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Autore: Aven90    10/12/2012    1 recensioni
Prefazione. Ebbene sì! Si torna alla carica con un argomento ad alta tensione! La trama è pressappoco questa: il commissario Svente è uno stacanovista, e nessuno si è mai lamentato di lui.
Ma stavolta una brutta gatta da pelare lo costringerà a scendere a patti col nemico. Riusciranno i nostri eroi a salvare tutti i prigionieri di uno psicopatico?
Genere: Comico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Archie Embratson stava scontando giustamente due anni per rapina a mano armata, tuttavia non poteva fare a meno di lamentarsi.

“Mah… e dire che fra poco sarà Natale” commentò lui, con la frangia che copriva i suoi occhi neri. Il suo compagno di cella chiese “È il tuo primo Natale dentro?”

“Già…” rispose laconico Archie.

“Coraggio fratello. Passerà, per me questo è già l’ottavo, e starò tutta la vita chiuso qui” disse lui, con un tono da condannato a morte.

Che non incoraggiava.

“Col cazzo” replicò Archie. “Voglio uscire a Natale. Voglio dire, siamo tutti più buoni, pertanto gli sbirri potrebbero concederci una liberatoria, no?” il suo compagno di cella annuì e rispose annoiato “Hai ragione, fratello… ma cosa vuoi? Non si fidano”

“È vero” sospirò contrariato, appoggiandosi alle sbarre che davano al corridoio. Sempre lo stesso corridoio, per due anni. E l’ergastolano che non aiutava a guarire dal vizio di infrangere la legge. Forse era messo lì apposta.

Quella piccola stanza era addobbata solo con un minuscolo abete. Spoglio.

E invece là fuori sua sorella avrebbe preparato il pandoro più farcito del mondo.

Quel pensiero lo distrasse dal Babbo Natale che stava passando.

“Oh, oh, oh! Buon Natale, Embratson! Buon Natale anche a te, Tefor!”

Tefor, il succitato compagno di cella, sbuffò “Piantala, secondino. Cosa significa questa pagliacciata? Natale è giovedì prossimo!”

“Lo sappiamo, ma per voi brutti ceffi i regali passano solo il lunedì, secondo la pratica postale di questo edificio! Oh, oh, ho!” rispose il secondino, tagliente.

Archie scosse la testa. “Spero almeno ci sia il grimaldello che ho chiesto, Babbo Natale”

Il secondino ridacchiò “No, solo queste caramelle appiccicose, e vi è andata bene, perch…” e cadde svenuto non appena aprì la cella per passargliele, perché Archie non ci aveva pensato due volte: aveva rifilato un pugno in pieno volto al Babbo per trafugare le chiavi di tutte le porte. Dopo alcuni secondi frenetici di tensione col pericolo di essere scorti da un altro secondino, Embratson trovò la chiave e aperta l’altra cella per poter entrare nel corridoio, e corse via. Vedendo però che non era seguito, chiese “Tu non vieni?”

Tefor scrollò le spalle “A che servirebbe? Dopo, mi prenderebbero subito, quindi tanto vale fare il lavoro sporco qui, e poi ho vitto e alloggio gratis!”

“Ah.” A quell’aspetto Embratson non aveva pensato. In ogni caso, corse via per tutto il lungo corridoio, travolgendo un secondino dopo l’altro e fortunatamente trovando tutte le porte aperte, fino ad arrivare al portone principale, dove senza pensarci su due volte trafugò una pistola alla guardia distratta da una provvidenziale chiamata dell’amica russa e uscì, tornando a respirare l’aria gelida che aveva lasciato quando era entrato, il febbraio precedente.

“Sono uscito… adesso mi conviene andare a rubare un po’ di soldi… la posta sarà aperta a quest’ora, giusto? Ebbene, rapinerò l’ufficio postale più vicino e comprerò i vestiti! E lo farò perché odio rubare i negozi di vestiti! A che serve, quando puoi rapinare i contanti?”
Il fatto era che annunciò quel suo piano quando era ancora dentro le mura del carcere, ma non gli ci volle molto per uscire, gli bastava puntare contro una pistola ed era fatta. Continuò il suo peregrinare a piedi, scegliendo apposta un sentiero dove le volanti non avrebbero potuto entrare. Solo che era pieno di cobra e il granoturco cresceva altissimo anche in quella stagione. Così fece molta attenzione a scegliere il rettile più grosso e cingerlo a mò di scalda collo, in modo da spaventare i tocchi di vespe e anche i cani fiutatori che lo seguivano. Percorse molti metri seguendo quel look che sicuramente andrà di moda la prossima stagione, finché non uscì dal campo ed, evitando gli spari degli elicotteri, si rifugiò nella macchia di bosco antecedente alle prime case di Lectala, frazione di Masguns, dove da sedici anni era commissario il signor Svente, uno stakanovista convinto di poter mantenere l’ordine in qualunque situazione.

“È strano che a Natale non succeda nulla, vero?” chiese ad un tratto, comparendo dal nulla dietro la sua vice che invece stava sbrigando una pratica, quindi fu comprensibile il piccolo brivido che ebbe lei non appena sentì alitare nel suo orecchio sinistro. La vice, una giovane sbarbatella di nome Martha, rispose “M-ma, signor Commissario, vuole aprire un caso anche a Natale?”

“Che c’è, ti vuoi vedere col tuo ragazzo?” chiese sospettoso il commissario.

“Beh…”

“Plausibile. Io invece sono solo come un cane, anche perché un commissario guastafeste non lo vuole nessuno”.

E mentre si lamentava a bassa voce di quel problema, un collega che ebbe pietà di Martha, le bisbigliò “Non si lasci fregare. Sta cercando di imbucarsi alla sua festa”

“L’ha già fatto, Gregory?” chiese spaventata.

“Lo fa tutti gli anni, con chi gli sembra più accondiscendente. Io l’ho invitato cinque anni fa. È stato orribile: oltre a fare tappezzeria, se ubriaco al punto giusto si mette a snocciolare i possibili reati che gli altri commensali potrebbero fare, raccontando anche di alcuni casi assurdi in cui lui era coinvolto, e sicuramente si parla di teste mozzate. È orribile”

“E se invece uno ha la fedina pulita?” chiese Martha.

Gregory rispose ”Nelle feste c’è sempre uno con precedente, anche solo per eccesso di velocità” Martha allora rispose, notando che il suo capo non aveva smesso di auto commiserarsi non facendo caso a quel piccolo dialogo avvenuto “… E quindi passerà tutto il giorno di Natale fra queste mura?”

Svente annuì commosso “Già. Sei la prima che incontro in questo posto che ha ascoltato tutto il mio discorso, di solito i tuoi colleghi animali si dileguano. Vero, Gregory? Ce l’ho esattamente con te”

Gregory sbiancò: ricordava perfettamente l’anno precedente, quando rottosi le scatole andò a prendere un caffé, credendo che il suo capo stesse delirando da solo, ma ad interrompere quel momento spiacevole ci pensò un terzo agente, che trafelato entrò al commissariato. “Commissario! È pazzesco!”

Svente lo guardò “Cosa? Il fatto che tu sia in borghese quando ho esplicitamente detto di presentarsi in divisa?”

“No, signore!” rispose lui pronto.

”E allora cosa?” chiese Svente, incuriositosi.

“C’è un evaso a piede libero! Si tratta di Archie Embratson! Criminale,  trentaquattro anni, da scontare ancora otto mesi per rapina a mano armata e poi altri sei di servizi sociali!”

Svente si grattò il mento interessato. “Un pesce piccolo, eh? Mi ricorda di quando pescai quella trota…”

Svente era solito andare a pesca.

Dopo alcune ore ad aspettare i pesci che avrebbero abboccato all’amo e aver cambiato parecchie esche, finalmente una trota abboccò.

Fu una battaglia incredibile di forza: Svente da una parte, la trota che cercava di rifuggire dall’altra, con la conseguenza che il pesce venne clamorosamente sconfitto per colpa di un orso che si stava avvicinando per prenderla, al che il pesce spaventato scelse il minore del male e andò a tuffarsi fra le braccia di Svente, che però stupito mancò la presa lasciando che la trota si tuffasse dall’altra parte della barca.

Svente e l’orso si guardarono allibiti.

“… E fu così che mi scivolò dalle mani”, ma ormai non era rimasto più nessuno a parte Martha ad ascoltare quella storia verosimilmente falsa.

“Uh? Dove sono tutti?” chiese Svente, riassopitosi dopo il suo vaneggiare.

Martha rispose sommessa e sommersa dal senso del dovere di essere la vice “A cercare l’evaso, a quanto pare sta tenendo sotto scacco l’ufficio postale di Lectala!”

“Qui siamo a Lectala!” precisò Svente.

“Giusto. Meglio che andiamo, allora, no?” e, presa la volante, sfrecciarono verso l’ufficio postale. Intanto, qualche minuto prima, un tizio alto vestito a righe bianco e nere, guardò avido l’ufficio davanti la porta d’ingresso, ansimante per la corsa che aveva fatto.

“Uhuhuhu… siete undici più gli impiegati, eh? Bene, preparatevi, perché oggi sarete miei ostaggi! Fermi tutti dunque, perché da mora questo ufficio è sotto il mio controllo!”

Alexander cagò mattoni.

“E adesso? Cosa dirò a mamma?”

L’evaso gli rispose “Nulla, perché sei sotto la mia osservazione, e bada a non fare casino perché ti sfonderò il cranio con questa pistola!”

L’anziana signora che aveva fatto la paternale ad Alexander commentò “Che bruto…”

Un ragazzo identificato come il gay della situazione le diede ragione “Già… non sa nemmeno cosa siano le buone maniere! Per non parlare dello stile!”

Archie non avrebbe avuto vita facile, con loro.

O forse sì?

Sarebbe riuscito a compiere una rapina?

 

 

Fine Capitolo 2! Fatemi sapere le vostre impressioni!

   
 
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