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Autore: Mikaeru    03/12/2012    6 recensioni
John, che ha cercato le sirene per tutta la vita, ne trova una con gli occhi chiari e i capelli ricci.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Con le palpebre serrate ricordò di essersi tuffato. Un capitano che abbandonava la propria nave - non c'era niente di più disonorevole. Di certo era meglio che non tornasse, se poi mai ne avesse avuto voglia – come poteva averne, in fondo? Si era tuffato per una sirena. Ne aveva sentito il canto e tanto bastava, dopo vent'anni di ricerche, dopo vent'anni sulla stessa nave, quasi con le stesse persone, a fingere di voler servire l'Inghilterra ma con in testa un solo obiettivo. Qualunque marinaio lo avrebbe deriso fino alla violenza fisica se lo avesse saputo, ma ora lui avrebbe riso di loro, perché di fronte a lui una sirena - lunghissimi capelli ricci color della notte, occhi chiari e magnetici, di taglio vagamente orientale - li accarezzava il viso, i capelli. Si rese conto di essere sul fondo del mare. Com'era possibile?
"Abbiamo quella magia che voi umani avete abbandonato in nome della scienza anni or sono.", rispose la sirena con voce profonda, leggendogli nella mente. Sorrideva. "Come ti chiami?"
"John. John Watson.", rispose lui, sbattendo più volte le palpebre. Poteva parlare. E la sirena parlava inglese - la sirena che, si rese conto, aveva la parte superiore del corpo come quella di un uomo. Certamente non potevano esistere solo sirene di sesso femminile, come potevano riprodursi?
Allungò la mano verso il suo viso. Che volto tagliente, che occhi indagatori. Nessuna dolcezza femminile in lui, ma il suo canto era stato così magnetico da non lasciargli neppure lo spazio per pensare al suo gesto. Gli venne da ridere: non era colpa della sua voce, di certo Sherlock non aveva colpa della propria bellezza e meraviglia – ma era colpa della propria mente. Non l'avrebbe mai lasciato andare, neppure se in cambio gli avessero offerto il trono d'Inghilterra.
Avrebbe dovuto catturarlo. Farne il suo uccellino in gabbia. Avrebbe costruito una villa e un lago artificiale in cui farlo nuotare, e avrebbe cantato per lui per tutta la vita. Oh, il motivo tutto della sua esistenza riassunto in quelle dita che lo accarezzavano. Già lo amava, forse? Sì, già lo amava. Ma, era sicuro, non era colpa di un sortilegio, del maleficio di cui parlavano le leggende. Era certo, sicuro che quello fosse amore vero, così forte e limpido che non lo aveva mai sentito respirare dentro di sé. Cos'altro faceva battere così il cuore? Cos'altro poteva essere, da cos'altro poteva derivare quel desiderio profondo e pulsante di stringerlo e tenerlo tutto per sé? Nessuno lo avrebbe mai visto. La sirena avrebbe vissuto con lui, per lui, nella sua casa. Avrebbe passato la vita a cantare per lui, mentre lui gli accarezzava i capelli, mentre lo baciava e lo riempiva di regali, mentre gli insegnava a leggere e scrivere. Allungò una mano per farlo. Che bei boccoli aveva, come gli incorniciavano il viso.
Vent'anni della sua vita e finalmente era lì, seduto sul fondo del mare, mentre una sirena gli sorrideva. Guardò i fianchi che sfumavano nelle squame e pensò di non aver mai visto nulla di più bello. Accarezzò anche quelli, e la sirena sobbalzò. Sembrava giovane. Ma le leggende dicevano che le sirene non invecchiavano. Aveva il viso e il corpo di un ragazzo, ma chissà quanti secoli avevano visto i suoi occhi chiarissimi, ipnotici, che mai stavano fermi, vagando ovunque sul corpo di John. C'era qualcosa che lo inteneriva, quella sorta di curiosità infantile.
"Non hai mai visto un umano?", gli domandò con voce dolce, appena divertita da tutto quel movimento attorno a lui, accarezzandogli una mano. Lui, annuendo rapidamente, la prese e gli guardò le dita, scivolò in mezzo alle sue gambe e gli abbassò i pantaloni - ma non come le puttane dei bar in cui John passava le notti. Gli osservò le cosce passando le dita sulle cicatrici, perduto e affascinato. Passò la mano dall'attaccatura delle natiche alle dita dei piedi, che accarezzò rapito.
"Fantastico."
Palpò le cosce e i polpacci, duri come legno. Un cucciolo, pensò John. Era innamorato di ogni singola fibra di quell'essere. Perduto nelle profondità marine dei suoi occhi.
"Sei il primo che non ha paura di me.", disse mentre osservava il suo inguine da vicino. Dalle labbra uscivano tante piccole bollicine. Una prostituta aveva le sue stesse labbra, ricordò John, a forma di cuore. "Ho cercato spesso, negli anni, di avvicinare altri esseri umani. Tutti scappavano, o cercavano di farmi del male. Non sono mai riuscito ad avvicinarmi, mai quanto avrei voluto. Il corpo umano è così interessante."
Aveva un'espressione così seria, così corrucciata. Come uno scienziato, come un dottore. Il padre del migliore amico di John era un dottore, un dottore di campagna, e qualche volta lui e Sebastian avevano dovuto aiutarlo mentre amputava un braccio o una gamba, e aveva la stessa espressione della sirena. Sirena. Che bel suono aveva in bocca, com'era bello poterlo pronunciare. Si. Re. Na.
"Come ti chiami?", gli domandò John mentre la magnifica creatura gli esaminava il collo.
"Sherlock.", rispose lui rapidamente, e John non seppe dire per fretta o per vergogna.
"Che splendido nome, Sherlock."
Sher. Lock. Lo accarezzò in punta di lingua, ne amò ogni lettera. Un nome così singolare, così bello. Bello come lui, gli donava. Aveva un suono dolce come la curva delle sue labbra. Gli accarezzò il fianco. I capelli erano così lunghi che, sulla terra ferma, gli avrebbero sfiorato la curva della coda, dove le squame sfumavano nella pelle. Sherlock lo guardò con occhi enormi, stupiti. Qualcosa come un lampo di sorpresa gli attraversò il volto. "Sei il primo che me lo dice. Che strana creatura sei, John Watson."
"John, chiamami solo John. Hai un nome meraviglioso, come può essere che nessuno te lo abbia mai detto?"
"Nessuno lo ha mai fatto.", continuò la sirena avvicinandosi di più. Gli alzò le cosce, probabilmente per constatare come funzionassero e quando potesse piegarle. Si domandò come si riproducessero le sirene. "Nessuno mi fa mai i complimenti per nulla. Dicono tutti che sono strano."
"Perché?"
"Perché mi interesso così tanto degli umani. Dicono tutti che siete solo un popolo di assassini, che volete farci del male e che a voi interessa solo poterci possedere, come degli oggetti. Ma sono sicuro che si sbaglino. Non siete tutti così. Vero, John? Vorrei conoscere tutto quello che è possibile del vostro popolo, la vostra cultura. A volte arrivano degli oggetti che non volete più, e a volte riesco a tenerli nascosti in un angolo della mia casa. Vorrei capirli. Mio fratello non vuole che io li tenga, dice che non servono a nulla, non vuole che io abbia contatti con voi. È lui che dice a tutti che siete crudeli e basta. Ma si sbaglia, vero John?"
Aveva una tale dolcezza nella voce scura, e sembrava nascondesse una tale fragilità. L'amore di John si espanse terribilmente, come infuocato, come una stella. Esplose per tutto il corpo. C’era un uccellino fra le sue mani, una creatura forte e meravigliosa, un pulcino di vetro e cristallo.
Non c'era bisogno di fargli del male per portarlo in superficie. Lo avrebbe convinto a venire a casa con lui. Gli avrebbe promesso di dargli tutto quello che desiderava, una vita meravigliosa con lui accanto. Avrebbe conosciuto tanti uomini, tutti gli uomini più importanti d'Inghilterra e del continente. Nessuna creatura al mondo avrebbe avuto una vita migliore del suo Sherlock.
Prima che potesse proporglielo - avrebbe potuto sposare una sirena, sulla terraferma? O si sarebbe dovuto costituire una nuova Chiesa solo per la sua necessità? Oh, lo avrebbe fatto, se avesse dovuto, lo avrebbe fatto di certo - Sherlock lo guardò dritto in viso. "Vuoi venire a vedere dove abito, John? E' un posto stupendo."
Gli prese le mani tra le sue, prima ancora che potesse accettare - ma come avrebbe fatto a dirgli di no? Lo amava così tanto, era impossibile rifiutare. Sorrise mentre Sherlock lo trascinava gentilmente con sé.
Cercò di registrare tutti gli animali e tutte le piante e tutte le forme di vita che riuscì a scorgere, ma Sherlock nuotava troppo velocemente perché potesse annotare tutte le forme. Nella sua mente si formò un enorme vortice colorato, ma sapeva che era così bello da mozzargli il fiato. Si ricordò di quelli che lo aveva preso in giro riguardo alla storia delle sirene, ricordava sua sorella che ne aveva fatto lo zimbello e la barzelletta delle sue amiche. Si pregustò l'umiliazione che le avrebbe inferto quando le avrebbe presentato Sherlock - il suo Sherlock bellissimo. Poteva esistere, in tutto il creato, un amore più forte di quello che provava per la sua sirena? Neppure quello di Dio per le Sue creature poteva minimamente sfiorare la sua grandezza. Al solo pensiero si sentì traboccante, impossibilitato a tenerlo solo per sé. Chiese a Sherlock di fermarsi. Lo tirò a sé per i fianchi e lo baciò forte sulle labbra salate. Non aveva mai neppure pensato di baciare un uomo nella sua vita, e ora stava baciando un maschio di sirena. Ma lui era Sherlock, era qualcosa a parte, una considerazione a parte. Andava chiaramente al di là di tutto.
Sherlock rimase immobile, accettando senza ricambiare. Quando John gli accarezzò i fianchi fece scivolare appena la lingua fuori dalla bocca. A John sembrava di baciare una fanciulla vergine. La sirena cercava di baciarlo, ed era buffo e tenero, si aggrappava alla sua camicia, stringendola sul petto. Sentiva l’acqua mossa dalla sua coda come quella di un cagnolino felice. Che bel colore avevano le sue squame, di quel verde brillante che stava così bene con i suoi occhi, li risaltava così tanto.
"Ti amo.", confessò pianissimo tra un bacio e l'altro, senza che Sherlock potesse sentirlo – Sherlock che gli sorrise, quando staccarono le labbra. Lo abbracciò, prima di voltarsi e tornare a nuotare, la mano ben stretta attorno al suo polso.
Lo fece entrare in una grotta. Non sembrava così bello come aveva detto Sherlock, o come l’aveva immaginato dai racconti – che parlavano di una civiltà rigogliosa, architetture migliori di quelle umane – ma se alla sirena piaceva, significava che era lui quello con il gusto estetico sbagliato. Decine di sirene dormivano raggomitolate sulle sporgenze di roccia, negli angoli. Come un incantesimo rotto, il loro ingresso le svegliò tutte. Tutti guardavano Sherlock, e John sentì una fitta di gelosia. Loro che lo avevano deriso non avevano diritto di sorridergli, dovevano strisciare e domandargli scusa per averlo ferito. Lo strinse a sé, prendendolo per un fianco, per rimarcare un territorio che era stato suo fin dalla nascita della sua sirena.
Si avvicinò una sirena maschio, col viso simile a Sherlock, ma che sembrava più adulto. Suo fratello, quello che lo soffocava. Neppure lontanamente bello come la sua sirena. Il verde della sua coda era più spento, ed era più largo sui fianchi.
Il fratello sorrise e accarezzò i capelli di Sherlock. John avrebbe voluto morderlo. Di certo neppure lui lo trattava come meritava.
“Ben fatto, Sherlock.”
John guardò la sirena adulta aggrottando le sopracciglia. “Ben fatto?”
Quando si voltò non c’era più la pelle pallida e liscia del volto di Sherlock, ma solo le sue ossa. Uno scheletro con la coda di pesce. Si guardò attorno, e tutte le sirene si erano trasformate. Sherlock gli si avvicinò di più, accarezzando con quelle che prima erano mani lunghe dalle dita da musicista.
“Sherlock, come –”
“Abbiamo tutta la magia che voi umani avete lasciato perdere, John.”, gli sfiorò il viso,“Questo mi ha permesso di darti l’illusione che avessimo un corpo simile al vostro. Ma abbiamo bisogno della vostra carne per continuare a sopravvivere, e tornare ad averlo. Hai visto quanti pochi siamo? Non posso permettermi di morire, non ancora, non dopo duecento anni appena. Non sei contento di sacrificarti perché io viva, John, amore mio?”
Sherlock lo strinse forte, e John abbandonò il capo sulla sua spalla. Sospirò, tante piccole bollicine che partivano dalla sua bocca incredibilmente secca. Il suo tesoro, il suo unico amore gli stava domandando solo un piccolo favore. Cos’era la sua vita, se non poteva rendere felice la sua sirena?
“Eternamente grato.”

Si lasciò andare ad una straziante agonia mentre veniva fatto a pezzi. Ma morì col viso di Sherlock negli occhi, il suo sorriso dolcissimo e sporco di sangue mentre si cibava delle sue carni. E sorrise a sua volta.
  
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