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Autore: Maledettoquelgiorno    06/12/2012    1 recensioni
Per quelle come me.
Per quelle che sorridono poco e quando lo fanno, quando sorridono, sono belle sul serio.
Per quelle che hanno le lentiggini sul viso e le fossette sulle guance, quelle che hanno le mani piccoline e sempre fredde.
Per quelle come me, che almeno una volta sono uscite all'aperto mentre pioveva e hanno alzato le braccia urlando al cielo.
Per quelle che hanno pianto tanto e adesso non hanno più paura di farlo, quelle che si sono sentite sbagliate e diverse, insicure;
per quelle che ogni canzone deve essere ascoltata e ogni parola respirata.
Per le sognatrici che vorrebbero un libro diverso da leggere, ogni giorno.
Per quelle che il cielo è sempre una mezza casa.
" Mia ha avuto un infanzia difficile; timida e sempre in disparte, presa in giro da tutti per le sue forme rotondette e il carattere fragile.
Viene umiliata proprio da Nathan, suo vecchio compagno di giochi, durante una festa a scuola e decide allora di cambiare città.
Molti anni dopo, Mia torna a casa, bellissima e con un fisico quasi perfetto; irriconoscibile persino per il vecchio bambino che le ha spezzato il cuore.
E se decidesse di vendicarsi?"
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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    Amelia.                                                                          
Poi capì che non c'era nulla di così straordinario nell'andare via, scappare.
Non c'era nulla di straordinario nell'evitare persone, amori, ricordi di sorrisi visti per caso in un bar.

Capì che il mondo poteva crollarle e crollarle per davvero, ma un pezzo di cielo sarebbe stato sempre suo.
-Tiziana Laudani.





Il cielo era così nero che guardarlo mi faceva paura e le stelle erano sparse come tanti coriandoli su un grandissmo tappeto; quella vista mi metteva malinconia, forse avevo troppi ricordi legati al 
cielo, ogni volta che lo guardavo sentivo di non essere poi così tanto lontana dalla mia vera vita, forse semplicemente amavo troppo le stelle e mi faceva male;
mi capitava spesso ultimamente di voler lasciare tutto, di voler scappare via, di voler correre lontano un'altra volta, ma infondo avevo capito che dal cielo non potevo scappare. 
Così come non potevo scappare dall'amore e dal mio passato. 
Sono certa che vi starete chiedendo come mi chiamo, no? Beh, il mio nome è Amelia ma tranquilli, sono anni che mi chiamano Mia, ormai. 
La mia vita è sempre stata un insormontabile salita fatta di pochi sorrisi e troppe stelle da guardare; i miei genitori sono diventati col tempo, tipi emancipati e fermamente convinti che tutto il bene di 
una figlia si riconduce solo ai soldi, in altre parole mi hanno sempre rimpinzata di vacanze, regali e contanti, convinti che questo colmasse il vuoto causato dalla loro assenza. 
Lei, avvocato affermato piena e strapiena di soldi, continuamente a lavoro e con una forza di volontà che supera ogni limite possibile e lui, uomo conosciuto, stimato e per ultimo ma non meno 
importante, un bravissimo chirurgo. 
Dovete sapere che mia madre è una donna bellissima, a volte mi sembra una di quelle signore che si vedono nelle serie televisive americane; sono certa che potrebbe anche far 
girare la testa a tutti gli uomini del paese se solo volesse; appunto, uso il congiuntivo perché lei non vuole, ovviamente è una persona seria e cosa fondamentale è innamorata solo di mio padre. 
I suoi capelli sono castani, lunghi fin sopra le spalle; vederla così mi fa un po' strano, devo ammetterlo; mamma ha sempre avuto un colore che va dal biondo ramato al biondo e basta. 
Non ho ancora capito per quale motivo ha deciso di cambiare radicalmente la sua chioma, fossi stanta in lei, avrei avuto paura.
Forse perché sin da piccola ogni tipo di cambiamento mi ha sempre spaventata, il mio professore diceva sempre una cosa: "chi cambia qualcosa, sa quello che lascia e non sa quello che trova" 
o qualcosa del genere; insomma mia madre ha fegato e io sono una codarda, lei ama i cambiamenti mentre io li evito, quando posso. 
Mio padre invece è un uomo di indubbio fascino, occhi blu e capelli brizzolati che gli regalano un aria da uomo maturo, è bravissimo in quello che fa e a volte, quando ho avuto la possibilità di notarlo, è
capace di essere la persona più dolce al mondo.
Insomma, vista da fuori, tutta la faccenda, sembrerebbe una favola. 
Una casa che sembra una reggia, vacanze quando e come voglio, feste fighissime e soldi a quantità. 
Ma sapete cosa diceva mia nonna? Diceva sempre che i soldi non fanno la felicità, diceva che se ci sono, poi, è meglio ma che la cosa più importante è che ogni sera, a casa, quando si spegne la luce, 
riesci a sorridere e non perché hai una nuova maglietta o sei in vacanza, riesci a sorridere perché ti senti a casa.
Diceva che la famiglia è casa; e quanto mi manca, giuro, non avete idea. 
Mia nonna è sempre stata il mio punto di riferimento, quando mamma e papà giravano il mondo perché "avevano voglia di prendersi una pausa" da cosa poi, non l'ho mai capito, mia nonna mi portava
a casa sua; lei mi ha insegnato a stirare, mi ha insegnato che l'amore e la felicità sono la stessa cosa e mi ha regalato i valori più importanti della vita. 
E' morta da cinque anni e mi manca ogni giorno, come il primo. 
" Mia? " Adesso sapete che l'unica persona che mi abbia mai davvero amata, è morta; non buttiamola sul personale, so' perfettamente che i miei genitori mi amano, soltanto che il loro modo di 
dimostrarlo, non mi è mai andato alla grande anche se col tempo ci ho...
"Mia, stai bene? " In quel preciso istante mi voltai come se qualcuno mi avesse stampato uno schiaffo in piena faccia. Ero entrata letteralmente tra i miei pensieri.
" Eh? Si, certo che sto bene!" 
" A che pensavi? " 
" A quanto è scemo Ferdi. " Sorrisi e lo indicai col dito. 
Quella che mi ha appena riportata alla realtà è Fabiana, ma noi la chiamiamo Bia; vi starete chiedendo, e ne sono sicura:
 "ma cos'è 'sta mania dei nomi che finiscono con -ia?" si, me lo chiedo anch'io, da quando sono arrivata in questo paese di pazzi. Esattamente cinque anni e mezzo fa. 
Avevo tredici anni, se non sbaglio ed era l'ultimo anno delle medie; ero grassottella, ancora troppo piccola per capire quanto cattivi possono essere i ragazzi di quell'eta. 
Il mio viso non era brutto, ho sempre avuto degli occhi grandi di un colore che varia dall'azzurro al verde, un leggero soffio di lentiggini sulle guance e un sorriso trasparente, ma questo nel mio paese
non bastava. Quand'ero piccola desideravo essere bella, volevo cambiare la mia vita, far capire ad Erica e a quel gruppo di oche, che anch'io potevo essere una di loro; non chiedetemi per quale
strano motivo volevo essere una di loro, perché non lo capisco neanche adesso, eppure era così. 
Avere ragazzi che ti corteggiano, essere vista come una principessa e non aver mai paura di sbagliare, era sempre stato il mio obiettivo. 
Ma ai tempi, era soltanto un sogno; vi sembrerà strano, ma c'è un motivo per cui avevo preso sogni e bagagli ed ero scappata via, per raggiungere i miei zii, qui. 
Per l'ultimo anno delle medie era stata programmata quella fatidica festa dell'ultimo anno che sono certa, tutte voi conoscete.
Ragazzine della mia età, con piccoli vestitini e acconciature particolari che si dilettano con i propri fidanzatini a danzare tutta la sera: insomma, una di quelle feste che aspetti tutto l'anno per cui ci
ricami così tanti sogni da stare male la sera dopo; 
io avevo messo un paio di pantaloni lunghi e un bellissimo corpetto color tulipano, allacciato dietro da un bel fiocco, mi sentivo troppo grassa per un vestito e troppo anonima persino per sentirmi carina,
ma vi sembrerà strano, avevo voglia lo stesso di sentirmi l'Amelia che nessuno aveva mai conosciuto, quella socievole e che non scappa spaventata. 
Quella sera volevo poter instaurare un rapporto con i miei coetanei per dimostrare al mondo che avere qualche chilo in più non implica per forza solitudine ed emarginazione. 
Avevo pensato bene di lasciare i capelli sciolti biondi e lunghi, cadermi sulle spalle indisturbati, tanto non serviva a niente, indossare vestiti perfetti o acconciarmi i capelli come una fata: non avevo amici,
 andavo a quella festa perché da qualche parte, nel mio cuore, speravo che le cose cambiassero.
Adesso che so come andarono le cose, mi rendo conto che ero una povera illusa. 
La sala era talmente grande e perfetta che quando entrai, mi mancò l'aria. Per tutta la notte non avevo fatto altro che pensare a come sarebbe stato bello se io fossi stata diversa, avessi avuto un 
accompagnatore o almeno, uno straccio di amico, se avessi avuto la vita di Erica o di Gaia o di tutte le altre, se fossi stata fidanzata con Nathan e...
Nathan. 
Lui era stato il frutto di tutti i miei sogni, sin dalla tenera età; i nostri genitori si conoscevano da sempre e anche noi, quindi, eravamo stati costretti, di tanto in tanto, a scambiarci qualche parola. 
Da piccolini, quando ancora le etichette e pregiudizi non lo avevano del tutto trasformato eravamo inseparabili, ma lui non lo ricordava neanche.
Nathan era il ragazzo perfetto: occhi verde prato, fisico curato e un sorriso che faceva invidia al mondo; non so perché ma ogni volta che lo guardavo, vedevo il bambino dagli occhi verdi che giocava 
con me a nascondino a quattro anni, quello che mi aveva regalato una rosa per il mio compleanno a nove anni e che rideva continuamente;
ma in realtà Nathan era cresciuto e aveva cancellato me dalla sua vita, aveva smesso di sorridere come faceva con me, i suoi occhi avevano quasi un colore diverso, la sua voce e il suo modo di parlare 
erano diventati rudi, sprezzanti e taglienti. Ogni volta che apriva bocca, insieme a quegli idioti dei suoi amici,mi feriva. 
Lui non era il bambino che adoravo. 
Adesso che ne parlo con voi e che in parte, ho superato la cosa, posso affermare con certezza che quella sera, in quella dannata festa, Nathan mi spezzò il cuore e mi umiliò difronte a tutti. 
Ricordo che ballavano, la musica era leggera e io ero seduta su una sedia ad attendere il mio principe azzurro, lui ballava con Erica e mi sembrava che una parte di me, stesse piangendo; 
non che ci fossero speranze, intendiamoci, ma una bambina di tredici anni, ha il diritto di immaginarsi scene epiche, in silenzio. 
Una bambina ha il diritto di vivere anche soltano una fetta di favola, nonostante sia finta.
Li guardavo e pensavo che quel momento sarebbe stato sicuramente il peggiore della serata; quanto mi sbagliavo. 
Soltanto pochi minuti dopo Erica prese le distanze dal mio principe azzurro e in tutta la sua bellezza, fece cenno ad altri sei ragazzi di avvicinarsi; sembravano tutti quanti usciti da un film, 
per quanto erano belli, stranamente piccoli, immensamente belli ed esageratamente cattivi. 
Quando avevo parlato a mia madre dei miei prolemi, ai tempi, mi aveva liquidata con una specie di discorso sul fatto che i ragazzini di quell'età non sono mai cattivi, al massimo competitivi e che non 
mi avrebbero mai fatto davvero del male; nessuno dava davvero importanza al mio malessere meno che me stessa. 
Ad ogni modo, la loro bellezza, quella sera era indubbia, ma questo in quel momento non riuscivo ad ammetterlo, volevo soltanto essere accettata, belli o meno, ne avevo bisogno.
In meno di un minuto notai che tutti parlottavano tra di loro di non so cosa e credetemi, se fossi stata soltanto un po' più furba, avrei capito che confabulavano contro di me, ma io ero ingenua e 
agognavo talmente tanto un posto tra loro, da essere completamente cieca. 
Nathan si avvicinò a me, con un sorriso che non potrò mai dimenticare e mi offrì la sua mano. 
" Vuoi ballare? " Avete presente il film "casper"? Ecco, in quel momento mi sentivo lei, mi sentivo talmente felice che ogni cosa, in quel momento sarebbe potuta succedere, compreso terremoti e uragani, 
io sarei rimasta lì a ballare con lui. 
La sua idea, però, non era questa e non me ne ero neanche accorta, fu per questo che lo abbracciai e gli misi le braccia intorno al collo, imbarazzata e silenziosa;
 prima che potessi rendermene conto, proprio al centro della sala, sotto gli occhi di tutti quanti, Nathan mi slacciò il corpetto. 
A quattordici anni, il ragazzo di cui avevo una profonda stima, mi aveva umiliata difronte a tutta la scuola, sotto le risate di Erica e le sue barboncine stile cagna in calore. 
Voi sapete cosa si prova ad essere denudata difronte all'intero istituto? A rendersi conto di essere soltanto in reggiseno con un enorme pancione pieno di rotoli di grasso in eccesso che rendono tutto più
divertente? Era come assistere alla propria umiliazione pubblica. 
Potete immaginare cosa feci successivamente: allontandandomi da lui, con le lacrime che mi rigavano il viso, gli sussurrai un "ti odio" di scarso valore e fuggii via, a nascondermi.
 Adesso, voi capite bene che ero già una sfigata grazie al mio corpo, mettiamoci anche una figuraccia colossale difronte a tutti quelli che in quel paese contavano, metteteci che l'anno successivo, 
alle superiori, sarei finita dritta in classe con i nemici, visto che in tutto il paese avevamo una scuola, con un solo indirizzo e due classi, al massimo, metteteci che non potevo superare tutto quello che 
stava succedendo nella mia vita, compreso la morte di mia nonna e capirete che l'unica via d'uscita era andarmene via. 
Così, soltanto la mattina dopo, parlai con mia madre sostenendo che gli studi da un'altra parte sarebbero stati migliori, che quel paese mi opprimeva e che finita la scuola avrei voluto prendere tutto
ciò che mi riguardava e andare via. E adesso, non so da quanto tempo, sono qui. 
La mia vita è cambiata, adesso sono piena di amici, già dalla prima settimana decisi di iscrivermi in palestra e migliorai letteramente il mio corpo, all'inizio delle superiori ero dimagrita letteralmente,
dopo qualche mese di sacrificio ero riuscita a perdere tutti i chili di troppo e avevo un fisico quasi carino. 
Col tempo, sono riuscita a cambiare il mio corpo e a modificarlo a mio piacimento: adesso sono così magra e soda, che farei invidia a quella strega di Erica e quando mi guardo allo specchio, non provo
più odio e ripudio. I miei capelli sono lunghi e biondi, ho i soliti occhioni verdi in un viso che è totalmente cambiato. 
Non mi riconoscerebbe nessuno, ne sono certa. Durante i primi anni, cercavo di essere più spigliata, i ricordi del mio passato non me lo permettevano ma dovevo riuscire a vivere, dovevo guardare
una persona negli occhi senza avere paura di una profonda delusione e così, con l'inizio delle superiori, conobbi Bia. 
Lei è una delle persone migliori che abbia mai conosciuto, di una bellezza sconvolgente e con un carattere perfetto; è a lei che devo tutto, dopo qualche anno, i miei zii decisero che era arrivato il 
momento di cambiare vita e stabilirsi in Norvegia, io avevo soltanto diciassette anni e un nuovo trasferimento in un paese dove non conoscevo nessuno, mi avrebbe gettata a terra, in maniera quasi 
ovvia, nel mio piccolo, poi, ero convinta che se qualcuno mi aveva accettata e mi voleva bene era solo perché ero stata fortunata.
E quando mi ricapitava una fortuna del genere? Così parlai con i miei genitori che vedevo di tanto in tanto, sostendendo che volevo rimanere lì dov'ero e che non m'importava nulla; fu l'impresa più 
difficile della mia vita e all'inizio non vi nego che fecero storie, mia madre aveva paura che gestire una casa da sola fosse troppo per una diciassettenne ma quando Bia mi offrì un posto a casa sua, 
non potè più rifiutare. 
A volte mi capita di pensare a come sarebbero andate le cose se non fossi scappata via dalla mia vera vita e avessi affrontato le cose;
la morte di mia nonna e l'emarginazione sociale, mi capita di credere che forse sarei diventata bella lo stesso e mi avrebbero accettato, che mi sarei potuta prendere le mie rivincite. 
Ma poi mi rendo conto che è stata la scelta migliore, perché adesso sorrido. 
" Eddai, smettila, idiota. " Guardai Bia e sorrisi insieme a Ferdi, mi sarebbe diventato bianco il cervello a forza di ricordare eppure a volte capitava che tra un gesto o l'altro mi ricordassi di me stessa. 
La colpevole di quella sbornia, quella sera era stata Jenni. 
Lei è la cugina di Bia ed è completamente pazza; adora bere e divertirsi e non ve lo nego, un po' la invidio, c'è una parte di me che è rimasta sempre lì, ed è quella della piccola Amelia che fugge da se 
stessa perché esistere la spaventa, Jennie invece esiste eccome, lei è un uragano, sempre piena di vitalità e con la voglia di fare.
Aveva insistito perché corressimo a casa sua a guardare le stelle.
Le stelle a mezza notte, nel periodo di Dicembre, capite? 
" Mia, sto ancora aspettando quella cena. " 
" Nico, non cominciare. "  
" Mi hai promesso che..." Mi sorrise e io non potei far altro che seguirlo. Voglio un gran bene anche a lui, nonostante ci provi di continuo. " Ti prego, mi comporterò da gentiluomo." 
" Non sai neanche che significa. " Si intromise Ferdi.
" Che ne vuoi sapere tu? Sei ubriaco perso. " uscì la lingua serio e coinciso e scoppiammo tutti a ridere. 
Se penso a come stavo quando sono venuta in questo paese, la prima cosa che noto è la differenza. 
La differenza della mia vita attuale e quella precedente. 
Tristezza e felicità. Qualche volta, purtroppo, sono andata a casa mia, nel mio paese, per questioni pratiche o per le vacanze ma per fortuna non ho più rivisto i miei vecchi compagni di paese. 
Non mi sono fermata mai più di due giorni e non sono uscita di casa tenendomi lontana dalle università, consapevole che almeno tre di loro, tra cui Erica e Nathan, la frequentano; non mi chiedete
come faccio a saperlo; adesso starete pensando che ho paura, vero? La verità è che non saprei come reagirei difronte a uno soltanto di loro. 
" Uscirò a cena con te. " Sussurrai. " a una condizione. " lui si avvicinò e mi prense la mano, con aria beffarda.
" Dimmi, piccola. " 
" Sono invitati tutti. " 
" Ma uffa... io vole..." Il suo viso prense un adorabile espressione imbronciata; 
infondo Nico è molto bello, occhi scuri e fisico slanciato, con un paio di capell ricci e scuri. 
" Perfetto!" Si intromesi Jennie. " Allora offre Nico!" Scoppiammo tutti a ridere.
C'è una parte di me che ha preso il sopravvento, ultimamente. La parte che mi difende dal mondo, la parte che mi fa stare meglio, quella che non è mia ma ho costruito con orgoglio. 
E' lei quella che, è inutile parlarne, lotta contro gli amori mancati, le amicizie finite, la solitudine la domenica sera. 
Quella parte non ama, non sorride neanche tanto, evita e basta. Quella parte urla, si arrabbia e non si affeziona mai più del dovuto e poi, in silenzio, mi rendo spesso conto di avere un'altra parte, con me.
Quella mia, quella che non riguarda 'Mia' ma che è totalmente e incondizionatamente legata ad Amelia, la bambina grassottella che adorava il cielo e ricamava i suoi sogni. 
Quella parte di me che non può cambiare, e allora si nasconde e basta,è quella parte che sogna, che sorride tanto, che si fida del mondo. E' discreta, non si arrabbia. 
Adora i film romantici e aspetta ancora l'amore vero, quello che riconosci subito perché sa di magnolia e fiori profumati. 
C'è una parte di me che è rimasta bambina, che ama ancora i gesti semplici e ci crede. 
Ed è così difficile nasconderla al mondo intero. 
E' difficile perché ad amare, son bravi tutti, ma lo sono di più a spezzarti il cuore. 
E allora non voglio che qualcuno la ferisca ancora, quella parte è roba mia, mi tiene viva, mi fa leggere lunghissimi romanzi d'amore, mi fa vivere emozioni stupende e mi rende migliore. 
Quindi avevo portato a tutti la stessa idea, tramandando lo stesso mio pensiero. 
"Scalfite pure la stronza che è in me, quella che se ne sta per fatti propri, non vuole l'amore e non crede più a niente, ma l'angelo che ho dentro, quello non lo avrete mai."



Note:
Ciao, ragazze. 
Mi chiamo Tiziana; questa è la mia prima storia che pubblico e non nego di essere particolarmente emozionata;
spero di suscitare in voi curiosità, anche se ho una paura enorme che nessuno la recensisca o che non piaccia. 
Io sono un po' una sognatrice mancata, mi piace da morire sognare e immaginare ma ho paura ed è per questo che scrivo. 
Scrivo da sempre, giuro. Non sono la migliore, non sono neanche brava ma questo è il mio futuro, io voglio scrivere. 
Fin da quand'ero piccolina, mi hanno sempre rimproverato del fatto che parlo poco. 
Sempre timida, sempre in disparte, molto riflessiva, troppo matura per mia sua età e allora ho trovato la mia dimensione, nelle parole. 
Ci gioco, riesco ad esprimermi.
A volte vorrei essere un libro: lui dice tante cose, e non spreca fiato. 
Bene, non volevo annoviarvi, scusate. Mia mi è entrata nel cuore, subito e spero ci sia riuscita anche con voi. 
Aggiornerò ogni settimana, non chiedetemi quando; ho così tanti impegni che a volte mi dimentico di esistere. 
Mi scuso se ci stanno errori all'interno del capitolo e vi ringrazio già da adesso. 
Grazie, grazie, grazie. 
  
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