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Autore: Katie Who    05/12/2012    0 recensioni
"... quando si ritrovò da solo, davanti a tutti i suoi fans, che sono, dopo i suoi compagni, coloro che lo conoscono meglio, per quanto ci avesse provato, non riuscì a nascondere l’emozione. Questa canzone l’aveva dedicata a lui. Al grande assente." - Jaejoong
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jaejoong
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Rieccomi! Allora questa storia, è basata sul Tanksgiving al Tokyo Dome. E' un concerto che mi lasciò veramente piena di emozioni contrastanti. Quando arrivò il pezzo di Jaejoong su cui ho basato la fic, l'idea è venuta in automatico. E' stato come se si scrivesse da sola durante l'esecusione. 
E' ovviamente una mia libera interpretazione, quella di averla voluta riferire a Yunho ^____^ La traduzione del testo l'ho fatta io, quindi spero non ci siano errori, ma nel caso sentitevi liberissimi di correggermi! Vorrei ringraziare chi ha letto l'altra mia storia, davvero mi fa molto piacere. Spero che questa sia di vostro gradimento~
Vi lascio il link per vedere su youtube il live di cui parlo, perché veramente è stupendo: http://www.youtube.com/watch?v=6M4WUWH90Z4


~For You~


Richiudendosi la porta alle spalle, finalmente Jaejoong può respirare l’aria di casa. La giornata è stata piena di impegni, e l’imminente comeback, sta prosciugando le sue poche energie. Si dirige, senza nemmeno togliersi la giacca, dritto verso il frigo e agguanta un bottiglia d’acqua gelida. La manda giù praticamente tutta d’un sorso, lasciando che quel fresco s’impadronisca di lui, e lo risvegli dalla stanchezza. Con un gesto a metà fra lo svogliato ed il distratto appoggia la mano sul ripiano ad isola della cucina, e si scontra con il piccolo telecomando dello stereo. Guardandolo con odio, per aver prodotto rumore e aver così nuovamente disturbato i suoi timpani già provati, poi si ricorda della storia che gli aveva raccontato Yoochun un giorno in cui erano distrutti.

Il suo buon amico aveva l’abitudine, di rilassarsi ascoltando le loro canzoni. Un hobby che i più avrebbero scambiato per puro egocentrismo, ma che invece  conoscendolo bene, significava molto di più. Premette play, ed il lettore cd iniziò a riprodurre un disco. Non appena  la musica partì Jaejoong riconobbe subito prima delle loro, le voci dei fans. Doveva essere il live di un qualche tour, ma quale? La curiosità lo spinse fino ad accasciarsi sulla lunga poltrona.

“Kimi dake ni aitakatta yo
Itsudatte aitakatta yo


Voglio incontrarti , in ogni momento,
Voglio sempre e solo incontrarti.”

(Itsudatte Kimi Ni – JYJ)


“Umph” – fu questo l’unico suono che emise prima di chiudere le palpebre e lasciarsi cullare dalla sua stessa voce. Era il live al Tokyo Dome, il Tanksgiving Tour. Quasi certamente quel cd era finito lì per colpa di quello sbadato di Yoochun, lo maledisse mentalmente. Come poteva voler sentire proprio quelle canzoni? Di tutti i concerti che avevano fatto, proprio quello più amaro aveva voglia di risentire?
Yoochun era una persona strana, un carattere difficile e labirintico, ma dopo quasi 10 anni l’uno al fianco dell’altro, ormai Jaejoong riusciva a capire quali strani percorsi seguisse il cuore dell’amico. Forse era proprio per la loro assoluta simbiosi, che quella canzone iniziava a rilassarlo.
La parte di Yoochun arrivava immediatamente dopo la sua, per qualche piccolo istante le loro voci si sovrapponevano addirittura. Fu così, lentamente, e pensando soltanto a ciò che ascoltava che si addormentò.

Quando riaprì gli occhi si sentiva stordito come se avesse dormito per ore, ma prestando attenzione a cosa il CD stava mandando, ricordò che quella performance non era poi molto lontana dall’inizio. Con uno scatto atletico e deciso si tirò su dalla poltrona, questo gesto quasi non gli costò uno svenimento. La sua pressione doveva essere ai minimi storici, e il sonno non aiutava. Si diresse barcollante verso la stanza da letto per cambiarsi e rinfrescarsi. Nonostante ultimamente fossero poche le sere che trascorreva a casa a dormire, lo rincuorava avere quel luogo in cui tornare, doveva però ammettere a se stesso, che i mobili più belli, l’arredamento più sofisticato, e tutti i confort che si possano volere, non valevano quanto il calore umano. Quando  viveva nel dormitorio con gli altri ragazzi, in sere come quella, poteva fingersi addormentato e avvicinarsi di nascosto a Yunho, per deliziarsi del suo profumo. Nelle notti più fortunate riusciva anche ad ammirarlo mentre dormiva, aveva dei lineamenti principeschi, sembrava uscito da un libro di favole.  La malinconia e la nostalgia erano sentimenti con cui Jaejoong aveva imparato a convivere, anche perché alla loro separazione non c’era rimedio.  Soprattutto non c’era modo di fare ora, quello che avrebbe dovuto fare in una delle milioni di occasioni che aveva avuto in passato.
Come tanti invece aveva peccato d’immaturità e si era lasciato sfuggire l’attimo, dicendosi sempre che domani l’avrebbe fatto era finito ad oggi, a non vederlo da anni, e a non poterlo contattare. Eppure lo amava ancora. Anzi lo amava anche di più.
Proprio mentre rimuginava sulla sua stupidità, dallo stereo del salone partì il suo Solo, Kimi ni Tame Ni (For You).

“Eojjeom urin bokjapan inyeone
seoro eongkyeo inneun saram ingabwa.
Naneun maeil nege gapjido motalmankeum
maneun bijeul jigo isseo.


Forse noi siamo persone,
intrecciate in una relazione complicata.
Ogni giorno ti sono debitore
di debiti così elevati, da non poterli ripagare.”


Quel maledetto CD doveva avercela con lui. Quel concerto era stato, una vera e propria agonia. Il desiderio di  solcare quel prestigioso palco con la formazione completa non lo aveva abbandonato nemmeno per un istante. E quando si ritrovò da solo, davanti a tutti i suoi fans, che sono, dopo i suoi compagni, coloro che lo conoscono meglio, per quanto ci avesse provato, non riuscì a nascondere l’emozione. Questa canzone l’aveva dedicata a lui. Al grande assente. Non solo da quel palco, ma dalla sua vita e dal suo cuore. L’aveva cantata con rabbia e con amore, perché a Yunho lui doveva tutto. Se non fosse stato per lui non avrebbe mai superato le immense difficoltà che quella carriera gli aveva messo davanti.  La sua roccia, la sua montagna, il suo sostegno. Gli era debitore di tutto, perché si è debitori verso chi ci fa capire cos’è l’amore, e cosa significa amare. E per lui, purtroppo, provava la forma d’amore più crudele.  Avrebbe voluto dirglielo e sentirsi ricambiare, così da poter iniziare a restituire tutto quello che aveva ricevuto e preso da quella persona speciale, ma il destino aveva avuto piani diversi per loro.

“Yeonin cheoreom ttaeron namnam cheoreom
gyesok saragado gwaenchaneun geolkka?
Geureokedo maneun jalmotkkwa jajeun ibyeoredo
hangsang geogi inneun neo.


A volte come una coppia, altre come sconosciuti
possiamo continuare a vivere così?
Nonostante infiniti errori e separazioni,
tu sei ancora qui.”


Eccoli lì in 4 frasi, 7 anni di storia, di vita. Si ricordava di come a volte solo per riuscire ad avere con Yunho un rapporto diverso dagli altri, lo provocava fino a sfinirlo. Litigavano, si arrabbiavano, ma nessuno dei due si era mai veramente lasciato prendere la mano, tanto da commettere errori irreparabili. Finivano sempre a scusarsi imbarazzati, e a ridere della loro lite. Proprio come farebbe una coppia, che non permette ai litigi di allontanare la persona amata. Così allo stesso modo, a volte si fingeva distaccato e menefreghista, mascherando una insana gelosia, per ogni forma di vita che ronzasse a meno di 40 metri dall’oggetto del suo desiderio.  Com’era possibile che tutto questo non fosse cambiato nemmeno ora? Sentiva bruciargli nel petto quelle sensazioni, con un fuoco ancor più caldo di quello di allora. Yunho era lì, immobile, ed incatenato nel suo cuore. Yunho era il suo cuore, la sua linfa vitale, il suo alfa ed il suo omega.

“Nal sesangeseo jedaero salkehae jul
yuilhan sarami neorangeol ara.
Na huhoe eopssi saragagi wihae
neoreul pputjabaya haltejiman


So che sei l’unica persona
che può aiutarmi a  vivere adeguatamente in questo mondo.
Per riuscire a vivere senza rimpianti,
dovrei tenerti al mio fianco.”


La consapevolezza agghiacciante, che era proprio quella lì la verità. Solo con Yunho riusciva a vivere come farebbe un essere umano. Solo grazie a lui aveva imparato a prestare attenzione al suo atteggiamento, per evitare di ferire gli altri. Solo perché Yunho gli aveva insegnato a soffrire, a sentire il dolore. A sopportare le lacrime pesanti che premono, quando si vede l’uomo che si ama, baciare una perfetta sconosciuta in un locale. Mentre ci sei tu lì a guardarli, niente e nessuno sembra capire quanto faccia male. E’ peggio di un rifiuto, ma meno indelebile di un’umiliazione. E grazie alla stupidità data solo dall’amore più cieco, chiudi gli occhi e lasci che quelle lacrime scendano, quella sera e quelle seguenti, perché tanto sai e ti convinci che lei è destinata a finire, mentre tu, tu sarai con lui per sempre. Tu puoi conoscerlo ed avere parti del suo cuore che lei non potrà mai.
Stupido. Stupido. Stupido. Stupido.
Ed è ridicolo come sia proprio la sua stessa voce a riprenderlo, per la seconda volta. Avrebbe dovuto tenerlo accanto a se per sempre. Perché solo così avrebbe potuto vivere senza rimpianti. E ora? Ora Yunho dov’era?

“Nae geochin saenggakkkwa buranhan nunbitkkwa
geugeol jikyeoboneun neo.
Geugeon amado jeonjaenggateun sarang
nan wiheomanikka sarang hanikka
neoege seo tteonajul kkeoya
neoreul wihae tteonal kkeoya


Il mio animo difficile ed i miei modi instabili
e tu a guardarli.
Questo amore è come una guerra.
Perché sono pericoloso, perché ti amo,
mi allontanerò da te.
Mi allontanerò per te…”


Almeno questo lo aveva fatto. Quanto si era mentito dicendo che in fondo era meglio per tutti che le cose andassero così? Quanto si era odiato per essersi separato da lui? Per essersi inflitto questa sofferenza straziante? Quanto dolore ancora doveva provare prima di capire che, no, Yunho non poteva cancellarlo o dimenticarlo. Yunho non era isolabile in un angolo remoto della sua vita, perché ne era il protagonista sempre e comunque. Si era allontanato, ed anche tanto. Aveva combattuto una guerra che non aveva eletto il suo vincitore, ma che aveva lasciato dietro di sé, infinite sofferenze. La guerra più inutile della storia. Per cosa stava soffrendo? Per cosa avevo sofferto? Cosa aveva ottenuto?
Era rimasto così Jaejoong, in piedi, semivestito, con il pijama fra le mani ed il primo cassetto dell’armadio ancora aperto. Immobile come una statua. A fissare il bianco asettico dell’anta dell’armadio. Era rimasto così per tutta la durata di quella canzone.

Chiuse con una ginocchiata il cassetto della biancheria, e si diresse nel salone. Prese il piccolo oggetto grigio, che comandava la tortura a cui si era sottoposto e finalmente premette “stop” quasi nello stesso attimo in cui lo scaraventò sul divano. Ritornò verso il frigo e bevette un’altra bottiglietta d’acqua, alcune gocce colarono dalla bocca andando a bagnare il pijama che ancora teneva fra le mani.

“Yoochun-ah…. Questa me la pagherai veramente cara.” – bisbigliò.

Jaejoong non era ancora pronto, o forse non lo erano i tempi. Non poteva lasciare che i suoi sentimenti prendessero il sopravvento proprio in quel momento. E sapeva, che accantonandoli un’altra volta stava commettendo l’ennesimo errore che caratterizzava la sua storia con Yunho, ma era un adulto, aveva delle responsabilità.  
Magari in futuro, il destino gli avrebbe concesso una seconda opportunità per dichiararsi.
 
 
   
 
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