A Marta, perché è un’amica.
♥
write your name
{ to bring me home again }
And I’m standing there, at the edge of town,
gonna get cold when the sun goes down.
«Cora.
Ha cercato di strapparmi il cuore, ma non ci è riuscita. È
stata respinta da qualcosa dentro di me, da... da...»
«Dalla magia.»
La guarda e pensa che
è perfetta, bellissima nel suo trionfo, più forte e fiera e inerme che mai nella coscienza del
legame che ventotto anni e più hanno creato tra loro, silenziosi come il lento
ruotare ipnotico di un arcolaio. La guarda come se non ci fosse un domani, come
se oggi fosse l’ultima occasione per
imprimersi per sempre nella memoria ogni particolare della donna che ha salvato
due mondi e innumerevoli vite, senza il bisogno di alcuna arte oscura, di alcun
pugnale maledetto. La guarda da vicino – così
da vicino – gli occhi accesi, la bocca tesa in una linea che per quanti
sforzi faccia non riesce mai a far sembrare dura quanto vorrebbe. E poi – ancora più vicino – la respira. I suoi
capelli profumano di cose buone e sconosciute, più lucenti dell’oro, più biondi
del sole che suo malgrado non è mai davvero riuscito a tener chiuso fuori dalle
finestre, mai più, non dopo averlo intravisto la prima volta, quando le tende
sono cadute... Quante vite fa? È passato così tanto tempo. E sa che non può, sa
che non deve, ma la sfiora. Sfiora le
labbra e le scopre morbide, come petali di una rosa che il tempo non è riuscito
a sbiadire; sfiora la gota, la curva del mento. E la sua pelle è così calda, il
suo odore così buono. Non gli importa di quel che penserà, non gli importa di –
ma lei non si ritrae, non protesta,
non chiede, lo guarda soltanto. Osa portare una ciocca di capelli fin dietro
l’orecchio – mano tremante, perché trema
così, quando avrà cominciato a
tremare, lui non se n’è accorto – e sente che potrebbe tesserli per sempre
e non saziarsi mai del sollievo di quella seta crespa sulle ruvide dita. Scende
sul collo, e là resta, il pollice a carezzarle la guancia, il palmo caldo della
sua pelle e dell’unico oro al mondo che non potrà mai trasformare in un oro più
bello e più puro di così, né mai ne avrà il coraggio. E ancora la guarda, così
vicina, così vicina, così bella, così
perfetta, così sua. Il suo capolavoro incontaminato, mai toccato dalle sue
stesse mani fino ad oggi.
Le labbra di lei si
schiudono e non è una richiesta, non è un invito, forse è semplicemente come
dovrebbe essere, come potrebbe essere
se tanta perfezione fosse davvero merito suo e non soltanto della natura
straordinaria di Emma Swan. Un potere troppo immenso,
troppo più grande di quello dell’Oscuro.
Allora Rumpelstiltskin la lascia andare, scivola via dal suo collo
e dal suo viso e dal suo respiro, ancora una volta distrutto da una verità
inconfutabile. Le eroine non amano i
codardi.
«Qualunque cosa
abbiate fatto, non sono stato io. Siete stata voi.» Sorride, colpevole. Non
avrebbe mai dovuto dubitare di lei. Non avrebbe dovuto provare quella fitta di dolore quando si è reso conto di aver
messo in pericolo la sua vita – non avrebbe dovuto sentirsi così sollevato, al tempo stesso, di vederla
uscire dal pozzo e guardare quasi subito verso di lui. «Tornate di là, Emma,
dalla vostra famiglia.»
Sottolinea piano la
parola, e sa che lei capirà.
La salvatrice resta
per un momento sospesa; il passo che li divide è un filo su un abisso di parole
mai pronunciate. Serra le labbra. Gli rende il sorriso, per una volta senza
malizia, senza beffe, solo con una complicità
che lo distrugge più di qualunque incomprensione.
«Le devo ancora un
favore.»
E poi volta le spalle
– perfetta bellissima incontaminata il
suo capolavoro – e di colpo è a una stanza vuota e gelida che Rumpelstiltskin si ritrova a sorridere, alla prospettiva di
un mondo di cui non farà mai parte, di una donna diversa che lo ha lasciato per
paura delle sue paure, di una solitudine ancora troppo grande da poter lenire.
«Sapete dove trovarmi»
sussurra, la voce che si perde negli echi della felicità che esplode laggiù,
dove ogni maledizione si è spezzata.
Per ventotto anni e
più, non ha mai smesso di tracciare
il suo nome nel cielo e nel fuoco.
[ 700 parole ]
Spazio dell’autrice
Io
non fangirlavo così tanto da tempi immemori. Forse da Desperate Souls o giù di lì. Questo episodio è il Golden Swan,
non ho altro da dire *ESPLODE* ♥
Non
voglio ripercorrere le fasi che mi hanno portata a lasciare il cuore e l’anima
su quella scena nel negozio dei pegni; basti dire che ci ho perso il sonno,
letteralmente. E questa mattina il mio primo pensiero è andato alla mia dearie Ilovewrite che tempo fa
mi aveva dato un prompt, ‘perfetta’, che già da solo
mi ispirava una Gold/Emma – e un po’ mi sento in colpa per avergli dato la
priorità rispetto ad altri prompt che mi aspettano da
mesi, ma so che lei mi può capire e chiunque
mi conosca mi può capire e forse anche voi mi potete capire, visto che
siete qui e non siete ancora fuggiti a gambe levate, LOL.
La frase
le eroine non amano i codardi è un
palese riferimento a una mia precedente storia, perciò se vi sembro ripetitiva
sappiate che ciò è voluto XD Inoltre, ho immaginato che ora Rumpel
si rivolga alla salvatrice con il ‘voi’ tipico dell’ambiente fiabesco, mentre Emma
è ancora radicata al ‘lei’ tipico del nostro mondo. (Dammit, in inglese questi problemi non sussistono.)
Il titolo e la lyric sono tratti da I’ll write your name through the fire,
Shocking Blue. Shippate Gold/Emma? Avete visto la 2x09? Bene, allora filate
ad ascoltarla. ♥
Aya ~