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Autore: Miki_Hayls    06/12/2012    0 recensioni
Riuscire a capire il senso della vita spesso è più difficile di quanto si possa immaginare, ognuno di noi la vive e cerca di viverla nel migliore dei modi, cerca di soffrire di meno, di trovare meno difficoltà ma puntualmente è sempre complicata come una corsa ad ostacoli, un cammino che ci ritroviamo a fare senza sapere dove arriveremo e allora possiamo solo camminare e vedere dove ci porterà.
Poi ci sono quelle persone che della propria vita non sono mai state protagoniste, perché non hanno mai voluto esserlo e perché infondo non hanno mai avuto la forza, che ne diventano vittime, diventano vittime della società e della vita stessa, costretti a lottare per un piccolo posto dove poter esprimere se stessi senza aver qualcuno che puntando il dito contro urla di esser migliore. Una ragazza, Nicole, vittima di questo circolo vizioso, ben presto avrebbe cercato di cambiare le cose, di emergere in un mondo che non era il suo, dove l'aria che respirava la soffocava, dove niente la richiamava a quello che era, dove ogni aspetto che la circondava le urlava di andar via, un posto e un mondo che non le appartenevano, ma che ben presto lo sarebbe diventato.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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"L'adolescenza dovrebbe esser semplice no? Dopo tutto è il periodo più bello, così dice mia zia Bonny. Amici, scuola e genitori che ti stressano, nulla di più semplice e lineare e invece per me non è così." Pensò Nicole mentre chiudeva la porta di casa.
Per la prima volta sentiva la mancanza dei suoi, dei loro litigi, delle loro mancanze che poi mancanze non erano, del fatto che spesso non la capivano, sembravano tutte stupidaggini davanti al fatto che adesso non li avrebbe più rivisti.
Era terribilmente triste il fatto che l'avessero abbandonata, spesso provava rabbia, altre solo un'enorme e incolmabile tristezza.
"perché hanno deciso di prendere la macchina quel fottuto giorno?!" e mentre si arrovellava il cervello con quelle domande che le facevano bruciare gli occhi caricava le valigie sulla macchina di Bonny, adesso si sarebbe occupata lei di  Nicole.
La perdita dei genitori la faceva star male, sapeva bene che quel vuoto dentro di lei scavava senza sosta e non sapeva se un giorno sarebbe riuscita a colmarlo.

Si sentiva smarrita,non era più lei, sentiva di aveva perso se stessa, la sua forza e la grinta nei confronti della vita e che non le restava più nulla, solo futili ricordi degli ultimi giorni che come coltelli dalla punta affilata la ferivano lentamente.
Ogni piccola voglia di vivere, ogni suo sogno, come quello di cantare, ma cantare davvero, per viverci un giorno, spariva via come tutte le sue speranze di una vita serena e la macchina che la allontanava da Vancouver.

Mattina.
La città di Londra era estremamente frenetica, il sole splendeva alto nel cielo, come se sorridesse, come se desse il benvenuto a chi sta sotto i suoi caldi raggi che poi tanto più caldi non erano annunciando che l'estate era agli sgoccioli.
Da quel momento Nicole avrebbe abitato lì.
«Siamo arrivati.» disse Bonny, tutto sembrava tranne che capace di essere una figura autoritaria, sempre colorata e dal tono stridulo.
"E' come avere una sorella minore di cui occuparsi." Pensò Nicole infastidita.
Una chioma castana, infinita, lucida e mossa, sbucava dall'auto, seguitò uno sbuffò e Nicole scese dal taxi cercando di essere il meno goffa possibile con la sua valigia stretta fra le mani, guardandosi intorno.
«Oh che bel quartiere!» urlò Bonny soddisfatta e dopo qualche attimo in silenzio guardandosi attorno con aria di conquista iniziò ad urlare entusiasta.
«Ecco quella è la casa.. La nostra nuova casa!»
Ancora con le idee confuse Nicole si rigirò su se stessa fino a trovarsi nuovamente di fronte alla patetica scena della zia che indicava con un finto sorriso a trentadue denti la sua casa.
"Di mio non avrà mai nulla." Pensò Nicole.
«Allora Niki, Non è stupenda?!»
«Si, carina.» rispose con tono di sufficienza.
Ormai Bonny era abituata a quell'entusiasmo forzato, e nonostante ogni volta rimaneva delusa cercò di fare finta di nulla come sempre quindi continuò a camminare, i tacchi abbastanza pronunciati risuonavano lungo tutto il quartiere, dove il fruscio degli alberi si accompagnava ad un silenzio e una quete, nulla a che vedere con la confusione della città.
Lentamente prese le chiavi, la porta si aprì e Nicole non capiva perché aveva il cuore a mille.
Doveva ammettere che la casa non era proprio niente male.
«Guarda, questo sarà il salotto è molto spazioso, penso di far collocare al muro una libreria.. So che ti piace leggere non è vero?»
«Si, fantastico..» Non era proprio felice ma cercava almeno di esserlo, doveva esserlo almeno per Bonny, per lo sforzo che stava facendo.
Continuando a camminare perlustravano la casa.
«Qui ci sarà la cucina, là la sala da pranzo, lì ce il bagno al piano di sopra ci sono altre stanze, una camera degli ospiti, camera mia, la tua e un altro bagno. C'è anche una terrazza molto luminosa. Allora cosa te ne pare?»
Bonny non finiva più di parlare, un po' per l'euforia un po' per riempire i silenzi che erano fin troppo frequenti.
«E' bella, sarà difficile abituarmi ad una casa così grande, salgo sopra a scegliere quella che sarà camera mia.»
Detto questo iniziò a salire le scale fino a che non arrivò al corridoio del piano di sopra, lungo e in penombra, camminava in punta di piedi cercando di non fare rumore, si sentiva stupida a farlo ma era come sentirsi ospite di una realtà che non gli apparteneva.
“deve essere sempre così quando si cambia casa” Pensò Nicole che fino a qualche settimana prima aveva sempre abitato nella sua piccola casa a Vancouver e non aveva mai provato le sensazioni di un cambiamento così grande.
Iniziò a curiosare tra le stanze sperando di trovare quella che l'avrebbe dato la sensazione che voleva, ma tra le stanze che aveva perlustrato, certamente più di tre, non aveva trovato una stanza che “facesse per lei”, avrebbe dovuto passarci decisamente tanto tempo quindi doveva essere accogliente.
Osservando ogni piccola asse di legno che scricchiolava sotto le sue scarpette consumate, In fondo al corridoio sforzò i suoi occhioni vispi, riuscendo ad intravedere una porta, poco visibile, oscurata dalla penombra delle vecchie tende con delle decorazioni a fiori troppo vintage, che aveva odiato al primo sguardo.
Non amava le stanze troppo luminose o troppo grandi, questa lo era al punto giusto, il tetto era interamente in assi di legno, una grande finestra proprio sopra una vecchia scrivania in ciliegio che accarezzò.
Era fredda, le piaceva e riusciva già ad individuare il posto dove avrebbe collocato il letto, proprio di fronte alla scrivania. “Ecco questa è semplicemente perfetta.” Pensò.
Ed era soddisfatta, era stata la sua prima faticosa conquista, si sentì stupida a definirla tale ma adesso ogni cosa le sembrava il doppio complicata.
La giornata passò estremamente veloce tra furgoni, i traslocatori, Bonny che urlava come un sergente per ogni mobile che non era messo come lei aveva ''ordinato''.

Ora di cena.
«Zia...»
«Cosa c'è Niki?»
«Sono terrorizzata.»
«Perché dici questo?»
«Perché tutto quello che mi completava e che faceva parte di me, tutto quello del quale facevo parte, la mia vita, la mia scuola, i miei amici, è rimasto tutto a Vancouver..»
«Lo so ma non devi pensare più a quello che stato. Aspetta almeno di provare a vedere come stai qui, qualche mese, magari stai meglio e nel caso mi sbagliassi potremo tornare a casa.»
«E il tuo lavoro?»
«Non importa ne cercherei un altro. Per il momento però devi cambiare aria, ti serve. E questo credo che sia il posto migliore.»
Nicole non ci credeva molto.
«Non lo so, non so neanche più chi sono.»
«Non dire sciocchezze, questo che stai attraversando è solo un brutto periodo che passerà. Ricorda sei tu che scrivi il tuo destino, solo tu possiedi la penna della tua vita. Se tu ti senti apprezzata, sicura di te stessa, gli altri ti apprezzeranno ma se avrai paura di camminare ancor prima di esserti alzata, se avrai paura di un'opinione gli altri si accorgeranno della tua fragilità te la ritorceranno contro, si prenderanno gioco di te rendendoti soltanto più insicura qui, nel tuo cuore.» disse la zia poggiando la mano sul petto di Nicole.
Poteva passare il tempo lì succube delle sue sofferenze o poteva prenderla come un'occasione da sfruttare al meglio, poteva essere difficile, poteva anche non riuscirci, ma nonostante l'ansia che si estendeva lungo il corpo capì che doveva esser forte o almeno fingere di esserlo per non demotivare Bonny, almeno per lei doveva esser facile.
«Credo di aver capito..»
Lei stessa era felice di aver finto alla grande.
Detta quella frase che sollevò entrambe, Nicole si congedò dalla tavola, iniziò a salire le scale con passo veloce, mentre rifletteva sulla moltitudine di possibilità che aveva di rifarsi nuovi amici e innanzi tutto una nuova vita, insomma riafferrare la penna in mano e scrivere il suo destino.
Doveva giocare bene le sue carte, riuscire a prendere in mano la situazione, sistemare la sua vita e riprendersi e se non ce l'avrebbe fatta sarebbe tornata casa come aveva detto Bonny, nulla di più semplice.

La sera, nella sua nuova camera, sembrava che i minuti e i secondi fossero scanditi meglio, tanti cambiamenti con la ''C'' maiuscola e tanta confusione.
La cosa che più amava di quella casa erano le finestre, ne aveva sempre voluta una nella propria camera.
Respirò a pieni polmoni e iniziò a guardare nel vuoto, cercando in quello che vedeva una risposta a tutti i suoi dubbi, alle sue paure.
Ci credeva davvero in una svolta, lo sentiva dentro, gli sembrava già così vicino come la luce della luna che sfiorava i lati del suo viso ma nel momento in cui avrebbe allungato la mano per toccarla si sarebbe resa conto che era lontana come quel giorno che tanto desiderava arrivasse, il giorno delle risposte, della svolta, se fosse mai arrivato, però nel sognare cosa c'era di male? almeno quello non glielo avrebbe tolto nessuno.
Nella sua camera appena sistemata regnava il caos più totale ma doveva rimanere così, era la sua camera, ogni cosa era al suo posto e lei viveva bene con il suo disordine, dopo tutto quella camera rappresentava lei.
Non aveva voglia di dormire, così si sedette alla scrivania, aprendo il suo diario, anche quello nuovo, si sentiva stupida a tenerne ancora uno a 16 anni ma in certi istanti era la cosa che la sollevava di più di ogni altra cosa, che l'aiutava.

“Questa è la mia notte, ed è tutto così difficile. Le stelle mi osservano con aria di superiorità o forse sono io che osservo loro aspettandomi qualcosa? Lancio sguardi pieni di avida curiosità a quel piccolo teatro sul cielo, stringo gli occhi perché odio far scappare le lacrime dagli occhi. Questa è la mia notte, e dovrei esserne contenta. Chi ha una possibilità di voltare pagina e di ricominciare? Un inizio in cui per una volta posso essere protagonista assoluta della mia vita. E guardo ancora quelle stelle che non sognano ma che promettono sogni. Regalano speranze e fanno sognare ma è giusto che io possa sperarci?..''

Teneva ancora la penna in mano quando come solito suo fare, si addormentò ripiegata sulla scrivania.

 
  
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