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Autore: Pallina Di Burro    09/12/2012    1 recensioni
Due mini-storie Shizaya, una descritta dal punto di vista di Shizuo e l'altra dal punto di vista di Izaya.
La terza mini-storia è invece incentrata sulla Shiki/Izaya, con accenni Shizuo/Izaya.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Izaya Orihara, Shizuo Heiwajima | Coppie: Izaya/Shizuo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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One day.
(Izaya >Shizuo)

Un giorno qualcuno mi chiese:

“Perché lo fai? Tu non ci guadagni niente…”

Ed io sogghignai, con un po’ di rammarico nel petto, sentendo quelle parole tanto vicine quanto lontane.
Ah, come vorrei che voi umani mi capiste; ma poi non sareste più così interessanti.
E’ insano, perverso, lo so, ma…
Cosa ci posso fare?

“Perché mi diverto!”

Risposi.
Ed un altro giorno, qualcuno mi urlò dietro:

“IZAYAAAAAAAAAAAA!”

Senza chiedermi niente, per la prima volta, ed iniziò ad inseguirmi senza un apparente motivo, brandendo uno dei cartelli stradali.
Fu la prima volta in cui qualcuno non sembrò confuso dalle mie parole, ma semplicemente cercò di avvicinarsi a me.
In risposta, sogghignai, e fuggii via.
Non dovetti nemmeno pensare ad una risposta, ma se ci ragionassi ora…
No,  non sarebbe per paura o per altre sensazioni.
Perché quello non era uno dei miei adorati umani, ma un…
Mostro.
Si, un mostro.
Perché solo un altro mostro, può anche solo pensare di sfiorarne un altro.

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Hot water.
(Shizuo>Izaya)

Alzai una mano, stancamente, tastando il lato del letto che la notte prima era occupato da una presenza che normalmente definirei poco piacevole.
Mi aspettai di sentire sotto i polpastrelli la pelle fredda e liscia, macchiata in alcuni punti da lividi ed abrasioni, ed in altri da succhiotti e morsi, ma non fu così.
Spalancai gli occhi e digrignai i denti, in un attimo.
“Lui non c’è”.
Pensai con rabbia.
Il che voleva dire che era altrove, ad infastidire qualcun altro.
Scossi la testa, per far sfumare quella rabbia che ribolliva, e lanciai il lume accanto a me contro il muro, con forza.
Questo si spezzò e vicino al muro restarono i segni.
Ringhiai, mandando tutto al diavolo.
Era una puttana, niente di più.
Non si faceva nemmeno pagare, ma probabilmente andava con chiunque.
Diedi un pugno al comodino, facendo volare schegge qui e lì; alcune si conficcarono anche nella mano.
Ogni giorno, al risveglio, era così
Perché quella stupida pulce credeva davvero di essere libera.
Stavo per alzarmi, per andare a strapazzarlo in strada, o dove diamine fosse, o con chiunque fosse, ma sentii una porta cigolare.
All’improvviso, la rabbia si tramutò in irritazione, ma stranamente, aveva fatto allentare quel groppo che aveva in gola.

“Ho finito tutta l’acqua calda, ma non è un problema, vero, Shizu-chan?”

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Cat.
(Shiki/Izaya ed accenni Shizaya)

“Cerchi di sedurmi, Izaya?”

Poca luce.
Non riuscivo a vedere granché, ma quella voce e quella risata erano famose ed inconfondibili.
Dopotutto, la conoscevo da quando il corpo in cui è contenuta non era altro che un soldo di cacio.
Frequentava ogni genere di ambiente, tutti gli ambienti in cui mi trovavo anche io, ma per motivi diversi.
Ed ogni tanto, con tutto quello che gli ho insegnato, mi ritorna utile affidargli qualche lavoro.

“Chissà… O forse me lo stai chiedendo?”

Sentii quella risata, passarmi da un orecchio all’altro, e qualcosa posarsi sulle mie gambe.
Un peso, leggero, che si sedeva su di me.
E delle braccia che si avvolgevano delicatamente intorno al mio collo ed alle mie spalle.
Il viso dell’informatore spuntò allora dall’oscurità.
Non ne rimasi sorpreso, nonostante si trovasse a poca distanza dal mio.
Con quella poca luce, notai dei segni rossastri sul suo collo, insieme a dei segni profondi che sembravano di denti.
Sorrisi leggermente.
Lui era così, come un gatto: si lasciava accarezzare quando voleva, altrimenti ti graffiava e se ne andava con la coda alta.
Questo però l’altro non sembrava averlo capito, e cercava sempre di catturarlo, invano.

“E questi?”

Dissi, sfiorando il collo del gattino che aveva iniziato a farmi le fusa sulle gambe.
Per tutta risposta questo iniziò nuovamente a ridere, poggiando la testa sulle mie spalle.
Lo guardai serio, ma con un pizzico di divertimento.

“Il solito mostro.
Sei geloso?”


No.
Non ero geloso.
Se lo fossi stato anche solo un po’, il mio gattino sarebbe scappato via.
   
 
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