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Autore: xNewYorker__    02/12/2012    1 recensioni
(Sequel di Have an awkward Christmas!)
Un anno dopo, le vacanze di Natale arrivano con la stessa monotona puntualità, accogliendo finalmente Shannon e Robert nel bel mezzo del freddo inverno di Toronto.
A rovinare il loro programma di vacanze pacifiche e strettamente familiari ci sarà una coppietta felice, un bambino e l'imprevedibilità del susseguirsi dei giorni.
Come al solito, insomma, le vacanze non sono mai ciò che ci si aspetta, specialmente in una famiglia come quella dei Washington.
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[...]«Fino ad allora cosa hai intenzione di fare? Vuoi spiare tua sorella, o peggio, quel tizio? Vuoi puntare sul bambino?».
Improvvisò una naturale risatina sommessa, ad occhi socchiusi. «In realtà volevo fare l’albero».
Genere: Comico, Demenziale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Have an awkward Christmas! - Canadian version 

 


Facevo di tutto per sembrare almeno un po’ virile, e cercavo di mascherare il terrore puro che mi attanagliava lo stomaco in una morsa al solo pensiero di trovarmi in casa Washington per più di un secondo sulla soglia. Avrei dovuto superare quella soglia, e salutare anche il signor Washington, e non credevo affatto di essere pronto a farlo, mi ritenevo più propenso a correre via in mezzo alla neve di Toronto in pantaloncini, piuttosto.
Il taxi sul quale mi trovavo si fermò di fronte a una grande casa di mattoni sul beige, abbellita da una piacevole scalinata in legno ed un portico subito oltre quella, che, almeno dal mio punto di vista, sembrava circondare tutto l’edificio. Potevo già osservare le finestre, dalle persiane in legno, aprirsi luminose sulla strada trafficata.
Il tetto, invece, era coperto di neve, e difficilmente si riusciva a intravedere qualche tegola rossiccia.
Se non avessi saputo che, prima o poi, avrei trovato dentro Raoul Washington, l’avrei considerata una casa graziosa e accogliente.
Il portone, ornato da inarrestabili lucine rosse e oro, mi appariva come un chiaro invito a stanziarmi lì per l’eternità, e una volta che mi trovai a giusto due passi da esso, col manico dell’enorme trolley in mano, potei finalmente vedere il tappeto di benvenuto, che recitava: “Benvenuti! (E attenti a Lauren)” in un delicato font nero su sfondo beige sporco. Mi scappò una leggera risatina, e poi lasciai che Wash mi superasse per essere lei a bussare e accertarsi che la casa fosse davvero vuota almeno quel giorno.
Bussò alcune volte, in modo da comporre una musichetta natalizia, e la sua espressione disgustata al riguardo diceva tutto. «E’ la canzone preferita di mio padre, sai com’è», commentò, roteando gli occhi e sorridendo.
Infilò una mano in tasca, dunque, giacché nessuno sembrava disposto, dall’interno, ad aprire la porta, ed era quasi pronta a festeggiare il fatto che la casa fosse tutta per noi, mentre Coraline le faceva pressione affinché aprisse, perché stava gelando.
«Sarai pronto a rivedere la famosa biancheria rossa, immagino», osservò, ridacchiando e tirando fuori la chiave dalla tasca, quando, improvvisamente, la porta si spalancò davanti ai suoi e ai nostri occhi.
Imprecai mentalmente, ma mi trovai a gioire a metà quando notai che non era nessuno dei suoi genitori che mi ritrovavo davanti.
Infatti, di fronte a noi c’era Louanne, che sembrava essersi liberata del suo affare tecnologico preferito di cui non ricordavo il nome. Al posto di quello, nella sua mano c’era...la mano di un bambino. Accanto a lei, fermo e sorridente, c’era proprio un bambino in carne ed ossa, sui quattro anni circa, ad occhio e croce.
«Lou...tesoro...». Dalla premessa, capii che non prometteva nulla di buono.
«Vuoi che ti dica adesso che morirai tra atroci sofferenze oppure rimando a più tardi? Cosa diavolo ci fa un bambino in casa mia? Pretendo delle spiegazioni». Il suo tono era intransigente, e notai lo sguardo cambiare e diventare di fuoco. Tipico.
Louanne si grattò la nuca con la mano libera, sorridendo angelicamente, in modo talmente “violento” da slogarsi visibilmente la mascella e da serrare del tutto gli occhi azzurri.
«Posso spiegare! Questo adorabile piccoletto è Edward, il figlio del mio...», prima che potesse finire la frase, un palestrato alto più o meno un metro e novanta mosse qualche silenzioso passo alle sue spalle, abbracciandola da dietro con un sorriso allegro.
L’unico motivo per il quale almeno io rimasi impalato a fissarlo con un po’ di imbarazzo era che indossasse solamente un asciugamano, chiaro segno che provenisse dal bagno.
«Oh, abbiamo ospiti, mi dispiace tan-», lei lo interruppe.
«Tranquillo! Lei è mia sorella, lui è il cane...ehm...il fidanzato di mia sorella, e lei è la mia nipotina acquisita», ci presentò. Sbuffai, al sentirmi chiamare “cane”, e mormorai un flebile “hey” risentito. 
«Shannon», disse Wash, non poi così tanto entusiasta, «Coraline», aggiunse lei, «e Robert», terminai io.
«Piacere di conoscervi, allora! Io sono Matthew». Allungò una mano verso di noi, allegramente, ma la ritrasse lentamente al constatare i nostri sguardi d’inquietudine per nulla mascherata.
«Seh, piacere mio, grossomodo», l’impaziente e nervosa simpatia di Shannon iniziava dunque a straripare, e io e Coraline ci guardammo come a metterci in guardia l’un l’altra.
«Ora vorrei sapere che cosa...aspetta un attimo», iniziava a fare due più due: lo suggeriva il suo sguardo da illuminazione. Guardò il bambino, e poi Matthew, e poi di nuovo il bambino, poi di nuovo Matthew. «Non ci credo. Tu mi porti a casa uno strafigo palestrato – scusa, sono per le valutazioni espresse – e non mi avverti? Il bambino sarebbe una specie di bonus, il prezzo da pagare per vederlo che gira per casa in mutande o cosa?».
Cercai di consolarmi ripetendomi mentalmente che era fatta così e che tutta la faccenda dei non-esattamente-complimenti-al-ragazzo-della-sorella non fosse un chiaro insulto a me, che ero tanto ma tanto carino, a detta di tutte.
«Questo bambino è la creaturina più dolce del mondo, te ne accorgerai», lo difese Louanne, stritolandolo tra le sue esili braccia. «Vero Ed?». Gli scompigliò i capelli, facendolo scoppiare a ridere, e poi il piccolo annuì.
A me sembrava abbastanza adorabile, ma avere un bambino e una coppietta in giro per casa non era esattamente il tipo di vacanza che avevo immaginato.
«Tu sei la sorella di Lou?», chiese, con una vocina stridula ma dolce allo stesso tempo.
L’interessata annuì, non poi così tanto entusiasta, né della situazione né della risposta affermativa che doveva dare.
«Sei bella!», commentò lui, sorridente, quindi, mentre il padre scoppiava a ridere.
Shannon mi guardò, e i suoi occhi sembravano quelli di una bambina alla vista di un cucciolo, mentre chiede ai genitori se possono tenerlo in casa con loro.
«Ma grazie! Quanto sei carino? Per essere una macchina fracassamaroni formato mini sei un adorabile piccoletto». Il massimo dei complimenti di quella donna non era mai un complimento vero e proprio.
 
Ci ritrovammo, finalmente, ognuno nella propria camera, giusto un’oretta dopo.
Ci aveva praticamente nevicato addosso, e finalmente avevamo potuto cambiarci i vestiti e rilassarci un po’.
La mia camera, che naturalmente condividevo con Shannon, si trovava al terzo piano, fortunatamente separata da due piani da quella di Louanne e Matthew e da un piano da quella di Coraline.
Con un rumoroso sospiro di sollievo mi misi a sedere sul letto, quasi lanciandomi, e osservai giusto per qualche secondo i particolari della stanza.
«Questa era la stanza di Zack, prima che ci tradisse con gli americani e i miei la trasformassero in una matrimoniale», mi illuminò Wash, facendo il suo ingresso direttamente dal bagno del terzo piano, collegato alla camera da una porta in legno scuro.
«Tradimento legittimo! Hai visto New York con i tuoi occhi», la stuzzicai, «ed è anche più bella di Toronto».
Mi guardò in cagnesco per qualche lungo istante, quasi gelandomi il sangue nelle vene.
«Niente è più bello di Toronto, specialmente in questo periodo dell’anno».
Mi stupii del fatto che non mi avesse attaccato: forse stava maturando anche lei, all’ombra dei suoi quasi trent’anni suonati. O forse era solo stanca. La mia mente mi suggerì che la condizione più probabile fosse la seconda.
«Pensi che ti abbiano rovinato la vacanza?», chiesi, senza pensare, socchiudendo gli occhi.
«Sì, diamine! Magari avrei deciso di soprassedere se ci fosse stata solo Louanne, che è comunque più fastidiosa di qualsiasi esserino non ancora totalmente sviluppato, ma...caspita, un bambino!».
Ridacchiai. «Del tipo mezzo nudo non ti lamenti?».
Mi lanciò un’occhiata, come a darmi dell’idiota solo con quella. «Sono una donna, non mi dispiace affatto».
Immaginai che anche quella fosse un’affermazione da sopportare in tutto il pacchetto “fidanzata psicopatica”, e cercai di non riprendere il discorso.
«Potremmo fare un giro per la città, allora, così mi rendo conto se davvero è tanto meglio di New York», proposi.
«Lo è, fidati. Più tardi ti porto al negozio dei miei: è poco lontano da qui e possiamo arrivarci a piedi».
Annuii. «D’accordo...e fino ad allora cosa hai intenzione di fare? Vuoi spiare tua sorella, o peggio, quel tizio? Vuoi puntare sul bambino?».
Improvvisò una naturale risatina sommessa, ad occhi socchiusi. «In realtà volevo fare l’albero», confessò.
Ridacchiai. In fondo era mancata da casa per tanto tempo, e quello era l’unico momento da condividere con i suoi genitori. L’anno scorso non era andata tanto bene, da me, considerando che avevano distrutto la porta e i nervi di mia madre.
«L’ho visto in salone, è già fatto», dissi, alludendo ad un albero alto almeno un paio di metri, pieno di luci intermittenti che riflettevano il loro colore sulle pareti ambrate della stanza.
Annuì, agitando una mano come se non le importasse. «Oh, ah, d’accordo, va bene anche così», disse, voltandosi e scoppiando a ridere. «Tanto non volevo farlo davvero, volevo solo...non importa, andiamo al negozio, che se non è chiuso magari ci troviamo Joan», propose, lanciandomi un’occhiata per invitarmi ad alzarmi dal letto, mentre prendeva il cappotto blu appeso all’attaccapanni accanto alla porta lignea della stanza. 


Angolo autrice: 
Ebbene, mi ero promessa di scrivere una lunga storia natalizia, ma non sono sicura di finirla prima di Natale, dato che è appena iniziata.
Ad ogni modo, mi auguro che l'insolito ritorno dei miei personaggi vi abbia fatto piacere, e che il nuovo ambiente accolga nella storia come - a quanto mi ha detto una mia amica - il passato. 
Al prossimo capitolo,
xNewYorker__ /Chris (:
   
 
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