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Autore: Jigoro1991    08/12/2012    1 recensioni
"Dovevo ricominciare a vivere. Dovevo ricominciare da me. Ma come?" Queste i primi pensieri di Stefano quando si ritrovò alla fine della sua storia durata tre anni con Giorgia. Lei era stata la prima ragazza di cui si era innamorato veramente, la prima persona di cui si era preso cura ed ora si ritrovava solo a fare i conti con sè stesso.
Genere: Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Quella mattina mi svegliai come tutte le mattine. Mi alzai, preparai la colazione, feci una bella doccia calda, ma c'era qualcosa di diverso, qualcosa era cambiato, un piccolissimo dettaglio della mia vita. Lei non c'era più. Forse non volevo ancora rendermene conto, forse volevo ancora credere che lei ne facesse ancora parte, forse, ma non volevo, dovevo solo voltare pagina, totalmente, ma come? Ogni cosa mi ricordava Lei, come potevo fare?
Uscii di casa e salii in macchina per andare a lavoro. Ecco, lo sapevo, dovevano passare proprio quella canzone alla radio? Proprio adesso? Proprio quella canzone che a Lei piaceva tanto ascoltare e che cantavamo sempre in macchina insieme? Ovviamente canbiai stazione radio.
Arrivato a destinazione scesi dalla macchina ed entrai in un bar per prendere il secondo caffè perchè il primo che prendo per fare colazione a casa mi serve per aprire gli occhi, il secondo per iniziare a connettere il cervello, poi il terzo a metà mattinata per acquisire la parola ed infine il quarto dopo pranzo per non rischiare di addormentarmi nel pomeriggio. Mi sedetti a un tavolo per godermi il caffè. Passò una ragazza, alta, magra, con degli orecchini troppo grandi per quei lobi troppo piccoli che si ritrovava, camicia, gonna e stivali, ma una cosa mi attirò, una cosa ben precisa: il suo profumo. Era quello che usava Lei, che quando lo metteva stava attenta agli spruzzi che faceva per paura di finirlo. Cosa vi avevo detto? Come potevo dimenticarLa se mi veniva sempre in mente, anche per una minima cosa, la più semplice, la più stupida.
Mi alzai dal tavolo e andai in ufficio per iniziare la giornata lavorativa.
“Ciao Stefano, come andiamo oggi? Ieri sera cos'hai fatto?” Eccola, Marta, la solita rompi balle che parla al mattino e ti fa mille domande, quando si sa perfettamente che di prima mattina non si parla, o almeno, non con me. E' una cosa che ho sempre odiato. Cavolo, uno si sveglia al mattino ed è ancora immerso nei suoi pensieri, nel suo mondo, o magari nel sogno che aveva fatto un attimo prima che suonasse la sveglia. Nonostante la colazione, i caffè e la doccia mattutina io appena sveglio non ho alcuna voglia di parlare con nessuno, ecco.
“Bene grazie. Nulla di che, palestra e poi a casa per riposare.” Rispondo però, sempre per educazione, ma poi non dico mai un “E tu?” Perchè se no la conversazione continuerebbe, e poi sinceramente di quella vipera non mi interessa nulla.
Bene? Tu stai bene? Ma in fin dei conti a chi interessa, si risponde così sempre, per abitudine e poi effettivamente alla gente non interessa nulla, anzi, se dici che non stai bene, fuori si fanno vedere in un modo, dispiaciuti, pronti a consolarti, ma poi dentro di loro godono per il fatto che tu stia male e che anche tu, come loro, hai dei problemi nella tua vita.
Accesi il mio amato computer, misi gli occhiali da vista ed inizia a scrivere. Si, sono un giornalista di un famoso quotidiano sportivo, amo lo sport e tutto ciò che lo riguarda, qualsiasi tipo di sport, dal calcio [anche se correre dietro a un pallone per buttarlo in porta mi sembra una cosa così stupida] al basket, nuoto, hokey, salto in lungo... Insomma tutto, ma quello che amo di più sono le arti marziali, di qualsiasi genere, di qualsiasi tipo.
Metà mattina, ecco il terzo caffè. Scendo le scale per andare alla macchinetta e nel tragitto trovo Edoardo che sale.
"Come stai Ste?”
“Massì, solito. Stasera se ti va birra al solito bar e ti racconto tutto.”
“Va bene capo, solito posto, solita ora. A stasera.”
“A stasera Edo.”
Edoardo è il mio migliore amico, ci siamo conosciuti sul posto di lavoro, può sembrare strano che nasce un'amicizia in un ambito così, ma lui è davvero una persona d'oro, ci siamo capiti sin da subito e per me c'è sempre stato, come io per lui.
<< La macchinetta non da resto.>> Puntualmente me lo dimentico, molte volte non capisco se ci sono o ci faccio, ma per fortuna nella tasca trovai della monetina giusta giusta per un bel caffè macchiato senza zucchero.
Risalgo le scale e riprendo a lavorare al mio articolo.
Pausa pranzo. Andai a mensa, un piatto di pasta al sugo, una banana ed infine il quarto caffè della giornata per non addormentarmi nel pomeriggio.
17.30, giornata lavorativa finita. Spengo il computer, tolgo quei dannati occhiali da vista e si va in palestra. Alla fine di ogni giornata vado in palestra, o almeno ci provo, perchè quando sono stanco stanco e a pezzi preferisco tornare a casa e sprofondare nel mio divano, ma stasera no.

Allenamento finito. Mi serviva proprio infilare quei guantoni e sfogare tutta la mia rabbia sul quel sacco.
Doccia, tra poco mi trovo con Edo al bar.“Eccomi, scusa il ritardo, sono venuto a piedi che ho lasciato la macchina a casa, hai già ordinato?”
“Ciao Ste. No no, aspettavo te.”
Fermai la prima cameriera che passò a fianco del tavolo e le chiesi due birre medie.
“Allora come stai?"
“E' finita con lei.” Lo dissi tutto d'un fiato perchè non sapevo come il mio cuore avrebbe reagito al suono di quelle parole.
“E' finita per sempre. Forse è giusto così, ognuno per la propria strada e si volta pagina, per sempre però questa volta.” Continuai la frase con un sospiro lungo.
“Olà, finalmente ti sei deciso. Non stavi bene, non stavate più bene insieme, nessuno dei due era felice ed è giusto così, credimi.”
Sarà, forse aveva ragione, ma al mio cuore faceva ancora male l'idea di averla persa per sempre, di non sentirla più ogni giorno, non sapere più come stava, se aveva bisogno di qualcosa, se le mancavo, non mi era concesso di sapere più nulla di lei, non mi apparteneva più.
“E' solo questione di abitudine.” Aggiunse alla fine della frase.
“Grazie della birra, e come sempre grazie di avermi ascoltato.”
“Figurati, è il minimo.” Sorrise, poi aggiunse: “Non vuoi un passaggio a casa Ste?”
“No grazie, preferisco fare due passi. Buonanotte.”

E' solo questione di abitudine. Quelle parole mi rimbalzavano nella testa, da una parte all'altra, incessantemente. Ma come ci si fa ad abituare all'assenza di una persona se quella persona fino a poco tempo fa era tutto per te? Era il mondo in cui ti nascondevi quando tutto intorno ti faceva schifo. Lo stesso mondo in cui hai vissuto esattamente per tre anni senza mai stancartene e di cui avevi bisogno ogni giorno, soprattutto alla fine di una giornata di lavoro magari pesante, o di una qualsiasi cosa andata male. Lì dentro io mi ci rifugiavo, c'era tutto quello di cui avevo bisogno. Ed ora? Ora non c'è più, e forse aveva ragione Edo, è soltanto questione di abitudine. Dovevo tornare a vivere con me stesso perchè effettivamente sono l'unica persona su cui potrò contare per il resto della mia vita. Abbiamo tutti la necessità di qualcuno a cui aggrapparci, qualcuno che stia al nostro fianco nel bene e nel male, ma la realtà è un'altra, perchè l'unica persona su cui possiamo realmente aggrapparci, su cui possiamo contare per il resto della nostra vita siamo noi stessi. Nessuno ci conoscerà mai relamente per quello che siamo, se non noi stessi, anche se il rapporto con l'altra persona è vero, è forte o duraturo, tendiamo comunque a nascondere qualcosa di noi, ma non per cattiveria, ma semplicemente per il fatto che tenerci qualche segreto dentro, anche il più piccolo, ci fa sentire ancora vivi, non nudi completamente agli occhi dell'altro.

Mentre camminavo mi misi a giocare con il tappo di una bottiglia trovato in terra e pensavo, ripensavo a tutto. Il brutto è quello, che quando non vuoi pensare pensi ancora di più. Avevo sbagliato tutto io forse in quel rapporto, le avevo fatto mancare sicuramente qualcosa, non l'avevo amata abbastanza. No, potevo avere altri mille difetti o averle fatto mancare altro, potevo forse esserle stato troppo addosso per la troppa gelosia, per la troppa paura di perderla, ma io l'ho amata, l'ho amata per davvero, l'ho amata come non avevo mai amato nessuno prima al mondo. Mi sono sempre preso cura di lei, anche nel suo peggior momento della vita, anche quando tutti gli avevano voltato le spalle, io ci sono stato, sempre. Non posso aver sbagliato solo io, impossibile, in un rapporto si è sempre in due ed entrambe le persone hanno delle colpe se poi qualcosa smette di funzionare. Ultimamente stavamo insieme per abitudine e non era piacevole, per niente. Eravamo due estranei, l'uno nella vita dell'altra. Forse allora è stato giusto così, anzi, sicuramente giusto così.

Aprii la porta di casa e ad accogliermi come sempre c'era un grande silenzio vivendo da solo in un piccolo appartamento. Ho sempre amato i cani e ne vorrei uno, ma poi mi dispiacerebbe lasciarlo tutto il giorno da solo senza neanche una compagnia.
Misi il pigiama e mi infilai nel letto, i pensieri ancora mi tormentavano e non cessavano, erano come un ronzio fastidioso nella mia testa. Chiusi gli occhi. Presi una decisione quella notte. Decisi di non esser più il ragazzo sensibile che si prende ogni minima cosa a cuore, che sta male anche per una frase detta con un tono di voce infastidito o per un gesto fatto in modo scocciato, che forse per dimenticarLa era più facile uscire con nuove ragazze, ma non per aver storie serie, ma per divertirmi, e che almeno, forse, per una volta nella mia vita, non ero io quello che stava male. Dovevo ricominciare a pensare a me, dovevo ricostruirmi, pezzo per pezzo. Si, perchè ero diviso in mille pezzi, dovevo raccogliermi, piano piano, giorno per giorno, non di fretta, ma poco per volta ce l'avrei potuta fare. Ero un nuovo modo per affrontare le cose, e magari poteva essere anche giusto.
<< Se cadi puoi avere solo la forza di rialzarti. Quindi Stefano alzati e ricomincia da te. >>
Quello fu l'ultimo pensiero prima di addormentarmi.  

  
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