Su quel quadro 92x73 cm del 1889 dipinto da Vincent Van Gogh e oggi conservato al Museo delle Arti Moderne di New York, il signor Paul si ostina non volerci vedere solo del colore ben steso. Preferisce perforare con lo sguardo quel cielo blu scuro e guardare oltre il dipinto, quasi osservando quell’eccentrico pittore stendere lentamente la tempera sulla tela mentre distrattamente scruta ad occhi chiusi il cielo, quasi a volerlo assaporarlo, toccarlo ed udirlo senza guardarlo. Paul vedendo quelle stelle assai simili a dei vortici informi, poteva quasi vedere Van Gogh semiriverso sul tavolo, colla bottiglia di cognac ormai vuota, biascicare parole che avevano ormai perso ogni forma ed accento insultando quegli astri, che disegnava con pennellate rabbiose, per la loro immobilità, la loro indifferenza verso quel mondo.
Ammirando il dipinto dell’artista olandese, Paul non poteva fare a meno di osservare il contrasto fra il caos del cielo e l’ordine quasi asettico del borgo sottostante, collegati dal cipresso fiammeggiante simile ad una pira funebre e in quel momento non potevano non affiorare nella mente le parole dello stesso Van Gogh “[…] guardare il cielo mi fa sempre sognare […]Perché proprio come prendiamo il treno per andare a Tarascon o a Rouen, così prendiamo la morte per raggiungere una stella.”
Con un mezzo sorriso pensò a quel pittore pazzo e con la subdola arroganza del villaggio che ride dello scemo che passa, mormorò tranquillo e gelido al tempo stesso “Fu pietosa la morte che lo strappò alla follia …”.
01/12/12 22.51