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Autore: Sherazad_93    03/12/2012    0 recensioni
"Non hai che da chiedere..Avanza la tua richiesta! Otterrai il tuo desiderio..IN CAMBIO DEL MIO!!!"
I sibili del Dio delle Tenebre si interruppero quando il giovane si risvegliò da quell'incubo che lo tormentava ormai da dieci anni....La visione di quella ragazza dagli occhi verde mare a lui sconosciuta che gli implorava aiuto..Cosa significava? Perchè proprio lui? Quella ragazza..Chi era? E perchè si sentiva così legato a lei?..
Seguitemi nella mia prima fic..spero che la mia introduzione vi abbia incuriosito..:-) A presto..:-)
Sherazad_93
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4: la Concubina
Le scale di pietra si avvolgevano sempre più , in una chiocciola interminabile.
A Sherazad dolevano i piedi nudi a causa del materiale mal levigato e rozzo mentre sotto terra si poteva chiaramente sentire l’eco degli stivali di cuoio di Dastan.
Il buio si faceva sempre più denso e impenetrabile e il loro cammino non sarebbe potuto proseguire in quelle condizioni così avverse.
Nell’aria regnava un odore di chiuso, muffa e muschio che arrivava ai polmoni rendendo il tutto insopportabile.
“E’ troppo buio..non si vede niente.. non possiamo proseguire così..”, disse Dastan.
Sherazad si bloccò improvvisamente, confermando nel suo inconscio ciò che Dastan aveva appena affermato.
La paura cominciava ad attanagliare lo stomaco dei giovani e faceva tremare le loro membra.
Dastan le finì addosso. Per poco non precipitarono per la chioccola di scale.
“Attento!”.
“Io cosa posso saperne se tu ti fermi all’improvviso!? Dovevi avvertirmi..”.
Nel buio gli occhi di Sherazad divennero due piccole fessure ricche d’ira mentre i pugni stretti le tremavano. Stava reprimendo l’istinto di tirargli un pugno in faccia.
Si calmò.
Poi pronunciò una formula nella lingua arcana di Ormazd, come se quelle parole fossero scolpite nella sua mente da secoli.
Mentre sussurrava sollevò la mano destra a mezz’aria e sospeso sul suo palmo comparve un globo luminoso.
La sua luce era densa, lattea.
I raggi di luce roteavano dolcemente attorno ad un nucleo di luce luminosissimo, molto denso.
Sul soffitto, la Corruzione si tendeva sino allo spasmo verso di loro per poterli stringere nella sua morsa fatale.
La fissarono incantati e spaventati.
“Adesso proseguiamo..”, disse secca ma inquietata.
Lui la seguì.
“Queste scale non finiranno mai..”, sussurrò Dastan.
Lei si voltò; lui rimase accecato dal globo.
L’espressione irata di Sherazad si trasformò presto. Osservò ogni particolare del giovane che tanto si era sacrificato per lei.
Osservò la sua casacca, composta di lino di un color marroncino chiaro e stretta, sulla vita, da due strisce di stoffa luminosa, una arancione e una gialla.
Osservò le gambe muscolose, strette in un paio di spesse calzamaglia marroni scure e gli stivali di cuoio, l’unica cosa pregiata che possedeva.
La spada cinta al fianco nel fodero di cuoio gli donava un’aria coraggiosa e solenne ed era proprio così che lui era.
Teneva la sua mano stretta sull’elsa come se quella spada facesse ormai parte di lui, come fosse un prolungamento del suo corpo, una parte vitale senza la quale non poteva esistere.
Sul fodero di cuoio, era inciso un drago che pareva arrotolarsi attorno al fodero stesso e finiva con il suo muso infuriato che digrignava paurosi denti aguzzi.
Osservò le sue nude braccia muscolose dove ogni tanto compariva qualche taglio causato dal lavoro di contadino che svolgeva con suo padre adottivo.
E poi, la sua parte preferita: i capelli.
Quei fili sottili e neri che si muovevano al minimo soffio, al più piccolo spostamento d’aria che lo rendevano magnifico.
E quei due pozzi vuoti, gli occhi, come i suoi, solo che di un marrone intenso.
Si fissarono.
“Sherazad..”, disse Dastan.
Come era avvenuto, l’incantesimo scomparve.
“Senti, sei qui per aiutarmi o scoraggiarmi!? Perché se il tuo compito è quello di farmi impaurire o mettermi in difficoltà puoi anche tornare indietro a cercare la tua asina!”.
“A me non importa dell’asina..”.
Sherazad si bloccò.
A lui, accortosi delle parole proferite dalle sue labbra si gelò il sangue.
Ma cosa aveva detto!?
“Sono qui per aiutarti Sherazad. E non faresti altro passo nel buio senza di me.”.
S’indurì. Lei era di ghiaccio e si ripromise che da quel momento lo sarebbe stato anche lui.
“Posso farcela anche da sola!”.
“Non so cosa mi spinga a restare qui con te,testarda di una donna senza cervello. Non lo so proprio. Perché il primo uomo avrebbe levato le tende al posto di rischiare la vita per un’ingrata come te!”.
Quelle parole la ferirono in pieno. Fu come se il petto le si spaccasse sotto il colpo di un’ascia possente e massiccia
Lei sapeva che aveva quell’atteggiamento solo per nascondere il suo animo fragile.
E, dentro di se, ammise che Dastan aveva ragione. Aveva rischiato tutto per lei e lei gli aveva rivolto solo offese e risposte senza senso, brute.
Lei lo fissò. Gli occhi pieni di lacrime e sofferenza.
Il globo le si spense improvvisamente.
Scoppiò. Scoppiò in un pianto irrefrenabile, del quale si udivano appena i lievi singhiozzi.
Portò le mani al volto.
Dastan si sentì mancare. Non voleva ferirla in quel modo. Non doveva. Si sentiva terribilmente in colpa.
Indugiò qualche istante, immobilizzato dai propri sentimenti.
Poi fece qualche passo nel buio denso più che mai e appena sentì il corpo di Sherazad la strinse a se.
Lei non si mosse. Continuava a stramazzarsi il volto con le mani ma si fece stringere.
“Sai Sherazad, io e te condividiamo le stesse cose. Ci hanno tolto i genitori in maniera orribile ed egoista. Siamo soli io e te, e per quanta gente possa avere io attorno a curarmi non mi sento a casa. Il ricordo dell’assassinio della mia famiglia mi pullula nella mente ogni giorno facendomi impazzire e mi perseguita ogni notte. Ma cerco di farmi forza e sai in quali momenti faccio vedere la mia forza? Quando ammetto che sto male..quando scoppio a piangere..quando ammetto che senza il pilastro, che senza la mia famiglia sono fragile, che non sono più niente. E’ questa la forza Sherazad. Io te lo leggo negli occhi che fai la dura soltanto per nascondere un animo di vetro sottilissimo che appena due parole possono spezzare. E le mie lo hanno fatto..e mi dispiace! Mi dispiace da morire averlo fatto ma mi hai ferito anche tu e per affrontare questo cammino assieme è necessario stringerci, unirci non allontanarci..e io ci sto provando in tutte le maniere Sherazad, ma tu rifiuti..e ciò mi ferisce..”.
Sherazad tolse le mani dal volto, e lasciò che automaticamente stringessero il corpo di Dastan.
Sentiva chiaramente che le sue lacrime stavano inondando la sua sottilissima casacca e non le importava.
Si sentiva libera. Libera da un peso portato dietro da dieci anni. Per dieci anni mai una sola lacrima aveva versato.
Adesso un uomo appena conosciuto, un uomo qualsiasi era stato capace di sfondare le sue barriere e arrivarle dritto al cuore.
Si sentiva sicura, protetta. E avrebbe dovuto ringraziarlo; e così fece.
“Grazie……Dastan.”, disse con la voce spezzata.
“Addirittura il nome.. Sherazad io sono qui per te. Non so cosa mi leghi a te..ma non devi nasconderti da me..non lo fare più ..sentiti pure a casa..perchè anche io non ho più niente..”.
Mentre pronunciava quel “niente” anche la sua voce si incrinò.
Scoppiò, anche lui. Non aveva mai pianto in quei dieci anni. E lo fece, con lei.
Si chiedeva il perché, eppure non si dava risposta e quella domanda lo tormentava.
Si accasciarono a terra, stretti e stanchi. Si addormentarono e per la prima volta in dieci anni dormirono sereni e liberi.
 
Si svegliarono qualche ora dopo. Ancora regnava il buio.
Sherazad riaccese il globo; si fissarono e si sorrisero, Sherazad sotto il velo.
Era ancora sconcertata per l’accaduto e pensò che fosse stato tutto un sogno.
Si promise che sarebbe stata più serena con Dastan e ricominciarono il cammino.
La scalinata finì.
“Non ho idea di come abbiamo fatto a dormire su questa pietra scomoda!”, disse lei ridendo, finalmente.
“Nemmeno io! Ahah!”. Era contento nel sentirla ridere.
Poi lei si bloccò.
Davanti a loro un muro di terra, niente altro.
“E adesso?”, chiese Dastan sospeso.
“Non ne ho idea…Dannazione cosa ci stava a fare quella maledetta porta allora!?”.
“Aspetta, manteniamo la calma e utilizziamo il cervello..Non può finire qui, altrimenti la Magia non ci avrebbe fatto scovare la porta..giusto?”.
“Potrei dire di si..”.
“Posso provare una cosa?”.
“Cosa?”.
“Passami il globo…”. Anche lui non sapeva ciò che aveva detto eppure allo stesso tempo era certo che avrebbe funzionato.
“Potresti ustionarti gravemente o nel migliore dei casi potrebbe spegnersi, lo sai?”.
“Consapevolissimo.”.
Allora lei gli porse il globo che scivolò docile nel palmo destro di Dastan.
Rimase stupita e incantata. Come era possibile!? Il globo resisteva solo nelle mani di coloro che possedevano i poteri di Ormazd.
Non era possibile…
Anche Dastan era stupito ma allo stesso tempo si aspettava un tale risultato, senza conoscerne il motivo.
Cominciò ad osservare attentamente le pareti laterali, ricche di terra.
Terra, terra e ancora terra. Mentre stava per arrendersi vide luccicare qualcosa.
“Forse ho trovato qualcosa..”.
Sherazad lo osservò attenta.
Lui cominciò a scavare nelle pareti e ne venne fuori una piramide romboidale di oro massiccio riquadrata d’argento finissimo.
La guardò e sorrise soddisfatto.
“Premo?”, chiese.
“Che aspetti?”, chiese sarcastica lei.
Così lui premette e un’ingente parte della parete crollò, rivelando una porta identica a quella incontrata in precedenza.
Sherazad la aprì; ancora buio.
“Tieniti il globo, mi fa quasi paura averlo nella mano.”, disse lui scettico.
Lei rise tra se e se e lo prese.
Proseguirono nel corridoio.
Non durò molto la loro camminata.
Adesso si trovarono davanti una porta d’oro massiccio.
Sherazad la aprì, senza esitazione.
Lo spettacolo che si trovarono davanti fu mozzafiato.
La piazza era circolare e al centro regnava, infossata in una scavatura, una colonna di pietra bianca ricca di pietre preziosissime che finiva con una punta arrotondata.
Su di essa, ad illuminare l’ambiente, un enorme rosone composto di vetri colorati, raffigurante il dio Ahriman.
Il drago nero spalancava le fauci immense e si intravedeva la sua lingua rossa fuoco.
Le pareti erano composte di terra seminata da quelle tante pietre che riempivano la colonna.
Cominciarono lentamente a camminare attorno al centro senza scovare altra via d’uscita.
Si affacciarono per vedere il fondo, dove era situata la colonna, ma era troppo profondo.
Dopo qualche tempo, Sherazad cominciò a ribollire dalla rabbia; strinse i pugni e Dastan lo notò.
“Sherazad calmati..con la pazienza si ottiene tutto.”.
Lei non ascoltò le sue parole.
“MALEDETTO AHRIMAN!!!”.
Mentre urlava con tutto il fiato che aveva in gola, lanciò dei raggi di luce potentissimi verso il rosone che si frantumò in mille pezzi.
Il vetro rotto sembravano mille farfalle nere e bianche.
Tutto cominciò a tremare.
La terra crollò sotto i loro piedi; l’unica cosa rimasta stabile era la colonna.
Precipitarono, per la seconda volta, in un volo del quale non vedevano la fine.
Tramite un’arcana formula Sherazad afferrò la mano di Dastan e riuscì ad aggrapparsi alla colonna.
Guardò verso l’alto, la terra ancora tremante.
Si vedeva chiaramente il buco dal quale filtrava la luce, accecante ormai. Non erano più abituati.
“Ce la fai ad issarti sulla colonna?”, chiese Sherazad urlando nel caos.
“Se riesci a tirarmi su credo di sì!”.
Sherazad raccolse le sue forze e con la mano stretta a quella del giovane lo issò sulla colonna.
“Cavolo, sei forte per essere una donna!”, disse lui con sorriso sghembo.
“Te ne meravigli!?”, disse lei ghignando sotto il velo.
“Adesso rimani aggrappato alla colonna vado a fare un sopralluogo.”.
Così balzò, e s’illuminò di una luce azzurrina. Prese a volare in circolo e arrivò sul fondo.
“Voglio volare anche io!!!”, urlò Dastan divertito.
“Non è il momento!”, rispose Sherazad.
“Ho trovato una porta!”.
“Si ma vieni a prendermi !!”.
Così tornò sulla colonna e lo issò sulla schiena.
“Volevi volare!?”.
“Con tutto me stesso!!”
“Allora preparati!”.
Mentre Sherazad spiccava un balzo verso il vuoto Dastan rise felice come non mai.
I brividi per l’eccitazione gli attraversarono tutte le membra.
Atterrarono. Il luogo era illuminato grazie al buco che si era creato sul soffitto.
“Già finito??”.
Sherazad gli tirò un’occhiataccia.
“Hai ragione…”, disse lui sorridendo.
Così lei aprì la porta, di vetro.
Una scalinata portava verso l’alto ed era tutta composta di vetro.
“No, ancora scale!”., urlò Dastan.
“Possibile che voi uomini siate tutti così bambini!? Sei un ragazzo muscoloso diamine, ti fai dei problemi per due scale!?”.
“La fai facile tu che hai i poteri di un dio. Io ho solo la mia carne!”.
Non sono poi così sicura che tu non li abbia..,pensò Sherazad.
In effetti aveva sentito una scarica di energia durante il volo, mentre aveva Dastan sulla schiena. Ma non riusciva a spiegarsi il perché.
Si voltò e cominciò a salire.
Il luogo si faceva sempre più luminoso e dall’alto cominciavano a provenire odori di profumi lievi.
Alle pareti vetrate erano attaccate delle ampolle contenenti un liquido rosato che produceva fumi dal profumo talmente intenso da nauseare lo stomaco e rimanere impresso nel naso e nei polmoni.
Sherazad aveva la fortuna di avere il velo ma l’odore nauseante le arrivava lo stesso alle narici; Dastan lo sentiva molto più potente.
Sherazad si fermò, mise la mano destra davanti come per pararsi e pronunciò una formula.
Un sottile velo di luce azzurrina densa le si compose sulla mano; si voltò verso Dastan.
“Tieni, non resisterai a lungo senza quantità di ossigeno sufficiente qui dentro.”.
Dastan se lo legò e si sentì molto sollevato.
“Grazie Sherazad..”, le disse grato.
Lei fece solo un cenno col capo e proseguì.
Giunsero ad una porta di vetro, dei quali lineamenti erano ricoperti d’argento puro.
Sul vetro una targa. Diceva:
TREMATE DINANZI ALLA MIA BELLEZZA. LA REGINA DELLE REGINE. NON MI SFUGGIRETE. NON VI CONVIENE GIUNGERE AL MIO COSPETTO!”.
“Fa quasi ridere. Uno scheletro..come potrebbe attirarmi un mucchio di ossa circondato da Corruzione!?”, disse Dastan.
“Non ci giocherei tanto Dastan. Lei è capace di qualsiasi cosa.. Devi promettermi una cosa.”.
“Dimmi.”.
“La Concubina ti prometterà tante cose: immortalità, soldi, bellezza..Tu dovrai rinunciare e combatterla..me lo devi promettere. Sicuramente con me farà come mia madre.”.
“Ovvero?”.
“Mi imprigionerà e indebolirà in qualche modo. E sicuramente dovrai affrontarla da solo e spesso lei si moltiplica.”.
“Spiegami..”.
“La Concubina è capace di creare delle Illusioni. Ovvero riproduce il suo corpo ma quando la colpisci svanisce..quella è una Proiezione.”.
“Non mi sembra così difficile. Posso mantenere la promessa.”.
“Dastan…ti assicuro che è molto più complicato di quanto pensi. E’ infida e bastarda..Al pari dell’Alchimista e del Cacciatore.”.
“E del Guerriero?”.
“Lui…”.
“Lui cosa?..”.
“Te lo spiegherò quando sarà il momento..Adesso abbiamo necessità di proseguire.”.
“Aspetta..”.
Le parole gli morirono in bocca.
Sherazad aveva già aperto la porta di vetro e si bloccò.
“Premiti stretto il panno di luce contro la bocca è chiaro!?”, gli urlò.
Così lui se lo premette.
Avanzarono e quello che si trovarono davanti stava quasi per farli arrendere.
Una grotta di cristallo immensa si stagliava davanti loro e ad almeno un miglio di distanza si trovava un palazzo dalle sette colonne strette e altre, con cupole persiane dal colore rosato e con la punta d’oro.
Il fondo non si vedeva e nemmeno il soffitto.
Tutto era coperto da dense nubi profumate che facevano rivoltare lo stomaco.
“Dastan, aggrappati.”.
“Perché?”.
“Non si vede il fondo. Potremmo fare un passo e morire, o comunque finire in un abisso dalla profondità sconosciuta. Non rischierei.”.
“Voliamo!?”, chiese lui tutto contento.
“Siamo a pochi passi dalla Concubina e tu ridi!? Io sto per piangere perché so cosa aspettarmi! So che rimarrai abbindolato nonostante la promessa fatta e so che sarà bastarda con me e che se non reagirai io morirò!”.
“Scusa..”.
“Avanti aggrappati adesso!”.
Dastan la cinse forte e si accasciò sulla sua schiena assaporando ogni suo intenso profumo.
Gli piaceva giacere sulla sua schiena, gli piaceva il suo profumo ma soprattutto si sentiva pervaso da una strana energia come se da un momento all’altro avrebbe potuto staccarsi e volteggiare nell’aria come lei. Ma si trattenne. Non aveva tempo per pensare a giocare.
Avrebbe dovuto affrontare una cosa più grande di lui e non se lo aspettava.
Appena Sherazad vide uno spiazzo di marmo sotto il palazzo atterrò.
Sul marmo era disegnato Ahriman con l’oro più prezioso. Le torri erano altissime e il palazzo era caratterizzato da finestre orlate d’oro e da un portone immane di oro massiccio.
Un balcone spuntava dalla parte centrale del palazzo composto da piccole colonne d’oro a sostenere la ringhiera fatta di marmo bianchissimo.
“Lei dov’è?”, chiese Dastan.
Sono qui mio principe…”.
Dal balcone si affacciò una donna, bella come nessuna.
I capelli lisci color oro le scendevano lungo il seno voluminoso. Il ventre era del tutto scoperto e faceva intravedere un fisico da mettere i brividi.
Le gambe erano coperte da pantaloni composti da veli rosati quasi trasparenti stretti sui fianchi e sulle caviglie da elastici dorati.
La stessa cosa valeva per il seno. Il velo era quasi trasparente ed era stretto sotto il seno e sui polsi.
Un velo le copriva la bocca e lasciava trasparire due occhi azzurro cobalto.
Una corona di zaffiro regnava sul suo capo.
“Hai cambiato stile dopo che è morta mia madre vero bastarda!?”, ringhiò Sherazad.
All’improvviso dal terreno attorno alla giovane apparvero delle radici velenose che la avvolsero.
Come per sua madre solo che quella volta infliggevano un veleno mortale.
Si, mia cara. Mi sono coperta poco di più ma questo bel giovane può levarmi pure ciò che ho indosso.”.
Dastan rimase folgorato. Era bella da togliere il fiato e i seni prorompenti non passavano inosservati.
La Concubina gli si avvicinò, lui inerme di fronte alla sua bellezza.
Lei cominciò a girargli intorno accarezzandogli il volto.
“Meraviglioso giovane…rimani con me. Potrai vivere in eterno, avere me ogni volta che vorrai, avere tutte le ricchezze che desideri, vivere in questo palazzo..come rifiutare?”.
Gli si avvicinò pericolosamente al viso.
La sua voce era candida e sensuale.
Dastan immobile.
Guardava Sherazad e la Concubina e non sapeva cosa fare.
Prendendo potere e immortalità avrebbe potuto sfidare Ahriman personalmente e vendicarsi di ciò che aveva fatto ai suoi genitori e avere tutte le ricchezze desiderate e una donna bellissima.
“Dastan ti prego! Lo hai promesso! Dastan..aiuto!”, Sherazad stava piangendo.
Stava soffocando e morendo sotto effetto del veleno che le ustionava le membra. Al suono della sua voce smorzata tornò in se.
L’effetto era svanito.
“Mi vendicherò di Ahriman assieme a Sherazad e anche senza di te MALEDETTA!”, e tentò di trafiggerla con la spada.
Ma lei svanì.
Riapparve alle sue spalle orrenda come non mai.
Un ammasso di ossa nere circondate dalla Corruzione e gli occhi blu accesi di una luce oscura.
Ci ho provato bel principe..ma non sarà facile sfuggirmi!”.
Così infuriò la battaglia.
  
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