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Autore: Blue_moon    08/12/2012    1 recensioni
Primo libro della trilogia Similitudini.
Dal prologo:
"Nonostante fosse nato nell'oscurità di Jotunheim, Loki bramava la luce.
Il suo calore, la sua purezza e, soprattutto, la sua capacità intrinseca di creare ombre profonde e insondabili. Le stesse che sentiva di avere dentro, le stesse che l'accecante luce di Odino e Thor aveva creato nella sua vita.
Essere lasciato al freddo e al buio era una punizione peggiore di quanto lui stesso pensasse.
Ma c'era una cosa che, in parte, lo consolava.
Fino a che fosse stato sotto la protezione del Padre degli Dei e di Thor, non avrebbe potuto essere bersaglio dell'ira di Thanos, l'oscuro signore con cui si era alleato e di cui aveva disatteso le aspettative.
Loki era scaltro e realista, teneva alla propria vita.
Senza di essa non avrebbe potuto raggiungere i suoi obiettivi, né dimostrarsi degno dell'onore che sapeva di meritare.
Per ora, anche se impotente, si trovava in uno dei posti più sicuri all'interno dei nove regni, protetto dall'amore cieco e stupido di chi si credeva migliore di lui.
Almeno, così aveva sempre creduto."
Genere: Azione, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Similitudini'
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Ed eccoci qui all'ultimo capitolo.
Ringrazio aubry e red_sayuri per aver recensito lo scorso capitolo e tutte le persone che lo hanno letto e, spero, apprezzato.
Adesso siamo alla resa dei conti, per la sorpresa, ci vediamo alla fine.
Buona lettura.






Loki aveva un piano ben preciso in testa, un sentiero battuto che aveva reso man mano più evidente tra tutte le pieghe che gli eventi potevano assumere. Le aveva esplorate tutte, analizzate, sviscerate. Niente e nessuno l'avrebbe fatto deviare dal suo scopo.
Ogni mossa possedeva una ragione ben precisa, ed aveva ideato decine di scenari alternativi, in cui lui riusciva sempre a riportare le cose sulla giusta via.
Davanti ai suoi occhi i possibili futuri si dipanavano come i rami di Yggdrasil, tentacoli che prevaricavano i limiti dello spazio e del tempo.
Nessun imprevisto l'avrebbe colto impreparato.
Aveva calcolato tutto e le cose stavano andando esattamente come previsto.
Senza volerlo, Thanos gli stava rendendo le cose più facili.
Conosceva alla perfezione la struttura interna della nave ammiraglia che aveva appena attaccato la Terra. Arrivare al suo cuore, al nascondiglio del Tesseract, sarebbe stato molto facile.
Certo, osservò con realismo, prima doveva sbarazzarsi delle inutili zavorre che si era dovuto portare appresso, ma una volta in possesso del Cubo, sarebbe stato semplice come respirare.
Poteva figurarsi nella mente l'espressione che ognuno dei Vendicatori avrebbe avuto sul volto, nel momento in cui avrebbe realizzato di essere caduto in una trappola.
Lo vedeva già, come un'illusione perfetta e nitida.
Solo un inganno ben riuscito riusciva a donargli una sensazione d'inebriante onnipotenza, e a Loki mancava sentirsi potente, invincibile.
Nella sua testa c'era solo una piccola, minuscola, incognita.
L'agente Sabil.
Aveva compreso da tempo che la donna perseguiva uno scopo molto diverso da quello che tutti gli altri le attribuivano, ma non era ancora certo di averlo afferrato con esattezza.
Troppe volte si era ritrovato impreparato alle sue reazioni, più di quante lei avesse intuito.
La possibilità, anche se remota, che il granello di sabbia che avrebbe fermato il perfetto ingranaggio che aveva ideato fosse proprio lei, lo infastidiva.
Forse per quello le aveva lanciato quel muto avvertimento, ma non aveva compreso esattamente la natura del sentimento che l'aveva spinto a toccarla.
Anche se controvoglia, Loki avvertiva il bisogno di analizzare le proprie emozioni, solo così avrebbe potuto controllarle, o soffocarle, a tempo opportuno.
Per la donna non provava la solita insofferente sopportazione che sentiva nei confronti di tutti gli altri umani. Lo irritava, certo, ma c'era qualcosa di estremamente differente nella natura di tale sentimento. Non era disgusto, né rabbia, piuttosto un fastidio costante.
Perché, tutto sommato, quella donna gli piaceva.
Aveva una mente interessante, varia e svelta, e sembrava capace di andare oltre i limiti sentimentali dei suoi simili.
Loki strinse le mani sullo Scettro, lasciando che l'energia in esso custodita, ormai esigua, lo riscaldasse e lo rinforzasse dall'interno.
Mentre le mani iniziavano a formicolare, un pensiero fugace gli attraversò la mente: sarebbe stato costretto ad uccidere Khalida comunque.
Non poteva permettersi di avere una simile debolezza.
Non per un'umana.
Khalida, ignorando suo malgrado la natura dei pensieri di Loki, lo avvicinò con calma, afferrando la rete sopra di lei per rimanere in piedi. «C'è una cosa che mi sto chiedendo...», iniziò, con un breve sorriso.
Loki le dedicò solo uno sguardo fugace, prima di ritornare con gli occhi fissi davanti a sé. «Ovvero?».
«Hai detto che il Tesseract permette a Thanos di viaggiare tra i mondi», premise Khalida. «Quindi come ha potuto inviare il Chyss a prenderlo?».
Loki dovette ammettere di essere sorpreso, ancora una volta. La donna aveva appena posto l'unica domanda utile della giornata. La guardò negli occhi, prima di rispondere. «Il Tesseract è un manufatto potente, ma non è unico nel suo genere. Ne esistono altri, più piccoli, meno facili da usare, ma con le medesime proprietà».
«Quanti ne possiede Thanos?», continuò Khalida, soddisfatta dalla risposta.
Loki aveva, impercettibilmente, cambiato il modo in cui le si rivolgeva. Era più naturale, e meno sulla difensiva. A meno che non fosse solo una finzione, poteva significare che le lunghe settimane di interrogatorio erano servite a qualcosa.
«Prima dell'attacco avrei detto nessuno», ammise Loki, senza esitare.
«E adesso?», insistette Khalida.
«Spero che quello che ha utilizzato fosse l'unico», confessò l'alieno, fingendo solo in parte il turbamento. Era preparato anche a quella eventualità, ma era consapevole che una complicazione del genere avrebbe reso tutto molto più difficile.
Significava che, anche se privato del Tesseract, Thanos avrebbe continuato ad essere una minaccia per lui.
Khalida scrutò il volto di Loki.
All'improvviso si era come spento, risucchiato da chissà quale pensiero oscuro.
Cercò il suo sguardo.
«Andrà tutto bene».

L'agente Barton stava controllando scrupolosamente la propria attrezzatura, quando lo strano dialogo che si stava svolgendo davanti a lui attirò la sua attenzione.
Dopo qualche secondo, guardò Natasha.
«Da quando quei due sono amici?», domandò, accennando a Khalida e Loki.
La Vedova Nera dedicò un lungo sguardo al compagno, poi abbassò gli occhi e finì di montare una delle sue pistole. «Si sono salvati la vita a vicenda», spiegò. «Dovresti saperlo che crea dei legami forti».
Clint sorrise. «E quand'è che tu mi avresti salvato la vita?», domandò, ironico.
Natasha non lo guardò. «Budapest».
Occhio di Falco rise, mentre con un gesto esperto saggiava l'elasticità del suo arco.
«Tu e io la ricordiamo davvero in modo diverso».

Los Angeles sembrava un enorme mostro di cemento dimenticato in mezzo al nulla. Lungo le strade bollenti le lamiere delle auto brillavano di riflessi abbacinanti e i vetri dei grattacieli riflettevano la luce intensa del sole di mezzogiorno.
Tutto sembrava immerso nell'innaturale calma prima della tempesta.
L'astronave aliena aveva ormai raggiunto i margini della città e la sua gigantesca ombra stava progressivamente fagocitando ogni luce, gettando le vie trafficate nel buio di un'improbabile eclissi.
Scrutandola attraverso il visore del casco, Iron Man la riconobbe.
“Conosco quella nave”, disse all'auricolare, mentre rallentava impercettibilmente per rimanere al passo con il jet. “È uguale a quella che ho fatto saltare in aria con la testata nucleare”, aggiunse.
«Thanos ne possiede un'intera flotta», spiegò Loki.
Stark ingoiò la risposta acida che gli sarebbe venuta spontanea e analizzò brevemente i dati che il computer gli inviava. Non sembrava protetta da un campo di forza, ma non riusciva a vedere nessuna entrata praticabile. “Come facciamo ad entrarci?”, chiese.
Loki aguzzò la vista. «C'è una piattaforma per l'approdo delle navicelle, sul fianco destro».
“Hai sentito, Stark?”, domandò Captain America.
“Forte e chiaro. Stavolta la festa la facciamo da Thanos”, scherzò. “Vi aspetto là, portate gli stuzzichini, io penso allo champagne”.
«Thor, anche tu puoi raggiungere la nave in volo», disse Steve.
L'asgardiano annuì e si avvicinò alla rampa. Dopo qualche secondo, il pilota la abbassò e Thor, sgusciò fuori in un turbine di vento che scompigliò i capelli di Natasha e fece correre una fastidiosa pelle d'oca sulla pelle di Khalida.
Erano in alta quota, e lei si era appena ricordata che soffriva di vertigini, il solo motivo per cui non aveva mai completato l'addestramento da soldato nell'esercito ed era passata nei servizi segreti.
Per distrarsi, cercò di individuare il punto in cui si stavano dirigendo Tony e Thor.
Guardò Loki. «Il jet può atterrare su quella piattaforma?».
Lui annuì. «Tuttavia, verremo individuati in fretta. Se vi teletrasportassi, invece, avremmo più tempo prima che si accorgano di noi».
«Qual'è il ma?», intervenne Natasha.
Loki sorrise, in modo irritante. «Non possiedo abbastanza energia per trasportarvi tutti».
«Bugiardo», lo accusò immediatamente Banner, facendo un passo avanti.
Un'ombra passò sul volto di Loki, mentre sosteneva lo sguardo dello scienziato. «Se volete posso provare, ma non ritenetemi responsabile se qualcuno di voi non arriverà a destinazione», rispose, la voce indurita da un'improvvisa collera.
Khalida spostò brevemente lo sguardo tra Loki e Bruce. Se il dottore avesse perso il controllo, avrebbe fatto saltare il piano, oltre che il jet stesso.
Fece un passo in avanti, lasciando andare la rete che l'aiutava a stare in piedi. Aprì la bocca, ma prima che pronunciasse una sola parola, una profonda vibrazione scosse il cielo e il jet precipitò in un vuoto d'aria.
Khalida si sentì priva di peso per un eterno istante, poi urtò qualcosa con la schiena e si sentì afferrare per la vita.
«Tenetevi!», ordinò Rogers, mentre il pilota tentava di stabilizzare la rotta.
Confusa, Khalida osservò per un attimo senza capire il braccio che la sosteneva, ci mise qualche minuto prima di realizzare che Loki l'aveva afferrata per impedirle di farsi male, mentre il jet era in preda allo stallo. Non permise a sé stessa di stupirsi, e non appena il velivolo fu stabile, l'asgardiano la lasciò andare senza guardarla.
«Che diavolo è successo?», chiese Banner aggrappato alle cinghie di sicurezza dietro di lui come un gatto idrofobo appena gettato nella vasca da bagno.
«Oh mio Dio...», si lasciò sfuggire Khalida, non appena ciò che stava accadendo a poche decine di metri da loro entrò nella sua visuale.
I margini frastagliati della nave rilucevano di lampi azzurri, ad intermittenza violente scariche di fulmini si riversavano sulle strade di Los Angeles, ormai in preda al panico.
Captain America valutò la situazione per qualche istante, poi prese una decisione.
Guardò Loki. «Quante persone riesci a portare con te?».
«Tre, oltre a me», replicò l'asgardiano, intuendo il ragionamento del soldato.
Steve annuì. «Natasha, tu resti con me. Atterriamo e cerchiamo di mettere in salvo più civili possibili», ordinò e la Vedova Nera annuì nervosamente. Non era contenta di lasciare Clint solo con Loki, ma non aveva altra scelta.
«Voi altri andate sulla nave», proseguì il Capitano, cercando gli occhi di Bruce, che fece un breve cenno d'assenso.
Rogers imbracciò lo scudo.
«Buona fortuna».

Si poteva immaginare che essere teletrasportati provocasse fastidiosi effetti collaterali come nausea e capogiri ma, quando Bruce riaprì gli occhi, non si sentì diverso da pochi istanti prima.
Si guardò intorno, il sole era bollente, ma sotto le suole delle scarpe il pavimento era innaturalmente gelido. Un fastidioso vento freddo gli scompigliava i capelli.
Per la sua mole, il mezzo alieno si spostava ad una velocità notevole.
La piattaforma dove Loki li aveva condotti era larga poco più di cinque metri e lunga il doppio. All'apparenza, non c'era nessun ingresso.
Strane sbavature scure sulle pareti, che sembravano di uno materiale sconosciuto a metà tra la roccia e il metallo, testimoniavano gli sforzi di Tony per aprirsi un varco verso l'interno dell'astronave.
Ma ora, l'attenzione di tutta la squadra, era calamitata sotto di loro.
Sistematicamente, in modo orribile ed efficiente, i fulmini si abbattevano su ogni cosa che incontravano, incendiandola e riducendola in breve tempo in un grumo di cenere. Minuto dopo minuto, Los Angeles si stava trasformando in un città lunare, fatta solo di moncherini fumanti.
Thor cercò gli occhi di Loki. «Come possiamo fermarlo?», domandò, avvicinando quello che considerava ancora suo fratello, nonostante tutto.
Lui non lo degnò di uno sguardo. «Le armi sono alimentate dal Tesseract, per avere una tale potenza. Se lo recuperiamo, fermeremo l'attacco».
«E nel frattempo?», intervenne Tony.
Loki guardò alla sua destra, dove una brusca curva della struttura nascondeva alla vista il resto della nave. Rimase in silenzio per un minuto, come riflettendo.
«Le armi colpiscono ad intervalli regolari. Se riuscite a tenere il loro ritmo, potete volare in mezzo alla tempesta e provare a distruggere i cristalli che catalizzano l'energia del Tesseract», spiegò, con voce calma, stavolta guardando apertamente sia Tony che Thor.
Iron Man piegò leggermente la testa di lato, le fessure dell'elmo illuminate appena, nella luce accecante del sole che piombava su di loro. Un leggero ronzio annunciò l'attivazione dei razzi. «Devo ammettere che ti riesce bene, liberarti di me», ironizzò, rivolto a Loki, prima di sollevarsi e scomparire.
«Non quanto vorrei», mormorò Loki in risposta.
Thor accennò un lieve sorriso. «Fate attenzione», raccomandò, prima di seguire Tony.
Bruce rabbrividì per l'ennesima folata di vento. «E noi che facciamo?», chiese.
Loki osservò la parete nuda e spoglia, ghignò impercettibilmente, puntando lo Scettro.
Un globo d'energia si formò a partire dal cristallo azzurro, si staccò dallo Scettro e si infranse come acqua sulla parete. Esitò qualche istante, aggrappandosi alla superficie e corrodendola come acido. La luce si dissolse pochi secondi dopo, sfrigolando, rivelando un'apertura di circa due metri d'altezza e altrettanti di larghezza.
Un sorriso aperto tagliò il volto di Loki.
Khalida scambiò uno sguardo con Clint, che appariva calmo e concentrato, solo un lieve tremito nervoso delle dita tese intorno all'arco, rivelava il vero stato d'animo.
«Qual'è il piano?», chiese la donna, voltandosi verso Loki.
Un lieve alone di luce definì la figura dell'alieno, mentre il suo abbigliamento cambiava, sostituito dall'armatura nera e dall'elmo dorato. Khalida l'aveva visto così solo durante la conversazione astrale che avevano condiviso, e nuovamente constatò di avere davanti qualcosa che poteva ucciderla con un solo sguardo.
Eppure, questa volta non aveva paura, forse perché ormai si sentiva rassegnata.
«Ho abbastanza energia per riuscire a nasconderci tutti con un'illusione. Il Tesseract si trova nelle viscere della nave. Seguitemi, e rimanete in silenzio. Più tardi si accorgeranno di noi, meglio sarà», spiegò Loki.
Khalida annuì brevemente, poi cercò il sostegno di Bruce, fissandolo in volto.
Il dottore le fece un breve cenno, come a dire che ci stava.
Per un momento Khalida pensò che, forse, era meglio dare una delle sue armi al dottore, per poi ricordare che, se c'era qualcuno che sicuramente sarebbe uscito vivo da quella missione, era proprio Banner.
Che fosse armato o no.

I corridoi della nave erano bui e umidi.
Una strana luce diffusa, di cui Khalida non riusciva ad identificare la fonte, era appena sufficiente per riuscire a camminare senza inciampare. Il percorso procedevo curvo, come se si avvitasse su sé stesso in un'infinita spirale.
Khalida, nonostante il freddo, aveva la fronte imperlata di sudore. Per quanto vivesse da tempo in metropoli e città soffocanti, gli spazi chiusi e privi di luce la mettevano a disagio. Era cresciuta in mezzo alla luce e alla polvere del deserto, e i suoi occhi erano abituati allo sfavillio del sole piuttosto che ai riflessi della luna.
Loki li conduceva con passo calmo ma costante. Ostentava sicurezza, ma il suo volto era deformato dalla concentrazione. Khalida poteva solo immagine che sforzo immane fosse gestire un' illusione di tale portata. Doveva mascherare sia la loro presenza che il loro odore ai numerosi Chitauri che incrociavano lungo la via.
Ogni volta che le loro figure dinoccolate e ciondolati le comparivano davanti, Khalida non riusciva a trattenere le proprie mani dal correre alle armi che portava alla cintura.
Più di una volta aveva temuto che Loki avrebbe rivelato la loro presenza, eppure l'aveva visto stringere i denti e concentrarsi di più ad ogni passo. Non riusciva a credere che lui volesse sul serio proteggerli, per cui non capiva quale fosse il suo piano.
Il pavimento tremò impercettibilmente sotto i loro piedi.
Negli ultimi minuti era successo diverse volte, immaginava che fosse dovuto ai colpi di Thor e Stark, all'esterno della nave.
Il corridoio curvò bruscamente, portandoli in una stanza di cui Khalida non vedeva i confini.
Il soffitto era un'enorme cupola alta decine di metri.
Il volto di Loki si rilassò improvvisamente e Khalida capì che erano arrivati.
Su un piedistallo di forma cilindrica, alto all'incirca un metro, era incastonato il Tesseract. Dalla base, come grosse vene di luce, si diramavano tentacoli d'energia lungo il pavimento e il soffitto a volta, creando una ragnatela sfavillante, azzurra e bianca.
Dopo il buio dei corridoi, la luce abbagliò gli occhi Khalida, facendoli lacrimare.
Con un rapido gesto, la donna se li asciugò e allora si accorse del silenzio.
Si voltò di scatto, con un terribile presentimento.
Nella stanza c'erano solo lei e Loki.
Un urlo rabbioso in lontananza annunciò che anche il Dottor Banner aveva capito l'inganno. Evidentemente, non aveva affatto gradito.
Istintivamente, Khalida estrasse la pistola, ma Loki le afferrò la mano, stringendola tanto forte da costringerla ad aprire le dita e gettarla a terra.
Sorrideva come non l'aveva mai visto, illuminato dal trionfo dell'inganno.
Lei boccheggiò, era la prima volta che l'alieno usava la sua forza fisica in modo tanto violento, e si stupì che con quel tocco deciso non le avesse spezzato le ossa.
Freneticamente, Khalida tentò di stare al passo con il piano di Loki.
Attraverso le sue illusioni, li aveva separati, probabilmente guidando sia l'agente Barton che Banner in un luogo molto distante dalla stanza del Tesseract.
«Perché io?», domandò improvvisamente.
Loki aveva scelto di tenerla con sé, e non riusciva a capacitarsi di quella scelta, a parte l'ovvietà che sarebbe stata più facile da gestire di Hulk, o di Clint.
Loki la guardò in volto. «Perché non sapevo quale sarebbe stata la tua reazione».
Khalida sgranò gli occhi, stupita. Cosa diavolo significava?
Che la riteneva pericolosa, o solo che, semplicemente, preferiva averla sott'occhio?
Voleva usarla come merce di scambio?
Improbabile, anche se sarebbe stato nel suo stile.
Ma forse, per un simile scopo, avrebbe preso Natasha, non di certo lei che non faceva parte di nessun gruppo in particolare.
L'alieno la scrutò a lungo, come se volesse leggerle i pensieri.
La lasciò andare un'istante dopo.
La donna ci mise qualche istante a realizzare che era ancora armata, e che lui sembrava essere consapevole del fatto che non l'avrebbe attaccato.
Forse Loki l'aveva capita meglio di quanto credesse e non era certa che fosse un bene.
Lo osservò, incapace di muoversi. Una sola mossa sbagliata avrebbe significato morte certa.
A passi decisi, Loki avvicinò il Tesseract e tese lo Scettro.
Il cristallo al centro del manufatto brillò intensamente, emanando scariche d'energia sempre più intense. Il Tesseract reagì qualche istante dopo, e la luce si intensificò in un crescendo rapido e inarrestabile, mentre tra i due manufatti si creava una fitta rete di fulmini sottili come capelli.
Khalida ebbe la prontezza di chiudere gli occhi, mentre una sorta di onda d'urto silenziosa la investiva. Ascoltò assorta il battito del proprio cuore per quelli che le parvero minuti interi, anche se probabilmente furono solo pochi secondi.
Quando riaprì gli occhi, intorno a lei era calata l'oscurità.
Guardò il piedistallo.
Era vuoto.
Il Tesseract era scomparso, così come la sua luce.
La donna fece un passo avanti, a tentoni, respirando profondamente per cercare di razionalizzare gli eventi. Lentamente, i suoi occhi percepirono e tradussero la lieve luce che definiva l'ambiente.
Loki era esattamente dove stava prima, la sua figura contornata da un lievissimo alone celeste.
Lo Scettro, tra le sue mani, aveva mutato forma, ora assomigliava più a una lancia, o a un bastone, avvitato su sé stesso.
In cima, sospeso a mezz'aria tra quattro sostegni di metallo, c'era il Tesseract.
Khalida aprì la bocca e la richiuse.
Loki le aveva mentito.
Lo Scettro non era mai servito a controllare l'energia del Tesseract.
Era stato creato per assorbirlo.
Quando Loki si voltò verso di lei, la donna ebbe la certezza che quella sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbe visto prima di morire.
Una scarica d'adrenalina le corse nei muscoli, facendole irrigidire ogni fibra del corpo.
Se doveva morire, almeno avrebbe tentato di vendere cara la pelle.
Non aveva senso provare ad avere la meglio su Loki fisicamente ma, con un po'di fortuna, con le parole sarebbe riuscita a portare a termine il piano o, quantomeno, a non rovinarlo completamente.
«Sapevi che non avrei tentato di fermarti», le scivolò di bocca, quando Loki le fu di fronte.
Lui sorrise, gli occhi brillanti sotto l'ombra dell'elmo.
«Anche se sei umana, non sei stupida», convenne.
«Mi ucciderai?», chiese lei.
Loki piegò leggermente la testa. «Non subito. C'è una cosa che voglio sapere da te».
Gli occhi di Khalida corsero al Tesseract, al suo interno si agitavano masse di ogni sfumatura di blu. Vorticavano furiosamente, avvitandosi su sé stesse, creando strani giochi di luce sul volto di Loki.
«Perché mi hai salvato la vita?», chiese lui avvicinandosi ancora, sovrastandola.
«Ho già risposto a questa domanda», osservò Khalida, di getto.
«Ringrazia che sia bravo a fiutare le bugie, altrimenti saresti morta da molto tempo», la smascherò Loki.
Lei si lasciò sfuggire un piccolo sorriso. «Come hai detto, non sono stupida. Non ho intenzione di rispondere».
Per qualche istante si osservarono in silenzio.
«Avrai un'altra occasione, per farlo», fece lui, mentre la luce emanata dallo Scettro aumentava lievemente.
“Agente Sabil, dove diavolo sei?”, chiamò la voce affannata di Clint all'auricolare di Khalida.
Khalida trasalì appena, ma si riprese subito consapevole dello sguardo indagatore di Loki.
Ora o mai più, si disse.
Si tolse l'auricolare, facendolo cadere a terra e lo pestò con forza, frantumandolo.
«Non credo che avremo ancora occasione di parlare», iniziò, guardando Loki in volto. «Quando scopriranno che ti ho lasciato andare, mi uccideranno. Tanto vale che tu lo faccia subito», aggiunse.
Le labbra di Loki ebbero un fremito. Probabilmente non si aspettava una simile reazione da parte della donna, e Khalida ne approfittò per proseguire.
«Portami con te», disse, semplicemente.
«Agente Sabil!», gridò nuovamente la voce di Occhio di Falco, questa volta vicinissima.
Khalida si voltò verso l'entrata.
Vide Clint tendere l'arco verso di lei, sentì la mano di Loki stringersi intorno al suo braccio e un dolore lancinante in ogni parte del corpo.
Gridò e ogni cosa svanì.
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Ok, credo che la cosa sia ormai ovvia.
Questa storia avrà un seguito.
In realtà Similitudini, è il titolo di una trilogia, di cui questo è solo il primo episodio, che si intitola Prigioni.
La prossima settimana, quando posterò l'epilogo, posterò anche direttamente il prologo della seconda parte.
I titoli cambieranno, perché Similitudini sarà il titolo che darò alla serie.
Il secondo episodio si intitolerà Spie.
Spero di rivedervi tutti per la seconda parte, intanto ditemi cosa ne pensate dell'ultimo capitolo.

A presto
Nicole

PS: ovviamente, tutto quello che dico riguardo allo Scettro e al Tesseract è inventato di sana pianta!

  
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