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Autore: fulvia70    07/12/2012    3 recensioni
Sherlock e John, Jim e Sebastian, Mycroft e Lestrade e il Natale, perché c'è sempre un attimo in cui le nostre vite tornano nelle nostre mani e forse è proprio quando credevamo di averle perdute.
Post Reichenbach, con tanto amore e tanta speranza, per tutte e tre le coppie
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty , John Watson , Lestrade , Mycroft Holmes , Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Avvertimenti: i personaggi appartengono a Sir Conan Doyle, agli aventi diritto, a Moffat - Gatiss e alla BBC. Non scrivo per scopo di lucro, solo per divertimento.

Ho amato queste coppie e ho immaginato per loro un Natale diverso da quello che forse hanno vissuto o avrebbero potuto vivere nel loro mondo virtuale che ormai è così vero per tutti noi da sembrare più reale del nostro!

Buona lettura.


 Primo racconto: una sciarpa, dopotutto.

John Watson chiuse lo sportello del frigorifero. Perché prendersela? Non ci era abituato, forse? Non gli era mancato anche quello in tutto il tempo che Sherlock era stato morto, sepolto, definitivamente perso? Non avrebbe dato il suo braccio sinistro per riaverlo con sè, resti umani annessi nel frigo dell’appartamento?

Sorrise appena John, passandosi la mano destra sul viso.

Viveva di nuovo con Sherlock Holmes da sei mesi e l’aria era fredda, l’inverno era giunto sulla perennemente umida Londra per gelarti fin dentro le ossa.

Con indosso unicamente i pantaloni del pigiama e una vecchia t shirt bianca di quelle che usava sotto le armi, prese due tazze e preparò del tè.

Aveva sentito Sherlock camminare freneticamente per tutta la notte in salotto e poi più nulla, quindi doveva aver dormito finalmente qualche ora dopo tre giorni completi di insonnia, mutismo e rispostacce a monosillabi. Il suo ultimo caso doveva essere risolto.

Aveva esitato a tornare con lui sui casi e questo non glielo perdonava Sherlock, ma John continuava ad andarci cauto, si aspettava quasi di poter perdere di nuovo Sherlock, ecco, cercava di non smarrire quella poca lucidità di pensiero che aveva ritrovato.

Per non parlare del gran groviglio dei suoi sentimenti.

Dopo la morte di Sherlock si era sposato con Mary Morstan. Un matrimonio felice, in apparenza. Se solo John non avesse continuato a pensare a Sherlock ogni giorno e ogni notte. Un matrimonio che dopo un anno era morto di morte naturale e che alla comparsa di Sherlock di nuovo sulle strade del mondo si era definitivamente disintegrato.

La rabbia, lo stupore, la gioia immensa e deflagrante avevano fatto si che John avesse prima preso a pugni il suo migliore amico e poi lo avesse tenuto abbracciato per due giorni e due notti consecutive nel suo letto a Baker Street e Sherlock, stranamente, Sherlock così incline a scansare ogni tipo di contatto fisico ed emotivo, aveva acconsentito non solo prontamente ma con un certo entusiasmo che aveva sorpreso John.

Il medico poggiò le tazze sul tavolo e nel vano della porta comparve Sherlock con indosso un lenzuolo, i capelli arruffati, quegli splendidi occhi di un indefinibile azzurro socchiusi e la voce ancora graffiante e roca quando salutò il coinquilino.

John sorrise. Ecco, quel vocione baritonale del suo amico era così... così... Dio! Che stava per pensare? Eccitante? Sexy? Si schiarì la gola e offrì a Sherlock il suo the.
_ Hai risolto il caso? – domandò, sedendogli di fronte.

Sherlock sbuffò appena.

_ Avrei fatto prima se tu mi avessi aiutato! –

John rimase in silenzio. Non era vero, non poteva essere vero quello che aveva sentito.

_ Non prendermi in giro, Sherlock! Con l’intelligenza che hai che te ne fai di me? –

Il tono brusco di John aveva sorpreso il Consulente Investigativo.

Possibile che John fosse così ottuso? Non il suo John, non l’uomo per la cui vita aveva dato senza esitazioni la propria. Non era possibile. Molto più facilmente si teneva sulle sue, ecco, un modo di dire ridicolo ma esplicativo per Sherlock che aveva ancora una gran difficoltà con i sentimenti.
_ Non l’ho mai fatto, John, non inizierò a farlo ora. Dovresti saperlo. –

Il tono offeso fece sorridere John Watson, che ben conosceva i bronci del suo amico.
_ D’accordo, Sherlock. Scusa. Volevo solo dire che non hai bisogno di me per risolvere un caso. Forse non ne hai avuto mai bisogno. –

Sherlock lo fissò stringendo le palpebre. Era arrabbiato, pensò John.
_ Se è questo che pensi John Watson, allora sei davvero un idiota. –

Si alzò e se ne andò, lasciando il medico nel più completo sconcerto.

Sospirò John e bevve il suo thè da solo, cercando di non pensare agli sbalzi di umore del suo amico. Sbalzi di umore che erano peggiorati da un po’ di tempo, specialmente dopo quella sera in cui avevano litigato perché John aveva finalmente detto a Sherlock che non lo avrebbe più accompagnato sulla scena del crimine, che avrebbe preferito continuare con la sua noiosa routine di lavoro, che pur non volendo aveva degli obblighi verso la sua ex moglie.

Soprattutto Sherlock aveva perso la testa quando John gli aveva sbattuto sul viso che in tutto il tempo  in cui era rimasto solo aveva dovuto per forza inventarsi una routine per non impazzire, routine di cui Sherlock e i suoi casi per forza di cose non potevano più fare parte.
_ Ma ora sono tornato, John! Sei ancora arrabbiato con me, anche adesso che ti ho detto per quale motivo ho fatto quello che ho fatto? – aveva protestato con veemenza Sherlock.
_ Non sono arrabbiato con te, Sherlock, ma magari ho bisogno di tempo! – aveva replicato gridando il dottore.
Sherlock aveva lasciato di furia l’appartamento e per due giorni era rimasto chiuso nel suo mutismo. Alla fine John si era scusato ma non aveva fatto retromarcia, il suo amico doveva accettare che anche lui aveva i suoi tempi.

Sherlock riapparve vestito, i capelli ancora umidi, l’espressione infastidita.

John sorrise ed ebbe un tuffo al cuore. Quella dannata camicia viola... era stata il suo incubo di notte e di giorno, aveva incarnato il suo oggetto del desiderio. Perché questo doveva ammetterlo, Sherlock era l’uomo più bello e sfacciatamente sexy che avesse mai conosciuto e ne aveva visti di uomini e per nessuno aveva mai provato quella morsa feroce nel cuore prima ancora che nello stomaco o nel basso ventre.

Si infilò il cappotto Sherlock, guardò John ed uscì senza dire una parola.

John si alzò e si guardò attorno.

C’era qualcosa di stonato. Ma cosa? Ripensò a Sherlock. Era vestito, almeno. Non come quella volta in cui erano andati a Buckingham Palace e il suo coinquilino aveva celato il proprio corpo soltanto con un lenzuolo unicamente per esprimere il proprio disappunto per quella convocazione da parte del fratello Mycroft.

Lo sguardo di John cadde sull’appendiabiti.

La sciarpa! La sciarpa di Sherlock! Come diavolo aveva fatto a uscire senza? Quella sciarpa era un elemento così tipico del suo abbigliamento che John non riusciva a immaginare diversamente il suo amico. Era solo una sciarpa, dopotutto, provò a dirsi John, senza molta convinzione.

Si accostò di corsa all’appendiabiti e la prese in mano. Per un istante la portò al viso e ne aspirò il profumo.
Un fuoco nuovo gli scese nelle vene, mentre una vocetta maligna gli ruggiva dentro per dirgli che in fondo era vero quello che provava, che sarebbe stato meglio accettarlo, darsi per vinto, confessare almeno a se stesso che Sherlock gli era caro, infinitamente caro, così caro che non avrebbe mai amato nessun altro con quella devozione, con quella passione, con quel desiderio. Mai.

Amato? Desiderio? Rabbrividì John e scese di corsa le scale.

Stava per aprire la porta ma qualcuno lo precedette.

Fu investito da aria gelida e dal suono di alcune musichette natalizie che i negozi diffondevano per pubblicizzare quel periodo così splendido che John era tornato ad amare, ora che Sherlock era di nuovo con lui.
Si ritrovò di fronte uno Sherlock apparentemente sorpreso di trovarlo ai piedi delle scale.
_ La sciarpa, Sherlock! Sei uscito senza. – mormorò, sentendosi un idiota con le braccia protese verso il suo amico.
Sherlock si accostò talmente tanto a lui che John sussultò quando i capelli del moro gli sfiorarono il viso perché stava chinando il capo.
John gli mise al collo la sciarpa e Sherlock lo lasciò fare, in silenzio, senza distogliere lo sguardo da quello del dottore.
Poi lentamente iniziò ad avvicinare il viso a quello del suo amico e John rimase rigido con le mani sul petto di Sherlock, dove stava tentando di annodare la sciarpa.
_ John... Riesci a immaginare quanto tu mi sia mancato? – sussurrò Sherlock prima di baciare il suo amico.
John rimase immobile per un solo istante, poi le sue mani strinsero il collo e le spalle del Consulente Investigativo, costringendolo a rimanere con il capo chino e iniziò a ricamabiare il bacio con tutto l’amore che gli stava esplodendo finalmente nel cuore.

Sherlock lo stava baciando, lo stava baciando! Quella bocca così incredibile era sulla sua e lo stava baciando!

John sorrise dentro di sè, avrebbe urlato di gioia.

Quando si staccò a fatica dal coinquilino, per riprendere fiato, rise appena al mugolio di disappunto di Sherlock e con la fronte poggiata a quella dell’altro sussurrò _ Bentornato a casa, Sherlock. –
Il moro sorrise con una gioia così luminosa che il cuore di John fece capriole.
Spinse John contro il muro, chiuse la porta e riprese a baciarlo, incurante del fatto che l’altro rabbrividisse di freddo.
Poi si sfilò la sciarpa e la passò attorno al collo di John, la legò e baciò ancora la bocca del suo amico, che sospirò di piacere.
_ John – mormorò con quella voce profonda e roca che diede i brividi al suo compagno – ti rendi conto che stai baciando un uomo? Che ne sarà della tua eterosessualità? –
Sorrise divertito John Watson. _ Che vada al diavolo, Sherlock! Tu non sei un uomo, tu sei Sherlock! E se ti azzardi ancora una volta a lasciarmi solo bada bene di essere davvero morto perché potrei ucciderti!-
Rise appena Sherlock Holmes e John intrecciò la propria mano destra nella sinistra dell’altro che lo guardò in silenzio, come se trattenesse il fiato.
Iniziarono a salire le scale lentamente.
_ Sei sicuro John? Voglio dire, non sono il tipo che divide quello che considera suo, dovresti averlo imparato! Come dovresti sapere che sei il solo che mi sarà mai così vicino. –

John si fermò, prima di aprire la porta dell’appartamento. Guardò il suo coinquilino e sorrise.

Il cuore gli aveva danzato nel petto a quelle parole. Sherlock lo amava? Lo considerava suo? Era il suo modo per dirgli che era innamorato e che non lo avrebbe più lasciato? Poteva forse desiderare qualcosa di meglio John Watson?
_ Sono sicuro, Sherlock! Più che sicuro! – replicò e Sherlock sorrise mentre John apriva la porta e rientravano in casa.

La loro casa. John sorrise.

Oltre i vetri si vedeva la neve cadere silenziosa sulla città. Presto sarebbe stato Natale. E John aveva ricevuto già il miglior regalo che avrebbe potuto sognare. Il suo Sherlock. Tornato. Lì, per lui. E per tutto il tempo che avrebbero avuto ancora.

Sherlock lo strinse tra le braccia con la tenerezza di un adolescente e John sorrise, baciandolo.

Noticina di chiusura : i Vostri commenti mi farano sempre felice, di qualunque tenore essi siano.
  
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