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Autore: Devileyes    08/12/2012    8 recensioni
"Kanon avvertì la sensazione di qualcosa di caldo e umido scivolargli lungo la pelle tra le scapole, e sulle prime pensò che una ferita si fosse riaperta. Ma un attimo dopo cancellò quell'idea, quando capì che quelle erano lacrime. Saga stava piangendo."
Genere: Erotico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Gemini Kanon, Gemini Saga
Note: Lime | Avvertimenti: Incest
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RITROVARSI


Era scesa da poco la sera. Nella volta notturna sopra il Grande Tempio, le stelle avevano appena cominciato a emergere pigramente, simili a diamanti lontani nell'oscurità.

Era l'ora in cui Cavalieri e reclute rientravano dagli allenamenti del giorno, il momento in cui la sabbia dell'arena finalmente trovava risposo dopo esser stata sollevata da colpi portentosi e attacchi travolgenti.

Saga aveva smesso da tempo di allenarsi, in fin dei conti un Cavaliere d'Oro suo pari non aveva certo bisogno di versare sudore e sangue sulla sabbia ogni giorno per mantenere inalterata la propria potenza. E sebbene lo stesso valesse per il proprio gemello, Saga continuava a chiedersi perché Kanon fosse tanto deciso a passare intere giornate ad allenarsi in solitudine, per rientrare alla Terza Casa solo con il favore delle tenebre.

Anzi, dire che si allenava sarebbe stato un eufemismo.

Semplicemente, Kanon si massacrava.

Lo aveva visto più volte rientrare di nascosto, con il corpo flagellato da mille ferite e lividi, sporco di sangue dalla testa ai piedi, barcollante peggio di un ubriaco.

Ma in fondo al cuore, Saga conosceva il perché di quell'auto-punizione.

Nonostante fossero passati mesi dalla fine della Guerra Sacra e Athena li avesse perdonati entrambi riportandoli in vita tra le sue schiere, continuavano a sentirsi addosso il peso della colpa.

E Kanon non era il tipo di uomo che perdona facilmente sé stesso.

Anche quella notte, Saga rimase nascosto nell'ombra della Casa dei Gemelli, seguendo con lo sguardo il fratello avanzare penosamente tra le colonne, ansimando dopo chissà quali sforzi.

Lo seguì fino alle stanze private, dove il minore si spogliò per immergersi nella calda acqua della vasca termale.

Saga continuò a vegliare su di lui, appoggiato a braccia conserte contro una colonna.

Avevano parlato davvero poco in quegli ultimi tempi, e mai su cose per le quali valesse davvero la pena esprimersi, perciò non poteva fare a meno di chiedersi cosa spingesse Kanon a ridursi in quello stato ogni giorno.

Lo vide lavare via ogni traccia di sporco, grattare i residui di sangue rappreso e stringere duramente i denti mentre lo faceva. Fu tentato di aiutarlo quando sentì un suo gemito nel tentare di pulire un'escoriazione alla schiena difficile da raggiungere, ma non lo fece.

Kanon aveva il suo orgoglio da mantenere, non si sarebbe mai abbassato a chiedergli aiuto, così come si sarebbe offeso nel ricevere la sua pietà.

Perciò attese nell'ombra finché non lo sentì uscire dalla vasca, gocciolante.

Solo allora si decise a manifestare la propria presenza, uscendo allo scoperto e avvicinandosi al fratello con in mano un ampio asciugamano.

I loro occhi si incrociarono, più loquaci di qualsiasi parola.

E Kanon fu insolitamente mansueto mentre l'altro si spostava di dietro di lui per mettergli l'asciugamano sulle spalle e cominciare e sfregarlo delicatamente.

“Sapevi che ero qui” fece notare Saga dopo diversi minuti di silenzio.

“Come potrei non saperlo?” rispose il più giovane con una nota stanca nella voce.

“Ma non hai detto niente”

“Non avevo niente da dire”

Saga continuò ad asciugarlo tamponandolo piano sui punti più sensibili, e in ultimo passò a strofinargli i capelli umidi.

“Vieni” lo invitò quando ebbe finito, facendogli strada verso la propria stanza, giacché dormivano in camere separate.

Kanon non si oppose, forse perché troppo stanco, o perché sapeva che prima o poi avrebbero dovuto confrontarsi.

Una volta nella stanza, si sedettero entrambi sul letto a gambe incrociate, ma anziché parlare, Saga prese un pettine ed iniziò a separare i crini color del mare del fratello, sciogliendone ogni nodo.

Non aveva mai dedicato molta attenzione alla cura dei propri capelli, né si era dato pena di accorciarseli o aggiustarli, ma in quel momento, nel silenzio pesante che si era creato tra loro, l'unica cosa che sentiva veramente di voler fare era prendersi cura di Kanon con qualche piccolo gesto che non lo avrebbe indispettito. Interpretare il ruolo di bravo fratello maggiore dopo tredici anni di odio sarebbe stata una bella presa in giro per entrambi.

Così passò diversi minuti a spazzolargli i capelli, facendo ben attenzione a non tirarli o strapparli, e nella buia profondità del suo essere pregò quasi che ogni nodo sciolto rappresentasse in maniera tangibile una colpa sanata, sua e del fratello.

A modo suo Kanon sembrò apprezzare quella modesta gentilezza, dato che era rimasto seduto senza respingerlo.

Poi, quando gli sembrò di aver fatto abbastanza, Saga mise da parte il pettine e prese un respiro profondo.

Da parte sua, Kanon si sarebbe aspettato una domanda, una risposta, un'affermazione, un insulto forse, qualsiasi cosa a livello verbale.

Ma di certo non si sarebbe aspettato che Saga lo abbracciasse da dietro, cingendogli il petto e posando la testa sulla propria schiena.

Per un attimo si irrigidì. Avvertì la sensazione di qualcosa di caldo e umido scivolargli lungo la pelle tra le scapole, e sulle prime pensò che una ferita si fosse riaperta. Ma un attimo dopo cancellò quell'idea, quando capì che quelle erano lacrime.

Saga stava piangendo.

“Saga...” mormorò con un filo di voce, cercando di voltarsi. Ora si sentiva un nodo doloroso in gola che lo strozzava, e cominciavano pure a bruciargli gli occhi. Stava per crollare anche lui.

Posò una mano su quelle del fratello che si incrociavano sui suoi pettorali, all'altezza del cuore, e le strinse, ma non con l'intento di fargli mollare la presa o di allontanarlo. Le strinse semplicemente perché non sapeva che altro fare.

Rimasero così per un tempo che parve infinito, e allo stesso tempo troppo breve per essere assaporato appieno. Forse passò un minuto, forse un'ora, ma quando si staccarono avvertirono entrambi un'ondata di stanchezza come non ne avevano provata nemmeno durante la Guerra Sacra. Una stanchezza esistenziale radicata nei loro cuori, trascinata avanti per tredici lunghi anni e ormai impossibile da sostenere.

Si guardarono negli occhi smeraldini, arrossati e umidi di lacrime, ancora incapaci di proferire parola. Tutto ciò che riuscirono a fare fu continuare a piangere in silenzio. Saga prese il volto del gemello tra le mani e posò la fronte contro la sua, in modo che le loro lacrime formassero un unico fiume di disperazione.

“Mi sei mancato, fratello” proferì in un sussurro strozzato.

Kanon non rispose, ma si lasciò scivolare sul materasso, aggrappandosi alla vita di Saga come se adesso fosse lui quello bisognoso di un'ancora di salvezza.

Si distesero tra le coperte, vicini, sempre più vicini, il corpo nudo e fresco di Kanon premuto contro quello vestito e caldo di Saga, quasi a compensarsi a vicenda.

E per la prima volta da anni, riuscirono ad abbracciarsi veramente, con tutta la forza che avevano in corpo, come quando da bambini si proteggevano l'un l'altro nelle fredde notti d'inverno. E non fu solo un semplice abbraccio fraterno, ma qualcosa di più, un sentimento profondo sfociato quando cominciarono ad accarezzarsi, toccarsi, baciarsi, quasi bramassero di ricongiungersi nell'unico essere che erano stati nel grembo materno. Troppo a lungo si erano odiati, troppo a lungo avevano mentito e si erano condannati a vicenda, e per cosa? Per il potere? Per la gloria? Per la vendetta?

Ormai erano cose che non avevano più importanza. Quelle stesse folli ambizioni che un tempo avevano coltivato, negli anni avevano finito per consumarli, e tutto ciò che desideravano ora era soltanto rimettere insieme i frantumi delle loro anime troppo a lungo divise, come due segni di polarità negativa che, insieme, sanano il peccato di entrambi.

Avvinghiati l'uno all'altro, lasciarono che i loro corpi danzassero e si dessero piacere a vicenda in uno sfregamento di bacini che non lasciava possibilità di fraintendimento. Nessuno dei due disse niente, nessuno sollevò dubbi o questioni su ciò che stavano facendo. Era una cosa così spontanea, così naturale da non aver bisogno di giustificazioni.

Kanon si spostò sopra il fratello, godendo delle sue mani che continuavano a percorrere con dolcezza la propria pelle, dalle spalle ai fianchi. Lo aiutò a spogliarsi, in modo che fossero entrambi messi a nudo, sia nel corpo che nell'anima, senza più maschere e menzogne a coprirli.

Saga rimase steso sotto di lui con lo sguardo incollato sul suo corpo, lo lasciò fare ciò che voleva senza fermarlo e da parte sua continuò a sfiorargli delicatamente le ferite ancora aperte come se tentasse di alleviarne il dolore.

Solo quando Kanon si posizionò in mezzo alle sue gambe con l'erezione tesa, chiaro segno di ciò che stava per compiere, dovette sforzarsi di bloccarlo, prima che facesse qualcosa per cui sarebbe stato condannato di nuovo.

“No, Kanon” lo interruppe proprio quando il gemello stava per unirsi carnalmente a lui.

Lo sguardo che gli rivolse il più giovane fece male al cuore. Dubbio, colpa, forse anche un pizzico di paura.

Saga prese fiato prima di parlare ancora.

“Non possiamo, fratello. Siamo Cavalieri di Athena, votati alla purezza e alla castità. Se compissimo quest'atto qui, nel tempio della dea vergine, macchieremmo l'onore di colei che ci ha perdonati con l'infamia di un rapporto incestuoso. Sai bene quanto me che è una cosa concessa solo alle divinità”

Lo sapeva, sì. Lo sapeva benissimo, ma aveva finto di esserne all'oscuro. Sarebbe stato pronto a dannarsi l'anima una seconda volta se solo Saga fosse stato disposto a fare lo stesso insieme a lui. Avrebbe ignorato quel sacro divieto, mettendo suo fratello al di sopra di tutto, così come un tempo aveva posto il proprio ego al di sopra di ogni altra cosa.

Ma in fondo non era più quella persona, perciò, seppur a malincuore, tornò a distendersi sopra il gemello, la testa posata sul suo petto muscoloso ad ascoltare i battiti ritmati del suo cuore, in armonia con il proprio.

Saga passò le dita tra i suoi capelli per ricominciare ad accarezzarlo.

Entrambi avevano ancora le virilità turgide e cariche d'aspettativa, dolorosamente insoddisfatte, perciò si tolsero almeno quel fastidio toccandosi per darsi piacere l'un l'altro.

Finirono in pochi minuti e tornarono ad abbandonarsi sul letto, abbracciati.

“Non ha importanza” sospirò Kanon con tono quasi ironico, prima di addormentarsi. “Non sarà certo la mancanza di sesso a tenerci lontani ora che ci siamo ritrovati”

Saga chiuse gli occhi, sorridendo.

Probabilmente avrebbero litigato ancora.

Probabilmente si sarebbero picchiati spesso.

Probabilmente non sarebbero mai stati capaci di dirsi che nonostante tutto si amavano.

Ma quelle ultime parole di Kanon avevano sancito per entrambi una ferrea promessa.

  
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