Eros & Thanatos
First
chapther
La morte è spaventosa, ma ancor più spaventosa sarebbe
la coscienza di vivere in eterno e di non poter morire mai.
Anton Čechov
Squallida. Tutta quella maledetta situazione era oltremodo
imbarazzante e desolante. Ubriacarsi come un ragazzino dopo una delusione
sentimentale, come se la ragazza più avvenente della scuola avesse rifiutato un
suo corteggiamento. Le bottiglie di Scotch de luxe si susseguivano rapidamente
e sul bancone di legno grezzo del locale erano presenti in una decina
abbondante.
Si stupiva anche di essere riuscito a trovare un così buono whiskey,
da intenditori, in un pub così rustico. Per esprimersi con termini gentili. In fondo
lui era sempre un gentiluomo. Un gran
signore. Un nobile. Quanti re, durante i secoli, avevano domandato di
consigliar loro le strategie migliori di governo? Quante volte, nelle battaglie
che l’avevano visto condottiero di un esercito florido e fedele, aveva portato
il suo schieramento alla vittoria con abili mosse? Invece ora non era più
niente.
Patetico,
Niklaus. Sei soltanto un patetico sciocco. Un illuso. Chi mai rimarrebbe al tuo
fianco di sua iniziativa? Chi ti resta se non coloro che ti solo leali soltanto
perché costretti?
Sbatté il bicchiere a tulipano contro la superficie lignea,
producendo un suono sgradevole per i suoi sensi acuiti dalla doppia natura. Emise
un lieve ringhio gutturale e si trattenne a stento dallo stringere più forte il
bicchiere per non romperlo. Non era ancora così fuori di sé. Quel gesto, però,
attirò l’attenzione della barman vestita come una cowgirl. Odiava quell’atmosfera
western che regnava nel locale a sud della cittadina, proprio vicino
all’imbocco della statale 64. Ma era l’unico posto in cui nessuno si sarebbe
preoccupato di disturbarlo. I suoi fratelli, se potevano ancora essere definiti
tali, conoscevano bene le sue abitudini e sapevano che l’artistico e raffinato
Niklaus non si sarebbe mai recato in un bar di così dubbio gusto. Ed era stata
quella l’unica ragione per la quale aveva optato per un viaggio nel mondo di
Buffalo Bill. Quella e la presenza di ragazze semisvestite e abbastanza
disponibili a concedere le proprie vene per il suo sostentamento, ovviamente.
“ Ancora”, borbottò con voce roca, l’accento britannico reso più
marcato, che gli conferiva un’aria più sensuale del consueto. Un impercettibile
sorriso gli distese le labbra rosse e lievemente gonfie, per quella
constatazione. Conosceva la propria naturale avvenenza, era stata essa a
condurlo nelle stanze delle più fascinose nobildonne per trascorrere delle
notti abbastanza agitate.
“ A lei, signore,” esclamò la barman dai capelli biondi acconciati
in due trecce che le ricadevano sulla camicia a quadri, rossi e bianchi. La
scollatura era abbastanza evidente e gliela stava offrendo con un zelo palese.
Quasi allargò il sorriso. Si sporse di poco per riporre la bottiglia accanto al
bicchiere, premurandosi di carezzargli lievemente la mano con le nocche. Prima
che potesse ritrarla del tutto, Niklaus le afferrò il polso e alzò lo sguardo
sui suoi occhi marroni, anonimi. Odiava gli occhi scuri, marroni o neri che
fossero. Gli ricordavano troppo il passato. E lui voleva soltanto dimenticare.
La ragazza, che non poteva avere più di venticinque anni, gli rivolse uno
sguardo curioso, non intimorito. Lusingato.
“ Dolcezza, non urlare,” le ordinò con la voce impregnata di falsa
delicatezza, pregustando già il momento in cui si sarebbe nutrito di lei.
Percepiva il suo sangue scorrere vorticoso nelle vene del polso, lì dove le sue
dita lo stavano facendo sbiancare, creando un forte contrasto con la pelle
abbronzata della giovane. Le sue pupille si ampliarono e Niklaus lasciò che i
suoi canini si allungassero, che gli occhi divenissero gialli, come quelli dei
lupi della steppa. Poi la morse, al polso, lì dove il sangue era più puro, lì
dove si incontravano le vene più grandi. Sentì l’eccitazione della ragazza
salire. Le donne di quel secolo erano davvero particolari, un po’ troppo
esuberanti, a suo parere. Non che gli dispiacesse. Quello andava a vantaggio
della sua alimentazione. Era stanco di nutrirsi sempre e solo dalle sacche
prese dall’ospedale cittadino per non nuocere troppo alla popolazione e non
attirare troppi sguardi su di sé e sui suoi fratelli. Bevve quanto gli
necessitava, poi la lasciò andare, “ Deliziosa,” esclamò, con la voce
arrochita, apprezzando quella verità. La ragazza gli sorrise, come se le avesse
rivolto il migliore tra i complimenti e Niklaus le spostò l’orologio, che
portava al sinistro, al polso destro per nascondere i segni dei suoi canini, “ Non
ricorderai niente. E queste bottiglie ti sono cadute mentre trasportavi la
cassa all’interno,” le impose velocemente. La ragazza ripeté le sue parole con
fare confuso, ma sicuro di ciò che stava affermando e Niklaus scomparve
utilizzando la sua straordinaria velocità di ibrido millenario. In meno di un
secondo fu fuori da quel locale soffocante, libero di respirare l’aria salvifica
di quella notte di Luna semipiena. Soltanto grazie al suo ottimo equilibrio soprannaturale,
non arrancava, ma la sua testa era già invasa da uno stordimento crescente. Avanzò
tra le macchine del parcheggio diretto alla propria, una jeep di color mezzanotte,
solida e affidabile.
“ Non avrei mai pensato di incontrarti qui.” Una voce delicata e
armoniosa attirò la sua attenzione. No. Impossibile. Non poteva essere lei.
Eppure era inconfondibile quella nota di stupefacente leggiadria. Non poteva
essere che lei. Per averne conferma, si volse e la identificò subito. Era
appoggiata allo sportello del conducente di una Porsche nera e gli sorrideva
amabilmente. Gli occhi azzurri, splendidi e pieni di vita. i capelli biondi che
ricadevano come onde sulle sue spalle strette e nude, lasciate libere da un
vestito a balconcino, nero e semplice che terminava appena sopra il ginocchio.
L’incarnato pallido e rotondo, da bambina, brillava sotto la luce del
satellite. Tutto era come sempre era stato, tranne quegli abiti. Un particolare
irrisorio dinanzi a quella bellezza angelica.
“ Anya,” mormorò incredulo di trovarla davvero lì. Come se fosse
soltanto una visione dettata dalla sua mente poco lucida, annebbiata da tutto
l’alcol che aveva ingerito. Sbatté un paio di volte le palpebre. Ma lei era
ancora lì. A pochi metri da lui con quella sua posa timida e riservata, con
quei suoi occhi dolci, che tanto gli ricordavano la sua cara madre. Lei era
ancora lì. Non avrebbe dovuto, però. Lei era morta. Aveva visto i cacciatori
prenderla, strapparla dalle sue braccia mentre le urla di dolore scuotevano
entrambi. Nonostante tutto, un sorriso dolce apparve sul suo volto di
fanciulla.
“ Ciao, papà.”
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Angolo autrice
Buona sera a tutti e benvenuti nella mia prima ff. Questo primo
capitolo ha più che altro una funzione introduttiva alla storia, per esprimere
quella che è la mia caratterizzazione di Klaus soprattutto. Klaus e Anya
saranno i protagonisti della storia, come è presente nell’introduzione. Padre e
figlia millenari. Alle loro vicende, nel passato e nel presente, si legheranno
anche quelle degli altri Originali e dei nostri amati protagonisti. Questa
storia sarà sostanzialmente Klaroline, con un po’ di Rebekah/Jeremy, Delena,
Konnie e Katelijah. Anya, invece, più avanti attirerà l’attenzione del più
piccolo dei Salvatore. Spero che questo primo capitolo vi abbia incuriosite
tanto da lasciare un commento. Alla prossima, P!nk_96