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Autore: Unintended    20/06/2007    4 recensioni
In una sera d'estate, mi innamorai di te e della tua musica...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Suona un’ultima volta per me, ti prego.

 

Ti vidi la prima volta una sera d’estate, mitigata dal vento proveniente dal mare, in una pittoresca via della Città Vecchia, con la strada di sassi e fiocamente illuminata dalla luce dei lampioni.

Attorno a te, il vociare indistinto e allegro della gente, che ti passava accanto, ignorandoti.

Tuttavia, continuavi a suonare, le tue mani abbronzate, così piccole e affusolate da stonare rispetto alla tua alta figura, scivolavano con armoniosa grazia lungo le corde di quella chitarra creando la musica più bella che io abbia mai avuto occasione di sentire.

Mi avvicinai e tu alzasti il capo, in quel momento sbagliasti un accordo, io riuscii a scorgere il tuo sguardo, l’unica cosa visibile sotto la maschera argentea che indossavi.

Occhi dello stesso colore dell’acqua.

Finita quell’ultima canzone, ti alzasti e andasti via, il volto ancora coperto.

 

Perché indossi una maschera?

 

Iniziai a fantasticare, immaginando i più svariati motivi che ti portavano a coprirti il viso. Ti vergognavi, forse? Tentavi di nascondere un difetto, un problema, un’anomalia?

Se avessi avuto il volto sfigurato non mi sarebbe importato, con la tua musica, la tua magnifica musica, anche i tuoi lineamenti si sarebbero trasformati sino a diventare perfetti. Perché ciò che le tue mani creavano, muovendosi delicate e veloci in un incantevole gioco di note, era perfetto.

Non vidi mai quello che si celava dietro quella maschera. Mi dovetti accontentare di quegli occhi chiari e profondi e di quelle mani, di quelle dita sottili e magiche.

 

Come mai fuggivi?

 

Per quale ragione tutte le volte in cui mi avvicinavo a te, tu andavi via? Perché allontanavi la tua musica da me?

Eppure tutte le sere eri comunque lì, ad attendere che io attraversassi quella via affollata, a farmi godere per pochi istanti di una melodia unica e irripetibile. Una melodia della stessa consistenza dell’acqua quando si cerca di afferrarla.

Mi illusi, probabilmente, che tu suonassi quella musica irraggiungibile per me, per quei pochi secondi, prima di andare lontano.

Sciocca, sciocca bambina.

 

 

L’ultima volta che ti vidi fu in un angolo di quella vecchia strada, davanti alla vetrina di un negozio, vicino a dove sboccava un vicolo buio e silenzioso, l’unico forse nel raggio di chilometri.

L’aria era impregnata dell’odore della salsedine.

Mi avvicinai ancora una volta, in un gesto involontario, ma volsi immediatamente il capo, per fare marcia indietro, nel terrore che tu potessi smettere di suonare.

Le tue mani si allontanarono dalla chitarra, sì, ma non te ne andasti. Anzi, mi presi per un braccio e mi fermasti. Ti guardai negli occhi, in un attimo di puro stupore, prima che tu parlassi. Una voce giovane, il tono basso, l’accento straniero.

Mi facesti il dono più bello che potessi desiderare: mi regalasti la tua musica, per sempre.

E quando ci dividemmo immaginai che, sotto quella maschera, tu stessi sorridendo.

 

  
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