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Autore: vinnie_pooh    22/06/2007    7 recensioni
Vincent è preda di un'ossessione che lo riduce ad essere l'ombra di se stesso...la luce del mattino lo farà svanire o gli darà nuova vita??
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Vincent Valentine, Yuffie Kisaragi
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Sono così stanco

Sono così stanco. Stanco. Ma non abbastanza, mi sono rimaste ancora energie per pensare.

Buttarmi disperatamente nel lavoro non ha dato i risultati che speravo. Nonostante Reeve mi rifili missioni impossibili in continuazione, senza concedermi un attimo di respiro, riesco ancora a riflettere.

Maledetto cervello.

Maledetta lei.

Non sono più in grado di concentrarmi su nulla, ogni volta che cerco di fissare la mia attenzione su qualcosa, che sia anche un banale libro, lei si impossessa della mia testa.

Malgrado abbia passato la mia giornata a sparare ed abbattere nemici su nemici, la sua immagine non accenna a svanire. Vorrei solo che mi lasciasse in pace. Mi sta facendo impazzire...ma io non posso permettermi di diventare pazzo.

Se almeno riuscissi a dormire...

Invece passo le nottate lottando disperatamente contro i sogni che tentano di impadronirsi del mio sonno, sogni che riguardano sempre lei.

Non la sopporto più.

Non ho nemmeno la forza di stare in piedi. Mi sta distruggendo.

Ed io non capisco perché. Non capisco cosa vuole da me.

Ogni secondo della mia inutile vita è scandito dai suoi occhi, dal suo volto, dalle sue mani, dalle sue labbra, dalla sua voce...non riesco a liberarmene.

Ho bisogno di riposo. Sì, devo solo riposarmi un po’, il resto verrà da sé. Ed anche lei mi lascerà finalmente solo, nel silenzio della sua assenza.

 

Eppure mi sembra troppo presto per tornare a casa. Potrei passare da Tifa a bere qualcosa. Sì, magari un bicchierino può aiutarmi...

Lascio che siano le luci fioche che filtrano dalle finestre ingiallite a guidarmi verso il locale. Sono troppo stanco per pensare alla strada da fare. I miei piedi si muovono da soli, fortunatamente. Non ho abbastanza energia per trascinarli uno davanti all’altro.

La porta, finalmente. La apro piano, quasi senza fare rumore. Tifa sta pulendo dei bicchieri dietro al bancone. Mi avvicino e prendo posto su uno sgabello.

- Ciao Tifa. Un Brandy, ti prego. – le parole mi escono lente, strascicate, moribonde.

Si volta, confusa. Sembra che non si aspettasse di trovarsi davanti il sottoscritto.

- Vincent...ma cos’hai? Hai un aspetto spaventoso...ti senti bene? – la sento parlare in lontananza, mentre il suo volto accigliato vortica in giro per tutta la stanza.

- Sono solo stanco. – non capisco se l’ho detto veramente o l’ho solo pensato.

Almeno i muri hanno smesso di respirare ed il pavimento sembra aver deciso che non sono commestibile.

Inspiro profondamente l’aroma pungente del liquore dorato che ondeggia placido nel balloon di cristallo, tingendone delicatamente le pareti di un ambrato caldo ed alcolico. 

Il silenzio. Ne avevo proprio bisogno. La mia mente finalmente avverte un po’ di pace. Era tutto ciò che chiedevo.

 

Sorseggio piano la mia ambrosia, gustandola a fondo mentre scivola bruciante nella mia gola secca. E’ faticoso riuscire ad assaporarla veramente, devo sforzarmi per intuire ogni nota del suo bouquet.

Dei rumori. Non mi ero accorto che ci fosse altra gente. Devo essere ancora più stanco di quanto pensassi, se è possibile.

Una voce maschile, profonda, ma allo stesso tempo troppo squillante, mi trapana i timpani a furia di risate. Mi sembra di conoscerla...è familiare, quotidiana.

Io volevo solo un po’ di silenzio...

Potrei andare a quel tavolo e domandare gentilmente di fare meno chiasso.

Ma chi voglio prendere in giro, non lo farei mai. Specie in queste condizioni.

Mi accascio sul bancone. Mi ha sempre affascinato il colore del legno di mogano. E’ indefinibile. Non ho mai saputo dire se è più castano o più rosso.

Si possono definire deliri, questi? Immagino di sì. Almeno, però, non sto pensando a lei.

La sento ridere.

Dannazione.

E’ bastato convincermi che non stessi pensando a lei per richiamarla a torturarmi?

E’ così limpida, cristallina, melodica, la sua voce.

Ma non dovrebbe smettere? Perché sta ancora ridendo?

Grazie al cielo, ha smesso. Stavo quasi pensando di spararmi, per fermarla.

No, no...maledizione...come diavolo è possibile che adesso la senta parlare?

Non può essere nella mia testa. Mi costringo a staccarmi dal legno rosso, o marrone, non so, non ha importanza, ora.

E’ uno sforzo sovrumano.

Le gambe sembrano voler collaborare, per il momento. Avanzo lentamente verso il tavolo nascosto dietro l’angolo. La sua voce, ne sono certo, arriva da qui.

Se fossi meno stanco potrei alzare lo sguardo ben prima di essermi sorretto ad una sedia, nel tentativo di non crollare. Perlomeno così riesco a stare in piedi.

Le ossa del collo emettono un suono simile a quello di un ramo che si spezza alla furia della tempesta, quando sollevo piano, con cautela, il mento.

Mi sento trapassare il cranio da un attizzatoio da camino. E’ davvero lei. Non stavo delirando.

Non mi ha ancora visto, è troppo intenta a parlare fitto con l’uomo che le siede a fianco. Lui tiene imprigionata una delle piccole, candide mani tra le sue.

Il ferro rovente si inabissa in profondità, devo chiudere gli occhi...la stanza ha ripreso vita, più famelica di prima.

 

Squarci nel mogano. Il rumore mi arriva alle orecchie distintamente e mi costringe a constatare, socchiudendo appena una palpebra, che il mio artiglio si è conficcato  nello schienale della sedia, squarciandolo in due.

Devo aver fatto parecchio baccano, lei mi sta fissando.

Si alza, sta venendo verso di me. Spostandosi, mi permette di osservare l’uomo con lei.

Devo aprire anche l’altro occhio.

Spero solo di non chiedermi troppo, con quest’ultimo sacrificio. E’ come sollevare un macigno.

Non avevo visto male.

Di giorno mi spedisce da un continente all’altro ad imbrattare il mio mantello del sangue dei suoi nemici, di notte si rifugia tra le braccia della mia ossessione.

La mia, mia ossessione.

- Reeve. – il mio braccio destro è d’un tratto leggerissimo, solleva la Cerberus come fosse aria, puntandogliela al volto.

 

 

- Vincent! – il suo viso è vicino al mio...sembra preoccupata, urla il mio nome in continuazione, con le lacrime agli occhi.

Ha un profumo così buono, dolce.

Non riesco a muovermi. Il petto e la testa non smettono di pulsare, impedendomi di respirare. Qualcosa di freddo e rigido mi sta distruggendo la schiena. Non ricordo di essermi sdraiato.

Lei è sopra di me, sta gridando qualcosa a Tifa...ma io non riesco a capire.

Lentamente si allontana, tra il vorticare delle pareti intorno a lei, ingoiata da un’oscurità densa che si chiude davanti alla mia mano tesa.

Resta il suo profumo...così buono, dolce.

Finalmente, il silenzio.

 

 

 

Un odore familiare. Dove sono stato?

Una debole luce mi sfiora le iridi nascoste, filtrando dalle persiane serrate.

La fatica sembra aver abbandonato i miei occhi.

Posso respirare.

Posso muovermi.

Mi sollevo sui gomiti, osservando la camera. Sono a casa.

Da quanto tempo non riuscivo a riposare? Ho l’impressione di aver dormito per anni.

Questa volta non l’ho sognata, non è venuta a torturarmi come fa ogni notte. Mi ha abbandonato.

Ma il suo profumo è ancora nelle mie narici, nonostante io mi senta bene. Libero.

 

Un respiro lungo, pesante. Il respiro del sonno.

Volto leggermente la testa verso la sedia a lato del letto, vicino all’armadio.

Lei è ancora qui.

Ma questa volta è vera. Ha dormito su quella sedia...per quanto? Una settimana, un mese, un anno?

E’ bellissima...la mia carnefice.

Apre piano gli occhi, sbatte le ciglia nerissime più volte.

Sta sorridendo. Sorride a me.

- Vincent...ti sei svegliato! – grida incredula mentre si alza dallo scomodo giaciglio per correre qui.

Corre da me.

Le sue braccia mi cingono il collo, le sue mani si insinuano nei miei capelli, il suo respiro sulla mia pelle mi stordisce.

- Mi hai fatto spaventare, stupido! Ho dovuto dar fondo alla mia scorta di granpozioni per farti riprendere... Ieri sera temevo che fossi morto...stupido...razza di stupido... - le sue lacrime scorrono calde sul mio braccio.

Era preoccupata per me, tanto da piangere...

Scosta il viso dal mio petto, mi poggia le lebbra umide di pianto sulla fronte. Sono così morbide.

- La febbre è passata...avrei potuto cucinarci le uova sulla tua fronte, sai? – ridacchia sollevata mentre si allontana.

Un lampo con le sembianze di Reeve mi attraversa la mente. Devo sapere.

Devo sapere perché le stava tenendo la mano, devo sapere perché rideva, devo sapere perché era con lei.

- Dov’è Reeve? – il mio tono di voce è più cupo di quanto volessi, lei spalanca gli occhi, come spaventata.

- Hai cercato di sparargli, ma sei svenuto prima di poter fare fuoco. Cosa ti era preso? – ...non è una risposta.

- Dov’è Reeve? – deve rispondermi. Voglio sapere.

- Al quartier generale della WRO, suppongo. – sembra delusa, le sue labbra si piegano appena in un innocente broncio rosso.

Si alza, si volta verso la sedia.

Ma io la voglio vicino a me. Le afferro un polso, tirandola verso il letto, su cui si appoggia di peso per non cadermi addosso.

- Che cavolo fai, vampiro?! – anche arrabbiata è stupenda.

Ora riesco finalmente a dare un nome alla mia ossessione. Desiderio. Amore. Poco male se mi ci sono voluti mesi per capirlo, adesso mi è chiaro.

Lei è la mia distruzione e la mia salvezza, l’oscurità della morte e la luce del mattino.

Ma prima devo sapere. L’attesa, in fondo, sarà breve...

- Perché eri con lui? – la fisso in quei suoi meravigliosi occhi screziati, che splendono come cristalli.

Arrossendo, si ritrae stizzita come una bambina obbligata ad ingoiare una medicina amara. Alza le mani al viso, sventolandomele davanti freneticamente. E’ adorabile, quando lo fa. Per quanto mi sforzi di restare serio, proprio non ci riesco...solo lei può strapparmi un sorriso con tanta semplicità.

- Io...no, no, no...ma che...ma cosa pensi?!?Come puoi, Vince! – questo mi basta. Non resisto più...averla così vicina...

La mia mano passa delicata dietro al suo collo sottile, attirandola verso la mia bocca.

Finalmente la posso baciare.

Non se l’aspettava, è rimasta immobile, pietrificata, con le mani ancora aperte, bloccate.

Non respira nemmeno, devo averla davvero sconvolta.

Non ho mai supplicato nessuno, nella mia lunga vita. Ma per lei, lei soltanto...lo farei.

 

Ti prego...non fuggire.

 

Sento le sue labbra dischiudersi lentamente sulle mie, mentre affonda ancora una volta le mani nei miei capelli.

Avverto una carezza leggera,vellutata, quasi timida, sul palato. La sua lingua si fa all’improvviso più audace, cerca la mia e l’imprigiona in un bacio profondo, inaspettato.

Sto bruciando dove mi ha toccato.

Ma prima che io possa fare qualsiasi cosa lei si scosta, sorridendo, e poggia un dito sulle mie labbra ancora formicolanti, che fremono per un secondo assaggio.

- Sei proprio uno stupido... – bisbiglia in un soffio, abbracciandomi e premendo il suo bellissimo volto contro il mio petto.

- Yuffie... – le parole escono da sole dalla mia gola, nemmeno ricordo di averle pensate – ...senza di te mi sento impazzire. – e mi rendo conto che è una verità tanto semplice, da non poter essere fragile.

 

 

 

 

 

 

 

 

Carissimi lettori, grazie di essere arrivati fin qui, immagino lo sforzo!

Spero che questa one-shot vi sia piaciuta, nonostante tutto.

 

Mi rendo conto che i personaggi sono un po’ OOC, sebbene il mio proposito iniziale fosse l’opposto...ma per mettere questi due insieme un po’ di OOC ci vuole!^^  Siate comprensivi!

 

La prima parte mi piace abbastanza, ma ho la nettissima impressione che avrei dovuto troncare la storia più o meno verso la metà (precisamente a “Il silenzio, finalmente”)...peccato che non ce l’abbia fatta, terrorizzata all’idea di far morire questo povero nonnetto attanagliato dalla sua solitudo e dalla sua ossessione ancora tanto oscura...così...alla fine l’ho solo fatto svenire. Perdonatemi!

Eh...immagino che qui si capisca quando uno scrittore è serio o meno...beh, ma che non sono una persona seria lo sapevo già...ora lo sapete anche voi. ^_^

 

Ora che vi ho stressato abbastanza non mi resta che salutarvi!

 

Ossequi,

 

La vostra    

V_pooh

  
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