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Autore: shellnosoul    10/12/2012    0 recensioni
Chris è un attore. Ogni tanto capita che una voce entri nel suo camerino e gli dica che deve andare sul set. Lui si prende i suoi tempi e con quella voce ci litiga sempre, ma non la guarda mai in faccia. Un giorno nota che quella voce ha una sfumatura diversa, capisce anche che quella voce ha degli occhi scuri. Capisce anche che da quel momento quella voce non potrà più essere soltanto una voce, perchè è una vita ed è un ragazzo, un ragazzo dagli occhi scuri con cui anche litigare andrà bene. Basta che ci sia.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Aveva semplicemente perso un motivo, di nuovo. Poteva vivere tranquillamente, senza che gli mancasse nulla, ma un motivo, un dannatissimo motivo che gli permettesse di condividere la sua esistenza con il mondo non lo aveva più. Voleva sentirsi parte del mondo, ma non ne aveva più la forza o la voglia. Voleva che il mondo lo perdonasse, ma perfino tutte le sue scuse si erano stancate di essere pronunciate. Voleva che il suo mondo lo perdonasse, ma il suo mondo era ormai così lontano che le sue parole non lo avrebbero potuto raggiungere.
Erano le 3.34, si alzò dal letto e con passo lento entro in cucina. Anche i suoi passi erano stanchi. Prese un bicchiere d'acqua e si sedette a tavola per berlo, molto lentamente. L'acqua era fredda.


 

"Dobbiamo girare!"

La puntualità non era il suo forte. Non lo faceva per atteggiarsi o per altri motivi, pur facendo un qualsiasi altro lavoro avrebbe comunque fatto tardi. A quelle parole non potè fare a meno di irritarsi e così le ignoro, per la terza volta. Non era stata una grande giornata, le sue battute per quella scena erano state cambiate 4 volte nelle ultime 2 ore e lui davvero era esausto. Non serviva una voce che gli facesse pressione.
"Potremmo smetterla di fare le prime donne? Lo sembri abbastanza anche senza farci aspettare."

E rieccola, la voce. Il suo esaurimento sarebbe presto diventato nervoso se il ragazzo degli avvisi avesse continuato con le sue frasi. Stava cominciando a dargli sui nervi, questo perchè lui aveva bisogno dei suoi tempi e non serviva nessun promemoria. Si era sempre chiesto a cosa servisse davvero il lavoro di quel tipo, ma non aveva mai avuto la voglia di chiedere. La sola cosa che sapeva era che il suo atteggiamento diventava sempre più irritante e le sue battutine forse anche un po' omofobe. Si chiedeva se non fosse il caso di parlarne con Mark, che sicuramente avrebbe sistemato le cose.

Nel giro di due minuti tornò nuovamente, con un simpaticissimo "Non vorrei essere scortese, ma sei sordo per caso? Ti aspettano sul set."

In quel momento si augurò davvero di essere sordo.
"Non sono sordo. Se tu avessi un minimo di rispetto capiresti che mi sto preparando, basta dire che arriverò sul set il prima possibile", rispose.

"Se io avessi un minimo di rispetto? Se ce lo avessi tu, capiresti che anche io sto lavorando e se non arrivi sul set adesso mi linciano."

"Lo farebbero davvero? Oh, così mi tenti". Purtroppo non reagiva bene sotto pressione, il classico caso di chi non sa controllare le proprie parole.
L'altro pronunciò appena un "E' assurdo" e girò i tacchi verso il set.

Sinceramente non capiva quale fosse il problema, era lui l'attore e prendersi due minuti in più non poteva uccidere nessuno. Non era una macchina, aveva bisogno di tempo per funzionare al meglio e sicuramente un impiegato, o qualsiasi cosa fosse, avrebbe dovuto capirlo.

Quel rapporto strano era cominciato fin da subito, quando si accorse che, a differenza degli altri, quel ragazzo, il cui nome era forse Ivan o Irman, lo vedeva come un bambino capriccioso. Come una bambina capricciosa, forse, date le frecciatine probabilmente dovute al fatto che lui fosse gay.

 

Finite le riprese si ritrovò nel suo camerino, si trattenne più del solito. Erano rimasti lui e qualche altro tecnico, sapeva che sarebbe dovuto andare via ma gli erano arrivate dalle lettere e delle cartoline, avrebbe voluto leggerle lì e poi tornare a casa.
"Hai intenzione di restare fino a domani mattina? Evito di chiudere."

E rieccola, la voce. Neanche a farlo apposta, il coronamento di una giornata orribile.
Non fu capace di trattenersi.
"Sto uscendo, ma si può sapere qual è il tuo problema? Smettila di stressarmi."

"Il mio problema? Io sto lavorando." L'altro, "Ivan", rispose con la più totale tranquillità.

Il tono della sua voce lo fece innervosire ancora di più, ma si limitò a farfugliare qualche parola senza esprimersi. Il suo finto silenzio scatenò ovviamente la reazione del ragazzo.

"Se vuoi dire fai pure. Ti ripeto solo che io sto lavorando, se tu capissi che il mondo non gira solo intorno al tuo lavoro e alle tue comodità mi faresti un favore. Devo chiudere il locale e, guardacaso, sei l'unica persona rimasta dentro."

"Allora chiudimi qui.", disse con totale freddezza.

"Magari potessi", si sentì rispondere dall'altro, a bassa voce. A questo punto sembrava come un vero e proprio litigio fatto di bisbigli.

Passarano 5 minuti e finalmente Chris si sentì pronto per uscire, aveva appena finito di leggere l'ultima cartolina di una dolcissima fan di soli 8 anni. Cercò il ragazzo per comunicargli che stava uscendo, ma non lo trovò sul set. Girò un po' per il locale e sentì una voce provenire da uno dei corridoi dei camerini.

"Arrivo appena posso, tu fagli prendere le medicine sul comodino. Devo aspettare che vadano via tutti prima di lasciare...",

"Ehm ehm", esordì Chris.
Ivan, seduto sul pavimento con lo spalle al muro, si girò di scatto e chiuse la chiamata.
In quella posizione, gli sembrò più umano. Il tono di voce che aveva usato parlando al telefono era totalmente diverso da quello quasi scontroso che usava con lui, sembrava quasi che fosse una persona vera e non un semplice ragazzo degli avvisi.
Ivan, con quegli occhi scurissimi che lui non aveva mai notato, lo fissò aspettando una qualche parola che gli spiegasse perchè lo aveva interrotto.
"Allora?", ritornò la voce terribilmente irritante.

"Non mi piace il tono con cui ti rivolgi a me, forse ne parlerò a Mark.", confessò Chris.
L'altro si alzò quasi sorridendo, tra lo sbalordito, il confuso e il divertito.
"Che tono userei, scusa?", chiese.

"Un continuo tono di rimprovero, un tono che non puoi permetterti date le posizioni. In più le tue battutine sembrano tanto quelle di un omofobo ottuso."
Gli occhi scuri lo guardarono ancora. La bocca di Ivan non si mosse ma qualcosa nel suo viso sembrò far imbarazzare Chris in una maniera inaudita.
Restarono in silenzio, Ivan accompagnò Chris fuori, per poi chiudere lo studio.

"Non hai niente da dirmi? Delle scuse?", disse il giovane attore prima di andare per la stua strada.
"Nulla. Io faccio il mio lavoro, tu me lo impedisci. Dovresti capire che dal tuo ritardo e dai tuoi capricci dipende il lavoro di altre persone, quindi non mi sento di mancarti di rispetto. Se mi dici che ti giudico come un bambino capriccioso, è vero. Se lo faccio senza conoscerti, è vero. Ma posso dirti che lo faccio solo perchè i tuoi ritardi e i tuoi capricci, mi sono sempre costati come dei rimproveri assurdi. Non mi interessa se sei tu la star, io faccio il mio lavoro. Tu ritardi il tuo ed io vengo penalizzato sul mio. Lo trovi corretto? Io no, però se la cosa ti turba tanto cerca di essere puntuale, così non ti giudicherò come ti giudico e potrei essere più cordiale."

A queste parole restò ancora un po' turbato, tanto che non le comprese nemmeno sul momento.
"E per la cronaca, hai sbagliato perfino sulle battutine omofobe. Sono gay. A domani."
Ivan lasciò Chris con queste parole e con un carico troppo grande di pensieri.
Prima di sentirlo telefonare, non aveva mai pensato che quel ragazzo potesse avere una vita. Non aveva mai pensato che avesse potuto avesse degli occhi così scuri prima di far duellare i suoi verdi con loro. In un attimo si accorse che il "ragazzo degli avvisi" gli diceva poche frasi al giorno, ma la sua esistenza, il lavoro e la sua vita erano probabilmente vere come quelli di chiunque altro.
Sembrò stupido, ma capì che aveva perso di vista tante cose e forse, un po', il bambino capriccioso esisteva davvero.

  
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