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Autore: EliCF    03/12/2012    4 recensioni
Stava provando a controllarsi, davvero. Lo aveva fatto fino a quel momento, quasi con tutto se stesso… ma con Hunter era diverso. Non poteva permettersi di passare inosservato di nuovo e l’unico modo per far sì che l'attenzione del nuovo leader degli Warblers si focalizzasse su di lui sarebbe stato quello di fare appello alle sue innate doti da stronzo. Dopotutto le aveva solo messe in standby, lì da qualche parte sotto la divisa. Sebastian è sempre Sebastian, anche se sorride un po’ di più e cerca di mantenere le promesse.
Hunter si rese conto di essere rimasto a bocca aperta solo quando la richiuse.
“Oh, ho toccato un tasto dolente…”

Huntbastian pre 4x08.
Genere: Fluff, Generale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hunter Clarington, Sebastian Smythe
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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It’s checkmate, bitch!



“Concentrati! Concentrati, diamine”.

“Scusami, ce la sto mettendo-“
Hunter scosse la testa con rabbia e si alzò dalla poltrona. Si avvicinò al tavolino di fianco al punto in cui Sebastian stava provando i passi per l’esibizione delle provinciali e vi poggiò le mani chiuse in due pugni.
“Non ce la stai mettendo tutta! Smettila di prendermi in giro!”
Scandì ogni parola con un pugno sul legno.
Sebastian trasalì ad ogni colpo, serrò gli occhi e tossì lievemente aspettando che si calmasse.
“Credo solo che non sia una buona idea. Vincere con l’inganno-“
“E’ vincere comunque!”
Sebastian inspirò con forza, profondamente infastidito dal fatto di non essere ancora riuscito a formulare una frase di senso compiuto senza essere interrotto. Si sistemò la cravatta e rivoltò ancora una volta le maniche del blazer, leggermente accaldato.

“Che problema hai, Sebastian? A volte ti guardo e mi chiedo come abbia fatto ad essere il leader degli Warblers, davvero…”
Hunter si guadagnò senza sforzi un’occhiataccia che sembrò risvegliare il vecchio Sebastian dal corpo di quello che si era ripromesso di mettere un punto alle provocazioni, ai ricatti e a tutto quello che avrebbe potuto distrarre il suo sonno e compromettere il suo senior year. Lo guardò di sottecchi e fece appello al suo autocontrollo.
“Hai intenzione di lasciarmi finire una dannata frase?” azzardò, ritrovando parte della sua sfacciataggine senza troppo sforzo, “O continuerai a fare il duro fino a che non troverai un gioco più divertente?”
Hunter deviò in una smorfia il sorriso che combatteva per aprirsi sul suo viso, divertito dalla frustrazione dell’ex leader degli Warblers.
L’altro interpretò il suo silenzio come un sì e continuò.

“Stiamo parlando di una competizione tra Glee Club, non di una partita di Battaglia Navale!”
Questa volta Hunter sorrise. Tremendamente adorabile, quel Sebastian.
“Non si vince con l’astuzia o l’inganno, non è corretto-“
Una frase. Aveva chiesto una frase, giusto? Hunter era uno di parola.
“E da quando ti interessa essere dalla parte dei buoni, Sebastian? Mi avevano raccontato di uno Smythe con le palle, francamente”.

“Anche a me quando raccontavano di Hunter Clarington parlavano di uno tosto. Ma non me la sentirei di definire tosto qualcuno che non ha il coraggio di mettere a nudo la propria sessualità. C’è chi pensa seriamente che te la faccia col tuo gatto”. E il caro vecchio stronzo Sebastian Smythe sembrò essere tornato all’attacco.
Stava provando a controllarsi, davvero. Lo aveva fatto fino a quel momento, quasi con tutto se stesso… ma con Hunter era diverso. Non poteva permettersi di passare inosservato di nuovo e l’unico modo per far sì che l'attenzione del nuovo leader degli Warblers si focalizzasse su di lui sarebbe stato quello di fare appello alle sue innate doti da stronzo. Dopotutto le aveva solo messe in standby, lì da qualche parte sotto la divisa. Sebastian è sempre Sebastian, anche se sorride un po’ di più e cerca di mantenere le promesse.
Hunter si rese conto di essere rimasto a bocca aperta solo quando la richiuse.
“Oh, ho toccato un tasto dolente…” continuò. Stava diventando decisamente divertente vederlo titubare e sgranare gli occhi ogni istante un po’ di più, avido di sapere quanto Sebastian conoscesse.
“Devo dire che è un piacere aver ritrovato il dono della parola. Era frustrante sentire le mie note essere continuamente interrotte dai tuoi versacci. Dovresti ripulire bene la gola dai muchi con un po’ di bicarbonato o qualcosa del genere”.

Ormai i pugni di Hunter si erano sciolti e poggiava il peso di tutto il corpo sui palmi aperti e tremolanti poggiati sul tavolo al centro della sala vuota. Trascinava Sebastian lì subito dopo pranzo per metterlo sotto torchio con le prove.
Facendo il leader sei diventato troppo pigro, gli diceva. E lui aveva fatto obiezione solo le prime settimane, chetato dalla svolta che sembrava aver preso il suo carattere.
“Oh, Hunter. Davvero credevi  di arrivare e prendere il comando, qui alla Dalton? Avresti dovuto imparare che le pareti dei dormitori sono tremendamente sottili, prima di metterti a fare porcherie con gli studenti più piccoli. Mi sei caduto in un errore così banale che credevo quasi fosse il tuo modo per fare coming-out!”

“Adesso basta,” sibilò, lo sguardo ancora perso nel vuoto, “ricomincia a provare”.
“Lascia che ti dia una sistemata,” miagolò Sebastian ignorandolo, decisamente su di giri, “non vorrei mai che gli Warblers vedessero il loro leader conciato in questo modo”.
Gli si avvicinò lentamente e assaporò ad ogni passo la sua preoccupazione che aleggiava nell’aria. Lo invitò ad assumere una posizione eretta agganciandogli un palmo alla spalla e gli sistemò il nodo alla cravatta ghignando.
Hunter non oppose resistenza, ancora troppo frastornato e indeciso sul comportamento da assumere.
“Sai, la nostra scuola è incredibilmente tollerante. Forse la tua non lo era, dopotutto. I giorni in cui nascondersi sono finiti!”
Forse preso dall’entusiasmo o forse no, strinse troppo il nodo e lo costrinse ad intervenire per allentarlo alla svelta.
Entrambi sussultarono lievemente quando le loro dita si sfiorarono, ma nessuno dei due le sottrasse. Era una sfida. Una gara. Una competizione. E questa volta Hunter non avrebbe potuto imbrogliare.
“Non con Sebastian Smythe” sentenziò scuotendo la testa, come leggendogli nella mente.
Rimase in quella posizione aspettando che Hunter reagisse alle sue parole o alla sensazione dei lembi di pelle che avevano in contatto, ormai palesemente fermi in segno di sfida.

“Non funzionerà con me” disse Hunter, ritrovando finalmente la parola e alludendo ad un qualche ricatto che si aspettava Sebastian avrebbe tirato fuori. Se lo avesse conosciuto meglio avrebbe saputo che era una mossa fin troppo scontata per uno come lui.
“Oh, non temere dolcezza. Stai pensando a quello che avrebbe fatto il vecchio Sebastian in un momento di poca fantasia. Credimi se ti dico che proprio non corri il rischio”.
Di riflesso Hunter ricominciò a respirare, spostò l’indice lungo l’anulare del suo compagno e si sforzò di mostrarsi rilassato. Se la cavava davvero niente male, quel Sebastian.
“E di cosa dovrei preoccuparmi, piuttosto?”
Ghignò di nuovo, incredibilmente divertito e nostalgico. Ah,   quanto si sarebbe divertito se avesse potuto mettere sotto torchio quell’adorabile e impacciato e impettito Hunter che puzzava di peli di gatto.
Ma sarebbe stato divertente lo stesso.

“Lascia che ti dia una mano, Hunter. Sembri davvero così integrato, qui a scuola… ma entrambi sappiamo che non è così. Vero?”
Finalmente Sebastian sciolse l’improbabile nodo che erano le loro dita, lasciandole scivolare lungo il petto del nuovo leader. “Hai bisogno di qualcuno che ti guidi, ti dica cosa fare e cosa non fare. Una specie di angelo custode, potremmo dire. Non credi?”

Hunter si morse il labbro riflettendo sul fatto che, diamine, sarebbe stato più dignitoso arrendersi in partenza. Quel Sebastian Smythe sembrava conoscere ogni segreto della Dalton e aveva il potere di farlo sentire un novellino, quando voleva. Eppure anche Sebastian doveva esserlo stato, una volta. Anche Sebastian doveva aver avuto la sua roccia da scavalcare, qualcuno che ne conoscesse una più di lui e del diavolo in persona…
“E cosa mi dici di quel Blaine Anderson, Sebastian?”

Questa volta fu lui a sgranare gli occhi, per un solo istante. Mosse la chioma biondo cenere e la sistemò tastando qui e lì nei lati, senza perdere il contatto con il petto di Hunter. Ghignò nuovamente.
“Ci ha detto di no. Non vedo come potrebbe tornarci utile”.
“Avanti, Sebastian! Sai benissimo che non mi riferivo a quello. Giochiamo tutti e tre nella stessa squadra, ricordi?”
Irrigidì lievemente la mascella e contrasse i muscoli dell’avambraccio. Terribili, gli scheletri nell’armadio.
“Non c’è stato nulla tra me e Anderson”.
Fece sibilare indicibilmente la lingua pronunciando il cognome di Blaine e scandì con precisione ogni parola mentre il ghigno si trasformava in una smorfia e si allontanava, diretto verso una delle finestre dai vetri lindi.
Hunter trattenne un sorriso soddisfatto e colse la palla al balzo, continuando con le sue accuse e sapendo di aver fatto centro.
“Ah, davvero? Intanto scommetto che un’avventura non ti sarebbe dispiaciuta affatto”, ridacchiò e si sforzò di rimanere rilassato anche quando Sebastian rimase pericolosamente immobile, entrambi ad attendere la prossima mossa dell’altro.

“E sentiamo, mio capitano,” esordì nuovamente Sebastian, “avresti qualche prova del fatto che, per citarti, non mi sarebbe dispiaciuto affatto?”
Preso in contropiede, Hunter rimase a fissare la sua sagoma in controluce. La divisa rendeva tutti simili a grandi linee, ma per Sebastian quella regola non valeva.
Il blazer gli ricadeva lungo i fianchi con naturalezza, come se gli fosse stato cucito addosso, le maniche gli fasciavano le braccia lasciando intravedere i muscoli gonfi, mentre i pantaloni scivolavano fluidamente lungo le cosce e le gambe, fino alle caviglie. Sembrava un modello in posa.
Nemmeno a lui sarebbe dispiaciuto affatto un piccolo assaggio di quel dolce che prendeva il nome di Sebastian.
“E tu avresti qualche prova del contrario?”

Sebastian fu grato del fatto che Hunter non potesse vedere il sorriso che si dipinse sul suo volto. Seriamente rilassato, per la prima volta nell’intero pomeriggio lasciò che i muscoli dei suoi arti si rilassassero – dapprima contratti a causa dello sforzo fisico per le prove e in seguito per la tensione, sapendo che il compagno gli avesse appena offerto pane per i suoi denti.
Era la sua occasione. Non aveva aspettato altro sin da quando Hunter aveva messo piede alla Dalton, e ora lui stesso gli stava porgendo quell’occasione su un piatto d’argento. Quasi si leccò i baffi.
Aveva fissato la finestra luminosa e un po’ appannata con le labbra serrate e senza vedere effettivamente nulla. Solo allora si accorse del giardiniere che potava un cespuglio nel giardino della scuola.
Si lasciò distrarre solo per qualche istante, poi si concentrò nuovamente sulla situazione e si crogiolò nella sensazione di aver vinto ancora un po’.

Quando si voltò nella direzione di Hunter non si sorprese di coglierlo pensieroso e leggermente allerta, sull’attenti in attesa della sua prossima mossa. Come in una partita a scacchi, il prossimo a muovere sarebbe stato lui e aveva la ferma intenzione di fare scacco matto.
Camminò nella sua direzione con lentezza evidente e calcolata, i tacchetti delle scarpe che rimbombavano ad ogni contatto con il pavimento di parquet e i fianchi che ondeggiavano impercettibilmente.
Se fosse stato lucido, Hunter si sarebbe accorto di avere l’acquolina.
Se fosse stato lucido si sarebbe anche accorto della forza con cui Sebastian gli aveva stretto i polsi in un’unica mano prima di lasciare che le sue labbra umide piombassero sulle sue.

Nessuno dei due seppe se fosse giusto definirlo bacio.
Era più un rincorrersi senza mai trovarsi o una lampada rotta in una stanza buia. Nessuno dei due seppe come interpretarlo, dal momento che entrambi lo desideravano sebbene se ne fossero accorti in tempi diversi.
Era un’altra sfida e, al contempo, il distrattore che avrebbe permesso a Sebastian di allontanare le supposizioni di Hunter dalla mente di entrambi. Aveva rinunciato a Blaine Anderson tempo prima e non poteva lasciare che lo distraesse. Non di nuovo.
Non adesso che poteva aver trovato qualcuno con cui vivere come se fossero pedine sulla stessa scacchiera, non era importante di che colore fossero: bastava essere non troppo lontani. Avrebbero trovato il modo di aggrapparsi l’uno all’altro anche se fossero stati costretti a mangiarsi a vicenda.
Perché è questo quello che avevano sempre fatto, i due Warblers. E continuavano a lottare in un eterno pareggio, senza mai trovare la forza di stancarsi.

Così come aveva fatto con l’inizio, Sebastian dichiarò la fine di quell’esplosione di pensieri ed emozioni con un leggero schiocco. Hunter rimase con gli occhi chiusi per i secondi successivi, spaventato dal fatto che, riaprendoli, avrebbe potuto ritrovare quella stessa stanza piena di gente che aveva assistito alla scena o, peggio, scoprire che fosse stata solo frutto della sua immaginazione. Scacciò l’ansia con un gesto impercettibile della mano e lasciò che gli occhi tornassero a vedere.
Sebastian sorrideva di fronte a lui, una delle due estremità della bocca più sollevata dell’altra. Sembrava soddisfatto.
“Questa prova ti è bastata?”

“Non saprei. Credo di dover controllare di nuovo”, finse di essere sovrappensiero, “sai, per esserne completamente sicuro. Non si sa mai”.
Entrambi risero e sentirono un peso lasciare i loro corpi, fino ad allora tesi come corde di violino fino al midollo. Hunter piombò su Sebastian e ne assaporò ogni sfumatura, noncurante del fatto che potessero scoprirli, perché il vero ostacolo era stato lasciare che lui stesso scoprisse il segreto che  il suo corpo celava.
E baciare Sebastian era stato più intenso di qualsiasi atto sessuale con qualsiasi altro ragazzo perché solo un vero stronzo come Sebastian avrebbe potuto smuovere qualcosa dentro di lui, altrettanto stronzo. O forse un po’ di più, visto che il suo compagno si sforzava di non esserlo, plagiato da chissà quale ragione. E quello sforzo quotidiano era la sua parte migliore. Era così stronzo che persino il suo corpo gli implorava di smettere.
Ma ogni tanto scoppiava, come era successo quel giorno. E Hunter aveva imparato presto che Sebastian Smythe non avrebbe avuto nessuna colpa e nessun rimpianto perché se è vero che “Dio li fa e poi li accoppia” o che meno per meno dà più, due stronzi come loro sarebbero stati semplicemente inarrestabili.
E nessuno dei due parlava di relazione – quel bacio era bastato a dare la forza ad entrambi di fare, ancora una volta, scacco matto nel campo avversario.


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Pensavo. Ma perché devo intasare efp con storie così nonsense?
Dovrò sfogarmi anche io in qualche modo, mi rispondevo.
Anyway – eccoci giunti al termine di una shot piuttosto strana. Ho inserito l’avvertimento OOC più per Hunter che per Sebastian, essendo un personaggio che conosciamo veramente poco. Diciamo che non ci ho messo praticamente nulla ad iniziare a shipparli come se non ci fosse un domani. E così, una sera, mentre scrivevo la mia long klaine che pubblicherò solo una volta terminata (se mai volgerà al termine) Sebastian e Hunter prendevano a calci la mia calotta cranica chiedendomi di aprire un nuovo file.
Bando alle ciance, passiamo alle cose importanti.
I ringraziamenti. Sono doverosi alla sempre presente (nonché mia minchierson) _Abigail_ e alla geniale bSister este che hanno sempre tutte le mie anteprime e senza la cui approvazione non pubblicherei un bel niente.
Quindi se questa storia vi ha fatto schifo e state leggendo questa nota solo per trovare altri motivi per criticarmi, la colpa è anche loro.
Detto questo mi sentirei di lasciare un abbraccio caloroso a tutti i klainers che stanno seguendo gli spoiler come me perché sì. Perché ci serve. E perché ce lo meritiamo.

Love you all,
alla prossima!
   
 
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