parola di quelle confidate ai suoi timidi amici era finta, d'altronde.
Lui e Shan-Pu avevano fatto home run. Più di una volta. E, almeno giudicando dalle reazioni posteriori, con reciproca soddisfazione.
"Brutta figura? Perché, tu teme qualcosa?".
"No, non temo nulla. So cosa è successo nel letto al piano superiore di questo edificio. Tu no?".
"Io sì, saperlo".
"E allora siamo tutti felici e contenti, direi".
"Sì, noi esserlo. Però...".
"Però?".
Fu improvviso: lei lo prese per un orecchio e lo trascinò in cucina, intimando ai poveri Ryoga e Ranma di non seguirli pena punizioni corporali severissime e l'ira di Ping che avrebbe cominciato a usarli tipo punching ball.
Una volta da soli lo sbattè per terra.
"Mu-Si, toglimi una curiosità: quando, nella tua testolina di anatroccolo, si è accesa la lampadina che ti ha portato a raccontare i nostri fatti privatissimi a chicchessia?".
Se si era persino presa la briga di parlare in cinese, significava che Mousse era davvero nei guai.
“Ti assicuro che non sono sceso nei dettagli” rispose sottovoce, nella sua lingua natia “sanno solo che noi… facciamo. Ecco. Ma non sanno il resto…”
“Ed è meglio che non lo sappiano” sussurrò Shan-Pu, furente “o ti assicuro che ti infliggerò la peggiore delle punizioni mai usate dalle Amazzoni, e da qualunque donna del pianeta.”
Mousse deglutì rumorosamente.
“S-sarebbe…?”
“Stasera dormi da solo.”

Mousse sbiancò solo all’idea. Ormai era così abituato a non dormire più da solo, ad avere Shan-pu sempre vicina, e… beh, anche a quello. Soprattutto a quello. L’idea di non dormire con lei anche solo per una notte lo distruggeva, e conoscendo Shan-Pu era probabile che sarebbe stata anche più di una. Quella ragazza sapeva ammaliarlo, ma non aveva dimenticato come essere crudele.
Deglutì di nuovo, ed annuì.
“Giuro che non uscirà un’altra parola dalla mia bocca. Promesso.”
Shan-Pu lo osservò con occhi di ghiaccio. Poi sorrise, e pose un dito sulle labbra di Mousse.
“Bravo il mio paperotto” sussurrò sensuale, poi lo lasciò solo per tornare alle sue consegne.
 
“Ma secondo te lo sta malmenando?”
“No, non mi sembra di sentire rumori di lotta… solo borbottii in cinese.”
Senza allontanarsi dal tavolo, Ranma e Ryoga avevano cercato in ogni modo di captare informazioni dalla cucina, ma tutto ciò che ne avevano ottenuto erano un paio di frasi in cinese che non avevano capito, e che la porta della cucina era stata ribattezzata Ping.
Alla fine Mousse fece ritorno al loro tavolo, con un’aria serissima in volto.
“Scusate se vi ho fatto attendere, io e Shan-Pu avevamo qualcosa di cui discutere.”
“La cinesina ti ha tirato le orecchie per aver parlato troppo?” ironizzò Ryoga, dimenticando i balbettamenti di poco prima.
Mousse arrossì, distogliendo lo sguardo.
“Diciamo che non ha gradito molto che parlassi con voi di certe cose… e ha minacciato di vendicarsi in maniera terribile.”
"Cos'è? Ti ha minacciato di mandarti in bianco d'ora in avanti?" propose Ranma con intento palesemente goliardico. Se avesse saputo di averci azzeccato in pieno avrebbe cominciato a saltellare come una scimmietta per tutto il ristorante.
"N-No... ma ti pare..." farfugliò l'accusato, in evidente debito di ossigeno.
Il codinato sentì il proprio istinto combattivo riemergere prepotente: un avversario a cui estorcere un'informazione, uno spiraglio, un salto per portare l'attacco più in profondità. In un flash di logica una minuscola sezione del suo cervello gli fece presente che era proprio questo suo atteggiamento a metterlo spesso nei guai, ma il resto della volontà più o meno cosciente la prese a calci in bocca per farla star zitta.
"Sì che mi pare. Fino a dieci minuti fa sembravi il Casanova di Joketsuzoku, ora assomigli a me mentre mi raccontavi dei tuoi funambolismi sessuali".
"Shhhhht! Vuoi abbassare la voce? Ci sono dei clienti e potresti disturbarli con simili discorsi".
"Sai cosa? No, non voglio abbassare la voce. Anzi, farò di meglio". E così dicendo saltò in piedi sulla sedia. Venne sfiorato dall'idea di esagerare ulteriormente e di portarsi sul tavolo, ma poi ebbe pietà delle povero pietanze che nulla gli avevano fatto.
Ryoga e Mousse si chiesero, inconsapevolmente all'unisono, quanti mattoni stavano galleggiando nella scatola cranica di Ranma in quegli istanti.
"Gente! Notizia succulenta per tutti!" cominciò il proprio annuncio. L'intera clientela del locale fissò i propri occhi su quel matto.
Mousse prese a sudare ettolitri. Se Shan-Pu aveva minacciato di farlo dormire da solo per il semplice averlo detto a due amici... beh, se la cosa si fosse espansa a macchia d'olio non sarebbe più stato il problema di dove dormire, visto che i morti non dormono.
Si sbracciò nel tentativo di farlo scendere, ma l'altro si difendeva con perizia.
Poi, all'ennesima spinta a vuoto...
CLANG.
Rumore di qualcosa che cadeva per terra. Qualcosa di metallico.
Tutti e tre si focalizzarono sulla fonte del disturbo.
C'era un paio di manette per terra. Presumibilmente scivolate fuori da una delle maniche di Mousse.
“E queste…?”
Ryoga prese con due dita le manette – decorate con pelo rosa.
Ranma dimenticò qualsiasi idea criminale avesse in testa, troppo preso a fissare anche lui l’oggetto tra le mani di Ryoga.
Nella testa dei due bamboccioni, le manette erano usate solo in due casi: dalla polizia, o in certi fumetti hentai che Ranma aveva letto tramite Hiroshi e Daisuke – e Ryoga aveva letto tramite Ranma, nelle innumerevoli volte in cui aveva pernottato in casa dei Tendo sotto forma di P-chan e si era intrufolato in camera sua per dispetto.
I due fissarono con occhi sgranati le manette, per poi spostare lo sguardo su Mousse, troppo impegnato a ricordare come si fa a respirare per prestare loro attenzione.
Se Shan-Pu se ne fosse accorta…
“Mousse, tu…” sussurrò Ranma.
“…sei veramente un porco. E senza bisogno di acqua fredda!” concluse Ryoga, con una frase che per lui suonava estremamente offensiva.
“V-vi prego, vi prego” balbettò Mousse, avvicinandosi a loro furtivamente “restituitemele! Se Shan-Pu scopre che qualcuno le ha viste per me è la fine!”
“Davvero…? Che fa, ti manda in bianco per una settimana?” sorrise beffardo Ryoga, facendo ruotare le manette attorno a un dito.
“Oh, non dovrò più preoccuparmi di quello se sarò morto!” ringhiò il cinese, sull’orlo della disperazione.
“Dicci a cosa ti servono” chiese Ranma, con un’espressione curiosa in volto. Ryoga annuì, concorde col degno compare.
Mousse sbatté le palpebre un paio di volte, sempre più incredulo.
“…voi sapete come si usano di solito le manette. Vero?”
“Ovvio.”
“Ecco.”
I due ci misero qualche secondo per assimilare e capire la risposta. Poi sgranarono gli occhi all’unisono.
“Tu la ammanetti?!”
“Zitti! Abbassate la voce!” sussurrò, cercando di tappare la bocca a quei due decerebrati “E comunque no, non è lei che viene ammanettata… di solito.”
Ranma e Ryoga caddero a terra. E non per modo di dire, caddero davvero.
Mousse... Shan-Pu... le manette...
Quella conversazione si stava trasformando nell'equivalente di una bomba H. Fat Man, tornatene nello scantinato che non servi più.
Mousse colse l'attimo: afferrò la caraffa dell'acqua, che i due non avevano quasi toccato, e uno in fila all'altro li bagnò.
"Uh, fredda!" si lamentò Ranmachan, essendo l'unica a poterlo fare a parole. P-chan, difatti, stava pigolando infuriato.
Il cinese prese la ragazza sottobraccio, il maialino nell'altra mano e saettò al di fuori del ristorante. Lasciandosi dietro delle persone che, molto molto probabilmente, non avrebbero mai più messo piede al Nekohanten in vita loro.
Una volta all'esterno li condusse nel giardino sul retro. Con Ranmachan che berciava di farsi mollare e P-chan che continuava a grufolare con le stesse intenzioni, Mousse non riuscì a farsi assalire dalla nostalgia come avrebbe voluto. Il suo cuore tenero, però, non mancò di emozionarsi al fugace pensiero che proprio lì, in quel piccolo spiazzo, era cominciata la sua nuova vita in terra giapponese. Vita che però, a causa dell'invadenza di quei due elementi, poteva essere in serissimo pericolo.
Li gettò a terra senza tanti riguardi.
"Saotome, parlerò con te visto che Ryoga al momento è impossibilitato. Che cosa cavolo vi è saltato in testa? Perché avete cercato di distruggere tutto ciò che ho di prezioso? Vi siete organizzati in un'associazione a delinquere, per caso?".
Ranma si rialzò. Vedeva negli occhi di Mousse pura fiamma. Era furibondo e, molto probabilmente, se avessero combattuto lui l'avrebbe fatto per uccidere.
Uno spillo etereo gli entrò nella nuca.
Che cosa ti è preso, Saotome? Perché ti sei messo a spifferare i fatti privati di Mousse, che vorrei ricordarti è un tuo caro amico oramai, in maniera così odiosa? Ti sei rincrenitito tutto ad un tratto? Quest'ultimo anno non ti ha insegnato proprio niente, cretino che non sei altro.
Abbassò la testa, incapace di rispondere in maniera non patetica.
“Mi dispiace.”
Mousse lo guardò esterrefatto. Per uno testardo e orgoglioso come Ranma, ammettere un errore era un evento più unico che raro. Ma quando lo faceva era sincero; aveva imparato sulla propria pellaccia quanto potesse costare fare il gradasso, in certi casi.
“Davvero, ti chiedo scusa Mousse” disse Ranmachan, ora guardandolo negli occhi “non volevo crearti problemi. Volevo solo scherzare, ma tanto per cambiare mi sono lasciato andare alle stupidaggini.”
Mousse sorrise, sollevato.
“E ovviamente ti chiede scusa anche lui, vero Ryoga?” continuò la ragazzina rossa, acchiappando il porcellino e facendolo inchinare di malagrazia. Quest’ultimo agitò la testolina verso Mousse in segno di scuse, non prima di aver ringraziato Ranma con un morso.
“Ahia! Stupido porco!”
“Va bene, va bene” sospirò Mousse “accetto le vostre scuse.”
“Davvero?” sorrise Ranmachan – e in qualche modo anche Ryoga, sgranando gli occhietti porcini.
“Ma per piacere, fate più attenzione. Se Shan-Pu scoprisse quanto è successo prima non ci sarebbe posto al mondo dove potrei rifugiarmi…”
Mousse sbiancò, e con lui i suoi due nemici/amici, che ben conoscevano gli usi e costumi della tribù delle Amazzoni.
“E ancora peggio… se la vecchia Cologne avesse sentito…”
Al solo pensiero Mousse sgranò gli occhi. Sperò che la vecchia avesse il sonno molto pesante.
“Non per gettare altra benzina sul fuoco” sussurrò Ranmachan “ma la vecchia ha occhi e orecchie ovunque, lo sai meglio di me. Ho il sospetto che sappia già di voi due…”
“…dici che tiene per sé l’informazione? Per ricattarmi in maniera terribile quando meno me lo aspetto?”
“Potrebbe…” sussurrò Ranmachan, lasciandosi contagiare dalla paranoia del cinese. Anche Ryoga si lasciò trasportare, grugnendo e nascondendosi dentro la blusa della ragazzina rossa.
“M-meglio che non ci pensi adesso” sussurrò Mousse “una calamità per volta. Ora torniamo di là, così vi riscaldo dell’acqua e recupero…”
“Cerchi qualcosa, Mu-si?”
Mousse si fermò di colpo, terrorizzato.
Shan-pu era ferma sulla porta del cortile, con in mano le manette.
Ora era morto, sul serio.
"Ranma. Muto. Non dire sola parola o io gonfia te. Capito?".
"Sarò come un morto" rispose rapidamente. E solo in un secondo momento si rese conto che quella parola stava per diventare la perfetta descrizione di Mousse. Si scusò silenziosamente.
Shan-Pu cominciò a far roteare le manette con un dito. Si vedeva che ci sapeva fare con quegli aggeggi. Pelazzi rosa si sparsero un po' qui e un po' là sull'erba.
Ranmachan prese un paio di metri di distanza di sicurezza perché non ci teneva a finire in mezzo agli esperimenti nucleari cinesi. Sai mai che ti si sciolga la faccia per sbaglio.
"Allora Mu-Si" chiese Shan-Pu in lingua madre quando fu a meno di trenta centimetri dalla sua sudatissima faccia "come mai questo nostro giocattolino si trovava sul pavimento del ristorante?".
"Io... io... io... voglio scappare su Saturno...".
"Non mi stai rispondendo. Sai che non mi piace quando non mi rispondi, servetto".
"Mi scusi, mia signora".

Ranma e Ryoga non capivano un accidenti del dialogo, ovviamente. Ma i gesti e le movenze dei due erano a dir poco inconfondibili: Shan-Pu si atteggiava come un barone feudale e Mousse come un servo della gleba. Il maialino si aspettò che lui si gettasse in ginocchio.
"Allora, servetto? Attendo questa risposta".
"Mia signora, è stato un disgraziato incidente. Mentre cercavo di fermare Ranma Saotome dal diffondere notizie... sensibili mi è scivolato fuori dalla manica".
"Uhm. Ti credo. Ma questo non toglie che meriti una punizione".
"Sono pronto alle conseguenze, mia signora".
"Voltati".
E lui si voltò.
Lei lo ammanettò.
Poi si rivolse a Ranma e a Ryoga, il quale era ancora ben nascosto dietro la blusa rossa dell'amico: "Ormai frittata è fatta. Volere voi assistere?".
“S-Shan-Pu… che intenzioni hai?”
Ranmachan e P-chan osservarono terrorizzati la cinesina intenta ad ammanettare il povero Mousse, che senza fiatare si apprestava a ricevere la sua punizione, qualunque fosse.
“Forse devo punire anche te, Ranma?” rispose Shan-Pu, incenerendolo con lo sguardo.
Ranmachan non proferì parola ma fece cenno di no con la testa. P-chan seguì il suo esempio, pur non avendo ricevuto alcuna minaccia diretta. Ma quando sei intrappolato in un ristorante cinese, con un’amazzone folle che ammanetta la gente e tu hai l’aspetto di un maialino da fare in agrodolce… la prudenza non è mai troppa.
“Bene. Anche se forse meritate anche voi punizione…” continuò, grattandosi il mento “Mousse ha colpa, ma anche voi avete sbagliato. Shan-Pu non può lasciar correre.”
Ranmachan e P-chan sgranarono gli occhi, seriamente terrorizzati. Sapevano di cosa Shan-Pu era capace, e davvero non volevano essere coinvolti in simili beghe tra coppiette.
“S-Shan-Pu ti prego, perdonaci!” urlò Ranmachan, con voce stridula. P-chan grugnì con tutto il fiato che aveva in corpo, nascosto dietro la rossa.
La cinesina si avvicinò ai due, e sussurrò “Vedremo. Ma di sicuro non potere lasciarvi scappare.”
Mousse li osservò sconsolato, con uno sguardo che diceva: “Io ve l’avevo detto di stare zitti.”
Qualche minuto dopo, Ranma e Ryoga erano stati riportati al loro aspetto reale. E ammanettati insieme.
“P-perché questo…?”
“Se voi guardate come maschi è più umiliante.”
Ranma e Ryoga deglutirono rumorosamente, sudando freddo. Le loro menti semplici passarono in rassegna ogni tipo di tortura conosciuta, chiedendosi se a Joketsuzoku ne avessero inventate altre appositamente per gli uomini deboli.
“Bene Mu-si” disse Shan-Pu con una voce suadente, quasi stesse facendo le fusa “ora tocca a te.”
Quest’ultimo deglutì, consapevole di ciò che lo attendeva.
Gli si avvicinò, e gli tolse le lenti. Poi si spogliò, rimanendo solo in biancheria intima.
“Bene Mu-si. Che te ne pare?”
“…non vedo NIENTE.”
"Certo che non vedi niente, servetto. Sta proprio qui la punizione".
Detto ciò, di fronte agli sguardi più che sconvolti di Ranma e Ryoga e a quello cieco di Mousse, si slacciò il reggiseno con un movimento agile.
Lo lasciò cadere per terra. Insieme all'indumento caddero i due giapponesi, Ryoga con la più gigantesca emorragia nasale della sua vita e Ranma trascinato dall'improvviso peso morto a cui era stato incatenato.
"Cosa succede, Shan-Pu? Cosa sono questi rumori?" chiese Mousse dopo aver sentito tonfi e suoni non troppo definibili.
"Oh Mu-Si, nulla. I nostri amici si stanno gustando quello che tu non gusterai più per molto, molto, molto tempo" fu la risposta dell'amazzone sadomaso.
"Goditelo finché dura" sentenziò poi mentre cominciava a strusciarsi sensualmente sul suo petto.
Si alzò un urlo di agonia che investì l'intera Nerima. Ancora anni dopo si sarebbe parlato di quell'inspiegabile evento, una sorta di grido umano mai più ripetutosi che aveva provocato danni smisurati in tutta la città. Qualcuno giurò di averci perso l'udito.
Proseguì per alcuni lunghi, torturanti minuti.
Poi, dopo un'estenuante maratona di mosse audaci al buio (per Mousse), giudicò sufficiente la punizione e si ricompose. Liberò dalle manette tutti loro e li lasciò nel cortiletto.
Poco prima di andarsene, però, si voltò un'ultima volta e disse: "Mu-Si...".
"Sì?"
rispose lui con cautela mentre si sistemava gli occhiali.
"Ti consiglio di comprarti solo vestiti bianchi. Non vedrai più altro colore per il resto della tua vita".
   
 
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