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Autore: AriiiC_    07/12/2012    6 recensioni
Storia di Astrid, storia di Eden.
Storia di una ragazza che ha fatto le scelte sbagliate.
Storia di un'Abnegante, di un'Erudita.
Storia di una ragazza che è andata avanti per la sua strada.
Storia di una Pacifica.
Storia di una Divergente che non sa di esserlo.
"Perchè ogni ribellione inizia con una scintilla."
Genere: Avventura, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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01. Choosing Ceremony

 
 
Il mio test attitudinale ha parlato chiaro: sono un’Erudita. Non so perché la cosa mi dia fastidio: anche qui tra gli Abneganti, dove raramente si riconoscono i pregi effettivi delle persone, tutti hanno sempre notato la mia intelligenza. Sarà che, proprio, non mi ci vedo in giacca e cravatta a parlare di politica o di scienza, seduta in una qualsiasi stanza. Kimber, la ragazza che ha presieduto il mio test, era una Pacifica, vestita di rosso e giallo come è solito fare nella sua fazione. Era allegra, sorridente, sembrava che niente nel mondo potesse affondarla. I capelli chiari le incorniciavano il viso in un taglio sbarazzino e leggero, come vorrei potessero fare i miei. È ovvio: loro credono nell’amicizia, nell’arte, nell’espressione. Non come noi, che non possiamo vestirci in un colore che non sia grigio per non sembrare appariscenti. Piatti. Tutti esattamente e perfettamente identici, niente per distinguerci. Insomma: gli Intrepidi si riempiono di piercing, i Candidi hanno un carattere che li contraddistingue in sé, gli Eruditi si attengono ai colori della fazione, ma spesso usano completi diversi tra loro. I Pacifici, semplicemente, sono ognuno un libro da scoprire e esplorare. Ammiro la loro vita, tanto quanto odio la mia. Non posso guardarmi allo specchio, sarebbe autocompiacimento. Non posso farmi notare, sarebbe da megalomane. Non posso neppure festeggiare il mio compleanno. Semplicemente, devo esistere in funzione degli altri. Questo non è altruismo. E poi, sono troppo egoista per vivere qui; tutti se ne sono già accorti. È da sedici lunghi anni che sono costretta a vivere una vita non mia, in panni che mi vanno stretti al di sopra di ogni cosa.
 Voglio scappare.
 Voglio respirare aria pura.
 Voglio poter pensare a me stessa. Voglio avere degli amici e una vita. Mia. Non loro.
 Scendo le scale, e vedo mio padre paonazzo, seduto al tavolo con del latte davanti. I capelli neri sembrano spuntoni, ma gli occhi verdi lasciano intendere la preoccupazione. Oggi toccava a mamma fare la colazione. Sta sera dovrò essere io a cucinare. Ma sta sera non vivrò più in questa casa, quindi non ci penso troppo. La mia unica perplessità è un’altra: seguire il risultato o il mio cuore?
 La fazione prima del sangue., certo, ma come scegliere a chi apparterrai? Mio fratello Mason mi tira la manica della giacca, identica alla sua. Ha solo nove anni, e forse è per lui che mi costringerei a rimanere: vorrei vederlo crescere, sapere la sua scelta, aspettare che i suoi occhi scuri e grandi – al contrario dei miei, comunque non chiari ma minuscoli – mi chiedano consiglio su cosa e come fare. Temo che ormai tutti sappiano che me ne andrò, per questo tacciono. Non hanno mai sopportato il mio comportamento e/o il mio modo di agire e pensare. Sono nata nel posto sbagliato, non c’è dubbio. Sarei anche potuta essere una Candida, dati i miei pochi peli sulla lingua. Ma so mentire, e il test l’ha dimostrato. L’unica fazione che sento non appartenermi è quella degli intrepidi: ho preso il formaggio e l’ho dato da mangiare al cane per farlo stare buono. Poi gli ho carezzato la testa, senza guardarlo negli occhi per non sfidarlo. Forse è stato questo mio atteggiamento a determinare il mio essere una cosa piuttosto che un’altra. Ma ormai non importa più. Senza mangiar nulla, decido di iniziare ad andare alla Cerimonia della Scelta. Saluto mia madre, i capelli scuri legati esattamente come i miei. Dicono che anche lei fosse bionda da giovane. Magari in un’altra fazione sarebbe più bella, ma qui è anonima. Ogni cosa, qui, è anonima. Non amo gli autobus, ma oggi mi costringo a prenderlo. Sono in piedi, ovviamente, dato che non ci è concesso sederci per non togliere a qualcun altro la possibilità di farlo. Accanto a me, trovo due ragazzi seduti. Il primo in bianco e nero, il secondo vestito di colori troppo sgargianti per non far male agli occhi. Ha un paio di buchi di troppo alle orecchie, ma il suo aspetto è semplice. Li vedo sforzarsi per non parlarsi, come se si conoscessero. Controllo attentamente i loro occhi blu ricchi di pagliuzze gialle, i nasi aquilini ma non troppo, le labbra con la stessa forma a fragola, come disegnata. Ecco cosa significa la scelta: lasciare andare tutto, anche i propri fratelli. Scendo rapida dal veicolo e salgo per le scale. È una stupida tradizione da Abnegante, per non togliere agli altri il posto nell’ascensore. Una delle tante cose che odio. – Quindi, eccoci, Astrid, - mi dico – è così che ci si sente quando si sta per lasciare tutto. – non so dove andrò. Ma non a casa. So che non potrei superare l’Iniziazione – per quanto sia semplice – senza diventare Esclusa. Ho paura degli Esclusi. Non di loro, a dire il vero, ma di come vivono. Non hanno nessuno a parte sé, fanno i lavori che nessuno vuole fare. Degli Abneganti sono i capi del Governo, gli Intrepidi sono i poliziotti, gli Eruditi gli insegnanti, i Candidi non mentono, e si occupano della legislazione. Infine i Pacifici pensano ad essere gli assistenti sociali, aiutando gli altri ma senza scordarsi dei loro bisogni e di ciò che gli piace. Non sarei poi tanto lontana dagli ideali della mia attuale fazione, ma potrei comunque darmi attenzioni che qui non mi sono concesse. E loro, sono anche artisti. Arrivo in cima stanca e mi siedo come ogni anno nel secondo cerchio – quello esterno è riservato ai genitori, quello interno alle coppe con dentro gli elementi di ogni fazione - osservando i calici. Astrid Abb. Sarò l’ultima a tagliarsi, dato l’ordine alfabetico inverso. Non so se sia un bene o un male. È un Intrepido dai mille tattoo a tenere il discorso. Ma non lo ascolto. Non mi piace ascoltare. Ecco un altro dei motivi per cui non sono adatta a stare qui. E poi, comunque, il discorso è sempre lo stesso. I miei genitori arrivano in ritardo, ovviamente, e quando si siedono fanno in modo di mettersi di fronte a me. Per guardarmi. Per capire che mi passa nella mente. Non ci sono mai riusciti. Non ci riusciranno ora. Non so quanto siano speranzosi: so che sanno che non sono fatta per questa vita. Spero solo mi verranno a trovare, per ricordarmi che ho avuto anche io qualcuno ad amarmi. Le coppe sono ferme, mentre si inizia a chiamare. Un Candido dal viso lungo e affusolato, che resta nei Candidi. Un Erudito scuro e con spessi occhiali, che resta Erudito. Una ragazza bruna Intrepida, che si taglia facendo cadere una goccia di sangue sulle pietre nella coppa degli Abneganti.
 Che ha al posto del cervello?
 Io cerco di scappare mentre lei si condanna.
 Seguo tutti con noncuranza: c’è chi resta, chi se ne va e chi non sa cosa fare ed esita un secondo o due, prima che il tizio che ha presieduto la cerimonia lo esorti e faccia la sua scelta. Sento il cuore che accelera come a volermi fracassare il petto. Penso a me, alle mie scelte, a ciò a cui sto andando incontro. A Mason, che non vorrei mai lasciare. A Mason, che spero mi raggiungerà per riuscire ad avere una vita decente. Fino a che non tocca ad una ragazza dai capelli rossi e fluenti, seduta giusto accanto a me. Un’Intrepida dalla testa ai piedi, con tanto di tatuaggi e piercing ovunque. – Ack, Zeena. – e si alza andando verso la lama affilata. Si taglia la mano con noncuranza, come se si fosse preparata a quel gesto per tutta la vita, e il rosso rimbalza sulla terra nella coppa dei Pacifici. Quando l’uomo tuona il mio nome, mi avvicino incerta. Ho paura delle lame, l’ho sempre avuta. Per questo non sono Intrepida, io, perché ho anche paura di affrontarla. Ed eccomi in piedi, davanti a tutti, davanti a quelli che hanno visto ogni Abnegante rimanere Abnegante. Nessuno ha avuto il coraggio di andare via. Coraggio. È la prima volta che mi attribuisco questa parola. Non voglio ammetterlo, ma ci vuole più coraggio di quello che dimostri per fare una scelta come la mia: contro la famiglia, contro il testo, contro tutto ciò che la gente si aspetterebbe da me. Solo ciò che vorrei e avrò. Sussulto un attimo. I miei non vorrebbero. Nessuno vorrebbe. Mi rimpiango solo che, così, non vedrò crescere mio fratello e non potrò aiutarlo come mi piacerebbe.
 Ma sono egoista, come sempre. Sono determinata.
 Non sarà la scelta a cambiarmi.
 Mi taglio piano, trattenendo un grido. Vedo la ferita aprirsi nel mio palmo destro – sì, sono mancina e qui è considerato ancora un segno di incarnazione del Diavolo - e allora è tutto chiaro. Mi muovo incerta verso ogni coppa, soppesando la possibilità di sanguinare in ognuna di esse. Mi sento portata per lo studio, per la verità, per la gentilezza con cui naturalmente tratto le persone. Ci riuscirò.
Non ragiono.
 Poi, il mio sangue cade nel calice che ha l’albero disegnato sopra.
 Non sono altruista. Sono egoista.
 E creativa. Sono un’artista.
 E sono Pacifica.






 My (little) spacee:
 Ed ecco che iniziamo a intravedere il fatto che Astrid sia evidentemente disturbata (':
 Ringrazio Alix che ha recensito (LOL, anche qui!) e spero di sentire anche i vostri pareri ;)
 A presto!
 Ariii, Jared, Shannon, Tomo e Marshall♥
  
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