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Autore: Elenis9    09/12/2012    5 recensioni
Morgana e Alessandro sono uniti da un matrimonio combinato che sembra essere destinato all'infelicità, le differenze fra loro sono insormontabili: lui col suo silenzio e la sua freddezza e lei con quella voglia di essere se stessa, libera da tutte le regole imposte dalla sua condizione di nobildonna.
Ben presto però si accorgeranno che il matrimonio non è il loro unico problema: il Re è minacciato da continui attentati e Alessandro, essendo suo fratello, non può che essere coinvolto.
Dalla storia:
"Si piegò su di me con lentezza, dandomi il tempo di ripensarci, di scansarmi, ma io non ne avevo intenzione, fremevo per un misto di aspettativa e timore e desideravo che il tempo si fermasse e accelerasse insieme.
Mi sfiorò prima la fronte con un lieve tocco di quelle labbra caldissime, poi si spostò verso l’orecchio, solleticandomi col respiro e con un piccolo morso sul lobo, strappandomi brividi che mi corsero lungo tutta la schiena."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
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Devo pur sopportare qualche bruco se voglio conoscere le farfalle, sembra che siano così belle.
Il Piccolo Principe

Dannazione, sì che lo è! Avrei voluto urlare al Re prima di buttare fuori a calci quella serpe altezzosa della regina insieme al traditore di mio fratello.
Oh, ero talmente delusa da lui, talmente arrabbiata che... che non riuscii a fare a meno di guardarlo entrare con la solita disinvoltura, salutando cortesemente e col sorriso sulle labbra.
Era lo stesso di sempre, si comportava esattamente come avrebbe fatto in qualsiasi altra occasione, eppure mancava qualcosa. I suoi occhi, cerchiati da profonde occhiaie scure, erano spenti e vuoti, privi della luce vivace e maliziosa che aveva sempre fatto cadere le donne ai suoi piedi.
Imposi a me stessa un bel sorriso mentre salutavo educatamente la strega, dimostrando, con un po’ di autocompiacimento, che potevo controllare la mia bocca il tempo necessario a convivere con quella donna per un pomeriggio.
D’accordo, ero ben lungi dall’aver provato di riuscire a reggere per l’intera durata della visita senza dire niente di sarcastico o sconveniente, ma almeno avevo iniziato nel migliore dei modi.
Salutare Federico fu molto più difficile, invece. Ci trovammo l’uno davanti all’altra a guardarci e io sapevo di dovermi mostrare quantomeno naturale, altrimenti i reali avrebbero capito che qualcosa fra noi non andava e io non volevo che indagassero per paura che scoprissero il suo tradimento. Mi davo della stupida ogni giorno per l’ostinazione con cui mi impegnavo a proteggerlo, ma dannazione, era mio fratello!
“Lieta di vedervi, caro fratello” mormorai, accennando un sorriso tremante. Cosa avevo appena accennato sulla naturalezza del mio comportamento? Beh, ovviamente il mio carattere era troppo impetuoso per poter celare così bene il tumulto emotivo che scuoteva la mia povera anima.
“Anche per me è un piacere, Morgana” senza che potessi far niente per evitarlo mi trovai imprigionata in un abbraccio che mi sorprese, soprattutto visto che Federico non si limitò ad una stretta leggera, le sue braccia mi tennero contro il suo petto per un tempo che mi sembrò fin troppo lungo.
“Federico” il mio sussurro risultò indignato e arrabbiato, esattamente come avevo deciso di dovermi sentire, sapendo che stava approfittando del fatto che non potevo ribellarmi a quella eccessiva dimostrazione d’affetto davanti agli occhi attenti degli altri ospiti.
“Ti prego, perdonami” il suo di tono era invece più mesto e triste di quanto fosse l’ultima volta che gli avevo parlato, la sua voce roca e spezzata mi fece temere che una volta sciolto il nostro abbraccio avrei visto i suoi occhi bagnati di lacrime e non credevo che sarei stata in grado di sopportarlo.
Fortunatamente, quando un secondo dopo le sue braccia mi resero la mia libertà, i suoi occhi erano verdi e asciutti, benché conservassero una traccia di profondo dolore.
Scelsi di ignorarlo e tornai a sedermi accanto ad Alessandro, sperando che il sorriso che mi ero dipinta sulle labbra non fosse troppo palesemente falso, la facciata che avevo costruito con tanto impegno mi sembrava pesare una tonnellata, dovevo apparire calma e serena quando invece avevo dentro un fuoco che ruggiva per esplodere.
Ero arrabbiata perché quando finalmente ero riuscita a raggiungere un momento di pace con Alessandro erano arrivati loro a distruggerlo, furiosa perché Federico aveva deciso di usare le mie debolezze contro di me, presentandosi nell’unico modo in cui non avrei potuto cacciarlo. Ero triste, perché vedere mio fratello soffrire mi faceva male, nonostante tutto ciò che lui aveva fatto per meritarselo, ed infine ero maledettamente felice perché, dopotutto, quel giorno ero diventata una donna, avevo donato il mio corpo all’uomo che amavo ed avevo scoperto che mi ricambiava e, dannazione, ci meritavamo tutta la felicità di cui potevamo godere.
La stanza era immersa nel silenzio più totale e gli unici a sembrare immuni all’imbarazzo sembravano il re ed Alessandro, quest’ultimo poi aveva ripreso il contegno glaciale e inquietante che usava tenere all’inizio della nostra conoscenza, dunque in quel momento capire se stava provando una qualsivoglia emozione era quasi impossibile.
Dopo un paio di minuti anch’io iniziavo a trovare spiacevole il silenzio e la Regina decise, probabilmente, di averne abbastanza.
“Morgana, cara, ho sentito parlare dello splendido giardino che può vantare questa casa e ho proprio voglia di godermi questa splendida giornata” la guardai per un attimo con un’espressione a metà fra l’incredulo e il divertito: la finestra mostrava uno scorcio di cielo coperto da nuvoloni grigi che non facevano altro che promettere pioggia. “Lasciamo gli uomini ai loro discorsi e ai loro sigari, ti va mia cara?”
Mi ero già alzata dal mio posto, pronta ad accettare l’invito di Lucrezia pur di liberarmi di quel clima impassibilmente ostile, quando mi resi conto di ciò cui aveva accennato la regina.
“Oh, no, che nessuno provi ad accendere in questa stanza uno di quei disgustosi e maleodoranti sigari!” mi accorsi del mio tono ringhiante solo quando mi trovai tutti gli occhi puntati addosso. Federico era quasi scioccato: probabilmente ero stata talmente scortese che non riusciva nemmeno a metabolizzare le mie parole per arrabbiarsi, Alessandro mi guardava ma i suoi occhi non dicevano niente di niente, erano congelati come il resto del suo viso ed io non riuscivo a decifrarlo quando indossava quella maschera di ghiaccio. Conscia di aver esagerato, mi affrettai a cercare di rimediare, mi abbassai per guardare negli occhi mio marito con la più mesta delle espressioni che ero capace di tirare fuori, “vi prego, mio signore, la puzza non andrà via per settimane dalla tappezzeria!”.
Alessandro non fece una piega e non seppi mai cosa avrebbe risposto, perché fu preceduto da Giulio.
“Oh, che naso sensibile mia cara! Alessandro, avresti dovuto dirmi che ti eri già dato da fare abbastanza da piantarle il tuo erede nel ventre” le sue parole mi gelarono ma prima che potessi ribattere qualsiasi cosa, prima che potessi anche solo girarmi a guardare il re (e magari anche complicare ulteriormente la situazione con un commento acido sul suo modo di definire una gravidanza), mio marito con un solo, minimo, gesto della testa mi fece capire che era il momento che io mi togliessi di mezzo, andando a fare quella benedetta passeggiata con Lucrezia.
Con la sensazione di aver combinato un disastro di dimensioni colossali mi apprestai a seguire Lucrezia fuori dalla stanza, senza neppure il coraggio di sbirciare il viso di Alessandro per cercare di capire quanto avevo esagerato con la mia stupida incapacità di tenere la bocca chiusa.
Condussi in silenzio la regina fino al gazebo, il mio umore era diventato cupo come il cielo sopra di noi e di certo non avevo voglia di intrattenermi con una donna che aveva già distrutto senza pietà la mia immagine pubblica.
Lei però sembrava pensarla diversamente perché attese che fossi io ad iniziare un discorso solo per qualche secondo prima di farlo lei stessa.
“Non aspettate un bambino, non è vero mia cara?” per la prima volta i suo viso si addolcì in un sorriso che non era malizioso o di scherno.
“Se anche fosse, ancora non potrei certo saperlo...” mormorai distratta, ripensavo al viso assolutamente privo di espressione di Alessandro.
Era talmente tanto tempo che non mi guardava più con quell’immobilità glaciale che ero terrorizzata a’idea di sapere cosa nascondeva sotto quella maschera. Doveva essere furioso e questa volta io non avevo rabbia da opporre alla sua per poter sostenere il litigio. Iniziavo a pensare che la coppia reale portasse solo guai.
“Mio marito è ossessionato dall’idea che Alessandro possa avere un figlio prima di lui” mi confessò la regina, sistemando l’ampia gonna del vestito mentre si sedeva sotto il gazebo. Lo sguardo mi cadde sui minuscoli piedini che facevano capolino, chiusi in un paio di scarpette perfettamente ricamate; piedini di fata, pensai, prima di rendermi conto del motivo per cui il tono della sua voce mi sembrava tanto familiare!
La regina era complice di Federico nel complotto ai danni di mio marito. Chissà perché la cosa non mi sconvolse, non mi ero mai fidata di lei e, forse, in qualche recesso della mia mente l’avevo sempre saputo. O, più probabilmente, non c’era più niente che potesse sconvolgermi. 
“Non...” non cosa? Che stavo per dire? A salvarmi dal mio momentaneo vuoto fu il passaggio di Rosmerta, portava un grosso cesto verso la cucina, probabilmente si apprestava a cucinare per la cena.
“Rosmerta!” La chiamai facendola sobbalzare, spaventata.
“Sì, mia signora?” Si riprese in fretta, inchinandosi leggermente.
“Gli ospiti si trattengono per la cena”, non avrei avuto alcun bisogno di avvisarla: avrebbe dovuto essere pronta a quell’evenienza, ma era l’unica cosa che mi era venuta in mente per distogliere l’attenzione dalla regina.
“Sì, mia signora”, si piegò di nuovo sulle ginocchia e scappò via con il grosso cesto stretto fra le dita. Probabilmente l’aumento di lavoro le aveva messo fretta.
Tornando a prestare la mia attenzione a Lucrezia, mi sembrò di scorgerle sul viso un’espressione cupa e quasi triste, molto diversa dall’arroganza che era solita mostrare.
“Non ti capisco, Morgana” esordì ad un certo punto, alzandosi per fronteggiarmi.
La guardai senza capire, ma nel suo volto non c’era niente che potesse darmi un indizio sul perché di quella improvvisa ostilità. “Perché dite questo?” domandai, assolutamente spaesata.
“Tu vuoi bene a tuo fratello” constatò, spiazzandomi ancora di più. Certo che gli volevo bene, avrei fatto qualsiasi cosa per lui,  la profonda ferita che mi aveva lasciato dentro il suo tradimento era il segno più evidente del mio amore, per non menzionare la mia incapacità di denunciarlo. Non capendo dove voleva andare a parare restai in silenzio: non mi aveva posto una domanda.
“Se gli vuoi bene, come hai potuto farlo cacciare da un servo? Lo trovi tanto indegno da non potergli nemmeno concedere di essere tu stessa a sbattergli la porta in faccia?” la sua voce era accusatoria, la solita alterigia accantonata in favore di una rabbia malcelata.
“Ma di che diavolo stai parlando?” e tanti saluti all’educazione. Quella donna vaneggiava, Federico non si era mai presentato a casa mia, e figuriamoci se mi sarei mai sognata di farlo mandare via da qualcun altro! Se dovevo punirlo, volevo che vedesse il mio viso mentre lo facevo, non certo quello di uno qualsiasi dei miei domestici!
“Non fare la finta tonta con me, Morgana! O la tua memoria è così breve da non riuscire a ricordare qualcosa che è successo a malapena ieri?” Se il viso di Lucrezia non fosse stato tanto serio avrei pensato che mi stesse prendendo in giro.
“Ieri?” ripassai mentalmente l’intera giornata, cercando il presunto momento in cui avevo ordinato a qualcuno di mandare via qualsiasi ospite si fosse presentato alla porta: ovviamente non c’era stato un evento simile. Avevo passato tutta la giornata con Alessandro, uscendo dalla nostra stanza solo per andare a prendere i pasti e per il bagno. Solo a sera mi ero concessa una gita nelle cucine. “Non è possibile, mi è stato detto che l’unico ad essere passato da casa era il messo del dottore!” decisamente qualcosa non tornava, o la regina stava vaneggiando o il giorno precedente mi ero persa qualcosa.
Per quanto mi sarebbe piaciuto propendere per la prima, non vedevo quale vantaggio avrebbero potuto trarne Lucrezia e Federico: di certo non era facendomi sapere di essere passato a trovarmi che avrebbe riconquistato la mia fiducia.
Finalmente l’espressione della regina cambiò e la rabbia lasciò il posto alla sorpresa.
“Che cosa? Ha aspettato per ore fuori dalla porta della tua casa e tu non eri nemmeno stata avvertita della sua presenza?” era il suo turno di essere confusa e il suo viso sarebbe stato maledettamente comico se il mio cervello non fosse stato troppo impegnato ad elaborare la situazione. Federico aveva aspettato per ore di essere ricevuto prima che qualcuno lo buttasse fuori a calci senza che io ne avessi la minima idea.
“Mia signora...” Francesco comparve con un tempismo incredibile. Ero talmente furiosa che lo fulminai con uno sguardo di fuoco.
“Sei un idiota!” Lo aggredii senza aspettare che parlasse.
Lui rimase sconvolto dal mio scatto d’ira, fu evidente dalla sua espressione mentre si inginocchiava ai miei piedi in un atteggiamento di completa sottomissione.
“Perdonatemi, mia signora,  anche se temo di non sapere per cosa vi devo delle scuse” era davvero dispiaciuto e sembrava non costargli niente starsene inginocchiato in quel modo davanti a me.
“Sei stato tu a parlare con Federico ieri?” Domandai, più ragionevole di fronte a tutta quella mestizia.
“Ieri era il mio giorno libero, mia signora. Aiutavo mia sorella.” Potevo sentirmi più sciocca? Ne dubitavo. Mi sentii immediatamente in colpa per essermi arrabbiata con lui in quel modo irragionevole, senza nemmeno essermi assicurata che ci fosse anche solo una remota possibilità che potesse essere lui il responsabile. Se lui non era presente, restava un unico uomo fra i domestici.
“Alzati, Francesco. Sono stata ingiusta a prendermela con te. Dì a Giorgio che non voglio vederlo oggi, se ci tiene a restare in vita. E ora riferisci ciò per cui eri venuto” sospirai, rendendomi conto che la mia rabbia era scomparsa, lasciandomi sola con me stessa. Una compagnia davvero poco gradita in quel momento.
“Il Principe ordina di tornare in casa, sembra stia per arrivare la pioggia” riferì, affrettandosi poi ad andarsene al mio congedo. L’avevo spaventato. Grandioso! Accennai uno sguardo al cielo, era grigio e tetro esattamente come quando avevamo lasciato il salotto, perciò non capivo perché ci aveva richiamate: se era per la pioggia non avrebbe proprio dovuto lasciarci uscire, erano ore che era imminente.
“Ha paura a lasciarti sola con me” Lucrezia sembrava divertita dalla sua stessa affermazione mentre si alzava dal gazebo e mi precedeva lungo il viale che ci avrebbe riportate in casa.
“Oppure ha paura a lasciare voi sola con me. Sembra che la mia lingua avvelenata sia fuori controllo ultimamente” accennai, amareggiata dalla prospettiva di guardare mio marito e sbattere di nuovo contro un muro di ghiaccio.
“Non essere sciocca Morgana...” probabilmente avrebbe detto qualcos’altro ma le voci concitate che venivano dalla sala la bloccarono. Entrambe, quasi per un tacito accordo, ci fermammo ad ascoltare gli uomini che discutevano riguardo ad una questione militare.
“Non è una buona idea. I paesi dell’est sono in guerra da anni, non potrebbero darci alcun aiuto e, anzi, ci troveremmo nell’obbligo di combattere al loro fianco...” la voce di Alessandro era priva di inflessione mentre snocciolava i contro di una alleanza.
“Non abbiamo bisogno di entrare in guerra, maestà. Siamo già ad un passo da una rivolta, la situazione non potrebbe che peggiorare. Siamo riusciti a mantenerci neutrali per anni, questo è il momento peggiore per scegliere uno schieramento” a parlare era stato Federico con quel tono calmo e paziente che mi ricordava le ore passate ad ascoltarlo mentre mi faceva lezione.
Volevo guardarli senza essere vista, perciò feci capolino in silenzio dalla porta, l’unico a darmi le spalle era mio fratello, perciò potevo vedere chiaramente il profilo di Alessandro mentre lui era troppo concentrato sulla replica di Giulio per accorgersi di me.
Fu proprio mentre stava per dire qualcosa che mi notò, ferma com’ero a guardarlo dalla porta, cercando di valutare la sua espressione. Per un istante pensai che stesse per sorridermi, ma fui distratta dal fruscio dell’abito di Lucrezia che apparve accanto a me e quando tornai a rivolgere lo sguardo a mio marito lui era tornato a nascondersi dietro il suo muro.
 
La serata fu lunga e imbarazzante, soprattutto perché cercavo in tutti i modi di stare in silenzio il più possibile, misurando al massimo le parole ogni volta che ero costretta a dire qualcosa. Nonostante il mio impegno l’umore di Alessandro peggiorava di secondo in secondo ed io non riuscivo più a capire in che cosa stavo sbagliando.
Sfoggiai tutta la mia capacità di controllo per essere perfetta in tutto ciò che dicevo e facevo e mi trovai ad essere sfinita quando ci sedemmo intorno al camino per una lettura, prima che gli ospiti si congedassero.
Fu quasi rilassante poter stare ad ascoltare senza dovermi preoccupare di essere coinvolta in un discorso, mi sembrava di dire cose sbagliate ogni volta che aprivo bocca e non era affatto da me preoccuparmene. Federico, infatti, non mi aveva tolto gli occhi di dosso per tutta la sera, irritandomi con uno sguardo preoccupato cui si aggiungeva una buona dose di mestizia quando si rendeva conto che lo guardavo a mia volta; Alessandro invece rimase ancora più silenzioso di me, ma era risaputo che non fosse di molte parole e nessuno sembrò notare la differenza.
La pioggia arrivò a salvarmi perché finalmente la coppia reale si decise ad andarsene prendendosi tutte le guardie che, scoprii, avevano affollato la dependance. Il sollievo non durò molto: una volta chiusa la porta mi trovai sola con Alessandro, senza sapere cosa aspettarmi da lui.
Alzai timidamente lo sguardo verso il suo, incontrando quegli occhi del colore del ghiaccio che tanto mi mettevano in soggezione, improvvisamente il muro era crollato, lasciando al suo posto un abisso di stanchezza.
“Vai pure a letto, Morgana, io devo fare ancora una cosa” la sua voce era incolore, come sempre, e non riuscii a trovare traccia della rabbia che mi aspettavo. Non era furioso con me come avevo pensato, eppure qualcosa che non andava c’era, era evidente.
“Mi raggiungerai presto, mio signore?” Osai domandare, la voce mi uscì incerta dopo una serata passata a ricacciare indietro parole.
“Appena finito, ora vai” più lapidario di così... chinai il capo, sconfitta, andando a rifugiarmi nella nostra stanza.
Mi rigirai nel letto per ore, preoccupata e triste, che cosa avevo fatto? Come rimediare? Se non era in collera con me, perché era tornato a non voler dividere il letto con me?
Non riuscivo a trovare una risposta mentre le idee più terribili mi vagavano per la mente.
Arrabbiata con me stessa per non riuscire a mettere a tacere la mia stessa testa mi alzai, decisa a chiarire una volta per tutte quella situazione. Dopotutto io ero io e il mio carattere non sarebbe cambiato in una sera: non riuscivo più a trattenermi dall’essere me, impulsiva e avventata. 

Salve a tutte! Quasi non ci credo nemmeno io di essere riuscita ad aggiornare in un tempo quasi ragionevole! Sì, beh, sono passate comunque più di due settimane, lo so, ma rispetto alla volta scorsa... ^^''' 
Beh, non so dirvi quanto sono felice di aver ricevuto le vostre recensioni nonostante il mio ritardo e spero che vogliate commentare anche questo capitolo, perché mi fa davvero tanto tanto piacere!
Alla prossima, Alessia.

  
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