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Autore: musa07    09/12/2012    4 recensioni
" Takeshi anche per quel giorno, aveva finito i suoi allenamenti. Stava ora vagando per l’istituto alla ricerca di Gokudera. Sì, perché quest’ultimo non gli dava mai un appuntamento preciso in un posto preciso per trovarsi e rientrare a casa insieme e questo perché, nella testa di Hayato era un raccontarsela in merito al fatto che non è che aspettasse Yamamoto per tornare a casa insieme ma molto semplicemente capitava che si incontrassero per caso. Che poi Yamamoto – nella sua infinita pazienza e comprensione – facesse finta di credere e assecondasse questa sua convinzione, era tutto un altro paio di maniche."
Premessina seria ( mi faccio ridere da sola^^): da mezza musicista inetta quale sono ( è da poco che mi sono appassionata seriamente e sinceramente agli strumenti musicali) mi ha affascinato fin da subito che Gokudera fosse un pianista e mi sarebbe sempre piaciuto scriverci una fic in merito. Buon divertimento.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hayato Gokudera, Takeshi Yamamoto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premessina seria ( mi faccio ridere da sola^^): da mezza musicista inetta quale sono ( è da poco che mi sono appassionata seriamente e sinceramente agli strumenti musicali) mi ha affascinato fin da subito che Gokudera fosse un pianista e mi sarebbe sempre piaciuto scriverci una fic in merito. Dopo aver beccato - girovagando per internet - una DJ 8059 a dir poco adorabile, mi son detta: ok, è arrivato il momento! Sì, lo so che ho l’ultimo capitolo de “ Il buon corridore” che attende e voi giustamente penserete: che cacchio ti metti a scrivere altre fic, ma giurin/giurello che per Natale arriva^^. Per ora gustatevi – o almeno spero – questa one- shot.
 
 
 
       “La parte migliore di me sei sempre tu”
 
 
 
Takeshi anche per quel giorno, aveva finito i suoi allenamenti. Stava ora vagando per l’istituto alla ricerca di Gokudera. Sì, perché quest’ultimo non gli dava mai un appuntamento preciso in un posto preciso per trovarsi e rientrare a casa insieme e questo perché, nella testa di Hayato era un raccontarsela in merito al fatto che non è che aspettasse Yamamoto per tornare a casa insieme ma molto semplicemente capitava che si incontrassero per caso. Che poi Yamamoto – nella sua infinita pazienza e comprensione – facesse finta di credere e assecondasse questa sua convinzione, era tutto un altro paio di maniche. Dicasi lo stesso per Tsuna, che faceva finta di credere ogni santo giorno a impegni inderogabili e improcrastinabili da parte dell’amico che lo costringevano a scuola fino a tardi. Tsuna se la rideva sotto i baffi a veder l’evidente rossore di Gokudera mentre farneticava scuse in merito al fatto di non poter rientrare insieme e avrebbe anche tanto voluto dirgli: “ guarda che lo so che tu e Yamamoto state insieme”, giusto per toglierlo dall’imbarazzo, ma taceva. Lo sapeva, primo perché Takeshi – troppo felice per tener nascosta una cosa del genere – gliel’aveva detto, secondo perché comunque anche un cieco se ne sarebbe accorto. Chiunque, ad osservarli bene, si sarebbe accorto che tra i due Guardiani il rapporto era ora cambiato. Certo: Takeshi veniva sempre ripetutamente insultato da Hayato, anzi: se possibile anche più di prima ma poi erano semplicemente meravigliose le occhiate ricolme di amore e venerazione che il Guardiano della Tempesta lanciava all’altro quando questi non lo poteva vedere o quello sfiorarsi quasi in maniera casuale che accalorava le guance di entrambi. Era impossibile non accorgersene per lui che era amico di entrambi ma Tsuna non diceva mai niente per non urtare la sensibilità dell’amico, era certo che quando Hayato si sarebbe sentito pronto per dirglielo, gliel’avrebbe sicuramente detto. Solo sperava con tutto il cuore che il pellegrinare di Takeshi per tutta la scuola alla ricerca dell’altro ogni santo giorno, non venisse notato più di tanto dal sociopatico della situazione, alias il Presidente del comitato disciplinare, alias Hibari Kyoya. Ovvio invece, che Hibari si fosse accorto fin da subito di quel vagare incessante del giocatore di baseball alla ricerca dell’altro, ma per il momento si limitava ad osservare sonnacchioso quel pellegrinare, come un gatto appollaiato su un albero, quasi divertito allo scoprire dove il dinamitario lo aspettasse e che attività di sarebbe inventato ogni volta per ammazzare il tempo.
E quel pomeriggio Takeshi ci stava proprio dando dentro, non riuscendo a trovarlo da nessuna parte. Strano, pensò. Sì, perché di solito Hayato, vedendo l’ora e calcolando che gli allenamenti fossero finiti, presto o tardi faceva la sua apparizione. Che si fosse stancato di aspettarlo, si chiese. Impossibile! Si rispose subito dopo sorridendo. Stava quindi ancora cercando Yamamoto, spingendosi fin nelle parti più remote dell’istituto, quando d'un tratto sentì una musica e si fermò di botto. L’aveva trovato! Piano-piano, andò rallentando la sua andatura.
Non l’aveva mai sentito suonare, anche se un giorno l’aveva pregato e implorato un’infinità di volte ma alla fine, Takeshi aveva capito fosse quello un tasto dolente per il suo compagno e quindi aveva lasciato perdere anche se avrebbe pagato oro per vedere quell’aspetto del suo amato che ancora non conosceva.
Si appoggiò sul muro dell’edificio, ascoltando l’armonia che si propagava per l’aria. Era certo fosse lui. Da che ne sapeva, Hayato non aveva proprio più suonato, eppure dal suono armonico e senza sbavature che stava producendo in quel momento, Yamamoto capì che, suonare, per Gokudera era una cosa che gli apparteneva, che gli era propria del suo essere come a lui apparteneva il giocare a baseball. Trattenne il respiro senza neanche accorgersene, chiudendo gli occhi e appoggiando la testa al muro.
 
 
Hayato, neanche seppe dirsi come si era spinto fino all’aula di musica quel giorno. Sarà stato che il cielo nuvoloso non prometteva niente di buono e quindi l’aveva costretto a rintanarsi al sicuro dentro, sarà stato perché la biblioteca era piena, fatto sta che aveva iniziato a girovagare per la scuola, mani in tasca, espressione assorta. Si era spinto inconsciamente verso la parte più silenziosa e deserta perché aveva bisogno del silenzio per imprimere nella memoria i ricordi della serata precedente passata con Takeshi …
 
 
 
Anche ieri l’aveva atteso fino alla fine degli allenamenti e poi erano rientrati, decidendo di passare anche il resto della serata insieme, scroccando la cena al sempre sorridente e accondiscendente padre di Yamamoto. Finito che ebbero si erano incamminati a fare una passeggiata. Si erano avviati taciturni, godendosi il silenzio tutto intorno, d’altro canto avevano già sperimentato che il silenzio tra loro due non pesava minimamente.
Avevano avanzato per un bel po’ silenziosi fianco a fianco, mano nella mano, fino a quando il Guardiano della Pioggia non gli aveva chiesto di poter scendere per la stradina che li avrebbe permesso di continuare la strada lungo il marciapiede che affiancava il mare. Ad un certo punto si erano fermati e appoggiati al parapetto del marciapiede per poter ammirare i pescherecci dei pescatori che uscivano per la notte e lì erano rimasti per un bel po’. Era infatti difficile per entrambi separarsi, avrebbero passato ogni minuto insieme; l’unica differenza era che Takeshi manifestava questa cosa apertamente, mentre per lui era ancora troppo difficile. Fatto sta che, spinti da questo desiderio, avevano camminato per più di un’ora, fino a quando Yamamoto se n’era uscito dal nulla con un: - Facciamo una corsa? – lasciandolo a dir poco di stucco: quel ragazzo era una fonte inesauribile di sorprese ed energie.
 – Dai: fino al faro! – e aveva preso la fuga, ridendosela a vedere che faccia aveva fatto lui rimanendo lì impalato.  – Dai, muoviti! – lo aveva spronato ridendo, voltandosi verso di lui e fermandosi ad aspettarlo.
- Stai parlando sul serio? – gli aveva chiesto Gokudera basito.
- Io parlo sempre sul serio. – gli rispose incisivo e scoppiando a ridere subito dopo per la battuta autoironica che aveva fatto in merito al suo esser sempre serio. E allora anche Hayato si era unito alla corsa, stupendo perfino se stesso per aver accettato la proposta folle dell’altro.
Arrivati che furono al faro, aveva entrambi il fiatone perché il gelo quella notte era veramente implacabile e congelava l’aria prima che questa avesse modo di arrivare ai polmoni.
Si erano seduti sul muretto, riprendendo fiato ma Takeshi, che di forza ed energia ne aveva da vendere, se n’era uscito con un: - Ho vinto!-
- Ma non è assolutamente vero! – si era inalberato immediatamente lui, facendolo scoppiare a ridere di gusto.
– Lo sapevo che l’avresti detto! – lo aveva preso bonariamente in giro, avvicinandosi lentamente e sistemandogli una delle falde della sciarpa che, nella corsa, si era scompigliata. Dopo di che, avevano deciso saggiamente di recuperar la metropolitana per rientrare a casa e allora Takeshi, stremato da quella lunga giornata, ad un certo punto, lasciandosi cullare dal dolce dondolio del vagone deserto, era lentamente scivolato per un attimo nel sonno e seduto affianco a lui, senza rendersene conto, aveva appoggiato la testa sulla sua spalla e per la prima volta, Hayato aveva potuto ammirare quello splendido volto senza il suo abitudinario sorriso. Gli era parso più adulto in quel momento, non solo rispetto alla prima volta che l’aveva conosciuto ma anche rispetto ad un attimo prima. Poi, prima di quanto Gokudera avrebbe voluto, uno scossone violento della metro l’aveva risvegliato ed eccolo ritornato il Takeshi di sempre …
 


… E alla fine si era dunque ritrovato davanti all’aula di musica.
Due ragazze ne erano uscite ridendo, una con la custodia del violino in spalla, l’altra con gli spartiti in mano. Si erano fermate di colpo quando si erano trovate di fronte Hayato, smettendo di ridere e fissandolo per un momento a bocca aperta per poi sorpassarlo lanciandosi gridolini di giubilo ed estasi nel momento in cui avevano trovato il coraggio di salutarlo. Sì perché Gokudera si divideva con Yamamoto le attenzioni della popolazione femminile della scuola.
Quasi in trance, entrò nella stanza fino ad allora inesplorata e fu allora che lo vide … un meraviglioso pianoforte a coda faceva bella mostra di sé al centro dell’aula. Hayato rimase per un attimo sulla soglia, combattuto. Stava per fare dietrofront ma quando con un passo era già fuori, si voltò nuovamente a guardarlo … Lentamente rientrò, chiudendosi delicatamente la porta alle spalle. Piano, si avvicinò allo strumento, sfiorando lieve con un dito la superficie. Quel pianoforte, quell’anima di legno, lo stava chiamando. Alzò il coperchio che copriva la tastiera togliendo il fodero che proteggeva i tasti e si mise seduto sullo sgabellino.
Da quanto non suonava! Non ricordava neppure più quanto.
Sfiorò con delicatezza i tasti, appoggiando l’indice della mano destra sul la, giusto per sentire se fosse accordato. Oh, eccome se lo era!
A sentire come il suono si era propagato, come gli aveva vibrato per tutto il braccio, fino alla spalla, Hayato ebbe un brivido. Guardò fuori dalla finestra, sospirando, quasi volesse scacciar chissà che demoni dalla sua testa. Poi, prendendo un altro grosso inspirò, si voltò di nuovo verso la tastiera e attaccò con il primo accordo. E fu come se non avesse mai smesso di suonare.
Le dita scorrevano sui tasti da sole, con eleganza e fluidità. Così com’era elegante e fluido il suono che ne scaturiva e lui si sentì riempire di un’emozione che non era descrivibile a parole umane. Chiuse gli occhi per godersi quel suono, quella sensazione, quella sensazione della musica che gli penetrava dentro. Solo Yamamoto era in grado di scaturire in lui emozioni simili, se non più forti. E quasi l’avesse chiamato, Takeshi si mise davanti alla finestra, ad osservarlo. Voleva attirare la sua attenzione battendo sul vetro, perché non gli piaceva l’idea di spiarlo ma quando lo vide intento a suonare, rimase con la mano a mezz’aria, basito. Ora capiva quando Hayato gli diceva che quando giocava, subiva una trasformazione, perché era la stessa cosa che stava provando lui ora guardandolo suonare, era la stessa trasformazione che adesso poteva vedere nell’altro.
Attese che finisse di suonare e riaprisse gli occhi, comunque troppo rapito da quella visione e quando alla fine l’altro finì e voltò la testa verso di lui e lo vide arrossire, quasi fosse stato scoperto a commettere chissà che malefatta, Yamamoto sorrise salutandolo e chiedendogli – a gesti – di venirgli ad aprire la finestra. Cosa che Hayato fece – fintamente – controvoglia, giusto per darsi un tono e imprecando lungo tutto il breve tragitto.
- Yo! – lo salutò Takeshi allegro rubandogli un bacio quando l’altro si sporse per insultarlo.
- Idiot … - aveva poi ripreso ad infierire nuovamente ma Yamamoto fu nuovamente rapido e prendendolo per la nuca, lo attirò verso di sé e costrinse le loro labbra ad unirsi di nuovo e Hayato si sentì riempire di nuovo di quella sensazione indescrivibile provata poco prima.
Quando il bacio finì, rimasero per un secondo a fissarsi, quasi Yamamoto avesse voluto dirgli qualcosa tanto era intenso il suo sguardo ma poi sul suo volto tornò il suo solito sorriso e gli fece segno di spostarsi. Poi, con un agile balzo, si arrampicò sulla finestra per scavalcarla ed entrare, beccandosi – manco a dirlo – una marea e mezza di insulti da parte di Gokudera.
- Non puoi fare il giro ed entrare dalla porta come tutte le persone normali?! – gli sibilò contro e l’atleta, come da copione, scoppiò nella sua risata fresca e cristallina mentre l’altro non riusciva comunque a distogliere l’attenzione da lui.
“ Wow! Che agilità e grazia.” Si trovò a pensare rapito.
Una volta che Takeshi fu entrato e aveva richiuso la finestra, quest’ultimo iniziò a gironzolare per l’aula.
- Mi hai fatto penare oggi per trovarti. – scherzò su guardando nella teca di vetro tutti i cd presenti mentre Hayato, dietro di lui, aveva ripreso posto davanti al pianoforte.
Takeshi attendeva ancora una risposta, o meglio: un insulto da parte dell’altro ma invece dell’insulto, arrivò l’accordo di una nuova melodia. Yamamoto si fermò di colpo, sgranando gli occhi per poi socchiuderli, sorridendo felice. Solo allora, si voltò lentamente a guardarlo: era di spalle, non poteva vederne il volto ma il Guardiano della Pioggia ben si immaginava l’espressione che doveva avere in quel momento solamente guardando la sua schiena, le sue spalle, sentendo il suono che produceva. Hayato, che ne volesse, era un libro aperto per lui. Gli fu grato per il fatto che stesse suonando in sua presenza perché – avendo intuito che per lui suonare il pianoforte era un tasto dolente, qualcosa che gli riportava alla memoria ricordi della madre persa – volevo dire tanto per Takeshi.
Voleva dire che si fidava di lui, voleva dire che con lui poteva permettersi di essere completamente se stesso, senza paure. Ecco cosa voleva trasmettergli Gokudera in quel momento.
Yamamoto si concentrò sulla melodia, era quasi sicuro si trattasse di Chopin, sapeva che questo compositore aveva scritto quasi solo esclusivamente suonate per pianoforte. Era una sonata intensa, né allegra né triste, ma forte! Trasmetteva, in un crescendo, un’intensità sempre maggiore, quasi come se qualcuno, timidamente, si affacciasse alla vita, prendendone poi piena consapevolezza mano a mano, superando ostacoli ed avversità e uscendone alla fine vincitore.
Non era forse un caso che, tra tutto il repertorio che conosceva e ricordava a memoria, Gokudera avesse scelto proprio quello …
Le ultime note finirono di perdersi nell’aria e Hayato restò con le dita ancora sugli ultimi tasti percependo chiaramente la presenza dell’altro dietro di sé. Fissò la tastiera, ma era come se guardasse oltre. Inutile dire che suonare gli aveva prepotentemente riportato alla memoria il ricordo della madre, come se già non pensasse a lei ogni giorno. Con la sola differenza che se di solito scacciava dalla mente il ricordo perché gli causava ancora troppo dolore, mentre aveva suonato poc’anzi aveva permesso a quel ricordo, a quel dolore, di esplodere dentro di lui, forse perché rassicurato dalla presenza di Yamamoto, con il quale si sentiva sempre al sicuro, protetto.
E quel ricordo, era ancora vivo in quel preciso istante e fu quando sentì una lacrima iniziare a rigargli il volto che si sentì abbracciare da dietro e stringere forte da Takeshi. Appoggiò la schiena al petto dell’altro, mentre pose una mano sulle braccia che l’avevano circondato. Si ancorò a quelle braccia, a quella presa salda e sicura, deglutendo a fatica e cercando di ricacciar indietro le lacrime.
- Ya-Yamamoto … - bisbigliò.
- Gokudera, io ci sarò sempre. Sarò sempre al tuo fianco e ti condurrò ovunque vorrai andare. – gli sussurrò come un soffio all’orecchio e queste parole furono in grado di spezzare gli argini e Hayato si girò verso l’altro – che si trovava in ginocchio davanti a lui – aggrappandosi al suo corpo e affondando la testa sul suo petto, non trattenendosi più e permettendo a quelle lacrime, trattenute per troppo tempo nella solitudine, di potersi finalmente sfogare.
Takeshi lo strinse ancora più forte a sé, trasmettendogli tutto il suo amore, accarezzandogli dolcemente la schiena mentre gli posava leggeri baci tra i capelli.
“ Piangi pure, sfogati. Urla anche se lo ritieni necessario.” Pensò dentro di lui Yamamoto.
- Sssh … Ci sono io … ci sono io … - gli mormorò dolcemente e lo sentì assentire con il capo ancora affondato sul suo petto.
- Ya-ma … moto …  -
- Sono qui … sono qui per te … -
Lo cullò tra le sue braccia fino a quando non si fu calmato e Hayato rimase ancora a crogiolarsi in quell’abbraccio, facendosi tranquillizzare dal battito del cuore di Takeshi e dal suo respiro.
“ Mio Dio!” pensò. “ Io amo alla follia questo stupido idiota del baseball.” Realizzò in quel preciso istante, nel momento in cui aveva fatto pace con una parte di sé e ora dentro di lui c’era spazio solo per l’amore nei confronti del suo compagno e quasi Yamamoto gli avesse letto nel pensiero, gli sollevò il viso verso il suo.
- Ti amo … - gli bisbigliò Takeshi sulle labbra, sorridendo dolcemente imbarazzato: era la prima volta che glielo diceva. E non attese risposta Yamamoto, perché gliela aveva letta chiaramente negli occhi e lo legò a sé con un bacio e si persero l’uno nell’altro.
- Suoniamo qualcosa insieme? – se ne uscì divertito alla fine il moretto, mentre si alzava dalla posizione inginocchiata dov’era rimasto fino ad allora.
- Stai scherzando?!?! – s’inalberò l’altro.
- E dai Gokudera: qualcosina di improvvisato. – continuò imperterrito per il solo gusto di punzecchiarlo, cosa che gli stava riuscendo benissimo tra l’altro.
- Ma non dire eresie! – si impennò ulteriormente mentre cercava di portarlo a forza fuori dalla stanza, spingendolo per la schiena.
- Daiiii amore … -
- Non chiamarmi “amore” che mi vengono i brividi solo a sentirlo! – gli urlò su un orecchio mentre sentiva che gli stava per partire un embolo in testa.
- Sei sempre così dolce. – lo prese in giro Yamamoto, perché semplicemente adorava vedere come l’altro si impennasse di fronte alle sue provocazioni dato che non capiva mai quando scherzava. Ma quel momento goliardico, fu interrotto da una voce provenire alle loro spalle, dall’oscurità.
- Vi ho trovati finalmente. Adesso preparatevi a pagare caro le conseguenze del vostro girovagare per la MIA scuola. -
- Oddio Hibari: direttamente dall’Oltretomba? – lo canzonò divertito Yamamoto che non prendeva mai molto sul serio le sue minacce. Dopo tutto, gli aveva pur sempre salvato la vita quella volta.
- Ma che fai: mi prendi per il culo anche? – fu la replica perplessa e scioccata dell’altro che, ricordando lo stesso identico episodio, quasi-quasi si pentì di avergli salvato la pellaccia.
- Sì ok: scusa se stavamo girando per la TUA scuola senza permesso bla bla bla. – continuò imperterrito Takeshi gesticolando sotto lo sguardo sempre più impanicato di Gokudera che, quando vide l’altro ridurre a due fessure gli occhi di ghiaccio, pensò bene fosse arrivato il momento di correre saggiamente ai ripari.
- Ah, perdonalo Mr sociopatic … ehm: Hibari. Ha preso una botta in testa quand’era piccolo. – proferì prendendo per una manica della giacca e trascinandolo a forza via da lì.
- Ehi, ma non è vero! – lo sentì protestare Kyoya mentre se ne restava lì ancora troppo basito e confuso per capire bene cosa fosse successo.
“ Ma … ma quell’idiota con i capelli castani è stato separato alla nascita da quell’altro idiota con i capelli biondi?!?” si stava chiedendo sbigottito dentro di sé.
 


FINE


 
Clau: Sì, lo so che la frase se Takeshi love-love e Dino son stati separati dalla nascita, l’ho già usata in un’altra mia fic, ma il concetto mi piaceva troppo per non riperterlo^^
Gokudera: -_______-
Clau: Bene, grazie per aver dedicato del vostro tempo a leggere quanto scritto. E ricordatevi di quel “ suoniamo qualcosa insieme”, perché ritornerò a farmi viva presto con un insolito duo. Ahahahah ^/////^
Yamamoto: Ci dobbiamo preoccupare^^;?
Clau:No-oo!BHUAAAUUUUUAAAUUUU^////^
Gokudera: Così mi preoccupo e come invece!
   
 
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