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Autore: FedeB    07/12/2012    6 recensioni
Insomma, Stiles poteva vantarsi di saper correre con i lupi!
O lupi mannari, dipende dai punti di vista.
[STEREK]
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Stiles amava la sua vita.
Zanne e artigli costantemente puntati alla gola a parte.
Insomma, Stiles poteva vantarsi di saper correre con i lupi!
O lupi mannari, dipende dai punti di vista.
Amava la sua vita, un vita monotona, spezzata da artigli affilati e zanne bavose.
Stiles, improvvisamente, si era ritrovato in un mondo che lui amava definire "fatato". Un mondo dove le leggende erano reali e l' ultima cosa che si aspettava di vedere era un angelo in trench beige.
E Stiles amava anche la sua vita parallela, quella della mamma di un branco di lupacchiotti adolescenti, con gli ormoni un po' troppo in fermento.
Amava tutto ciò, eppure, ogni volta che il Sole se ne andava, lasciando spazio al buio totale, punteggiato da stelle più o meno luminose, a Stiles saliva un' angoscia ingiustificata, un orrido pensiero di poter essere ucciso da un momento all' altro. E nonostante si ricordasse tutte le sere di chiudere la finestra di camera sua, la ritrovava il mattino dopo spalancata.
Allora il panico si insinuava nel suo animo e si perdeva in uno dei suoi lunghi monologhi interiori, perché accidenti, possibile che ci sia qualcuno che vuole uccidermi? E perché proprio io, voglio dire, potrebbe far saltare allegramente la testa di Peter, che fa un favore a tutti! E altri insulti, lanciati all' ex Alfa, perché sì, secondo Stiles se li meritava tutti.
Gli attacchi di panico aumentarono con la consapevolezza di star vivendo in una sorta di film scadente dell' orrore, che però un film non era.
Stiles si rese conto che avrebbe potuto morire da un giorno con l' altro, in quella stupida realtà che di scadente aveva tutto: Lydia che non lo cagava di striscio, il professor Harris che si divertiva sadicamente a tenerlo in punizione, Scott troppo impegnato a ragionare con quel qualcosa in mezzo alle gambe che aveva al posto del cervello per notare quanto stesse soffrendo.
Perché, alla fine, Stiles stava davvero soffrendo.
E nessuno, nemmeno Erika, nota osservatrice, se ne accorse.
A Stiles non piaceva soffrire, non voleva soffrire, ma -in un modo o nell' altro- finiva sempre con gli occhi rossi, gonfi e una lametta nella mano destra.
Si era reso conto, con asettico orrore, che era un autolesionista.
Con il passare del tempo, ed era davvero tanto, dalla notte in cui aveva iniziato, il suo braccio sinistro era diventato un reticolo scomposto e disordinato di cicatrici vecchie e tagli nuovi, rossi e vividi.
Nonostante ciò, nessuno se n'era accorto o si era premurato di chiedergli se stesse bene.
D' altronde, cosa avrebbe risposto?
Si limitava a sorridere, passarsi una mano nei corti capelli castani e tornare alle sue infinite ricerche, utili e non, per il branco di Beacon Hills.
Anche quella sera, il taglio faceva male.
Bruciava, certo, ma mai quanto stesse bruciando lui.
Lavò la lama sporca di sangue sotto l' acqua e si infilò a letto stanco, sfinito.
Nemmeno l' improvviso rumore della finestra che si apriva lo ridestò dall' ormai stato di dormiveglia.

 

Quando il mattino dopo uscì di casa in fretta e furia e andò a sbattere contro un muro, Stiles si disse che la giornata iniziava nel migliore dei modi, soprattutto perché il suddetto muro respirava, aveva un famigliare cipiglio costantemente incazzato e gli occhi verdi che lo scrutavano come se fosse stato un alieno.
"Derek." esalò Stiles, rialzandosi lentamente e premurandosi di nascondere il braccio sinistro sotto le decine di strati di vestiti, per lo più maglioncioni troppo grandi per la sua stazza minuta.
"Ringrazia che mio padre non sia qui, perché altrimenti avresti già avuto un proiettile infilato nel cuore, carissimo."
"Stai zitto, Stiles."
"Oh, no, buongiorno anche a te, Derek. Dormito bene, stanotte?"
L' occhiata che ricevette in risposta lo fece desistere dal continuare.
"Cosa ci fai qui?" chiese invece, camminando verso la sua amata jeep, l' unico suo vero amore.
"Oggi non vai a scuola." Asserì l' altro asettico, rimanendo impalato davanti all' entrata di casa Stilinski.
"Come, prego?"
Derek prese un respiro profondo, il cipiglio che si fece sempre più evidenziato. "Ho detto: «Oggi non vai a scuola.»"
"E per quale assurdo e lupesco motivo io non dovrei andare a scuola, oggi?" Chiese, appoggiandosi alla jeep.
"Perché te lo dico io. Sta zitto ed entra in casa."
Stiles aprì la bocca per parlare, ma -guardando gli occhi rosso fuoco dell' Alfa- si rese conto che forse sarebbe stato meglio assecondare il capriccio di quel pazzo psicopatico.
Perché lo é, punto.
"Và in camera tua." Ordinò come il migliore dei padri severi.
Nemmeno il suo, di padre, nei suoi miseri diciassette anni di vita gli aveva mai ordinato di andare in camera, ma stiamo parlando di Derek Hale, pluri ricercato per omicidi che nemmeno aveva commesso, tutto gli è concesso.

O forse no.
Stiles, farfugliando un oh, mio Dio! Con voce strozzata, buttò il suo zaino da qualche parte ed entrò nella sua piccola camera, sentendo la porta alle sue spalle venir chiusa.
Si girò di scatto, ma incontrò solo lo sguardo altamente incazzato dell' altro, quindi si limitò a sedersi timidamente sul letto, aspettando un altro ordine, che non tardò ad arrivare, seppur in tutta la sua stranezza.

"Spogliati." ringhiò avvicinandosi a lui.
"Oh, ehi... Derek, non sapevo avessi certe tendenze.. Poi con un minorenne! Voglio dire, potrebbe diventare stupro di minore e direi che non è necessario aggravare la tua già piuttosto precaria posizione, non cred--"
"Quale parte di «se non fai quello che ti dico ti ammazzo» non ti è chiara? Ti ho detto spogliati, ora!"
Il cuore di Stiles mancò di qualche battito, poi -lentamente- iniziò a spogliarsi, levandosi i duecento strati di maglioni che si era lanciato addosso.
Giunto all' ultimo maglione, esitò guardando negli occhi Derek, in una muta speranza.
"Muoviti."
Stiles si morse il labbro e abbassò la testa, scuotendola lentamente, come un bambino colto a rubare i biscotti.
Neanche il tempo di sbattere le ciglia, che Stiles si ritrovò addosso l' Alfa, che lo stringeva per il collo.
"Ti ho detto di spogliarti!"
Il ragazzo aprì e chiuse velocemente la bocca, per far entrare più aria possibile, nel momento in cui Derek lo ributtò sul letto con un tonfo sordo.
Scappare non poteva.
Stiles, di lì a poco, sarebbe stato... Violentato? Picchiato? Amato?
Non lo sapeva e ciò gli incusse un terrore quasi insostenibile.
Come gravato da un peso troppo grande per lui, incassò la testa nelle spalle e si decise a levarsi il maglione, l' ultimo prima della sua pelle nuda, ma a Derek venne la brillante idea di fiondarsi addosso a lui e strappargli letteralmente di dosso quel vestito informe.
Gli prese con violenza il braccio, squadrando prima quello e poi il viso del ragazzo, piegato da un lato.
"Che cos'è questo." chiese freddo, senza nessuna intonazione.
Stiles non rispose; si limitò a mordersi a sangue il labbro inferiore e a ricacciare indietro le lacrime, perché non poteva permettersi di piangere, di farsi vedere debole.
Non davanti a lui.
"Che cos'è questo!" disse ancora, strappandogli un gemito strozzato.
"Si chiama «Unisci le cicatrici!» una volta che le hai unite tutte viene fuori un animale."
La stanza si riempì improvvisamente del ringhio dell' Alfa,minaccioso e terrorizzante, per poi tornare ad essere silenziosa, colmata solo dall' incessante e preoccupante battere troppo accelerato del piccolo cuore di Stiles.
"Perché?" Chiese Derek, avvicinandosi il braccio al viso per annusarlo, in un gesto tanto strano, quanto tremendamente sensuale.
Stiles annaspò, preso da un improvviso attacco di panico, e non rispose.
Riuscì a strapparsi alla presa non più ferrea dell' Alfa e ad indietreggiare fino a toccare il muro con la schiena.
Tutte le volte che Derek lo aveva minacciato gli sembravano in quel momento delle barzellette veramente esilaranti, in confronto al vero e proprio terrore che gli attanagliava lo stomaco.
"Sapevo che c'era qualcosa che non andava." esalò rassegnato, osservando una lacrima liberarsi dall' occhio di Stiles.
"Perché lo fai, Stiles?"
Anche questa volta non ricevette risposta.
"Non ti farò del male, giuro, ma -ti prego- dimmi perché."
"Non c'è un perché, Derek. Lo faccio, punto e basta. A te cosa cambia, mh? E a Scott, che non si è nemmeno accorto di nulla? Cambia qualcosa che io mi tagli o meno? Lo faccio perché me lo sento. Come tu bevi il caffè, o come Scott si fa le seghe pensando ad Allison. È un' abitudine; abitudine, vizio, chiamala come vuoi, ma lasciami stare."
Derek lo raggiunse e gli si sedette accanto, prendendogli di nuovo il braccio e passando le dita sulle cicatrici.
"Quindi per te è come una droga?"
Stiles si limitò ad annuire, incapace di controllare le lacrime.
"Cosa devo fare per farti smettere?"
"Da quando ti preoccupi delle persone? Anzi, da quando ti preoccupi per me? Di me?"
"Da quando ti ho conosciuto, Stiles. Sono diventato Alfa per proteggerti, non solo per avere un branco di stupidi lupi che non sanno nemmeno da che parte sono girati. Scott non si è nemmeno reso conto dell' inferno che stai passando, come pensi che possa proteggerti, eh?"
Stiles iniziò a piangere più forte, strappandosi nuovamente alla sua presa e incassando la testa nelle gambe.
"Vai via, Derek."
"Stiles."
"Ti ho detto di andare via."
"Stiles, guardami."
Il figlio dello sceriffo alzò lo sguardo, incrociando gli occhi verdi smeraldo dell' Alfa, incredibilmente attraenti e magnetici.
Lo vide alzarsi e avvicinare il volto al suo, per premere le labbra sul suo viso, appena sotto all' occhio, catturando così l' ennesima lacrima che minacciava di rigare quel viso pallido e magro.
Improvvisamente, si ritrovò circondato da una dolce presa, vittima del caldo -letteralmente- abbraccio di Derek, che lo cullava, passandogli comprensivo la mano sulla schiena, in una dolce carezza.
La stanza si riempì delle lacrime, delle urla e dei singhiozzi del figlio dello sceriffo, in un concerto di note tristi e strazianti.
Dopo un tempo che al licantropo parve infinto, Stiles si calmò e affondò lentamente la testa sul suo petto, chiudendo gli occhi.
Derek gli prese il viso fra le mani e lo richiamò all' attenzione.
"Non lo rifarai, vero?"
Si guardarono negli occhi, poi si fiondarono l' uno sulle labbra dell' altro, in un bacio confuso, agrodolce e disperato al tempo stesso.
Si staccarono, per riunirsi immediatamente in un contatto più lento, dolce e carico di speranze e promesse.
"Riuscirò a correre con te?" chiese invece Stiles, eludendo la sua domanda.
Derek sorrise, mostrando un volto del tutto diverso da quello costantemente incazzato del solito Derek. "Ci stai già riuscendo, Stiles."
Il braccio bruciava, sotto il tocco leggero dell' Alfa, ma questa volta era diverso. Era più bello.
Si guardava le cicatrici e si dava dello stupido, ma -baciando le labbra piene dell' altro- si disse che era il ragazzo più fortunato al mondo.

Stiles poteva vantarsi di saper correre accanto ad un Alfa. Il suo Alfa.





Niji's corner
~
Ciao, Essere Umano che sei arrivato fin qui, hai la mia profonda stima.
Questa è la mia prima FF e -dopo taaanta indecisione- ho deciso di postarla.
Spero sia stata gradita, mi farebbe un immenso piacere sapere cosa ne pensate, per darmi qualche consiglio!
Ringrazio tantissimo stella_del_vespro la mia Beta Reader. è per colpa sua grazie a lei, che ho deciso di pubblicarla.
Eeeeh niente. Che la forza dell' arcobaleno sia con tutti voi, Amen, (?)
-si dilegua-

  
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