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Autore: white mirror    10/12/2012    2 recensioni
"Nome!" dice diretta.
"A dire il vero non lo so.."
"Ma come!?! Non sai il suo nome??"
"Non quello vero.." sottolineo.
"Quindi sai un nome falso...? Scusa ma come si è presentato??"
" Ha detto di chiamarsi Manet, Edouard Manet" sospiro.
In una Parigi misteriosa Alessia cerca di combattere gli amari scherzi del destino.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Carissimi lettori!
Mi scuso innanzitutto per la lunga attesa; purtroppo a causa di alcuni imprevisti non sono riuscita a pubblicare prima. Mi auguro di non aver fatto troppi errori di grammatica..(in caso contrario..beh..mi perdonerete)
Ringrazio tutti voi che ancora seguite con interesse il mio racconto e spero che il capitolo sia di vostro gradimento! Baci W.M.
 
 

 
 
 
 
 
 






 
 
 
 
Davanti a me, una mesta insalata verde con qualche pomodorino aspetta di essere mangiata.

Che tristezza.

L'orologio sul muro del salotto segna le 12.45 e la lancetta dei secondi avanza indisturbata; ho un’ ora e un quarto per finire il pranzo, rinfrescarmi, raggiungere il metró e andare al lavoro.

Prendo un respiro profondo e comincio a mangiare quel deprimente pasto, unico possibile dopo una colazione a casa Chèvron. 
Alle 13.15 ho finito tutto; sistemo il trucco, mi lego i capelli, acchiappo la borsa e scendo le scale per dirigermi verso la metropolitana. 
Il tragitto dal mio appartamento al Louvre è relativamente breve; unica scomodità è il cambio di linea.
Fortunatamente a quest'ora non vi è molta gente quindi il passaggio avviene abbastanza velocemente.
 Dopo tre fermate di linea 9 verso Mairie de Montreuil e quattro di linea 1 verso Château de Vincennes arrivo al museo.
 Le porte del metro si aprono e compare difronte a me, appoggiata ad una colonna a muro, Julienne, collega e amica di lavoro.

"Alleluja!!!" esclama sollevando la testa dal cellulare "ti avrò chiamato almeno sette volte!!"

"Scusami.." dico con un aria quasi dispiaciuta "... ma .. lo sai che il mio telefono è un rottame "

" Si si, diamo pure la colpa alla tecnologia adesso..." mi risponde con tono acido " dai andiamo.. I ragazzi ci stanno aspettando".
 
Julienne è praticamente perfetta, alta, bionda, con due grandi occhi azzurri e un paio gambe che potrebbero far invidia a Cameron Diaz. 
Il problema principale è costituito dal carattere, a causa del quale è stata soprannominata Barbie Hitler e Barbie XIV.
Nonostante sia una ragazza di 30 anni irascibile, autoritaria, egocentrica, possessiva e con un radioso futuro da dittatrice, ha un grande senso dell'umorismo grazie al quale è possibile lavorare con lei.
 
Dopo esser passate sotto il metal-detector ci dirigiamo verso la stanza del personale messa a disposizione dal dirigente come spogliatoio dove cambiarsi la divisa.

"Allora.." domanda cominciando a svestirsi "..che novità ci sono?"

"Bah.. Nessuna..." rispondo da brava bugiarda.

"Ale... sei brava a mentire....ma non così tanto da poterlo fare con me..".

" No, non è niente .. un semplice problema di uomini" dico sospirando mentre mi sistemo il cartellino col nome sul tailleur nero.

"Eh, dai... Non disperare! Pensa che io sono messa peggio di te.."

"Perché ? Cosa è successo con Claude?" domando incuriosita.

"Beh.. Ieri mattina dovevo andare a fare colazione da CHEZ CLARISSE con una amica; Prima di salire in macchina ho salutato la domestica e ho aperto il cancello al giardiniere, che era venuto per potare il ramo di un albero che andava a danneggiare i cavi della luce.

Dopo 500 metri mi sono resa conto di aver lasciato a casa il telefono, quindi sono tornata indietro a prenderlo.

Sono entrata in casa accostando il portone e mi sono diretta verso la camera da letto dove solitamente tengo il cellulare e il carica batterie.

Arrivata di fronte alla porta ho sentito la voce di Claude gridare ' Sì! Sì, Così!! Ancora!!! Soffri lurida sgualdrina!!'.

Sconvolta ho aperto per vedere se i miei dubbi sulla tresca con la domestica erano fondati......... E invece... No.."

"NO?!??!" domando incredula.

"No... Quando sono entrata in camera ho visto il mio ragazzo, con cui stavo insieme da ormai quattro anni, nudo mentre ...... Cavalcava...... il giardiniere che indossava una parrucca rossa, una mia gonna rosa e un top nero".

"Oddio!! E tu... Cosa hai fatto?"

"Eh... Io gli ho dato trenta secondi per uscire da casa mia; dopo di che ho preso la sua collezione di figurine dei super eroi che tanto amava... l'ho sparsa sui sedili della sua auto, sui quali ho poi versato una tanica di benzina... E ho acceso un bel falò".
Non so cosa dire; vorrei aiutare Julienne ma non riesco a trovare le parole adatte ad una situazione del genere.

"Io.. Io non .. Non so..." dico balbettando; l' apertura improvvisa della porta dello spogliatoio non mi da la possibilità di terminare la frase.

"Signore, mi dispiace interrompere la vostra amabile conversazione ma sono le 14.00 e sarebbe ora di dare il cambio ai nostri colleghi"

"Lukas!!!!!" grido buttandogli le braccia al collo.

"Anche io sono felice di vederti Ale!" dice stringendomi fra le braccia "forza, andiamo... Dobbiamo iniziare il nostro turno di guardia se non vogliamo essere licenziati".
 
Lukas è un ragazzo tedesco di 22 anni, nato a Berlino da una famiglia medio borghese. Grazie al suo aspetto, tipicamente doich, che include capelli biondi, occhi azzurri e una camicia rossa scozzese riesce a riscuotere molto successo tra il genere femminile.
 Io però lo vedo come un fratello maggiore, sempre pronto ad aiutarmi e sostenermi nei momenti difficili.

Quando Jan e io ci siamo lasciati, per esempio, mi è rimasto accanto e ha passato la notte con me e Martina a vedere tutto il Gattopardo ( in versione integrale) mentre piangevo tutte le mie lacrime.
 
Passo l'intero pomeriggio a controllare la mia zona come un segugio. I turisti continuano a sporgersi, oltre il filo di sicurezza, come Rose sul Titanic e dopo esser stati ripresi improvvisano spaventati qualche scusa in una lingua che potrebbe assomigliare all'inglese.
 Verso le 21.50 l'altoparlante annuncia ai visitatori che la chiusura del museo avverrà dopo dieci minuti.

Ecco, è questo il momento che preferisco della giornata lavorativa; gli ultimi dieci minuti.
 La gente comincia a tornare a casa e il museo appare vuoto e silenzioso al pari di un deserto; solo le opere rimangono lì, immobili, in attesa che tutto si spenga e inizi un nuovo giorno.
 
"Ehi! Bella addormentata!"

"Oh, Lukas...... Dimmi...cosa c'è?"

"Ti eri incantata guardando il San Sebastiano del Mantegna" dice ridendo.

"Oh, si scusa.. Stavo pensando.."
 
"Basta...! Sono le 22.10! Smetti di pensare e andiamo a divertirci! Julienne, Pierre, Antonio e Dimitri ci aspettano sotto la piramide."

Non so come ci riesca... Ma Lukas dice sempre la cosa giusta al momento giusto.

"Non facciamoli attendere oltre allora!" dico armandomi del mio miglior sorriso.
 
Nel giro di pochi minuti sono pronta per uscire; recuperiamo il resto del gruppo sotto quella maestosa costruzione in vetro e ci dirigiamo verso il metro per dedicarci al nostro rito serale.

Tutti i giorni finito il lavoro andiamo a berci una birra da FELIX, piccolo bar vicino a Notre Dame dotato di una pista da ballo.

"Oh! Ben arrivati!!" dice abbracciandoci Antoine, proprietario del bar "MARIEEEE!!!!!! PREPARA IL SOLITO PER I RAGAZZI DEL LOUVRE!!"

 Ci avviciniamo al bancone per accomodarci sugli alti sgabelli e sorseggiare la nostra meritata ricompensa dopo un giorno di lavoro.

"Allora..." comincia Antonio "quanti oggi?"

"Sei!" canticchia tutta contenta Julienne.

"Tu Pierre?"

"Cosa?"

"Quanti turisti hai beccato mentre si sporgevano oltre il filo o toccavano le opere d'arte?"

"Ahhh non molti devo dire... Circa quattro" risponde sorseggiando la seconda birra della serata.

"E tu Lukas?" domanda il mio connazionale 

"Tre.." dice con aria sconsolata
.
"Beh dai.. Non è importante" commento cercando di tirarlo su di morale.

"Certo, tu invece quanti ne hai visti?" mi chiede il tedesco.

"Beh... Io..." tentenno.

"Sputa il rospo!" grida Antonio con gli occhi colmi di curiosità.

"Nove!!!!" dico, senza riuscire a trattenere il mio entusiasmo " sei giapponesi, due italiani e un messicano".

"Non ci credo! Ho perso di nuovo! Per un turista!! ".

" Non far così Anto, andrà meglio la prossima volta.." lo consola Lukas.
 
Antonio è un ragazzo italiano di origini pugliesi, trasferitosi a Parigi a 19 anni per studiare architettura. A quei tempi riuscì a trovar lavoro al Louvre grazie alla lettera di raccomandazione di un vecchio zio e a una tresca con il vicedirettore del museo, Poline, che ingenuamente aveva ceduto al fascino dell'uomo del sud (così ci ha sempre detto Antonio).

Devo ammettere che è un gran bel ragazzo…
Sarà per i capelli neri leggermente scompigliati, per la pelle un po' scura , per i suoi occhi color carbone o per il suo sorriso carismatico...
Non lo so..
 
Mentre finisco di gustarmi la mia birra osservo la pista da ballo che intanto si stava pian piano riempiendo di gente.

"Ti va di ballare??" Grida Antonio a causa del volume troppo alto.

"Molto volentieri!" Rispondo con lo stesso tono di voce.

Detto questo ci dirigiamo al centro della pista cercando di farci strada fra le persone.

Giunti nel luogo desiderato cominciamo a ballare dimenticandoci di tutto il resto.

La musica è talmente alta che mi stordisce, il mio cervello mi abbandona e le note si impossessano del mio corpo muovendomi a loro piacimento come una marionetta.

Solo dopo qualche minuto mi accorgo che il mio amico mi tiene attaccato a se. Le sue forti mani avvinghiate ai miei fianchi fanno si che tra i nostri due corpi intercorra uno spazio di pochi centimetri.
"EHM.. EHM!!!" Dice Lukas picchiettandomi sulla spalla per attirare la mia attenzione.
"Ale..ti vuole Julienne ... Ha detto che ti deve parlare.."

"Grazie Lukas, la raggiungo subito..."dico prima di dirigermi verso il bancone del bar.

"Lukas... Hai un tempismo perfetto...." Brontola Antonio.

"Sai come la penso Anto.. Ale...insomma.. È zona proibita!" Ribatte il tedesco.
 
"Dimmi Julienne .."
 
"Allora?" Mi domanda con un sorrisetto malizioso.

"Allora...cosa?"

"Dai Ale.. Perché non me lo hai detto?"

"Ma detto ..COSA?" Domando senza capire il senso della discussione.

"Da quanto tempo state insieme?" Mi chiede con aria un po' scocciata.

"Ma chi?"

"Ma come chi!! Tu è Anto no? Chi altro?"

".. Ma io è Antonio non stiamo insieme..." Dico cercando di capire.

"Ma..ma...prima...il modo in cui ballavate.. Sembrava che..."

"Ma no no no!! Per carità! Ho già anche troppi problemi per quanto riguarda questioni di cuore." Ammetto cercando disperatamente qualcuno che mi serva da bere.
 "Uno speciale!" Dico al cameriere che in due minuti mi prepara il cocktail richiesto.

"Oh, mi dispiace…. Quindi non ti interessa sapere che un tizio super sexy alle tue spalle ti sta fissando da un quarto d'ora.”
Noto l’espressione di sfida sul volto di Julienne e decido con nonchalance di girarmi per controllare.
Non l’avessi mai fatto.
I suoi magnetici occhi azzurri, messi in risalto da una classica camicia blu,mi osservano con grande cura. Un leggero sorriso viene sottolineato da due piccole e meravigliose fossette ai lati della bocca.
“Ehm...Lukas....” dico cercando di non far trasparire il mio disagio “..potresti riaccompagnarmi a casa?”
“Si…non c’è problema, dammi un secondo e arrivo” risponde dirigendosi verso il bagno degli uomini.
“Ale!!!” commenta allarmata la mia amica.
“Scusa Julienne se ti abbandono così..ma sono veramente stanca..”
“No,no, non è per questo…lo schianto si sta dirigendo verso di noi!!! E sembra che voglia fare la prima mossa.”
In preda al panico mandando giù tutto d’un fiato il cocktail, sperando che l’ alcohol non mi stordisca più del necessario.
“Buonasera signore!”interviene il giovane.
“Buona…ora direi proprio di sì!” comincia a civettare la mia compagna.
“Ciao David..”
“V..Voi vi conoscete???” domanda stupita Julienne.
“Più o meno..” rispondo guardando a terra.
“Ale..allora..sei pronta?” chiede Lukas che intanto ci aveva raggiunti.
“Sì, sì mi infilo la giacca e arrivo”
“Lukas…?  piacere io sono David, un amico di Alessia...” comincia stringendogli la mano “ ….posso parlarti un minuto..”
“Certo..”.
“Non ti preoccupare Ale te lo riporto subito..” dice cercando il mio sguardo.
Pochi minuti dopo li vedo avvicinarsi nuovamente al bancone.
“Allora? Si va?” domando cercando di frenare la mia ansia.
“Eh..sì..ecco…io volevo rimanere un altro po’..sai come è..non esco mai..se non con voi, quindi devo approfittarne…però David ha detto che può accompagnarti lui a casa, stava andando via proprio adesso”.
"Per me non è un problema; anzi mi farebbe molto piacere stare un po' soli.. Così possiamo parlare.." Dice l'americano, con voce suadente.

"Non so.. Forse è meglio che aspetti Lukas.."
 
"No, non ci pensare neanche!! Vai, vai! Ci vediamo domani al lavoro" grida Julienne spingendomi a forza verso l'uscita.

"Ma.."

"Nessun MA!!! Fila via!" Ordina la mia amica.

Esasperata eseguo il comando e zitta zitta esco dal locale scortata dal mio accompagnatore.

Fuori da quelle quattro mura regna il silenzio, un silenzio fastidioso, insopportabile.
 Proseguiamo il nostro tragitto fino alla torre senza dire una parola.

'Non dovesti essere con lui dopo quello che è successo....' Mi ricorda la vocina dentro la mia testa 'non è corretto nei confronti di Louis'.
 Sospiro cercando di pensare ad altro.

Con andatura da bersagliere arriviamo nella terrazza del Trocadero, dove David mi aveva dato appuntamento la prima volta.

" Ale, mi dispiace .." Mi dice bloccandosi di colpo.

"P..per cosa?" Balbetto.
 
"Mi sono comportato da vero idiota.. "

"David.. Non importa.. "

"No invece! …io…io non riesco a dimenticarti … e non sopporto vederti con un altro uomo..”
“David..”
“È stata solo colpa mia, dovevo dirti tutta la verità fin dall’inizio..” ammette passandosi nervosamente una mano tra i capelli. “Ale.., anche se so che questo non cambierà la situazione, ho bisogno che tu sappia che cosa è successo..”
‘NO! Vai a casa! Non ci cascare di nuovo …’ grida la vocina.
“Io..Io non..”
“Vieni con me..” dice prendendomi per mano “.. conosco un posto dove possiamo parlare senza essere disturbati”.
Come un naufrago, mi lascio trasportare dalla corrente degli eventi e in poco tempo arriviamo nel luogo desiderato.
Un portone in ferro battuto, ormai a me troppo familiare, mi si erge dinnanzi in tutta la sua maestosità.
Una volta all’interno ci dirigiamo verso quella tomba che potrei definire l’origine di tutte le sventure. David fissa per qualche secondo la lapide marmorea, quasi in attesa di una conferma.
“David….di…di cosa volevi parlarmi?” dico diretta.
“Voglio raccontarti tutto..”
“Ma David io..”
“Ti prego…ascolta quello che ti devo dire …e poi scomparirò dalla tua vita..”
“D’accordo…” rispondo sedendomi sulla tomba di Manet “ Dimmi tutto..”.
 
“Ricordi quello che ti ho detto riguardo a Tom e Tyler Leroy?”
“Sì..direi di sì, Tom ammazzò suo fratello Tylernel dicembre del 38..giusto?”
“Esatto; dopo quella notte Tom cominciò a mostrare i primi segni di pazzia e la famiglia decise di rinchiuderlo in una casa di cura.
Qualche anno dopo il figlio di Tom si impiccò, dopo aver tentato i uccidere suo cugino, lasciando da sola sua moglie che era incinta di otto mesi.
Di generazione in generazione tutti i discendenti di Tom, trasportati dalla pazzia, cercarono di mandare all’altro mondo i parenti di Tyler.
il 13 gennaio, sono rientrato a casa verso le 17 e come tutti i venerdì mi sono messo a guardare la partita. Poco dopo ho sentito qualcuno bussare alla porta e sono andato ad aprire. Un uomo sulla trentina dai capelli rossicci stava in piedi di fronte a me e mi fissava con troppa insistenza.
Si presentò dicendo di essere un lontano parente… e si accomodò di prepotenza nel mio appartamento. Una volta entrato, aveva cominciato a farfugliare qualcosa su una collana..una collana con una foto…non potevo neanche lontanamente immaginare che si stesse riferendo al mio ciondolo..
Il corpo tremava come in preda alla rabbia e il tono di voce si faceva sempre più aggressivo, di parola in parola.
Io continuavo a negare il possesso di quell’oggetto, non sapendo esattamente a cosa si riferisse. A un tratto lo vidi dirigersi verso di me, il suo sguardo valeva più di mille parole, la pazzia traspariva dai suoi occhi; nulla poteva fermarlo.
In una manciata di secondi mi ritrovai a terra con le sue mani che stringevano attorno al mio collo impedendomi di respirare. Più tentavo di opporre resistenza più lui chiudeva la presa.
In quel momento vidi che accanto a me era caduto, probabilmente mentre andavo ad aprire la porta, il telecomando della tv. Allungai la mano,lo presi saldamente e tirai una telecomandata dritta alla tempia del mio assalitore.
L’uomo si alzò stordito e si appoggiò al tavolo della cucina, Si girò verso di me e tentò di strozzarmi una seconda volta.
Lo allontanai facilmente ma non calcolai né la mia forza né lo spazio; con una spinta Samuel volò all’indietro e andò a sbattere contro la credenza che gli si rovesciò addosso. I vetri infranti si spargevano per tutta la sala mentre le posate affondavano nella tenera carne.
Tentai di non guardare quell’orrendo spettacolo, ma senza riuscirci.
Restai lì ad osservare il corpo sanguinante in preda bruschi movimenti ; un paio di coltelli si erano piantati nel collo perforando così la carotide,altri nel ventre e altri ancora nella gamba sinistra. In meno di un minuto gli spasmi si fermarono e gli occhi si chiusero per un’ ultima volta.
Una densa pozza rossa cominciava a formarsi sotto il corpo; ero sconvolto da tutto ciò che mi era successo e non riuscivo a concepire l’idea di aver ucciso, seppur involontariamente, un uomo.. non un uomo qualunque….mio cugino.
Suonò il telefono.
Una voce roca dall’altro capo della cornetta mi disse:”Sappiamo che hai ucciso Samuel Leroy, se vuoi che il corpo sparisca e che nessuno conosca la verità richiama questo numero prima delle 21”
La mia unica via di fuga si presentava con una semplice chiamata; alle 20.30 telefonai al numero registrato in rubrica e alle 21 il corpo, il sangue, i pezzi di vetro e le posate erano scomparsi, tutto era tornato come prima…tutto o quasi.
L’uomo dalla voce roca mi chiamò ancora per dirmi come comportarmi, cosa fare e dove trasferirmi e per comunicarmi il prezzo del servizio; nel corso dei mesi ricevetti alcune visite di suoi collaboratori che venivano a casa mia a recuperare parte del denaro.
Dal 13 gennaio non ho guardo più una partita….
…ma soprattutto…da quel giorno non sono più riuscito a dormire la notte.
Ma…Ale…da quando ti ho incontrata..è cambiato tutto…non so come spiegarlo …ma la prima volta che ti ho visto lì seduta, mentre cercavi un soggetto da disegnare … ho capito… Ale io..”
“Basta ti prego…” lo imploro ancora sconvolta dal racconto.
“Ma..avevi….”
“Avevo detto che ti avrei ascoltato…sì..e mi sembra di aver ascoltato anche troppo..”.
Mi fissa con lo stesso sguardo di un cane abbandonato sul ciglio della strada.
“David…io devo ..devo andare..” dico dirigendomi verso il portone in ferro.
“Aspetta! Per favore!” grida bloccandomi la strada.
“No David non posso!... tu stesso hai detto “ascolta quello che ti devo dire …e poi scomparirò dalla tua vita”….io ho fatto la mia parte..è ora che tu faccia la tua..”
“Vuoi davvero che me ne vada ..?”
“Adesso ho veramente bisogno di stare da sola..“
“Va bene… ma sappi.. che non ti libererai di me così facilmente..” dice con un sorrisetto sulle labbra.
“Su questo non avevo dubbi..” replico io cercando di ricambiare il sorriso.
 
  
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