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Autore: Patta97    02/12/2012    8 recensioni
"E' come se avessi due droghe nell'organismo, contemporaneamente. L'eroina fa spazio a John nel mio sangue, lo accoglie."
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ciao!
Terza mia storia in questo adorato fandom. E prima in assoluto a raiting arancione.
Ci saranno scene un po' forti, come ho messo nelle avvertenze, ma si glisserà abbondantemente sui particolari.
Okay, vi lascio leggere... Lasciatemi un parere se vi va! :)
Chiara
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Mi sfioro il lato interno del gomito.
I polpastrelli incontrano la superficie dura e lucida dei cerotti.
Inspiro. Espiro. Inspiro. Sospiro.
I cerotti non bastano, ne voglio una. Vera.
- John - chiamo, la voce piatta rotta da un leggero tono petulante.
Nessuna risposta. Non ha importanza.
- John - ripeto. - Mi servono le sigarette. Nicotina. Dammene una. Ne ho bisogno -
Il silenzio riecheggia ancora fra le opprimenti pareti dell'appartamento.
"Sarà fuori. La nuova cassiera del Tesco deve essere soddisfacente" rifletto. Piccola fitta di gelosia. La ignoro.
Giaccio ancora un po' così, sul divano. Braccio sinistro sospeso. Mano destra appoggiata sul terzo cerotto a partire dall'omero.
Le braccia mi ricadono in grembo.
Inspiro. Espiro. Inspiro. Sospiro.
Noia. Annoiato. Noia. Annoiato.
Okay, individuato il problema. Soluzioni?
Cerco nel Palazzo mentale. 
Ma la stanza delle "cosa da fare" è vuota. Neanche un minuscolo post-it.
"Dannazione. Anche un misero caso di sicurezza nazionale mi andrebbe bene. Andrebbe bene anche Mycroft!" penso, frustrato.
Mi pigio la parte interna dei polsi sugli occhi serrati.
Noia. Annoiato. Noia. Annoiato. Noia. Annoiat...
Ecco. Trovato. 
Soluzione poco ortodossa, ma necessaria.
Mi alzo dal divano e oltrepasso il tavolino da tè salendoci sopra.
Mi sento improvvisamente accaldato, febbricitante, euforico.
Il solo pensiero mi eccita, quasi basta a risvegliare i miei sensi impigriti dalla noia. Quasi non avrei bisogno di... No. Voglio farlo. Mi va.
Apro la porta della mia stanza come in sogno.
In effetti non lo faccio da tanto tempo, è tutto un po' surreale. 
Mi chino sul pavimento.
Le mani ricordano a memoria dove trovare l'asse sconnessa.
La sollevo. L'innocente scatoletta è lì, impolverata e invitante.
La mia attenzione viene catturata di nuovo dalle mie stesse mani.
Quella destra, in particolare, trema nel sollevare il peso della piccola e innocua scatola.
Non mi curo nemmeno di rimettere a posto l'asse.
Esco dalla stanza quasi saltellando, la scatoletta in aria a mo' di trofeo di una battaglia che forse sarebbe stato meglio perdere.
Mi risiedo sul divano. Le mani si rilassano nel poggiare il leggere fardello sul tavolino.
sollevo il coperchio. E' tutto lì, come l'avevo lasciato cinque anni, sei mesi, dodici giorni fa.
Le mani. Le mani tremano.
Sussultano ancora mentre prendo la fiala e la siringa. Mentre preparo la dose. Mentre strappo via i cerotti dal braccio. Mentre disinfetto l'ago, accurato, e poi il braccio, frettoloso. Mentre il pollice destro preme sullo stantuffo. Mentre sento il pizzicore fastidioso dell'ago che fa un buco nella mia carne. Mentre cerco la vena. Mentre percepisco il liquido estraneo affluire nel mio sangue.
I miei occhi, pigri. Notano che non c'è più cocaina da iniettare. Il mio cervello, impazzito. Ordina al pollice destro, tremante, di staccarsi dalla siringa, vuota, soddisfatta. Cade sul tappeto. Fa un suono ovattato, soffice.
Sensazione. Nuova? No. Dimenticata, offuscata, cacciata. 
"Bentornata"
Sorrido, euforico. I miei sensi felici, beati.
L'udito fu il primo a risvegliarsi dall'ordinario intorpidimento.
La porta che si chiude e il mio coinquilino che entra nell'appartamento. 
Mi alzo e gli corro incontro. Le mie pupille dilatate a dismisura lo colgono in ogni minimo dettaglio.
- Sherlock! Tutto bene? - la sua voce. Preoccupata, per me. Oh, John.
- John. John, sei tornato! - lo abbraccio, tremante ed ebbro di felicità.
Il tatto si risveglia, curioso. Percepisco John che si fa rigido fra le mie braccia strette attorno a lui. E' sorpreso, ma non si scosta. Rido nel suo orecchio sinistro, piano. Oh, John.
Le labbra tremano. Anche il gusto vuole la sua parte nei trecentosessanta gradi sensoriali che sto provando.
Gli bacio il lobo, lo zigomo, le rughe attorno agli occhi. Si rilassa e sospira. Oh, John.
Gli bacio le labbra. Il gusto gioisce, soddisfatto.
Sento John sciogliersi completamente. Ricambia l'abbraccio. Ricambia il bacio.
E' come se avessi due droghe nell'organismo, contemporaneamente. La cocaina fa spazio a John nel mio sangue, lo accoglie.
Mi stordisco. I cinque sensi agiscono all'unisono e le sensazioni si fondono in un turbinio confuso.
Udito (John respira veloce; John sussurra il mio nome; io sussurro il suo nome con voce rotta e bisognosa). Tatto (le mani di John fra i miei capelli, tirano i riccioli; il corpo di John che mi schiaccia contro il muro, poi contro il letto). Olfatto (il dopobarba di John; lo shampoo di John). Vista (confusa: lembi di carne e di pelle; vestiti sul pavimento; lenzuola sfatte; le iridi blu e marroni di John). Gusto (la patina di sudore e ormoni sulla pelle di John; la lingua di John contro la mia, in una guerra soave).
Poi la fremente e incontrollabile attività termina.
I sensi si spengono.
Sono uno strumento in mano di John.
E' lui che guida ogni mio movimento.
E' una sensazione strana. Sentirsi così dovrebbe essere vietato.
Capisco immediatamente che questo mi creerà più dipendenza della droga. Più esigenza della nicotina. Il bisogno impellente e irrefrenabile di essere un inerme burattino fra le mani maliziose di John.
Alla fine giaccio sul letto, sudato, tremante, smanioso.
Sento John accanto a me.
Gli tendo una mano, ma non ricevo la sua stretta ferma e dolce in risposta.
Giro la testa sul cuscino per guardarlo. Trovo il suo sorriso sincero ad accogliermi.
Un leggero brivido di piacere mi percorre la schiena.
Le cellule bruciate del mio cervello mi urlano di dire qualcosa. Qualcosa che, fino a quel momento, avevo considerato sbagliata e inappropriata, inutile.
- Ti amo - sussurro, ancora prima di accorgermene.
Il suo sorriso si allarga e mi tira una ciocca di capelli, giocoso.
- Anche io ti amo - mi bacia.
Perfezione.
Potrei morirne.
Morire ebbro di felicità.
Fu quella. Fu quella l'ultima immagine della più bella proiezione mentale da droga della mia vita.
John e me, nudi, sul mio letto, che ci dichiariamo dopo aver fatto sesso.
Poi apro gli occhi, e sono sul divano.
Il silenzio più assoluto e opprimente regna nell'appartamento e mi grava addosso.
Il mio mal di testa post-cocaina è infernale.
Sento dei passi nelle scale.
L'unico pensiero coerente: nascondere scatola e siringa.
La porta si apre e si chiude.
Entra John. Oh, John.
Spingo ancora di più col piede la scatoletta sotto il divano.
Deglutisco. E' ancora più bello che nel mio sogno da drogato.
Sarebbe facile correre da lui e baciarlo.
Sarebbe come un esperimento: sapere se reagirebbe come nella mia immaginazione.
Ma non lo faccio.
- Sono stanco. Vado a letto - comunica.
Lo fisso, impassibile. Era con me... su quel letto...
- Buonanotte - augura, non accorgendosi del mio tormento.
Esce.
Sento i suoi passi verso il piano superiore. La porta della sua stanza che si chiude dietro di lui.
Mi prendo la testa fra le mani a passo la notte nel rimpianto.
  
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